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i Beni inamovibili della Regione Siciliana
Decreto assessoriale 1771 del 27 giugno 2013: Divieto di uscita dal territorio della Regione Siciliana dei Beni che costituiscono il fondo principale di Musei, Gallerie, Biblioteche e Collezioni in attuazione delle Delibere della Giunta Regionale n. 94 del 4/5 marzo 2013 e n. 155 del 22 aprile 2013; in particolare è vietata l’uscita, anche se temporanea, dei beni descritti in questa pagina.
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Trionfo della Morte

Ignoto

Metà sec. XIV
Affresco staccato, cm. 600 x 642
Provenienza: Palermo, Palazzo Sclafani
Palermo, Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis

>scheda

Il grande affresco si trovava originariamente nel cortile di Palazzo Sclafani, edificio trecentesco divenuto verso la metà del XV secolo, dopo il trasferimento della famiglia Sclafani in Spagna, la sede dell’Ospedale Grande e Nuovo della città di Palermo. Staccato nel 1944, a causa dei danni bellici, il dipinto pervenne a Palazzo Abatellis all’apertura della Galleria. La scena, apparentemente irreale ma con forti agganci al vero, è chiara: la morte in sella ad un cavallo scheletrito irrompe in un giardino, scagliando i suoi dardi su nobili fanciulle e giovani gaudenti; sotto di lei stanno, atterrate, le dignità del mondo. Si riconoscono infatti dei vescovi, un papa, un imperatore, un sultano, un uomo di legge quale l’allora famoso giureconsulto Bartolo da Sassoferrato, identificato dalla scritta in caratteri gotici sul libro che tiene in mano. La morte ha risparmiato la folla dei poveri cenciosi che la invoca invece come una liberazione dalle pene terrene, analogamente a quanto è rappresentato nel Trionfo del Camposanto di Pisa, opera di Francesco Traini della metà del ‘300. In secondo piano sono a destra una fontana, interpretata come simbolo di vita o di grazia, ed a sinistra un uomo con due cani, forse riferimento a San Vito, santo guaritore caratterizzato appunto da una coppia di cani. Nei due personaggi che guardano verso lo spettatore, nel gruppo dei cenciosi, sono stati riconosciuti il pittore ed il suo aiutante, con in mano la stecca ed il vasetto dei colori.
Per ragioni storiche e stilistiche, si presume che l’affresco sia stato realizzato intorno al 1440-1450, subito dopo la fondazione dell’Ospedale Grande e Nuovo. Nonostante le numerose identificazioni proposte, il suo autore rimane ancora sconosciuto; secondo una leggenda si tratterebbe di uno straniero che, guarito da una grave malattia, avrebbe realizzato l’opera in segno di ringraziamento, ma questa suggestiva ipotesi sembra da scartare alla luce del soggetto stesso del dipinto, legato al tema della vanità dei beni terreni e da collegarsi piuttosto ad una committenza da parte dei rettori dell’Ospedale. Certamente l’artista fa mostra di una cultura figurativa complessa di matrice tardo gotica, ma con riferimenti a svariati modelli che spaziano dalla miniatura all’arazzo, dalla conoscenza della pittura catalana a quella franco-borgognona.

Testi a cura di Alessandra Merra (beni archeologici) e Valeria Sola (beni storico-artistici)
Servizio Museografico U.O. XXXI