
Considerata uno
dei capolavori della scultura greca del V secolo a.C. in Sicilia,
la statua raffigura un Efebo stante. L'opera rappresenta per
la ponderazione e il plasticismo delle masse muscolari uno
dei più emblematici esempi di Stile Severo. La distribuzione
del peso del corpo gravita sulla gamba destra portante, mentre
l'altra gamba è flessa indietro. Il modellato del volto
con i lineamenti carnosi del viso denota il superamento del
tipico “sorriso arcaico”, una delle convenzioni
della scultura di età arcaica. Le braccia protese,
che reggevano probabilmente una phiale, ovvero una coppa,
sono espressioni della ricerca di una nuova spazialità.
La capigliatura, resa a ciocche lisce attorcigliate attorno
ad un cercine, dà risalto al profilo del viso.
Discussa è la sua identificazione: si crede possa raffigurare
un atleta o una divinità fluviale. La politura del
marmo, la preziosità della chioma hanno indotto alcuni
studiosi a ritenere che il suo prototipo fosse bronzeo.
Opera greca importata o lavorata in Sicilia da artisti greci,
riflette il clima culturale dell'età di Terone, tiranno
di Agrigento, che insieme a Gelone di Siracusa sconfisse i
Cartaginesi ad Himera nel 480 a.C. Stilisticamente è
stata confrontata con l'Efebo di Kritios dell'Acropoli di
Atene, datato al 480 a.C. e ritenuto una delle sculture attiche
più significative dello Stile Severo.
La statua fu ritrovata nel 1897 in una cisterna della Rupe
Atenea, acropoli della città di Agrigento, che si affaccia
sul vallone attraversato dal fiume Akragas.
Testi a cura di Alessandra Merra (beni
archeologici) e Valeria Sola (beni storico-artistici)
Servizio Museografico U.O. XXXI
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