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i Beni inamovibili della Regione Siciliana
Decreto assessoriale 1771 del 27 giugno 2013: Divieto di uscita dal territorio della Regione Siciliana dei Beni che costituiscono il fondo principale di Musei, Gallerie, Biblioteche e Collezioni in attuazione delle Delibere della Giunta Regionale n. 94 del 4/5 marzo 2013 e n. 155 del 22 aprile 2013; in particolare è vietata l’uscita, anche se temporanea, dei beni descritti in questa pagina.
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Adorazione dei Pastori

Michelangelo Merisi da Caravaggio
1608
Olio su tela, cm 314x211
Provenienza: Messina, Chiesa dei Cappuccini
Messina, Museo Regionale

>scheda


 

Il dipinto è sempre stato lodato dai contemporanei e apprezzato dalle antiche fonti messinesi, che hanno considerato le opere del Caravaggio come motivo di vanto cittadino. Secondo la testimonianza del Susinno (1724), l’Adorazione dei Pastori fu eseguita dopo la Resurrezione di Lazzaro, dunque nel corso del 1609. L’opera fu commissionata dal Senato di Messina per ornare l’altare maggiore della chiesa dei Padri Cappuccini. La scarna e suggestiva rappresentazione ci appare in linea con i richiami alla povertà evangelica tipici della spiritualità di quell’Ordine. La composizione è impostata su una diagonale, illuminata come di consueto nelle opere tarde del Merisi da una fonte di luce laterale. I toni sono bruni e terrosi, ad eccezione del rosso del manto della Madonna e di un pastore, con pochi tocchi di bianco. Come in altre opere siciliane la proporzione tra le figure e l’altezza della tela aumenta la percezione del sacro, riducendo la dimensione degli uomini. La Vergine è adagiata sulla paglia, quasi a richiamare l’antica raffigurazione della Madonna dell’Umiltà, e sembra voler proteggere il piccolo Gesù stringendolo con materna apprensione. I pastori inginocchiati, “povera gente” dai volti segnati, sono protesi verso la Madre e il Bambino; con il loro atteggiamento di dolce stupore, espresso dalla varietà dei gesti, sembrano invitare anche i fedeli all’adorazione. La stalla è rappresentata secondo il racconto evangelico, con il bue e l’asino sullo sfondo; in primo piano, a sinistra, quella che Roberto Longhi ha definito una “natura morta” dei poveri: tovagliolo, pagnotta e pialla da falegname in tre toni di bianco, bruno e nero.

Testi a cura di Alessandra Merra (beni archeologici) e Valeria Sola (beni storico-artistici)
Servizio Museografico U.O. XXXI