Cratere
a volute attico figure rosse con Achille e Pentesilea
Pittore dei Niobidi
470 a.C.
Argilla, h cm 78, diam. Bocca 47,5
Provenienza: Gela, necropoli
Agrigento,
Museo Archeologico Regionale
>scheda |
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Il monumentale vaso è una delle
opere più importanti di ceramica attica eseguita con
la tecnica delle figure rosse rinvenute in Sicilia.
La scena principale è dipinta e si sviluppa a fregio
continuo sul corpo del vaso con la rappresentazione dell'Amazzonomachia,
cioè la guerra tra le Amazzoni e gli eroi Greci. Le
Amazzoni erano donne guerriere, figlie di Ares e Armonia,
e abitavano in Asia Minore. Nella loro comunità non
erano ammessi gli uomini stabilmente e la loro regina era
Pentesilea, rappresentata qui mentre combatte contro Achille.
Il fulcro della composizione è per il duello finale
tra l’eroe greco, armato di elmo, corazza, scudo, schinieri,
che trafigge mortalmente con la lancia l’Amazzone. Pentesilea
ferita cade in ginocchio, poggiandosi al grande scudo. Ha
già perso la spada ed indossa un elmo sormontato da
una sfinge ed una corazza con la Gorgone sul petto. E’
soccorsa da un'altra Amazzone. Seguono altre tre scene di
duello intervallate da due Amazzoni a cavallo. Le donne guerriere
sono armate di elmi, corazze, spade, asce bipenni, archi.
Indossano sotto le corazze aderenti calzamaglie e alcune portano
il tipico berretto frigio.
La scena secondaria è dipinta sul collo del vaso e
rappresenta su un lato una Centauromachia, cioè la
lotta tra eroi e Centauri, figure mitologiche con il corpo
di animale ed il busto ed il volto umani. I Centauri si difendono
con rami e sassi, gli eroi invece sono armati di elmi, scudi,
lancia o spada. Sul secondo lato sono invece Eracle e Pholos,
il re dei centauri, davanti un pithos (grande vaso). L’eroe
indossa la leontè, una pelle di leone, tiene la clava
e porge una coppa; Pholos tiene un corno (rython) ed un ramo.
Ricchissima è la decorazione accessoria del cratere:
sulle anse a volute vi sono spirali e foglie di edera; un
motivo a doppio meandro corre sull’orlo e sotto la scena
principale; doppie palmette contrapposte e fiori di loto sono
sulla parte alta del collo; foglie lanceolate a raggera si
trovano all’innesto del piede.
Il vaso è attribuito ad un ceramografo attico del V
secolo a.C. chiamato convenzionalmente Pittore dei Niobidi,
dal primo vaso in cui è stata riconosciuta la sua mano
che ha come soggetto la strage dei Niobidi.
Testi a cura di Alessandra Merra (beni
archeologici) e Valeria Sola (beni storico-artistici)
Servizio Museografico U.O. XXXI
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