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i Beni inamovibili della Regione Siciliana
Decreto assessoriale 1771 del 27 giugno 2013: Divieto di uscita dal territorio della Regione Siciliana dei Beni che costituiscono il fondo principale di Musei, Gallerie, Biblioteche e Collezioni in attuazione delle Delibere della Giunta Regionale n. 94 del 4/5 marzo 2013 e n. 155 del 22 aprile 2013; in particolare è vietata l’uscita, anche se temporanea, dei beni descritti in questa pagina.
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vaso achille e pentesilea efebo patroclo arula fittile caravaggio adorazione dei pastori resurrezione di lazzaro polittico annunziata eleonora alhambra trionfo della morte
metope phiale ariete annunciazione kourotrophos venere landolina lampada bavera polittico trapani auriga di mozia satiro danzante  

Phiale d'oro detta
"di Caltavuturo"


Seconda metà del IV - prima metà del III sec, a,C,
Oro, diam. cm 22,75; h cm 3,7; peso g. 982,40
Proveniente probabilmente dal territorio di Caltavuturo (Palermo)
Antiquarium di Himera

>scheda

 

 


E' considerata un capolavoro dell'oreficeria antica , pregevole per i motivi decorativi e per la tecnica di lavorazione a sbalzo che utilizza la punzonatura, la cesellatura e l' incisione. La forma della phiale mesomphalos (dal greco antico “coppa, patera umbilicata”) era molto frequente sia nella ceramica che nella oreficeria della Grecia antica. Destinata per lo più alle libagioni e alle offerte per le divinità durante i riti religiosi, talvolta se realizzata in metallo prezioso, confluiva nei tesori dei santuari.
La vasca, ad eccezione del bordo e del tondo centrale, è interamente decorata a sbalzo, con quattro fasce concentriche costituite da 36 elementi continui, degradanti per dimensioni dall'esterno verso l'interno. Tre fasce presentano il motivo della ghianda e una è decorata con una fila di faggine. La fila esterna di ghiande è alternata ad api e fiori di loto. Attorno all'omphalos, ombelico, nella parte esterna della phiale è inciso un fregio con tralci di vite, grappoli e foglie, mentre nella parte interna della coppa entro un collarino zigrinato è un motivo con palmette e fior di loto.
Sul bordo esterno è incisa un iscrizione in greco che indica il dedicante ed il peso della coppa.
Il dedicante della coppa potrebbe essere il damarco (magistrato) Achirio o Damarco figlio di Achyrio.
Il motivo delle api, delle ghiande, delle palmette, dei fiori di loto e dei viticci è documentato in modo particolare nella oreficeria greca di età ellenistica. Un esemplare simile al nostro è conservato al Metropolitan Museum di New York. La tecnica a puntini dell'iscrizione riconduce secondo gli epigrafisti al periodo tra la fine del IV e l'inizio del III secolo a.C.
La storia del recupero della phiale è complessa ed affascinante ed emblematica perchè è il risultato di laboriose indagini effettuate dalla Magistratura italiana e dal Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Artistico. La prima segnalazione della coppa aurea fu operata nel 1989 da G. Manganaro, che l'aveva osservata a casa di un collezionista siciliano. Cinque anni dopo fu avviata dalla Procura di Termini Imerese un'indagine su alcune opere d'arte trafugate dal Museo della stessa città. Si appurò che nel 1980 in seguito ad alcuni lavori per la messa in opera di un pilone della rete elettrica era stata rinvenuta una phiale, che clandestinamente fu venduta prima ad un collezionista di Catania e successivamente ad un collezionista di Enna. Nel 1991 la phiale viene esportata clandestinamente in Svizzera e qui venduta da un antiquario al miliardario statunitense Michel Steinhardt per 1.200.000 dollari, che la trasferì a New York. Nel 1995 la procura di Termini Imerese avanzò una richiesta di rogatoria internazionale alla competente autorità giudiziaria di New York, chiedendo la restituzione dell'opera. Venne accertata l'autenticità della phiale sulla base di una perizia archeologica elaborata da un équipe di professori universitari (N. Bonacasa, G. Nenci. A. Brugnone) e di analisi di laboratorio effettuate dall'Università di Siena e di Roma (E. Formighi e D.Ferro). Nel 1999 la coppa fu sequestrata dall'autorità giudiziaria americana e riconsegnata allo Stato italiano.

Testi a cura di Alessandra Merra (beni archeologici) e Valeria Sola (beni storico-artistici)
Servizio Museografico U.O. XXXI