I numerosi esemplari di statuette e maschere riconducibili ai generi teatrali (tragedia, dramma satiresco, commedia e farsa fliacica) in uso all'epoca provengono in massima parte dai corredi funerari delle tombe di contrada Diana e da fosse votive o da discariche situate nell’area della necropoli. Si tratta di riproduzioni miniaturistiche delle maschere che gli attori portavano sul volto durante la recitazione per interpretare i diversi ruoli loro assegnati, compresi quelli femminili. (Fig. 1) Accanto alle maschere figurano statuette di danzatori e danzatrici, di attori comici, di giocolieri, nonché di satiri e sileni, fedeli e allegri compagni di Dioniso, il dio dalla complessa personalità al quale erano dedicati gli spettacoli teatrali. Dioniso, dio del vino, dei banchetti e del teatro esercitava la sua influenza anche nel regno dell’oltretomba dove dispensava eterne beatitudini a coloro che erano iniziati ai suoi misteri. La vasta collezione di terrecotte, valida documentazione per la ricostruzione del costume scenico dalla fine del V (Fig.2) al III sec. a.C., attesta la precoce diffusione sull’isola del culto dionisiaco e chiarisce alcuni aspetti particolari dello stesso culto. A Lipari, infatti, più che in ogni altro centro della Grecia d'Occidente, l'aspetto funerario del dio è strettamente connesso a quello teatrale. La diffusione di terrecotte teatrali nelle sepolture non è un fenomeno del tutto estraneo al mondo greco, come testimoniano i numerosi rinvenimenti effettuati in Sicilia e Magna Grecia, ma l'eccezionalità dei rinvenimenti di Lipari è costituita dall'abbondanza con cui gli esemplari ricorrono nei corredi tombali e dalla cronologia. Più di 1000 sono infatti, fra interi e frammentari, gli esemplari di Lipari. Essi sono tutti assegnabili ad un periodo compreso tra il IV sec. a.C. ed il 252-251 a.C., fatta eccezione per qualche esemplare databile al V sec. a.C., e precedono di gran lunga la produzione degli altri centri della Sicilia, dove i rinvenimenti diventano frequenti a partire del III secolo a.C. L'identificazione delle maschere si basa sulla descrizione riportata nell’Onomastikon di Giulio Polluce, vissuto nel II sec. d.C., autore di una sorta di lessico enciclopedico pervenutoci attraverso una redazione abbreviata risalente, con molta probabilità, agli inizi del III sec. d.C. Il catalogo comprendeva 44 tipi diversi, quasi tutti riconosciuti negli esemplari di Lipari e divisi in 5 categorie: vecchi, giovani, schiavi, donne vecchie e donne giovani. |