La storia
La Dea di Morgantina
A Morgantina, sito archeologico nei pressi di Aidone, tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80 numerosi scavi clandestini portarono in luce reperti di eccezionale valore, non solo artistico ma anche economico.
L’area dove furono successivamente accertati, con scavi sistematici della Soprintendenza, alcuni sacelli di età arcaica e frammenti di statue in terracotta a grandezza naturale, era quella di San Francesco Bisconti , non molto distante dai grandiosi resti della città ellenistica, che aveva accolto Ducezio e che seguiva anche nella monetazione d’argento i canoni estetici greci.
Della statua sappiamo che agli inizi degli anni ’80 giunse senza nessun ostacolo in Svizzera e venne venduta dal ricettatore Renzo Canavesi a Robin Symes, - grande acquirente internazionale per conto di importanti musei - che dalla sua sede londinese avviò segrete trattative con il J. P. Getty Museum a cui nel 1986 la statua di Morgantina, definita “probably Afrodite” fu rivenduta, con pochissime, modeste e capziose ricerche di eventuale provenienza illecita da parte della Direzione del Getty presso l’Amministrazione dei beni Culturali italiana e siciliana. Veniva infatti chiesto alla Soprintendenza di Agrigento , competente per territorio, se una statua, riconosciuta come proveniente da Morgantina fosse stata rubata dai musei di Sicilia .
Ovviamente la risposta fu negativa: non era stata rubata bensì trafugata dall’area archeologica e non c’erano prove per dimostrarlo…
Lungamente contesa, ampiamente ammirata al J. P. Getty Museum, la statua ha segnato, con la sua bellezza rapita al territorio di appartenenza, una tappa fondamentale nella storia delle restituzioni che l’avidità di possesso, non priva di napoleonici influssi, ha scritto nell’ultimo secolo.
La Convenzione siglata in Roma il 25 settembre 2007 tra il Ministero dei Beni Culturali, l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e il J. P. Getty Museum ha concluso una lunga e complessa vicenda giudiziaria e diplomatica , in cui è da sottolineare la partecipazione attiva e appassionata della comunità aidonese alla rivendicazione della statua e l’affermarsi del principio, ormai ampiamente condiviso, a livello internazionale, della contestualizzazione del reperto archeologico nel territorio di provenienza.
Il Museo americano ha riconosciuto la fondatezza dell’azione risoluta del Governo italiano e a seguito delle analisi petrografiche, condotte dall’équipe del prof. Alaimo dell’Università di Palermo che hanno dimostrato che il tufo in cui è intagliata la statua proviene dall’area iblea non lungi dunque da Morgantina, ha determinato la restituzione alla Regione Siciliana, con un Accordo che offre collaborazione tecnico scientifica per gli anni a venire, e con immediata disponibilità di una base antisismica per la definitiva collocazione della grandiosa statua nel Museo Archeologico regionale di Aidone, ove si offrirà da adesso in poi all’apprezzamento della collettività che l’ha attesa per oltre un trentennio.
La statua, alta m.2,20 si presenta con il corpo molto armonioso ed evidente sotto il panneggio. Il colore dato in antico resta in poche tracce di rosso, blu e rosa.
Per le parti nude del corpo - viso e braccia - è stato utilizzato marmo bianco dell’isola di Paro, per impreziosirla ulteriormente.
La tecnica di lavorazione che abbina materiali di diversa consistenza e provenienza è la “pseudo-acrolitica“, già sperimentata in Magna Grecia e soprattutto in Sicilia, anche per la realizzazione delle metope del tempio E di Selinunte (450 a.C.).
Il rendimento del corpo e del panneggio rivela profonde influenze dello “stile ricco” e fa pensare ad un artista della cerchia di Fidia, chiamato per la sua fama in Sicilia per scolpire Dee nei santuari di maggiore rinomanza, sull’esempio della madrepatria Grecia.
Rifinita da tutti i lati, la statua fu realizzata per essere esposta al centro di un ambiente, a tutt’oggi non identificato e che si spera, con future ricerche, di poter attribuire alla storia dei culti delle colonie greche di Sicilia.
Gli studiosi, dopo l’iniziale identificazione degli esperti del Getty Museum, riconoscono Demetra o Kore in questa statua che definiamo dea di Morgantina, ora che è tornata “a casa” tra festose accoglienze e dimostrazioni di affettuosa considerazione da parte della Sicilia tutta.
Demetra in Sicilia
Il comprensorio archeologico di Enna, Pergusa, Morgantina, Gela, Siracusa esprime la più ampia e significativa documentazione del culto di Demetra, dea delle messi e della fertilità femminile e dei campi.
Negli eventi storici della Sicilia greca (VI-V sec. a.C) si manifesta un uso “politico” del culto di Demetra da parte dei Dinomenidi, tiranni di Gela e poi di Siracusa che si proclamavano “ierofanti “, ovvero sacerdoti della dea Demetra.
La sopravvivenza di tale culto, con la trasformazione nella cristianità di alcuni aspetti legati alla Madonna e ai Santi patroni nelle feste di primavera e di ringraziamento del raccolto, permeano le tradizioni popolari ancor oggi conservate e il valore di un territorio vocato alla produzione del grano come al tempo dei Romani.
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Approfondimenti
Le fasi del
montaggio. 21 e 22 marzo 2011
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