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Nel volume "Condizione di salute e ricorso ai servizi sanitari", l'ISTAT dedica il capitolo 5 alle invalidità permanenti e consente così di rilevare alcuni dati relativamente alle dimensioni del fenomeno e di tracciare un quadro a livello socio-demografico dei soggetti invalidi.
Secondo questa rilevazione campionaria (Tabella 1), le persone che hanno dichiarato almeno una invalidità sono 1.848.0007, pari al 3,2% della popolazione (Tab. 2). Evidente è la dinamica di crescita del fenomeno con l'aumentare dell'età (Grafico 1) e ciò, ovviamente, sia per i maschi che per le femmine. Infatti, l'incidenza complessiva sulla popolazione è sostanzialmente la stessa per entrambi i sessi. Se tuttavia si focalizza maggiormente l'attenzione su alcune fasce di età (15-54 anni) e dunque in particolare su quelle che più delle altre sono interessate dalla partecipazione al mercato del lavoro e che rappresentano il target specifico degli interventi mirati a favorire l'inserimento lavorativo, si può notare (Graf. 2) che l'incidenza sul totale della popolazione di riferimento diviene sensibilmente più elevata per i maschi che per le femmine.
In ogni caso risulta essere basso il livello di occupazione degli invalidi: solo 13 su 100 abitanti sono occupati mentre meno di 2 su 100 sono in cerca di occupazione (Graf. 3). Certamente questi valori, non disaggregati per classe di età, risentono in modo evidente della composizione percentuale della popolazione disabile che, come abbiamo visto in precedenza è composta per i 3/5 da persone che hanno più di 65 anni e meno di 15.
Tuttavia anche considerando soltanto le classi in età lavorativa si ottiene una percentuale che, per quanto maggiormente soddisfacente, dimostra come siano ancora ampi i margini di miglioramento dell'inserimento occupazionale di questo target.
I dati offerti dall'ISTAT, inoltre, consentono di rilevare alcune caratteristiche relative alla distribuzione geografica del fenomeno della disabilità.
Se da un punto di vista generale (Graf. 4) si rileva che questo è maggiormente presente nelle Regioni del Centro Italia - particolarmente in Toscana ed Umbria, uniche aree regionali insieme alla Valle d'Aosta in cui il quoziente è superiore a 50 su 1000 - (Tab. 3), in modo più specifico è interessante rilevare, rispetto al Comune di residenza la presenza di una maggiore incidenza nei piccoli Comuni fino a 2000 abitanti, incidenza che diminuisce nella passaggio dai Comuni più grandi alle aree a grande urbanizzazione (Graf. 5). Indipendentemente dalla ragione di tale distribuzione, è importante rilevare come sia possibile ritenere che le dimensioni geografiche più ridotte dovrebbero consentire una maggiore integrazione per lo meno di tipo sociale. È questa tuttavia una delle difficoltà premesse all'inizio di questo paragrafo: la carenza o la mancanza di dati che sia possibile disaggregare rende complessa la compre nsione di alcuni fenomeni. Anche in questo caso, non è possibile svolgere approfondimenti che permettano di rilevare in modo più dettagliato il valore di questa variabile territoriale sull'integrazione socio-lavorativa dei disabili.
Infine, un'ultima considerazione può essere effettuata rispetto al titolo di studio (Tab. 4). È evidente come anche in questo caso la mancanza di una disaggregazione ulteriore dei dati renda complessa l'interpretazione dei valori e quindi la comprensione delle reali dinamiche di scolarizzazione delle persone disabili. È comunque certo che pur essendosi verificato negli ultimi anni un fenomeno di forte crescita nella partecipazione scolastica e nel raggiungimento di titoli di studio più elevati, esistono ancora margini di sviluppo e di evoluzione.
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