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2.1 Caratteristiche degli intervistati

La rilevazione sulle caratteristiche dell'offerta di lavoro che proviene da soggetti disabili, effettuata come descritto nell'introduzione tramite l'invio di un questionario postale a 1.800 disoccupati iscritti alle liste speciali degli Uffici provinciali del lavoro, ha avuto un rientro di 315 questionari validi.

Come mostra la tabella 1, nella maggior parte dei casi si tratta di persone di sesso maschile (73,3%) e di giovani nati dopo il 1960 (51,8%). E' evidente che si tratta delle persone maggiormente sensibili rispetto al problema dell'inserimento lavorativo, in possesso di quelle caratteristiche che rispecchiano la situazione complessiva della disoccupazione nel Mezzogiorno d'Italia, dove circa un giovane su due è disoccupato.

La distribuzione degli intervistati secondo la provincia di residenza (tab. 2) risulta disomogenea rispetto all'ipotesi campionaria iniziale che, in assenza di dati quantitativi sulla dimensione delle iscrizioni alle liste di collocamento, si era basata su una selezione di un numero identico di nominativi (200) per ciascuna provincia.

Nel campione finale, infatti, risultano sovradimensionate soprattutto Agrigento e Ragusa (rispettivamente con il 18,1% e il 16,8% del totale dei questionari) e sottodimensionata la provincia di Catania (3,2%). Una delle cause ipotizzabili è quella della disomogeneità di funzionamento dei diversi Uffici provinciali, che come accennato in precedenza, non sempre dispongono di nominativi ed indirizzari aggiornati.

Più della metà degli intervistati (53,8%) fa parte di nuclei familiari ormai considerati numerosi, in quanto composti da 4-5 persone, e per un altro 4,1% tale quota sale a 6-7 componenti (tab. 3). Particolarmente emblematico del contesto familiare e sociale in cui sono inseriti i disabili intervistati è il dato relativo al numero di occupati conviventi nel nucleo familiare: come emerge dalla tabella 4, il 56,6% del campione fa parte di famiglie di cui nessun componente è occupato; è possibile dunque ipotizzare che il sostentamento della famiglia provenga o da lavori occasionali che possono sfociare in forme di lavoro "nero" o da pensioni percepite da qualcuno dei componenti o dallo stesso intervistato.

A completare lo scenario finora delineato, è possibile considerare lo stato civile degli intervistati, tra i quali prevalgono coloro che hanno comunque delle forti responsabilità, anche economiche, nei confronti della propria famiglia come nel caso più diffuso dei coniugati o conviventi con figli, che rappresentano il 42,4% del campione (tab. 5).

Solo il 4,5% è iscritto al collocamento da meno di due anni, mentre per il resto si tratta di situazioni di disoccupazione "sclerotizzate", che evidenziano la scarsa funzionalità, se non il fallimento, della legge sul collocamento obbligatorio: se il 43,6% degli intervistati si è iscritto al collocamento speciale tra il 1991 e il 1995 ed un altro 27,7% tra il 1986 ed il 1990, vi è una quota significativa di disabili disoccupati in cerca di lavoro da più di dieci anni con addirittura un 2,4% la cui data di iscrizione alle liste speciali del collocamento è precedente al 1975 (tab. 6).

La categoria di intervistati più numerosa, in sintonia con la distribuzione tra le diverse tipologie rilevata, attraverso stime, presso i nove Uffici provinciali del lavoro della regione Sicilia, è quella dei mutilati e degli invalidi civili, che comprende il 75,1% del campione. Seguono i sordi/sordomuti (8,1%) i mutilati e invalidi del lavoro (7,4%) e i privi di vista (2,9%); il 6,5% di risposte raccolte sotto la voce "altro" è in realtà relativo a quegli intervistati che non hanno saputo indicare la propria categoria di appartenenza (tab. 7). La distribuzione delle risposte secondo il sesso evidenzia, tra le donne, una lieve prevalenza, rispetto alla componente maschile, di invalidi civili e sordi/sordomuti, mentre tra gli uomini sono più numerosi i mutilati e invalidi del lavoro (9,7% contro l'1,2% delle donne).

Il 54,6% del campione registra percentuali di invalidità comprese tra il 46% e il 60%, ma significativa è anche la quota di coloro che soffrono di disabilità più gravi (il 22,7% si colloca tra il 61% e il 75% e un altro 16,1% ha oltre il 75% di invalidità); le invalidità di minore entità, sotto al 45%, sono più diffuse tra gli uomini (8,2%) che tra le donne (2,4%) (tab. 8). Per più di due terzi del campione si tratta di handicap non acquisiti dalla nascita (tab. 9).

Alla richiesta di indicare, in modo dettagliato, le implicazioni che l'invalidità posseduta comporta nell'espletamento di alcune funzioni, solo pochi intervistati sono stati in grado di andare oltre la specifica del proprio handicap; comunque, come mostra la tabella 10, il 39,9% ha dichiarato di avere delle difficoltà nel movimento, il 27,3% nel vedere, parlare o sentire e il 18,7% nelle funzioni quotidiane, mentre solo il 2,2% è costretto al confinamento in casa. Per quanto riguarda le disabilità non descritte in modo dettagliato (modalità "altro"), al primo posto figurano i problemi cardiocircolatori (5%) seguiti dai disturbi psichici (4,7%) e dall'asma (4%).


2.2 I percorsi formativi e professionali

Un primo elemento di riflessione circa i fattori che ostacolano l'inserimento sociale e lavorativo dei portatori di handicap è ricavabile dal livello di scolarità dei disoccupati intervistati.

Come evidenzia la tabella 11, il campione si caratterizza per la predominanza di soggetti con basso titolo di studio (72,9%, con il 12,1% in possesso della sola licenza elementare e l'1,6% senza alcun titolo di studio), mentre per quanto riguarda i titoli di livello medio-alto prevalgono coloro che hanno ottenuto il diploma di maturità (22,7%) e i laureati costituiscono solo lo 0,6% del totale. La componente femminile si distingue per una scolarità complessivamente più elevata, comprendendo, tra l'altro, gli unici due intervistati in possesso di diploma di laurea.

Si è dunque in presenza di una significativa sfasatura rispetto alla domanda di lavoro espressa dalla imprese siciliane che, come si è visto nel capitolo precedente, si caratterizza per una richiesta di figure medio-alte.

In linea con il trend di scolarità registrato a livello nazionale, i più giovani si caratterizzano per una maggiore scolarità complessiva (tab. 12), mentre non sembra sussistere una correlazione diretta tra titolo di studio conseguito e tipologia e periodo di occorrenza dell'handicap.

Tale ipotesi appare confermata dalle motivazioni addotte dagli intervistati per spiegare il perché dell'interruzione degli studi: nella maggior parte dei casi, infatti, si riferiscono a problemi economici (la motivazione principale, con il 42,7% di segnalazioni) o alla poca voglia di studiare (19,7%, cui si può aggiungere il 10% di coloro che hanno ritenuto il titolo conseguito sufficiente). Solo in pochi casi, appare evidente che la disabilità ha influenzato negativamente il curriculum scolastico (motivi di salute: 12,5%; presenza di barriere architettoniche: 1,1%; mancanza di servizi di accompagnamento: 0,7%), anche se non è sicuramente da escludere che, dietro a risposte quali "difficoltà negli studi" (15,8%), "carenza nel sostegno scolastico" (10,4%), "distanza della scuola da casa" (5,7%) e "consiglio degli insegnanti" (0,4%), si celi, per coloro che durante la frequenza scolastica erano già portatori di handicap, un dis agio superiore rispetto ai loro colleghi (tab. 13).

Un ulteriore fattore di condizionamento rispetto all'incontro tra domanda di lavoro e offerta da parte dei disoccupati in situazione di handicap può essere rintracciato nella scarsa professionalizzazione, almeno per quanto riguarda coloro che non hanno avuto precedenti esperienze lavorative, o comunque nella disattenzione, individuale e sociale, nei confronti delle esigenze di aggiornamento e riqualificazione della professionalità già acquisita (si consideri che frequentemente i problemi di malattia sono stati la causa della perdita di un lavoro, non più possibile da svolgere in modo considerato efficiente, e quindi sarebbe necessario quantomeno riconvertire il disoccupato indirizzandolo verso altri tipi di mansioni).

Come evidenzia la tabella 14, il 65,5% del campione non ha mai avuto l'opportunità di frequentare un corso di formazione professionale e solo il 4,4% è attualmente impegnato in attività formative. La propensione alla formazione è maggiore nelle donne (il 6,2% sta frequentando un corso ed un altro 32,1% li ha frequentati nel passato) che non negli uomini, ed è più evidente tra coloro che sono già in possesso di titoli di studio medio alti (tab. 15).

Diversa è la situazione per ciò che concerne le esperienze lavorative pregresse: in questo caso sono prevalenti coloro che hanno svolto in precedenza almeno un lavoro (65,6%), ma tale fenomeno riguarda soprattutto la componente maschile, di cui solo il 25,9% non ha mai lavorato (tab. 16).

Inoltre, ma in questo caso influiscono anche i fattori legati all'età e al periodo nel quale si è acquisita l'invalidità al lavoro, sembrano avere avuto più occasioni lavorative gli intervistati in possesso di licenza elementare o addirittura senza alcun titolo (tab. 17). E' comunque significativo che una quota non indifferente, pari al 57%, abbia lavorato (anche) dopo essere diventato portatore di handicap (tab. 18).

Una lettura più approfondita evidenzia però la precarietà di una quota significativa delle esperienze di lavoro indicate dal campione: solo il 21,4% degli intervistati ha dovuto lasciare un lavoro stabile, con contratto a tempo determinato; vi è poi un nucleo abbastanza numeroso di persone che hanno svolto lavori regolari, ma con contratto a termine (22,8% con contratto a tempo determinato, cui vanno aggiunti l'1,5% che ha ottenuto un contratto di formazione-lavoro, il 7,8% di stagionali e il 3,4% con contratto di apprendistato). Per il 26,7% di casi si è trattato invece di lavori saltuari, occasionali oppure, per un altro 7,3%, di lavori stabili ma senza una regolamentazione contrattuale.

Alcune diversità sembrano sussistere nel confronto tra il vissuto professionale degli uomini e delle donne: tra i primi, infatti prevalgono i lavori occasionali (29,7%, contro il 14,6% delle donne) e hanno una maggiore incidenza le esperienze di lavoro autonomo (incluse nella voce "altro": 9,1%) mentre nella componente femminile, probabilmente a causa di minori responsabilità familiari che permettono una sia pur minima selezione ma anche per la differente natura delle occasioni di lavoro che si prospettano per le donne, sono più rilevanti le occupazioni svolte sotto regime contrattuale, sia pure a tempo determinato (tab. 19).

Ampiamente diversificati sono i motivi che hanno comportato l'abbandono del posto di lavoro, non tutti legati naturalmente allo specifico del portatore di handicap anche perché, come si ricorderà, molte delle occupazioni segnalate sono state svolte (e spesso concluse) precedentemente rispetto all'insorgenza della causa di invalidità/disabilità.

I problemi di malattia e di infortunio costituiscono comunque la più diffusa causa della perdita di occupazione (rispettivamente 18,8% e 8,4%); è possibile poi individuare un nucleo ancora più ampio di motivazioni riconducibili a scelte personali (motivi familiari, 3%, altri motivi, 11,9%) anche se spesso dettate da situazioni evidentemente non più sostenibili, come nel caso di coloro che hanno dichiarato di aver lasciato il lavoro perché scarsamente retribuito (10,9%) o perché instabile (9,9%). Complessivamente meno incidenti sono le cause strettamente inerenti le dinamiche economiche e del mercato del lavoro (per chiusura o fallimento dell'azienda: 8,9%; perché la mansione svolta non era più richiesta: 5,4%).

L'incrocio con alcune variabili strutturali permette di mettere ulteriormente a fuoco le problematiche del raccordo tra domanda di lavoro e l'offerta proveniente dalle categorie svantaggiate oggetto dell'indagine. In particolare:


2.3 Le caratteristiche dell'offerta di lavoro

Prima di affrontare le tematiche legate alla ricerca del lavoro e alle preferenze lavorative dei disoccupati iscritti alle liste del collocamento obbligatorio, è stato chiesto agli intervistati di indicare quali sono, secondo la loro esperienza, le istituzioni più e meno attente alle esigenze di inserimento sociale dei portatori di handicap.

A questo proposito, occorre sottolineare che entrambe le graduatorie (tabelle 23 e 24) ripropongono ai primi posti, con poche modifiche, i medesimi soggetti, per cui, ad esempio, la Regione si trova ad essere indicata contemporaneamente come il soggetto più attento (17,9%) e meno attento (20,8%). E' possibile ipotizzare che le risposte siano dipese non solo dalla personale esperienza dell'intervistato ma anche dall'opinione che ha tale categoria di disoccupati circa i soggetti che dovrebbero essere maggiormente attivi in questo campo.

L'"ufficio di collocamento" è sicuramente un soggetto chiave: oltre al fatto che si posiziona al terzo posto tra le istituzioni più attente e al secondo nella graduatoria delle istituzioni meno attente, risulta comunque essere il principale canale (77,1%) cui si affidano i disabili disoccupati nella ricerca di lavoro (tab. 25).

La distribuzione delle risposte circa i canali utilizzati nella ricerca di occupazione ricalca schemi tradizionali, indice di una carenza di attenzione verso le esigenze specifiche di inserimento lavorativo di persone in condizioni di svantaggio rispetto agli altri disoccupati e che, dunque, avrebbero bisogni di istituzioni e centri di orientamento e ausilio dedicati.

Il campione, soprattutto nella sua componente femminile, si affida, in primo luogo, al comparto pubblico, che comprende oltre agli uffici provinciali del lavoro anche le occasioni offerte dai concorsi pubblici (40%); altrimenti si avvale della rete informale di conoscenze e amicizie (rispettivamente indicate dal 25,8% e dal 21,3% degli intervistati).

I contatti con il settore privato sono meno frequenti e si concretizzano nella presentazione di domande dirette alle aziende (16,8%) e nella lettura di annunci sul giornale (12,9%), mentre scarsamente perseguita è la strada dell'"intermediazione" formalizzata, tranne in parte nel caso delle strutture sindacali (che dispongono di centri di informazione disoccupati) contattate dal 12,6% dei disabili.

Anche a fronte della richiesta di indicare i principali problemi incontrati nella ricerca di lavoro, gli intervistati non si discostano molto dalle risposte che avrebbero fornito i disoccupati siciliani nella loro totalità, scontrandosi ovviamente anch'essi con un mercato del lavoro stagnante, caratterizzato da alti tassi di disoccupazione, nel quale la condizione di portatore di handicap aggrava una situazione generale già allarmante di per sè: ne consegue che, al di là dei problemi specifici della categoria considerata, il primo ostacolo sono le scarse opportunità occupazionali, indicate dall'82,5% del campione, seguite dalla richiesta di maggiore specializzazione (21,4%), mentre passano in secondo piano le resistenze ed i pregiudizi da parte dei potenziali datori di lavoro, che pure sono indicati significativamente dal 17,2% del campione. Solo una piccola parte degli intervistati presenta ulteriori ostacoli oggettivi, dovuti alla tipologia di handicap posseduto, come la difficoltà a raggiungere i potenziali posti di lavoro (3,6%), l'impossibilità a spostarsi verso il luogo di lavoro senza assistenza (3,2%), la frequente presenza di barriere architettoniche (2,6%), l'impossibilità a lavorare fuori casa (2,3%) (tab. 26).

Le successive aree di indagine contemplate dal questionario, miranti:


sembrano confermare il sostanziale parallelismo tra le esigenze e le difficoltà manifestate dai disabili nella ricerca del lavoro e quelle riscontrate, attraverso un ampio ventaglio di indagini sul tema, nel complesso della forza di lavoro in cerca di occupazione.

Per quanto riguarda il primo punto, è importante sottolineare che le difficoltà economiche - spesso di notevole entità se si considera che, come descritto precedentemente, molti nuclei familiari non comprendono nemmeno una persona occupata - costituiscono la principale preoccupazione dei portatori di handicap in cerca di occupazione (34,4% del campione); una origine analoga è implicita anche tra coloro che invece hanno evidenziato il peso delle responsabilità nei confronti della famiglia (28,9%).

Sensibilmente meno diffusi sono, invece, atteggiamenti di "sconforto" o di "vittimismo", quale la sensazione di essere abbandonato dalle istituzioni (18,5%), quella di non essere utile alla società (10,1%) o il senso di inferiorità rispetto agli occupati (7,5%) (tab. 27).

Le preferenze lavorative degli intervistati si orientano verso il mercato "protetto" del comparto pubblico, che raccoglie l'82,1% delle indicazioni (tab. 28); assolutamente marginali sono le quote di coloro che sono orientati verso forme di imprenditorialità (lavoro autonomo: 3,5%; formare una cooperativa: 1,3%).

In realtà, però, le preferenze rispetto al settore economico risultano essere lievemente più diversificate, in quanto, come emerge dalla tabella 29, la Pubblica Amministrazione è indicata dal 69,4% del campione, mentre le restanti risposte si distribuiscono quasi omogeneamente rispetto ai diversi ambiti proposti, con una leggera prevalenza del comparto industriale (8,3%). Quest'ultimo appare essere una opzione di scelta della sola componente maschile, mentre le donne si orientano maggiormente verso il terziario tradizionale.

Anche le indicazioni fornite a proposito delle modalità contrattuali e dell'impegno di lavoro preferiti si indirizzano verso le forme più tradizionali e stabili, ma con un'apertura significativa verso forme di lavoro innovative o autonome, che effettivamente potrebbero essere un valido bacino di impiego per i portatori di handicap. Infatti,

Infine, occorre segnalare che alcune resistenze appaiono sussistere di fronte alla eventualità di spostamenti, per motivi di lavoro, dall'area di residenza, ma, nel complesso, tale disponibilità è significamente diffusa, soprattutto tra la componente maschile del campione: infatti, il 66,3% (il 70,8% dei maschi) accetterebbe la mobilità sul territorio regionale, il 41,2% quella nell'ambito dell'Italia meridionale, mentre, rispettivamente il 45,2% e il 21,3%, si trasferirebbe in qualsiasi regione d'Italia o all'estero (tab. 32).

 

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