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1.1 Caratteristiche delle imprese intervistate

La rilevazione dei fabbisogni formativi e professionali delle aziende siciliane ha coinvolto 200 imprese, per un totale di 195 questionari validi, selezionate in base alla loro localizzazione sul territorio e al settore di attività.

In particolare, come evidenzia la tabella 1, la maggior parte del campione è risultato composto da imprese di tipo industriale (56,8%); seguono le imprese di servizi (35,9%) ed, in ultimo, le imprese artigianali (7,3%).

La distribuzione delle imprese per settore di attività (tab. 2) mostra una prevalenza delle aziende operanti nel settore alimentare (19,2%) e di quelle appartenenti al settore del commercio, turismo, trasporti (18,7%); il 28% di aziende classificate sotto la voce "altro" riunisce, invece, diverse tipologie, che vanno dalle attività edili e estrattive a quelle, ad esempio, della lavorazione artistica del vetro e della ceramica, al fine di comprendere nel campione le più diverse realtà produttive e imprenditoriali presenti nella Regione, nonostante la necessità di focalizzare l'attenzione, considerata la consistenza numerica del campione, su alcuni settori specifici.

Anche dal punto di vista della collocazione territoriale, sono state prese in considerazione tutte le nove province siciliane, con una maggiore concentrazione di aziende operanti nelle aree di Palermo (30,8%) e di Catania (15,4%), che costituiscono i maggiori poli di aggregazione dell'imprenditorialità della Regione (tab. 3).

Nonostante la grave situazione occupazionale che caratterizza tutto il Mezzogiorno e le difficoltà che tradizionalmente incontra l'iniziativa imprenditoriale in quest'area, le previsioni a medio termine (due anni) sull'andamento delle aziende selezionate descrivono uno scenario sostanzialmente positivo: il 42,6% degli intervistati prevede una crescita del fatturato ed un altro 47,4% ritiene verosimile una situazione di stabilità (tab. 4).


1.2 La domanda di professionalità

Allo scopo di contestualizzare le esigenze professionali manifestate dalle imprese siciliane ed individuare alcuni snodi critici sui quali focalizzare gli interventi di formazione professionale per rispondere a tali esigenze, è stata sottoposta all'attenzione degli intervistati una serie di domande che sollecitavano una riflessione sulle principali carenze, in termini di competenze e conoscenze, riscontrabili nell'ambito del complesso delle risorse umane presenti in azienda.

In primo luogo, è possibile evidenziare che le segnalazioni più numerose, per quanto riguarda le conoscenze di ordine generale, sono quelle concernenti le conoscenze linguistiche, la cui mancanza è avvertita dal 47% delle imprese ed, in misura rilevante, anche dallo stesso intervistato; si rileva poi anche il bisogno di implementare le conoscenze di ordine organizzativo-gestionale (34,6%) e quelle informatiche (32,5%) (tab. 5).

Lievemente più elevato è, complessivamente, il livello di soddisfazione nei confronti della preparazione professionale specifica del personale: il 50,3% degli intervistati non rileva particolari carenze, mentre i punti critici sono per alcuni la scarsa specializzazione (25,9%) e per altri, viceversa, la scarsa preparazione di base (24,9%); anche in questo caso viene segnalata dal 20,7% delle imprese la scarsa capacità di organizzazione del lavoro (tab. 6).

I risultati dell'indagine permettono solo in parte di individuare le aree ritenute strategiche all'interno dell'organizzazione aziendale, ai fini, ad esempio, della predisposizione di un piano di interventi formativi che consenta di tenere il passo con l'innovazione.

Infatti, alla richiesta di indicare il grado di importanza di alcuni argomenti nell'ambito delle esigenze formative dei dipendenti (tab. 7), gli intervistati tendono a considerare "importanti" un po' tutti gli aspetti, senza spesso riuscire a fare una graduatoria, anche se prevalgono, tra gli argomenti di "massima importanza" i problemi della qualità (61,9%) e di aggiornamento tecnologico (50,2%); in parziale contraddizione con quanto precedentemente dichiarato risulta essere la scarsa considerazione relativa in cui versano le lingue straniere, alle quali il 29,4% delle imprese attribuisce importanza minima, anche se occorre considerare che in questo caso, a differenza del precedente, era richiesto di esprimere una gradualità di opinione.

Se si sommano le opinioni di alta e massima importanza, emerge infine la rilevanza che, nel contesto aziendale, rivestono gli aspetti amministrativi: il 69,6% degli intervistati ne sottolinea, infatti, l'importanza e un altro 65,1% segnala la strategicità della gestione finanziaria e del credito; rilevanti sono anche i temi dell'ambiente e della sicurezza sul lavoro (67,6%).

Per quanto riguarda più specificamente i fabbisogni di professionalità, è necessario innanzitutto mettere l'accento sul fatto che la dichiarata congiuntura positiva dell'imprenditoria siciliana trova in parte conferma nelle necessità di nuovo personale dichiarate dalle aziende.

Come mostra la tabella 8, infatti, il 37,8% del campione prevede di effettuare assunzioni nei prossimi due anni, anche se un ulteriore 26,4% ne avrebbe necessità ma è ostacolato dalla situazione attuale dell'azienda; il rimanente 35,8% non avverte tale necessità. Le figure professionali più richieste sono quelle operaie, in particolare quelle specializzate (21,8%).

Il settore che sembra offrire maggiori opportunità occupazionali è quello industriale, considerato che la scarsa numerosità delle imprese artigiane comporta la necessità di effettuare un ridimensionamento del dato (50% di imprese artigiane che dichiarano di voler procedere a nuove assunzioni) (tab. 9).

Per approfondire alcune caratteristiche della domanda di lavoro espressa dalle imprese siciliane, si è chiesto agli intervistati di fornire una sintetica descrizione delle figure professionali che avrebbero intenzione di assumere o che assumerebbero se se ne verificassero le condizioni.

Al riguardo, occorre innanzitutto precisare che si tratta di una domanda di dimensioni non irrilevanti: sono stati individuati 164 profili, per alcuni dei quali la richiesta in termini di addetti supera le 10 unità (7 profili, pari al 4,5%), anche se nella maggior parte dei casi si è in presenza di singole necessità (41,6%) (tab. 10).

Come è logico aspettarsi, sono le aziende in espansione quelle che hanno espresso la domanda più consistente, individuando anche tre diverse figure professionali (tab. 11), ma in alcuni casi, anche in previsione di una diminuzione del fatturato, le aziende hanno comunque la consapevolezza di avere la necessità di coprire alcune mansioni evidentemente sottodimensionate o assenti.

Le indicazioni fornite non sempre hanno consentito di sintetizzare i differenti profili in macrotipologie, considerando che, tra l'altro, anche nel caso di richieste di tipo generico (operai specializzati, impiegati, ecc.) le descrizioni differiscono in quanto a competenze richieste.

La tavola 1 fornisce una sintesi delle figure professionali richieste, suddivise, a prescindere dal livello di inquadramento, in impiegati e dirigenti, tecnici e operai: si tratta in prevalenza di operai generici e specializzati, seguono gli impiegati ed infine i tecnici.

Nel gruppo degli impiegati e dirigenti, vi è una consistente domanda di figure amministrative, anche a livello dirigenziale, mentre tra i tecnici e gli operai, anche nel caso di denominazioni generiche, è evidente lo stretto collegamento tra figura richiesta e settore di attività dell'impresa.

Il livello di inquadramento previsto corrisponde naturalmente alla descrizione fornita; il 27,6% dei casi riguarda il livello impiegatizio, il 27% dei profili prevede un inquadramento come operaio qualificato e il 21,5% come tecnico; non indifferenti, considerata la struttura piramidale dell'organigramma aziendale tradizionale, le offerte di inquadramento come dirigente o quadro (tab. 12).

Lo scenario finora delineato porta ad ipotizzare una domanda centrata su figure correlate a titoli di studio medio alti, ipotesi confermata dalla tabella seguente, che evidenzia come il titolo di scuola dell'obbligo sia ritenuto sufficiente solo nel 17,5% dei casi, mentre il titolo di studio più diffusamente richiesto è il diploma di scuola secondaria superiore (tab. 13) .

E' possibile osservare che non vi è una precisa correlazione tra livello di inquadramento e titolo di studio richiesto, non solo in quanto le differenti specializzazioni possono prevedere percorsi di studio di differente durata, ma anche perché sul dato influisce, soprattutto per le figure di livello più basso, la possibile esperienza effettuata sul posto di lavoro.

L'attenzione degli imprenditori nei confronti della specializzazione delle figure professionali, viene confermata dal fatto che la quasi totalità di costoro (86,8%) individua le competenze di ordine tecnico quali competenze caratterizzanti la figura professionale indicata; è interessante però sottolineare come le competenze relazionali si posizioni al secondo posto in quanto a numero di segnalazioni (27,2%), superando quelle di tipo linguistico (25,2%) e quelle decisionali (18,5%) (tab. 14).

Più in particolare, se le competenze tecniche sono naturalmente legate alla attività richiesta alla figura professionale individuata e quelle linguistiche riguardano essenzialmente la conoscenza della lingua inglese, le altre caratteristiche risultano focalizzate su precisi aspetti: il 15,9% di imprese che hanno indicato l'esigenza di figure con competenze diagnostiche hanno specificato che si tratta esclusivamente di competenze legate al controllo di qualità, le competenze relazionali attengono alla sfera dei rapporti con il cliente, le competenze decisionali si traducono nella necessità che il lavoratore sappia condurre in autonomia il proprio compito.

Gli ulteriori approfondimenti relativi alle caratteristiche di ciascun profilo individuato dalle imprese confermano la propensione verso figure con conoscenze specifiche, relative al settore di attività dell'azienda, ma con una buona preparazione generale di base, che sappiano adattarsi ai mutamenti e alle innovazioni tecnologiche (saper apprendere, saper utilizzare i nuovi macchinari); tra le qualità comportamentali vengono apprezzate la serietà e la precisione, ma anche l'approccio creativo e propositivo.

L'ultima domanda prevista nella sezione relativa all'analisi della domanda di professionalità espressa dalle imprese siciliane era dedicata a verificare il grado di difficoltà nel reperimento sul mercato del lavoro delle figure indicate. Come emerge dalla tabella 15, i diversi profili si dividono quasi equamente tra quelli di facile reperibilità (47,5%) e quelli più rari (52,5%), in quanto legati a particolari specializzazioni. Tra le principali difficoltà, infatti, gli intervistati citano la mancanza sul mercato del lavoro di personale qualificato (22,2%) e la carenza o completa assenza di formazione professionale (22,2%), in alcuni casi difficoltà appunto esplicitamente correlate alla particolarità della tipologia aziendale rispetto ai settori più diffusi sul territorio siciliano (13,4%: manca la competenza nel settore, non esistono altre aziende simili in Sicilia) (tab. 16).


1.3 Handicap e lavoro

L'inserimento lavorativo dei disabili è oggi condizionato da una complessa serie di fattori, tra cui sicuramente quello culturale riveste un ruolo fondamentale, in quanto è ancora ampiamente diffuso il concetto che il portatore di handicap non possa svolgere efficientemente alcun tipo di lavoro.

Una delle cause che favoriscono il permanere di questo concetto stereotipato è attribuibile sicuramente al fatto che gli strumenti per l'inserimento lavorativo dei disabili non tengono in alcun conto le loro capacità e competenze, contribuendo quindi ad evidenziare soprattutto le "incapacità" e le differenze.

Ne consegue che, nonostante l'attivazione del collocamento obbligatorio e gli eventuali incentivi rivolti alle imprese che assumono persone appartenenti a categorie cosiddette "svantaggiate", il livello occupazionale di tali soggetti è assolutamente insoddisfacente e si è arrivati al paradosso di imprese che preferiscono pagare le multe previste piuttosto che assumere un disabile.

Non stupisce, quindi, che nella presente indagine emerga che ben l'83,4% delle imprese siciliane intervistate non abbia in organico personale portatore di handicap (tab. 17).

Eppure, tra gli intervistati che invece hanno potuto verificare la qualità del lavoro svolto da questi soggetti la soddisfazione è ampiamente diffusa (94,1%) e solo in due casi sono state espresse delle riserve, motivate dalla scarsa specializzazione e capacità tecnico-operativa (tab. 18).

Un ulteriore elemento di riflessione è costituito dal fatto che il personale disabile risulta impiegato in differenti livelli di inquadramento: come mostra la tabella 19, se in prevalenza si tratta di operai generici, numerosi sono anche gli operai qualificati e gli impiegati e si rileva la presenza di disabili anche tra i tecnici e i dirigenti.

Tra gli operai generici, si ritrovano i profili più tradizionalmente legati, nell'immaginario collettivo, alle mansioni che i portatori di handicap sono reputati in grado di svolgere, quali il magazziniere, il fattorino, il portiere, anche se non mancano figure coinvolte direttamente nei processi produttivi.

Gli operai specializzati sono invece tutti inseriti, naturalmente, nel ciclo produttivo, mentre tra gli impiegati oltre alla figura tradizionale del centralinista vengono citati stranamente anche i braccianti agricoli, oltre a personale impiegato in area amministrativa e di segreteria e nel campo della progettazione (tab. 20).

Il principale canale di assunzione continua ad essere il collocamento obbligatorio (48,4%), anche se in alcuni casi il disabile è stato assunto attraverso le normali procedure di selezione del personale (16,1%) o su richiesta nominativa (9,7%); alcune imprese di servizi si sono affidate alla segnalazione di amici e conoscenti (6,5% del totale), alcune imprese industriali ai centri di informazione disoccupati (3,2%) e solo le imprese artigiane hanno avuto contatti con le associazioni di volontariato (3,2%). Assente qualunque segnalazione da parte del sistema educativo; il 12,9% relativo alla voce "altro" riguarda coloro che erano già presenti in azienda e che magari hanno subito un infortunio sul lavoro (tab. 21).

Anche per quanto riguarda la possibilità che la domanda di lavoro espressa dalle imprese possa essere soddisfatta anche da persone portatrici di handicap, le risposte fornite inducono a pensare che non sempre l'imprenditore distingue tra i diversi tipi e livelli di disabilità: se, infatti, il 29% ritiene possibile l'assunzione di disabili, il 45,6% la circoscrive a determinate mansioni lavorative e, tra chi ha risposto di no, solo in un caso tale posizione è comunque accompagnata dalla riflessione che l'eventuale assunzione dipende dal tipo di handicap posseduto (tab. 22).

Alla richiesta di specificare ulteriormente i motivi per cui si ritiene di non poter assumere portatori di handicap, la risposta più frequente è quella focalizzata sulla incompatibilità di tali persone con il tipo di lavoro svolto in azienda, e comunque tutte le risposte ruotano, con varie sfumature, intorno a tale opinione (tab. 23).

La visione del lavoratore portatore di handicap appare legata a schemi tradizionali: in generale, gli intervistati ritengono che, a prescindere dalle attuali necessità di personale, i disabili potrebbero trovare occupazione soprattutto nell'area amministrazione e segreteria (81,1%) e, secondariamente nell'ambito del sistema informativo-Ced (34,8%); solo il 7,3% di imprese persiste nella convinzione che un portatore di handicap non possa trovare alcuna collocazione lavorativa (tab. 24).

Il confronto con la domanda di professionalità permette dunque di identificare alcuni profili, soprattutto quelli di livello impiegatizio, su cui indirizzare le attività di formazione professionale dei portatori di handicap, per i quali si aprono probabilmente dei possibili percorsi di inserimento lavorativo se adeguatamente supportati da strumenti di incontro tra domanda e offerta espressamente dedicati a questo target. Sarebbe inoltre necessaria una incisiva azione di informazione e sensibilizzazione del mondo imprenditoriale, considerato che più della metà del campione di aziende (53,7%) è risultata non a conoscenza degli incentivi rivolti alle imprese che assumono portatori di handicap, un 11,1%, conoscendoli o avendone appreso l'esistenza, ha intenzione di usufruirne in futuro, mentre solo il 3,2% ne ha già usufruito (tab. 25).

 

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