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mercoledì 3 luglio 2024


Home PageQuando il valzer si suonava dal barbiere

IL LIBRO. Gaetano Pennino ha curato il volume «Musica dai Saloni» con interessanti testimonianze


Nostalgia del secolo scorso: del tempo che vi scorreva più lento, dei suoi riti, delle usanze andate perdute. Una di esse, in Sicilia, era la musica nelle sale dei barbieri. Per lo più valzer, mazurche, polche, tarantelle di gusto popolare, suonati da piccoli gruppi con chitarra, mandolino, fisarmonica, talvolta persino violino e contrabbasso – strumenti "colti" –, che animavano quei luoghi di ritrovo specialissimi che erano le sale dei barbieri. Sì, specialissimi, perché in essi, oltre a svolgersi la vita sociale del paese, si faceva un po’ di tutto: dai piccoli interventi di chirurgia artigianale, in cui pure erano bravi i barbieri, alla diffusione dei calendarietti profumati con le foto, osé per i tempi, di dive scollate, alle più o meno improvvisate, appunto, esibizioni orchestrali. «Musica dai Saloni, "suoni e memorie dei barbieri di Sicilia"» ( Nuova Ipsa editore) raccoglie diverse e significative testimonianze sulla vita nelle sale dei barbieri e sulla musica che vi si suonava in una Sicilia, legata alle tradizioni e animata da amabile socialità, in via d’estinzione. Il volume è curato da Gaetano Pennino, etnomusicologo, direttore della Casa museo Antonino Uccello di Palazzolo Acreide, e da Maurizio Piscopo, voce e fisarmonicista della Compagnia di canto popolare, gruppo favarese che ha ricercato e riunito nel cd allegato al testo alcuni pezzi propri del repertorio dei saloni dei barbieri. Le testimonianze sono tante e varie: non solo quelle di studiosi del fenomeno musicale popolare, come lo stesso Pennino o Bonanzinga, o dei cantastorie Otello Profazio e Nonò Salamone, ma anche di noti scrittori e giornalisti siciliani, da Camilleri, il cui prologo è una breve pagina di accattivante letteratura, a Savatteri, Collura, Freni, Quatriglio, Prestigiacomo, Billitteri, solo per citare alcune delle prestigiose personalità che hanno offerto il loro contributo. Interessante pure l’intervento di Ferlita, che regala una felice sintesi sulla figura del barbiere nella letteratura. Il pregio del libro sta nell’avere trattato, assieme alla tradizione della musica popolare siciliana legata ai saloni dei barbieri – su cui si stimola un approfondimento per i cultori –, le usanze e i riti che vivificavano quei saloni. Sicché il lettore, sfogliandolo, anche quando non interessato allo specifico fenomeno musicale, assapora, attraverso scritti così sapientemente evocativi (non era facile raccogliere memorie di tanti autori talentuosi), atmosfere e umori di una Sicilia, povera di risorse e ricca di umanità, difficile da dimenticare. ANTONINO CANGEMI


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2010SETTEMBRE07

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