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mercoledì 3 luglio 2024


Home PagePESAH ovvero PASQUA

Pesah e Pasqua, anche se la prima è la cosiddetta Pasqua ebraica, entrambe celebrano la stessa festività. Ma se la Pesach (Pesah) dura otto giorni e privilegia la Passione e Morte di Gesù Cristo, la Pasqua cristiana ne commemora la Resurrezione, miracolo massimo e punto cruciale della fede. Il termine ebraico appare nella Torah, il Pentateuco, primi cinque libri dell’Antico Testamento o della Rivelazione, ispirati da Dio a Mosè che comprendono: Genesi, Esodo, Levitino, Numeri, Deuteronomio. Dio annuncia al popolo di Israele, schiavo, che lo libererà, passando di notte attraverso l’Egitto per uccidere ogni primogenito d’uomo e d’animale. Sarà salvo colui che avrà marcato gli stipiti della propria porta col sangue d’agnello, così che ”…Io vedrò il sangue e passerò oltre…”. E passare oltre traduce la parola Pesach che in italiano diventa Pasqua. Riuscire a liberare dalla similitudine con pregresse festività pagane legate all’uccisione dell’agnello e al pane azzimo(non lievitato) o alla transumanza, è impresa difficile. Allora intervengono le tradizioni che si fanno religiosità, dettando alcune regole alle quali non è permesso trasgredire. E’ d’obbligo cibarsi di matzah (pane non lievitato) ed è proibita qualsiasi pietanza contenente lieviti. Offrire l’agnello la sera del giorno 14 del mese ebraico di Nissan e cibarsene nella stessa notte era il terzo comandamento di un tempo. Queste regole sono state trasformate in una cena, il seder. La fuga improvvisa dall’Egitto impedì la naturale e lunga lievitazione del pane e le verdure amare, consumate nel seder, ricordano i dolori della schiavitù affrontati. La Pasah viene festeggiata in armonia e felicità in famiglia e le prime due sere sono le più importanti. La cena si consuma secondo un preciso ordine di pietanze e di preghiere (da qui il nome seder = ordine). Il bambino più piccolo della famiglia, in modo semplice, chiede all’uomo più vecchio di casa di raccontare la storia del conflitto con il Faraone, la storia delle 10 piaghe e della fuga finale. Nel corso del seder sono utilizzate tre matzot (cibi appositamente preparati senza lievito), poste su piatti decorati con simboli di Pasach. Attorno vi sono il Karpas – di solito un gambo di sedano – per ricordare la mietitura e la primavera; un piatto di maror, erbe amare, a ricordare la durezza della schiavitù; una zampa di capretto arrostita, la zeru’a che simboleggia il sacrificio dell’agnello; un uovo sodo (beitza) ricordo del lutto per la distruzione del tempio e una sorta di marmellata a base di frutta secca, noccioline e vino (haroset) che rappresenta la malta usata dagli Ebrei in schiavitù per costruire le città di Pit’om e Ramses. E’ d’obbligo bere quattro bicchieri di vino che inevitabilmente, oltre ai brani liturgici, invitano i familiari tutti a esibirsi in canti tradizionali. Ma la celebrazione della Pasqua cristiana, a far data dal Concilio di Nicea in poi, non coincide proprio con quella ebraica della Pasach. Secondo il Vangelo di Giovanni il giorno della morte di Gesù sembra sia corrisposto a quello in cui si immolava l’agnello e si celebrava il primo seder di Pasach. Inoltre, secondo il rito cristiano, è la Resurrezione che dà il vero senso al sacrificio di Cristo. Oggi al culmine dei riti della Passione e della Morte, si celebra la Resurrezione, sempre dopo il Concilio di Nicea, la domenica seguente il primo plenilunio successivo all’equinozio di Primavera che cade il 21 marzo. Era il calcolo dell’epatta, elaborato dal monaco Dionigi il Piccolo, che individuava approssimativamente e non per necessaria diretta osservazione, il plenilunio. Si intitola “Pesah” una delle performance che celebrano i riti della Settimana Santa a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, che vedrà come palcoscenico la chiesa di San Michele e si esprime attraverso un concerto di Carlo Muratori che ha compiuto le ricerche, ha elaborato e armonizzato “I Lamenti” della settimana di passione, affidandone anche, in parte, gli arrangiamenti e l’esecuzione per orchestra da camera e coro polifonico “Folk Studio Ensemble” diretti dal maestro Luciano Serra. E una mostra di fotografie sui luoghi della Settimana Santa eseguite magistralmente da Giuseppe Leone, già collaudata alcuni anni or sono a Siracusa, si svolgerà nei nuovi locali della Casa Museo Antonino Uccello della stessa cittadina del territorio siracusano. Sono il grano e il pane gli elementi fondamentali delle celebrazioni di Pasqua che insieme in una ancestrale memoria di civiltà cerealicole ricordano gli antichi e pagani miti di Cerere e Demetra. Rinascita della natura che si manifesta attraverso il rinverdire e poi il maturare delle spighe di grano. Il ciclo della vita trova il suo completo estrinsecarsi nella vivida e naturale rappresentazione del seme, metafora della vita, che dalla semina – morte apparente – rinasce in frutti ricchi che contengono la possibilità di sopravvivenza per l’umanità. Dicotomica e ossimorica rappresentazione della vita e della morte, sconfitta di quest’ultima nella figurazione dei riti un tempo in onore di Cerere, oggi della Pasqua. La passione di Cristo così come la “passione” del grano che attende sotto terra la sua resurrezione, rinvia a una serie di cerimonie religiose che in Sicilia trovano il massimo della loro espressività. Così come la natura ha ciclicamente i suoi tempi, nello stesso modo i rituali e le cerimonie legate alla primavera – nella fattispecie la Pasqua – segnano dei ritmi sempre uguali che servono a riprodurre eventi già accaduti. Non manca anche nelle celebrazioni liturgiche una mimesi che, soprattutto nelle processioni, evidenzia il suo forte e presente spirito di drammatizzazione nella pantomima degli eventi che portarono al sacrificio della Crocifissione del figlio di Dio. Crocifissione, processione della Madonna in cerca del figlio morto, incontro (ncuontru) col Cristo risorto, richiamano ancora una volta simulazioni di motivi mitologici legati a colture agrarie. Ne sono una rappresentazione di immediato impatto visivo i “giardini di Adone” (laurieddu), ossia grano o legumi fatti germogliare al buio e deposti nei “Sepolcri” il giovedì santo, secondo una tradizione che non si esaurisce ma che si perpetua nel tempo. Anche i pani rituali, di varia foggia, di matrice liturgica cristiana(pani ra postuli = pani degli apostoli; tinagghia = tenaglie; cruni ro Signori = corona del Signore, simboli della crocifissione) insieme a quelli panciuti e “gravidi” per la presenza dell’uovo, sono simboli insieme cristiani e di origine pagana. Esplicito riferimento alla fecondità, speranza e rinascita, l’uovo rappresenta il rinnovarsi della natura, il ciclo e insieme l’immagine di Dio come perfezione e completamento di vita in sé. Ancora una volta sono le donne, naturali detentrici della simbolica fecondità a creare queste forme rappresentative di una maternità e di un ritorno che attraverso le loro mani dà corpo alla natura fatta pane. Al grido di “Gioia” (ed è maschile e preceduto dall’articolo “il”) viene festeggiato a Scicli in provincia di Ragusa la Resurrezione di Cristo, detto l’Uomo Vivo. La statua lignea, datata intorno al 1700, rappresentante il Cristo e custodita nella chiesa di Santa Maria La Nova, viene portata in processione per le vie della cittadina. Ed è la Gioia a governare gli ondeggiamenti a cui per tutto il giorno viene sottoposta dai portantini. Sono vari i momenti in cui si sviluppa la rappresentazione e drammatizzazione. Al grido di Gioia!Gioia!Gioia! i giovani, impossessatisi del fercolo lo trattengono con le braccia levate in alto e sembra quasi un rito “orgiastico”. Per un’ora, dentro la chiesa, a brevi intervalli la statua viene sollevata, sbilanciandola ora a destra ora a sinistra, ora avanti ora indietro. Il grido Gioia!Gioia!Gioia! non smetterà per tutta la processione che segue mentre i giovani ridono con grande partecipazione dando un tono quasi erotico alle loro esternazioni. Al passare per le strette vie del paese barocco, dai balconi vengono lanciati fiori a pioggia e dal Colle di San Matteo che sovrasta la città vengono sparati dei colpi assordanti. Ma la tradizione vuole che sia rispettato anche un altro punto di vista delle celebrazioni pasquali, molto caro ai bambini. Così non mancherà sulle tavole apparecchiate a festa coi colori della primavera, la Cassata siciliana, il dolce di origine araba che si gusta due volte: con gli occhi, tanto è bella e colorata a vedersi e col palato, delizia del gusto, del corpo e dello spirito. Ma chi la fa da padrone sono le uova di cioccolato perché i bambini possano saziare anche la loro curiosità nel cercare una sorpresa, magari attesa per un anno intero. E per non uscire dal tema bucolico di virgiliana memoria, ecco comparire sulle tavole della festa anche le pecorelle di pasta di mandorle. Sarà il più coraggioso dei commensali a mordere la testa del pacifico, dolcissimo ovino. T. Di Fresco


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