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venerdì 17 maggio 2024


Home PageC' era una volta in Sicilia De Seta racconta Uccello

ad Antonino Uccello" è il titolo del documentario di Vittorio De Seta sulla vita del fondatore della casa-museo di Palazzolo Acreide che viene presentato alle 17 alla facoltà di Lettere, in viale delle Scienze. Alla realizzazione del film, finanziato dall' assessorato ai Beni culturali, ha collaborato la Filmoteca regionale diretta da Alessandro Rais. tano gullo Appena arrivato in Italia dall' Africa, si trova davanti due novità: un sorprendente caldo tropicale e un prevedibile, delirante Bossi che vuole cannoneggiare gli immigrati. Vittorio De Seta, 80 anni, è stato cinque settimane in Senegal dove ha girato gli esterni del suo ultimo film "Lettere dal Sahara" che narra proprio le peripezie di un senegalese, di nome Assane, che sbarcato da clandestino a Lampedusa risale la penisola incontrando grettezze e generosità, leghisti e «italiani brava gente». è stanco l' anziano regista, nato a Palermo e vissuto tra Roma e Sellia Maria, una tenuta sullo Ionio calabrese; tre settimane di preparazione e due di riprese lo hanno provato. Ma non si tira indietro. «Queste intemperanze leghiste non fanno certo onore al nostro paese - dice - Gli immigrati di oggi sono i nostri padri di ieri che andavano oltreoceano a cercare quel lavoro che a casa loro non c' era. Ai leghisti vorrei dire una semplice verità: cosa sarebbe il Nord-est senza gli extracomunitari? E la Germania senza i turchi? Le braccia degli immigrati producono ricchezza». E intanto il Canale di Sicilia ha ingoiato un' altra carretta del mare con il suo carico di disperati. Uomini, donne, bambini, meno fortunati di Assane, hanno trovato tra le onde la loro tomba. «Con questo film voglio raccontare le avventure di chi cerca una speranza, dare corpo a queste esistenze tribolate viste con i loro occhi, cantate con le loro canzoni. E a tutti gli xenofobi vorrei ricordare che la povertà spesso si accompagna a una grande dignità. In Senegal ho trovato ancora intatti quei valori che qui abbiamo smarrito. Mi è venuta voglia di tornarci a vivere». Il maestro, (che nella sua carriera ha firmato solo quattro film e una trentina di documentari, testimonianze del nostro passato di pescatori, zolfatari, contadini e pastori), è in Sicilia per presentare il cortometraggio "Dedicato ad Antonino Uccello". Il tema è sempre quello della memoria; un' archeologia delle immagini per recuperare il ricordo di pezzi di Sicilia scomparsi. «Antonio Uccello ha lasciato il lavoro di insegnante - racconta De Seta - per dedicare la sua vita alla ricerca degli oggetti della vita contadina destinati a essere cancellati dal tempo. Oggetti che sono il racconto della nostra civiltà: belli da vedere e utili. Non solo li ha conservati ma li ha fatti rivivere nella sua casa-museo». Ecco nel filmato i collaboratori dell' etnologo, mentre ridanno vita a telai e aspi, a forni e a macine, a oleifici e mulini. E dallo schermo il poeta Sebastiano Tanasi, l' ebanista Gianni Malignaggi, il cantautore Carlo Muratori, l' etnologo Rosario Acquaviva, ricordano: «Uccello amava riempire la masseria di gente, donne al focolare, uomini al lavoro. A Pasqua facevamo i dolci della nostra tradizione, in altri periodi il formaggio e la ricotta. Altro che museo imbalsamato». «Avevo un debito con Uccello - continua De Seta - Lo avevo intervistato nel 1978, poco prima che morisse (l' etnologo morì nel 1979, otto anni dopo l' apertura del suo museo, ndr). Era amareggiato. Ero andato a trovarlo per un ciclo di documentari sulla Sicilia, per la Rai. Allora immagini e suoni venivano incisi su nastri diversi. Il sonoro dell' intervista purtroppo andò perduto. Ho voluto ripagarlo quindici anni dopo». Il regista ha fatto di tutto per ricostruire le parole di Uccello: ha perfino cercato di far leggere il labiale dell' intervista ad alcuni sordomuti. Inutilmente. I 35 minuti di filmato non sono per niente celebrativi. E non parlano solo di Uccello. C' è tanta Sicilia, del passato e del presente. Ci sono citazioni di suoi lavori precedenti - come la sequenza dei mietitori di "Parabola d' oro" - e ci sono le ciminiere delle cattedrali nel deserto che hanno deturpato entroterra e coste. C' è l' isola bucolica dei contadini che trebbiano il grano con i muli sull' aia e i conati di smog delle ciminiere di Gela. I fuochi degli altiforni sembrano quadri di Jackson Pollock. Il maestro non ha perso la sua vena. «Ho voluto mettere a confronto le due Sicilie - dice De Seta - quella di Uccello e quella dell' industrializzazione senza sviluppo. Le raffinerie si sono rivelate un bluff, mentre la casa museo, che sembrava astratta, è diventata un traino economico. Non a caso nell' area di Palazzolo ormai si parla di territorio-museo, dove i vecchi insediamenti artigiani cominciano a trovare nuovo vigore. Il futuro della Sicilia è nella sua cultura, non certo nei veleni delle ciminiere». De Seta ha saldato anche un altro debito: quello con Salvatore Carnevale. Voleva fare un film sulla sua vita e ci ha rinunciato per la complessità delle scene di massa, cedendo così il passo ai fratelli Taviani. Ora ha inserito la struggente ballata di Ignazio Buttitta sul sindacalista martire, nel documentario. Uccello e Carnevale: questa è la Sicilia che piace al maestro. - TANO GULLO


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18giugno2003

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