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domenica 19 maggio 2024


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IL SAPERE DELLA MANO
Intagliatori e scalpellini negli Iblei

Chiesa dell'Annunziata
Palazzolo Acreide
27 maggio 2006 - ore 17.00

Per l'uomo vissuto in una società caratterizzata da notevoli dislivelli socioeconomici, impossibilitato, per la sua collocazione sociale, a poter accedere e a porsi al confronto con un'economia di mercato, inventarsi come fucina di produzione autonoma era di vitale importanza. Prodotti, oggetti e attrezzi indispensabili per il vivere quotidiano, capacità e mestieri erano il risultato e, nello stesso tempo, la fonte di trasmissione di un insieme di competenze tecnico-pratiche relative a un sapere, e a sua volta appreso ed ereditato, che si concretizzava nell'abilità operativa, nella manualità, nella fabbrilità e costituiva un patrimonio, un capitale importante per affrontare e risolvere i molteplici problemi posti dalla quotidianità. Nella società tradizionale preindustriale la mano e la mente, il fare e il rappresentare, lungi dall'essere due momenti a sé stanti, erano intimamente correlati: si trattava di un sapere implicito nel fare e che nel fare si esplicava.

Recuperare oggi, in una società votata a scavare un solco sempre più profondo tra il fare e il rappresentare, le ragioni della mano, o, se si preferisce, la mano della ragione è di estrema importanza: solo attraverso i suoi protagonisti si può dare vita a questo sapere relegato, ormai, nella memoria della manualità. Il sapere tecnico tradizionale si caratterizza per una particolare algoritmizzazione, con una prevalenza degli scopi operativi, rispetto alle rappresentazioni teoriche, fortemente determinati da situazioni contingenti di apprendimento attraverso il fare.

L'incontro, che si propone come il primo di un ciclo che avrà come tema generale Il sapere della mano e approfondimenti specifici a seconda dell'argomento trattato, focalizza l'attenzione sulla manualità e la tecnica degli intagliatori e scalpellini che hanno lavorato nel territorio ibleo dalla ricostruzione dopo il terremoto del 1693 fino ai nostri giorni. Sono essi autori di pregevoli e irripetibili forme del tempo che impreziosiscono i nostri centri urbani: a essi va ascritto gran parte del merito per l'inclusione delle cittadine iblee nel Patrimonio dell'Umanità riconosciuto dall'UNESCO.

L'intenzione è quella di dare vita a un dialogo interdisciplinare per una nuova considerazione e fruizione del bene culturale e, nella fattispecie, del bene architettonico, come testimonianza di un vasto patrimonio materiale e immateriale. Non solo indicazioni di apprezzamento estetico e degli stili appartenenti a una determinata corrente artistica, bensì riscoperta e valorizzazione anche delle tecniche cui si deve la realizzazione empirica dei manufatti; non solo, dunque, indicazioni di approcci contemplativi, bensì documentazione - corredata da esempi - anche di oggetti, attrezzi, strumenti che possono testimoniare la tecnica, l'abilità operativa, l'ingegno di tanti uomini verso i quali abbiamo un forte debito di testimonianza e, nello stesso tempo, di impegno affinché il loro sapere possa essere continuità nel presente e nel futuro.


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