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Indagini subacquee e storiche sui relitti moderni del Canale di Sicilia

Continuano le prospezioni subacquee e le indagini archivistiche sui relitti d'interesse storico nel canale di Sicilia, effettuate dalla Soc. Coop. Ecosfera di Messina in collaborazione con la Soprintendenza del Mare. Dopo il ritrovamento e l'identificazione del sommergibile francese “Narval”, per il quale sono in corso contatti con il governo Francese e l'UNESCO al fine di concordare ed attuare opportune misure di salvaguardia e tutela, è la volta delle navi “Vimeira”, “Nita” e “Marin Sanudo”, sulle quali sono stati effettuati sopralluoghi ed abbozzate le prime relazioni storiche.
Nave cargo “VIMEIRA”
Il Vimeira era una nave cargo costruita nel 1914 nel cantiere navale di Port Glasgow dalla compagnia Russel per la Gow, Harrison e Co. Il 12 maggio 1918 durante la navigazione da Tyne ad Alessandria d'Egitto con un carico di carbone, fu silurata dal sommergibile tedesco UC-54 (fonte uboat.net e miramashipindex). Quello che, nelle more di ulteriori ed approfondita indagini storiche in itinere, sembrerebbe il relitto del Vimeira, giace su un fondale di 75 metri a circa 10 mn a S dell'isolotto di Lampione, quasi completamente capovolto sul lato di dritta: l'estremità prodiera della murata di sinistra appare collassata, probabilmente in conseguenza dell'esplosione del siluro. La penetrazione della nave si presenta difficoltosa e pericolosa, data la posizione dello scafo, e pertanto la riserva in merito alla sua identificazione e d'obbligo, stante l'oggettiva difficoltà di acquisire ulteriori elementi. Sono visibili a poppa l'elica tripala incorniciata dal timone e sul fondale, maniche a vento e residui delle sovrastrutture della nave, evidentemente collassate sotto il peso della stessa.

Piroscafo “NITA”
Il Nita era un piroscafo costruito nel 1913 dai cantieri Bonn & Mees di Rotterdam con il nome “Madioen”, dopo i primi servizi commerciali di cui non si hanno notizie precise, ma che si presume siano stati effettuati con le indie orientali, e dopo essere stata requisita per un breve periodo dalla Royal Navy inglese, fu restituita alla compagnia olandese e ricominciò a navigare verso oriente fin dal 1919. Nel 1935 fu acquistata in Italia dalla “G. Bozzo Armamenti e Trasporti Marittimi” di Napoli, e ribattezzata “Nita”. Ritroviamo lo sfortunato piroscafo a sud di Pantelleria il 6 agosto 1941, in coda ad un convoglio diretto a Tripoli, con altri tre piroscafi (Aquitania, Castelverde, Ernesto e Nirvo) e una nave cisterna, scortato da una torpediniera (Calliope) e cinque cacciatorpediniere (Aviere, Oriani, Camicia Nera, Geniere e Gioberti), con a bordo 253 soldati tedeschi, 630 t. tra automezzi, benzina in fusti, munizioni e bombe d'aereo: dopo le ore 22 cinque aerosiluranti “Swordfish” attaccano la formazione navale, ma nonostante il fuoco di sbarramento delle batterie antiaeree impedisca ai velivoli inglesi di manovrare comodamente, uno dei siluri sganciati colpisce il Nita a poppavia del traverso a dritta, tra il locale macchine e le caldaie. Il decesso di un caporale di macchina a seguito dell'esplosione del siluro fu l'unica vittima dell'attacco, considerato che le operazioni di salvataggio si poterono svolgere con calma dato il tempo buono, la notte chiara e nonostante due successivi attacchi aerei avvenuti prima della mezzanotte. Il Nita affonda alle ore 01:33 del 7 agosto 1941 su un fondale di 50 metri a circa 20 mn SW da Lampedusa. (fonte “La difesa del traffico con l'Africa settentrionale dal 10/6/1940 al 30/09/1941” Ufficio storico M.M.) Il relitto si presenta molto danneggiato e rivela resti metallici sparsi, lamiere contorte, camion semisepolti, cumuli di munizioni, bombe, fusti metallici e parte delle sovrastrutture: è visibile il profilo della poppa con l'elica e la pala del timone con la caratteristica forma a “mezzo diapason”, e quella della prua anch'essa capovolta. Il suo stato di conservazione non sembra congruente con il “pacifico inabissamento” che sembrerebbe desumersi dalle fonti documentarie, al punto da ipotizzare la circostanza che le ultime due incursioni aeree abbiano potuto provocare incendi ed esplosioni a bordo.

Nave cargo “MARIN SANUDO”

Il Marin Sanudo era una nave cargo costruita nel 1926 nel cantiere navale triestino di Monfalcone, requisita dalla Regia Marina il 16/10/1940 ed utilizzata sulle rotte verso i teatri bellici del nord Africa, affondò colpita dai siluri del Sommergibile britannico “Uproar” il 4 marzo 1942, mentre era in convoglio scortata dalle torpediniere “Procione” e “Cigno”, che non poterono fare altro che trarre in salvo 165 superstiti. Giace su un fondale di 75 metri a circa 10 mn a SW dall'isolotto di Lampione, in assetto di navigazione e sbandata sul lato sinistro: al suo interno sono visibili decine di carrelli rovesciati, proiettili, parti meccaniche, motori stellari di aereo. L'aquila con la svastica stampigliata sugli elmetti e sui piatti di porcellana conferma la destinazione tedesca degli approvvigionamenti, mentre le iniziali “LT” (Lloyd Triestino) su piatti e forchette, confermano le generalità della nave. Premesso che la fruizione del sito è sottoposta a regolamentazione dall'Autorità Marittima competente, con Ordinanza n°26/2007, data la rilevanza culturale dello stesso quale testimonianza della “guerra dei convogli”, questa Soprintendenza del Mare ha proposto l'inserimento nella programmazione europea “Horizon 2020” di un progetto di telecontrollo e musealizzazione in situ del relitto.




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