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Recupero e trattamento conservativo dei legni del relitto di Marausa

Iniziati i lavori di recupero del relitto della nave oneraria romana (III – IV sec. d.C.) di Marausa. Il relitto si trova a circa 2 metri di profondità e a 150 metri di distanza dalla costa. Individuato 12 anni fa dai subacquei locali Tony Di Bono e Dario D’Amico, dopo un primo intervento effettuato sempre dalla Soprintendenza del Mare nel 2009 che ha consentito di mettere in luce l’intero scafo e numerosi reperti, verrà interamente recuperato e inviato a Salerno per il trattamento conservativo effettuato dalla Ditta “Legni e segni della memoria”. I lavori sono stati commissionati dalla Soprintendenza del Mare che è presente sul posto per l’alta sorveglianza. Ubicato in posizione strategica agevole all’approdo, il Lido di Marausa dovette essere sin dall’antichità un circuito di intensa diffusione di cultura e scambio commerciale con le isole Egadi (Favignana- Levanzo- Marettimo) e la costa limitrofa da Marsala a Trapani. Tra il III e il IV sec. d.C. un banco roccioso di natura calcarenitica avrebbe verosimilmente causato il naufragio, con distruzione e dispersione di parti di carico e di elementi strutturali, della nave da trasporto carica di anfore contenenti derrate alimentari. L’assidua attività dei fiumi con foce nei pressi del sito, la risedimentazione del materiale trascinato in collaborazione con il moto ondoso, le maree e le correnti hanno creato, nel tempo, una copertura naturale al relitto, su cui ha trovato condizioni ottimali l’impianto della posidonia oceanica che ha, a sua volta, sigillato il tutto.








La maggior parte del carico rinvenuto all’interno dello scafo è rappresenta da materiale fittile: varie tipologie di anfore africane chiuse da tappi di sughero utilizzate per il trasporto di frutta secca (pinoli, nocciole, mandorle, pesche, fichi secchi), olive e con ogni probabilità olio, vino e salsa di pesce o garum (come testimonierebbe la presenza di un tipo di resina all’interno dei contenitori); una moderata percentuale di materiale è rappresentata invece da contenitori ceramici (coppe, coppette, coppe con base carenata, ampolline, piatti) e da una percentuale irrisoria da vetro. Si tratta, insomma, di un carico alquanto incoerente nella tipologia , nei differenti impasti e nella varietà di bolli e di graffiti presenti su molteplici frammenti diagnostici. Lo scafo appare ben conservato soprattutto nella parte centrale, mentre molte estremità (soprattutto ordinate e fasciame esterno) appaiono consunte e aggredite dalla teredine. Si tratta di un’imbarcazione larga circa 8 metri e lunga circa 15 metri che presenta tutti i requisiti per rientrare tra le strutture realizzate con la tecnica di costruzione a guscio portante. Il fasciame esterno montato a paro è assemblato da linguette lignee incavigliate all’interno di mortase, mentre l’ossatura presenta un’alternanza di madieri e costole fissati al fasciame esterno con chiodi in rame e ferro. Due elementi longitudinali paralleli (paramezzalini) collegati da traverse assicurano l’intera struttura sulla chiglia che si riesce a scorgere solo parzialmente in corrispondenza di un’estremità. All’interno dello scafo, corsi di “serrette” - tavole di fasciame mobile per l’ispezione e la pulizia delle sentine - e “correnti” - per dar ulteriore rinforzo alla struttura esterna - costituiscono la struttura del pagliolato; lamine in piombo, invece, sono utilizzate per apportare riparazioni allo scafo e per rivestire alcuni punti nevralgici. Lo scafo trova già apprezzabili confronti strutturali con relitti coevi di considerevole importanza (relitto della borsa di Marsiglia, relitto della Madrague de Giens) ma il prosieguo dei lavori con i relativi studi e le pertinenti analisi di laboratorio permetteranno di chiarire molti interrogativi. Sul cantiere subacqueo, e questa è una novità per questo tipo di interventi, sono presenti i tecnici che effettueranno il restauro; già dal momento in cui le parti lignee dello scafo escono dall’acqua, vengono prese in consegna dagli esperti che iniziano il trattamento già sul posto; gli stessi restauratori forniscono il loro contributo metodologico anche per le modalità di smontaggio subacqueo. Le operazioni subacquee di recupero sono effettuate dagli archeologi Francesco Tiboni, Laura Sanna, Tiziana Fisichella e dall’Operatore Tecnico Subacqueo Francesco Scardino. I lavori sono diretti da Sebastiano Tusa e Gaetano Lino.
guarda il video dei lavori di scavo del 2009 guarda il video












Committente
Soprintendenza del Mare - Eliana Mauro - Soprintendente reggente
Direzione lavori
Sebastiano Tusa, Gaetano Lino
Soprintendenza del Mare
Alessandro Urbano, Salvo Emma, Fabrizio Sgroi, Francesco Balistreri, Giovanni Calandrino, Stefano Vinciguerra, Cristina Scuderi
Legni e segni della memoria S.p.A. Salerno
Giovanni Gallo, Luciano Gallo, Luca Gallo, Francesco Tiboni, Laura Sanna, Tiziana Fisichella, Francesco Scardino
Info:
Gaetano Lino - U.O. V - 3346476378 - sopmare.uo5@regione.sicilia.it
Salvo Emma - Ufficio Relazioni con il Pubblico - 3346476282 - urp.sopmare@regione.sicilia.it

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