Si
è svolta giorno 11 giugno la conferenza stampa di presentazione
dei ritrovamenti effettuati a Lipari. Erano presenti l'Assessore
Regionale ai beni Culturali Antonello Antinoro, il Dirigente Generale
del Dipartimento Beni Culturali Romeo Palma, il Soprintendente del
Mare Sebastiano Tusa, il Comandante del Nucleo Tutela Patrimonio
Artistico dei Carabinieri Giuseppe Marseglia e il Sindaco di Lipari
Mariano Bruno. La scoperta cambia radicalmente l'immagine del porto
imponendo la presenza di una possente struttura certamente connessa.
La scoperta si colloca laddove le isobate marine si addensano mettendo
in evidenza l’esistenza di una secca che si allunga dalla
costa verso il largo in direzione N- NE che va verisimilmente interpretata
come il prodotto di strutture e manufatti sommersi di epoca antica.
E’ certo che la secca preesistesse all’edificazione
delle strutture recentemente rinvenute dato che i fondali circostanti
scendono sia a Nord che a Sud fino a circa m 20. Pertanto è
ipotizzabile che su tale secca siano state costruite a più
riprese (forse a partire dall’età romano – repubblicana
a giudicare dai materiali archeologici reperiti sui fondali devastati
dalla benna) le strutture portuali.
Una poderosa variazione eustatica (bradisismo?) ha determinato l’inabissamento
della struttura portuale ad oltre m 10 di profondità rispetto
al livello del mare odierno. Che siano entrati in azione fenomeni
di eustatismo parossistico è evidente dato che la normale
variazione del livello del mare negli ultimi duemila anni di storia,
in situazione di normalità, si colloca nell’ordine
di qualche decina di centimetri. E’ interessante sottolineare
che le strutture sono state immediatamente occultate da eventi di
natura alluvionale evidenziati dalla presenza di strati argillosi
e sabbiosi (provenienti certamente dal fiume Santa Lucia) e vulcanica
evidenziati da strati di accumulo pertinenti probabilmente l’eruzione
del Monte Pelato.
Che questo spazio di mare di Marina Lunga potesse riservare le “sorprese
archeologiche” di cui sopra era, tuttavia, prevedibile se
pensiamo che già durante la costruzione del molo odierno
fu segnalata la presenza di strutture e di colonne di pietra locale
(probabilmente provenienti dalla cava del Fuardo) e furono raccolte
monete e perfino il piede anteriore destro in bronzo di una statua
di altezza di ca m 2 che L.Bernabo Brea ipotizza distrutta durante
l’assedio romano a Lipari nel 252/251 a.C. (pubblicato nel
1985 in “Archeologia Subacquea 2”).
Sulla base dei dati raccolti nel corso delle indagini preliminari
condotte dai tecnici della Soprintendenza del Mare è ipotizzabile
la presenza di una struttura dotata di grande portico con direzione
NE/SO costituito da colonne del diametro di ca m 1,20 di cui abbiamo
trovato tre plinti di base in situ su altezze diverse, ed altri
tre sono stati strappati dalla benna prima della sospensione dei
lavori di dragaggio. Tali colonne, in basalto locale, poggiano su
un basamento che appare essere di marmo bianco. La possente struttura
di sostruzione del monumento appare costruita in opus cimentum con
pietre di grosse dimensioni che confermerebbe la datazione ad età
romano repubblicana del monumento. Forse questo edificio corrisponde
con una fase di ricostruzione intensa della città nel corso
del II sec a.C, attestato da 7 strade ritrovate a terra nella città
bassa, con uno o due strade principali.
La natura dell’edificio è ancora difficile da definire.
Potrebbe trattarsi di un portico posizionato su un molo portuale
o di un edificio pubblico o sacro in zona portuale.
La grande quantità
di ceramica raccolta sul posto (acroma a pareti sottili, incisa,
a vernice nera campana, frammenti di anfore con manico bifido del
tipo Dressel 2/4 e rodio, grandi contenitori con orlo decorato caratteristici
dell’ambiente portuale per la conservazione delle derrate
del tipo dolia) è databile tra il II ed il I sec.a.C. in
accordo a quanto proposto per la datazione del manufatto. Tuttavia
sarà possibile (ed è un caso rarissimo in archeologia
subacquea) datare la struttura adottando la tecnica dello scavo
stratigrafico poiché il monumento appare coperto da una possente
stratigrafia intatta dello spessore di oltre i m due. Sottolineammo
che i frammenti non sono asolutamente fluitati o logorati dalle
correnti, o dal moto ondoso, ma assomigliano ai frammenti terrestri
con frattura netta.
Solo lo scavo archeologico stratigrafico del sito potrà fornire
alcune risposte. Ma sarà essenziale, anche al fine di delimitare
l’area interessata dalle emergenze archeologiche, effettuare
indagini preventive con sub-bottom profiler.
Le indagini preliminari sono state condotte dalla Soprintendenza
del Mare sotto la guida di Sebastiano Tusa da Stefano Zangara, Gaetano
Lino, Philippe Tisseyre e Marcello Consiglio con il supporto subacqueo
di Bartolo Giuffrè e l’assistenza del Direttore del
Museo Archeologico Eoliano “L.Bernabò Brea” Riccardo
Gullo e con il prezioso supporto dell’Arma dei Carabinieri,
attraverso il prezioso ausilio del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio
Culturale della Sicilia (comandato dal Capitano Giuseppe Marseglia)
che ha coordinato l’unità navale di Milazzo ed i militari
del Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina guidati dal Lgt. Salvino
Antioco, oltre ai Carabinieri della Stazione CC di Lipari guidata
dal m.llo Francesco Villari. Importante e decisivo è stato
il contributo dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Lipari
per la messa in sicurezza e la protezione dell’area marina
interessata dalla scoperta.
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