Regione Siciliana
Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identità siciliana
Dipartimento dei beni culturali e dell'identità siciliana

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NEWCIMED: New cities of the Mediterranean sea basin
finanziato dall'Unione Europea
(Programma Operativo ENPI CBC Bacino del Mediterraneo 2007-2013)
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Città di fondazione in Sicilia
La fondazione e rifondazione di nuove città in Sicilia si ripropone in un periodo di circa cinque secoli: dal 1450, anno in cui vengono fondate le colonie albanesi di Mezzojuso e Contessa Entellina, Palazzo Adriano (1482) e Piana degli Albanesi (1488) alla seconda metà del XX secolo con i borghi fascisti di colonizzazione del latifondo, i villaggi della riforma agraria degli anni ’50 e la ricostruzione del Belice dopo il sisma del 1968. La fase più interessante della fondazione delle città feudali si svolge tra il XVI ed il XVII secolo. Il fenomeno prosegue, riducendosi progressivamente, fino al 1780, e per esaurirsi nella prima metà dell'Ottocento quando si conclude il «ciclo storico» delle fondazioni con la fine del feudalesimo (1812) e con la fondazione dei centri di Campofelice di Fitalia (1811) e di S. Cipirrello. Le nuove fondazioni evidenziano l'ascesa sociale ed economica della nobiltà a cui fa ri¬scontro il declino finanziario della Corona che, per rimpinguare l’erario, vende titoli nobiliari, licentiae populandi, terre demaniali, etc. Le città feudali, il più delle volte, sorgono per ripopolare e colo¬nizzare i latifondi con un intervento unitario realizzato in tempi brevi, nucleo di fondazione, e con una precisa conformazione geometrica spesso caricata di significati simbolici e modelli ideali; altre fondazioni sono rese necessarie a seguito di calamità naturali, terremoti (Val di Noto 1693, Belice 1968), frane (S. Cipirrello 1838) o per motivi difensivi (Ustica 1760). La fondazione di una nuova città richiedeva la licentia populandi che veniva concessa ad alcune condizioni : il versamento di un contributo in denaro; che il nucleo di impianto fosse costituito da almeno cinquanta case (meglio se arrivava a 100); che fosse provvisto di una chiesa con la relativa canonica, di una casa comunale, di un fondaco (per le poche derrate di stretta necessità), di un panificio, di una locanda e di una taverna e del palazzo del fondatore. La fase più interessante della fondazione delle città feudali si svolge tra il XVI ed il XVII secolo. Vengono realizzate decine di insediamenti tra cui Santo Stefano di Camastra da parte del duca di Camastra, (dove Carlos de Grunembergh, riprende il tracciato di Henrichemont, ideato da Sully nel centro della Francia nel 1609 e così chiamata in onore di Enrico IV), Vittoria, Paceco, Cattolica Eraclea, Casteltermini, Palma di Montechiaro, Cinisi, Aliminusa, Leonforte, Francavilla, Riesi, Barrafranca, Niscemi, Valguarnera, Mazzarino, Cattolica etc.. I progetti di queste nuove città utilizzano la maglia ortogonale tagliata da una strada principale, che si configura come sequenza prospettica costituita dagli edifici monumentali (chiese, palazzo baronale, conventi) e dalla piazza principale o da una croce di strade esplicito riferimento al Teatro del Sole di Palermo. Tali schemi ripropongono isolati costituiti da lunghe strisce di case piccole e povere affacciate su vicoli che confluiscono in strade più larghe, o isolati quadrati delimitati da una rete di strade equivalenti. Nel dare alla città una forma ordinata e razionale si intravedono le istruzioni emanate da Filippo II nel 1573 per le nuove città americane e dove il progetto è più raffinato e colto (S. Stefano di Camastra, Noto, Ragusa, Avola, Grammichele, Palma Montechiaro..) i riferimenti sono i trattati di architettura militare allora più conosciuti, o gli esempi di città rinascimentali e barocche del nord Italia e d’Europa. Nel periodo fascista la realizzazione di città di fondazione avviene in due fasi. La prima tra gli anni '20 e '30, con i “Provvedimenti per la bonifica integrale” (legge n. 3134/ 1928) che promosse campagne di bonifica di aree incolte e malsane e la fondazione di diversi villaggi operai (Sferro, 1927, Borgo Recalmigi, Pergusa 1935, Villaggio Bardara, Villaggio Santa Rita e Libertinia 1922/36, Mussolinia di Sicilia, oggi S.Pietro). La seconda fase si ha intorno al 1939 a seguito dell' "assalto al latifondo" che portò alla legge di riforma agraria del 1940, alla nascita dell'ECLS, (Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano) ed alla fondazione, in aree sperdute e desolate, di una quindicina di borghi agricoli di servizi che comprendevano alcuni edifici pubblici come la scuola rurale, la chiesa, l'infermeria ed altri ancora. Realizzati intorno al 1940 furono Borgo Lupo (Mineo), Borgo Giuliano (San Teodoro - Cesarò), Borgo Portella della Croce (Tra Prizzi e Vicari), Borgo Petilia (Caltanissetta), Giacomo Schirò (tra Corleone e Monreale), Borgo Vicaretto (Castellana Sicula), Borgo Baccarato (Aidone), Borgo Antonio Cascino (Enna), Borgo Domenico Borzellino (Monreale), Borgo Antonio Bonsignore (Ribera), Borgo San Giovanni e Borgo Schisina (Francavilla di Sicilia). Alcuni borghi non vennero mai utilizzati ed attualmente risultano praticamente tutti in stato di abbandono.
La colonizzazione di Ustica
Ustica costituisce il primo esempio, nella storia siciliana, di colonizzazione di un territorio - fondazione del centro abitato alla cala S. Maria ed appoderamento del suolo - diretta e finanziata da un operatore pubblico, al fine di garantire la sicurezza della navigazione sul mare tra il Regno di Sicilia e quello di Napoli, minacciata dalle scorrerie dei “legni corsari barbareschi, che di continuo l’infestano per il sicuro ricovero, che vanno a ritrovare li medesimi in caso di tempesta nella disabitata Isola di Ustica, a questo riferito Regno adjacente, a causa di esser situata di passaggio ed in mezzo alli divisati mari di Sicilia e Napoli, della quale pure li riferiti corsari si servono, affin di nascondersi, e poscia sorprendere quelle barche, che dalla stessa passano”.
Su istruzioni della Conferenza per il Commercio del 22 settembre 1759 e in base alla pianta e piano dell’ingegnere brigadiere Valenzuola, Ferdinando IV Re delle due Sicilie con Real Diploma del 18 ottobre 1760 ordina al Vicerè Fogliani di ripopolare l’isola concedendo le terre atte a potersi coltivare a “de’ regnicoli che vorranno colà trasferire il proprio domicilio”; di costruire a spese del Real Patrimonio due torri di guardia (1763) a cala S. Maria e allo Spalmatore, dotandole di “sufficienti attrezzi militari e bastevol quantità di truppa”; di fabbricare un forno “da cuocer pane per il pubblico” e la chiesa “provveduta di sacri arredi e dei sacerdoti bisognevoli”; di accomodare “le cisterne guaste e il recipiente d’acqua della grotta di S. Maria” …“per ridurle a segno di poter ricevere quella quantità d'acqua più pura, e perfetta da bere, che sarà bisognevole per gli abitanti suddetti”.In esecuzione del Real Diploma il Vicerè Fogliani promulga il 14 marzo 1761 il Bando che prevede l’assegnazione agli abitanti “che viver dovranno colli soli arbitri di campagna salme tre di terra di misura di Sicilia, ciò due salme di terra coltivabile, ed altra salma atta
per oliveti, ed a quei capi di famiglia che saranno o artefici, o marinari, e che dovranno sostentarsi in essa Isola colli soli arbitri di campagna, assegnasi sola salma una siciliana di terre seminatorie, con dover restare le restanti terre della divisata Isola, che sono sassose, e boscose per comodo degl’abitanti dell’istessa, e per loro uso comune del legno per le fabbriche, e domestiche necessità, e del pascolo”.Questo processo di colonizzazione costituì una grande trasformazione del paesaggio naturale dell’isola, che a quei tempi era disabitata e ricca di boschi. Il Bando prevedeva che ogni famiglia dovesse “almeno costare del numero di cinque persone,giacchè sendo in minor numero, in minor quantità conseguiranno il rispettivo assegnamento delle divisate terre” e che “debba colà a sue proprie spese trasferirsi , e nella medesima di suo denaro fabricar si dovesse la casa per la propria abitazione”
secondo le istruzioni definitenella real Conferenza del Commercio del 1759. Tali istruzioni stabilivano “che la fabbrica per la nuova popolazione che deve farsi da quelle famiglie …., si facci con simmetria, ed ordine in modo che l’una casa attaccando con l’altra formino strade regolari, e secondo il disegno che formerà l’istesso ingegniere che si ritroverà dirigendo l’opera. - Colla mira non però, che il disegno si formi avendo mira alle forze de’ nuovi abitatori; con doversi situare tal nuova abitazione vicino, ed accosto la chiesa diruta di Santa Maria a tenor del piano dell’ingegnier Valenzuola”.
“Ed affinché si animino i nuovi abitatori a traspiantare le loro famiglie in detta isola, e specialmente i Liparoti che ne han dato le suppliche” il Bando prevedeva “ per il corso di anni dieci la totale franchigia dei regi dazi, come ancora la esenzione per detto tempo del censo sopra la quantità delle terre, che saranno loro concesse, non meno, che del censo del fondo, ove fabricheranno le loro case..” . Il Tribunale del Real Patrimonio è incaricato “di fare il dettaglio del numero delle famiglie, ed abitatori, che in detta Isola possono trasportarsi per vivere in essa commodatemente, e senza penuria alcuna”. S.E. Fogliani “ Ordina, provvede e comanda che tutti coloro che si animeranno a volere colle loro famiglie trasferire il domicilio in Ustica debbono formare rispettivamente la loro supplica, e presentarla al riferito Tribunale specificando in essa il numero delle persone di loro famiglia, l'età, sesso, e condizione di ogn'una delle stesse, acciò si potessero dal detto tribunale fare annotare in una giuliana a tale effetto disposta con l'avvertenza del giorno in cui ogn'uno di essi avrà presentato la sua supplica, acciò poscia dopo stabilito il numero delle persone che dovranno comporre tal nuova popolazione nella sovracennata isola d'Ustica si possa divenire dall'E.S., e surriferito Tribunale del patrimonio alla scelta delle famiglie suddette nel numero da stabilirsi con aversi riguardo all'anteriorità del tempo che ognuno di essi avrà come sopra presentata la sua supplica, e non altrimenti, né in altro modo”.

Ustica tra cultura e natura
Ustica, posta a Nord di capo Gallo a 57 km da Palermo, è la parte emergente di un grande vulcano sottomarino. Il colore nero della lava le ha dato il nome, dal latino Ustum, bruciato. L’isola ha forma ellittica e una superficie di kmq 8.6, il diametro maggior di km 4.5 e il minor di 2.7 . Una dorsale collinare che culmina nel monte Guardia di Mezzo m 244 1'attraversa trasversalmente separando la piana di Tramontana, a Nord, dalle meno estese di Mezzogiorno e Spalmatore, a Sud. La costa rocciosa e frastagliata ora alta ora bassa, con insenature e calette, ricca di grotte ed acque trasparenti dal 1987 è riserva marina. L'abitato di Ustica sorge su un versante di tufo sovrastato dal promontorio della Falconara, sulla cui cima si trova la Fortezza borbonica e si sviluppa ad anfiteatro intorno alla cala di S. Maria dominata dall’omonima Torre settecentesca. Una strada e delle scalinate adornate da ibiscus conducono dal porto al centro del paese. Il paese, tracciato nel 1763 secondo una pianta dell’ingegnere Valenzuola, è costituito da un sistema di vie ortogonali e da isolati rettangolari; al centro della maglia urbana si apre 1'allungata piazza Umberto I, cui fa da sfondo la bianca facciata della chiesa parrocchiale. Ustica è stata abitata dall'età del bronzo fino alla fine del periodo antico, come testimoniano gli scavi archeologici che hanno messo in luce: un villaggio preistorico, sorto nel XIV e abbandonato nel XIII sec. a.C , alcune necropoli che hanno restituito materiali attribuiti a Fenici o Cartaginesi, mosaici, monete e altri oggetti che attestano la presenza nell'isola dei Romani. Non vi sono testimonianze archeologiche di insediamenti arabi, si può presupporre che dal sec. VIII all’ XI l’isola sia stata abitata saltuariamente. I Normanni vi costruirono la chiesa di S. Maria e il convento dei Benedettini, che i Saraceni, nel sec. XIV, distrussero impadronendosi di nuovo dell'isola e disperdendo la popolazione. Ustica, rimasta disabitata, diviene base per scorrerie dei pirati fino al XVIII sec. quando viene colonizzata in periodo borbonico nella seconda metà del ‘700, e ripopolata da abitanti provenienti da Lipari, insieme a pochi palermitani e trapanesi. La popolazione ha conservato i costumi e il dialetto delle Eolie; è cresciuta con continuità fino alla meta del sec. XIX, poi incomincia l’esodo e l’emigrazione . I Borboni utilizzarono Ustica anche per la deportazione di prigionieri politici, così anche i Savoia e il regime fascista. Tra i deportati illustri si annoverano Antonio Gramsci , Ferruccio Parri, Carlo e Nello Rosselli; è stata colonia penale attiva fino agli anni '50.



Comune di Ustica


Centro Studi e Documentazione Isola di Ustica
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