Piano di settore per la gestione dei rifiuti inerti
INDICE
1) Premessa
3) Dati sulla produzione dei rifiuti inerti e
modalità di recupero
4) Il recupero ambientale delle aree
degradate
5) Gli obiettivi e gli strumenti attuativi
6) Allegati
Agenda
21, documento di riferimento globale per lo sviluppo
sostenibile nel 21° secolo, focalizza per il problema dei rifiuti quattro punti di azione:
q
minimizzazione
dei rifiuti;
q
massimizzazione
del riuso e del recupero;
q
smaltimento
ambientalmente compatibile;
q incremento di qualità dei servizi di gestione.
Anche nella strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti (Comunity Waste Management Strategy) la prevenzione, ovvero la riduzione della produzione, è considerata prioritaria per qualsiasi politica di gestione che abbia come obiettivo la riduzione del volume dei rifiuti prodotti e la conseguente minimizzazione dei pericoli e dei problemi connessi al loro smaltimento. In quest’ottica, con particolare riferimento ai rifiuti inerti, sono considerati prioritari:
q il reimpiego e il riciclaggio;
q altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
q l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei medesimi.
L’Unione Europea ritiene inoltre che sia importante incentivare:
q l’adozione di piani di ecogestione e di audit;
q la modifica di modelli di consumo attraverso l’informazione e l’educazione dei consumatori;
q l’adozione di sistemi di raccolta dei dati concernenti i rifiuti;
q l’identificazione ed il risanamento delle discariche abbandonate.
L’analisi dei sistemi di gestione dei rifiuti inerti, ed in particolare dei rifiuti da costruzione, demolizione e scavo, nei diversi paesi dell’Unione Europea mette anche in evidenza che dove la gerarchia comunitaria è largamente attuata si sono raggiunti ottimi risultati con una politica fortemente integrata, basata su un elevato numero di strumenti implementati contemporaneamente: solo in tal modo si è infatti riusciti a raggiungere il duplice obiettivo della incentivazione del riutilizzo di materie prime secondarie derivate dai rifiuti e della contemporanea diminuzione dello sfruttamento delle risorse primarie corrispondenti. In particolare per i rifiuti da costruzione e demolizione è risultato abbastanza evidente che l’imposizione di tasse sullo smaltimento in discarica introdotte insieme a divieti e/o prescrizioni restrittive per lo smaltimento dei rifiuti potenzialmente recuperabili ha determinato – come si vedrà nel paragrafo relativo (“I dati sulla produzione e modalità di recupero”) – effetti positivi in diversi paesi dell’Unione (in particolare Danimarca, Olanda, Belgio e Regno Unito).
Va detto, tuttavia, che per raggiungere tali obiettivi è necessario affrontare e superare difficoltà di tipo tecnico ed economico, che cambiano in funzione dei diversi processi produttivi che originano il rifiuto.
Per i rifiuti da costruzione, demolizione e scavo il recupero di materia dalla frazione inerte necessita infatti, dal punto di vista gestionale, della disponibilità di un’adeguata rete di raccolta e di impianti di stoccaggio, diffusa sul territorio in funzione delle strutture e dello sviluppo demografico.
Inoltre, dal punto di vista tecnico, se è facile prevedere il reimpiego della frazione inerte dai rifiuti per usi che non richiedono particolari prerogative tecniche (rilevati, sottofondi, tombamenti, riempimenti), sembra attualmente meno praticabile la sua utilizzazione per la preparazione di calcestruzzi, malte ed intonaci, per i quali sono richieste specifiche prestazioni tecniche: la possibilità di riutilizzare l’inerte riciclato al posto dell’analogo naturale dipenderebbe infatti dalla qualità del materiale di partenza, che dovrebbe essere curata attentamente e che andrebbe, per quanto possibile, verificata già sul luogo di produzione del rifiuto.
Diverso è invece il caso degli scarti derivanti dall’estrazione dei materiali lapidei di pregio, i cosiddetti “ravaneti”. Nel prevedere un sistema che massimizzi il loro rientro nel circuito produttivo bisogna infatti partire dalla constatazione che la produzione di questi scarti non è uniforme sul territorio regionale – le attività estrattive sono infatti in gran parte concentrate e localizzate in aree facilmente delimitabili – mentre il loro recupero è agevolato dal fatto che, viste le loro caratteristiche tecniche, questi materiali sono facilmente riutilizzabili al posto dei normali inerti di cava. Le province interessate dal fenomeno sono principalmente Trapani (nel comparto di Custonaci si concentra il 75% dell’attività estrattiva regionale) e, ma in modo minore, Catania e Palermo.
Sostanzialmente analogo è il discorso sui rifiuti della lavorazione dei materiali lapidei (la “marmettola”), la gran parte dei quali è concentrata nella provincia di Trapani, che possono essere utilizzati in molteplici operazioni di recupero (cementifici, rilevati e sottofondi stradali, conglomerati cementizi, copertura di discariche per RSU e recuperi ambientali).
Il tema dell’attività estrattiva ci porta, inevitabilmente, ad affrontare anche il problema rappresentato dallo stato di degrado in cui versano la maggior parte dei siti adibiti in passato ad attività di cava e successivamente abbandonati: le cosiddette “cave dismesse”.
La soluzione, per il duplice problema rappresentato dall’accumulo/abbandono degli scarti del comparto lapideo e dalle ferite lasciate dall’attività estrattiva sul territorio, esiste, e viene chiaramente indicata dalle norme di attuazione del D.Lgs. 22/97: incentivando il ricorso alle procedure di recupero ambientale previste dall’articolo 5 del D.M. 5 febbraio 1998 è possibile infatti coniugare l’esigenza di riciclare gli scarti del comparto lapideo con la necessità di attuare, per quanto possibile, il recupero di aree degradate a causa del massiccio ricorso all’attività estrattiva.
Un accenno, infine, deve essere fatto agli strumenti attivati per acquisire la conoscenza, per quanto possibile completa ed aggiornata, del quadro della gestione dei rifiuti inerti sul territorio regionale, e a quelli da attivare per monitorare gli sviluppi in funzione degli obiettivi comunitari sopra citati.
Un’informazione efficace deve
infatti essere non episodica, ma continua ed accurata, in grado di adeguarsi
alla realtà ed ai suoi cambiamenti, e capace di dar conto delle risposte
istituzionali e degli effetti prodotti dalle scelte e dagli interventi
correttivi da esse determinati. In particolare chi ha la responsabilità della
pianificazione deve, da un lato, poter disporre di un quadro di riferimento
veritiero al fine di fissare obiettivi adeguati alla realtà (impiego ex ante), dall’altro, deve poter
monitorare l’efficacia dei provvedimenti adottati ed il raggiungimento degli
obiettivi prefissati per poter apportare, se necessario, eventuali misure
correttive (impiego ex post).
E’ stato quindi
preliminarmente necessario tracciare un quadro della situazione attuale tramite
l’acquisizione dei dati relativi alla produzione, allo smaltimento ed al
recupero dei rifiuti inerti nella nostra regione. Va detto che, in base
all’articolo 11 del Decreto Legislativo n° 22 del 5 febbraio 1997, la pianificazione dovrebbe essere fatta
basandosi sul sistema di raccolta dei dati relativi alla gestione dei rifiuti
di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, che ha introdotto l’obbligo del Modello
Unico di Dichiarazione ambientale (“MUD”).
In realtà l’analisi dei MUD non è stata significativa, dato che il D.Lgs. 22/97 non obbliga i produttori di rifiuti non pericolosi derivati dalle attività di costruzione e demolizione alla presentazione della dichiarazione ambientale. Pertanto gli elementi di base sono stati acquisiti da altre fonti, come testi e pubblicazioni scientifiche, e presso soggetti istituzionali: ANPA, CNR, Regione, Province, Comuni, Università. In particolare si ringraziano il Prof. Rosario Alaimo (responsabile scientifico del progetto “Schema di piano regionale per i materiali di cava e lapidei di pregio”) per la consulenza relativa alla produzione di inerti da attività di cava ed il Prof. Giuseppe Alaimo (Dipartimento di Progetto e Costruzione Edilizia dell’Università di Palermo) per la consulenza relativa ai rifiuti da costruzione e demolizione. Si ringrazia infine l’Assessore all’Ambiente della Provincia di Trapani, Baldo Levante, per il contributo dato dai tecnici della Provincia che, oltre ai dati specifici sulla produzione di inerti nel proprio territorio, hanno anche fornito utili indicazioni metodologiche sulle modalità di gestione delle attività di recupero ambientale previste dall’articolo 5 del D.M. 5 febbraio 1998, indicazioni che sono state recepite in sede di formulazione del piano.
E’ stato infine necessario prevedere
strumenti di verifica dei risultati raggiunti, mediante l’acquisizione dei dati
relativi alla gestione dei rifiuti, al fine di garantire una corretta gestione
dell’informazione ambientale da utilizzare come strumento di pianificazione e
controllo. Ciò è stato fatto prevedendo nel piano il coinvolgimento degli
Osservatori Provinciali sui Rifiuti (O.P.R.) previsti dalla legge 23 marzo
2001, n° 93, ed istituiti in tutte le province siciliane, assegnando inoltre
una funzione di raccordo all’Osservatorio
Regionale sui Rifiuti istituito con ordinanza commissariale n° 480 del 21
giugno 2001.
2.1
Riferimenti normativi generali
Con il Decreto legislativo del 5
febbraio 1997, n° 22, (il cosiddetto
"Decreto Ronchi"), di seguito denominato “Decreto”, la disciplina dei
rifiuti cambia regime ed i principi generali che la qualificano chiariscono le
finalità di protezione dell'ambiente e di responsabilizzazione di tutti i
soggetti coinvolti nel ciclo di vita dei prodotti.
Il Decreto, al
fine di armonizzare le legislazioni degli Stati membri, dà attuazione a tre direttive comunitarie: sui rifiuti (91/1 56/Cee),
sui rifiuti pericolosi (91/689/Cee), sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi
(94/62/Ce), provvede a riordinare le disposizioni esistenti via via
stratificatesi nel tempo, abrogandone le principali (DPR 915/82, Legge 475/88)
e mantenendo alcune normative tecniche in attesa delle nuove. In particolare
l’art. 57 fa salve le norme tecniche statali di cui alla deliberazione di C.I.
del 27 Luglio 1984 e quelle regionali di cui al D.A. 288 del 3.3.89.
Il
Decreto Ronchi, conformemente a quanto previsto dalle direttive comunitarie,
impone il rispetto della salute umana e dell’ambiente nelle attività di
recupero e smaltimento dei rifiuti.
Ai
sensi dell’art. 4 le autorità competenti devono favorire la riduzione dello
smaltimento finale dei rifiuti attraverso il reimpiego e il riciclaggio, le
altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti, l’adozione di
altre misure tecniche ed economiche.
Il Decreto introduce il concetto che lo smaltimento
finale deve costituire esclusivamente la fase residuale della gestione dei rifiuti
(art. 5): sono quindi specificate disposizioni per la progressiva riduzione del
ricorso a impianti di smaltimento finale quali ad esempio la restrizione della
possibilità di conferimento dei rifiuti alle discariche o la realizzazione di
impianti di incenerimento condizionata, dal 1999, all’obbligo di accompagnare
il processo di combustione con il recupero energetico.
E’ il caso di ricordare che il termine di cui al comma 6 dell’art.5 del
D.Lgs.22/97, come modificato dall'articolo 1, comma 1,
del decreto-legge 30 dicembre 1999, n. 500, convertito, con modificazioni,
dalla legge 25 febbraio 2000, n. 33, oltre il quale "è consentito smaltire in discarica
solo rifiuti inerti, i rifiuti derivanti da specifiche norme tecniche ed i
rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di
smaltimento di cui ai punti D2, D8,D9,D10 e D11 dell’allegato B dello stesso
Decreto”, con D.L. 16/07/01 n. 286
è stato differito fino all'adozione delle norme tecniche previste
dai medesimi articoli e dall'articolo 18, comma 2, lettere a) e l), del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, per lo smaltimento dei rifiuti in
discarica, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto (22/08/2002).
Secondo
il Decreto Ronchi i rifiuti sono classificabili in urbani o speciali,
pericolosi o non pericolosi.
Alle
tipologie di rifiuti derivanti dalle diverse attività produttive sono stati
attribuiti dei codici, i Codici del Catasto Europeo (CER), che sono ordinati
sulla base dell’attività di provenienza e caratteristiche di pericolosità.
L’articolo
10 introduce l’onere dell’attività di smaltimento a carico del detentore o del
produttore del rifiuto; essa può avvenire in autosmaltimento o attraverso la
consegna a un raccoglitore autorizzato o a un soggetto che effettua specifiche
operazioni contenute in apposito allegato. Le priorità nell’assolvimento degli
obblighi sono le seguenti:
a)
autosmaltimento
dei rifiuti;
b)
conferimento a
terzi autorizzati conformemente alla normativa vigente;
c)
conferimento a
soggetti gestori dei servizi pubblici di raccolta dei rifiuti urbani, con la
stipulazione di apposita convenzione.
Sono
stati altresì definiti i tempi per effettuare le procedure di registrazione
delle operazioni di carico e scarico di produttori, trasportatori, commercianti
ed intermediari (una settimana) e dei soggetti che effettuano attività di
recupero e smaltimento rifiuti (ventiquattro ore).
Il
Decreto inoltre, conferma l’obbligo di compilazione di un formulario di identificazione
dei rifiuti durante il trasporto, mutuato dalla disciplina previgente.
Da
sottolineare che le procedure sopra descritte (denuncia, registri, formulari)
sono introdotte sia per la gestione dei rifiuti avviati al riutilizzo sia per
la gestione dei rifiuti avviati allo smaltimento.
Il
Decreto, tuttavia, in conformità a quanto disposto dall’art. 31 prevede che con apposito regolamento siano
fissate le tipologie e le condizioni tecniche particolare in base alle quali le
attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori
nel medesimo luogo di produzione degli stessi (autosmaltimento) e le attività
di recupero di cui all’Allegato C del medesimo, possono essere intraprese in
regime di procedura semplificata.
L’articolo
33, di conseguenza, prevede che per i tipi di rifiuti identificati da apposite
norme tecniche e sulla base di specifiche prescrizioni poste a regolamentazione
delle attività e dei metodi di recupero l’esercizio delle relative operazioni
possano essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio
attività alla provincia competente per territorio.
L’individuazione
dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero e
le modalità di effettuazione dell’attività (caratteristiche e provenienza del
rifiuto, tipo di attività, caratteristiche delle materie prime e prodotti
ottenuti) è avvenuta con il Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 che riportano
le “Norme tecniche per il recupero dei rifiuti non pericolosi”. E’ opportuno
ribadire che si può accedere alle procedure agevolate (solo dal punto di vista
autorizzatorio e fidejussorio) esclusivamente se il recupero è effettivo ed
oggettivo.
Rientra
nelle procedure semplificate previste dall’articolo 33 del D.Lgs. 22/97, il
recupero ambientale attraverso l’utilizzo, per il rimodellamento geomorfologico
di aree degradate, di talune specifiche tipologie di rifiuti inerti.
In
questo caso le condizioni per il recupero ambientale sono:
q
i rifiuti non
devono essere pericolosi;
q
il progetto di
recupero deve essere approvato dall’autorità competente;
q
deve essere
effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche
previste dal D.M. 5 febbraio 98 per la singola tipologia di rifiuto impiegato
nonché nel rispetto del progetto di cui al punto precedente;
q
l’intervento
deve essere compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche
e geomorfologiche dell’area da recuperare.
Con decisione della Commissione
della Comunità Europea 2000/532/CE del 3 maggio 2000, è stato adottato il nuovo
elenco dei rifiuti al quale, dal 1° gennaio 2002, gli Stati Membri devono
conformarsi. I codici CER sono quelli
attualmente in vigore ai sensi delle ultime decisioni della Comunità Europea:
q Decisione
della Commissione 3 maggio 2000 (2000/532/CE);
q Decisione
della Commissione 16 gennaio 2001 (2001/118/CE);
q Decisione
della Commissione del 22 gennaio 2001 (2001/119/CE);
q Decisione
del Consiglio del 23 luglio 2001 (2001/573/CE).
Per
quanto concerne lo smaltimento in discarica, infine, si ricorda che è stata
emanata la Direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999, relativa alle
discariche di rifiuti, e che tale direttiva è attualmente in via di recepimento
da parte dello Stato.
In materia di valutazione di impatto
ambientale (V.I.A.), l’articolo 91 della legge regionale 3 maggio 2001, n° 6,
detta nuove norme e recepisce i principi e le disposizioni stabilite dal D.P.R. 12 aprile 1996 e dal D.P.C.M. del
3 settembre 1999.
Tuttavia il comma 8 dell’art.1 del
DPR sopra citato, esclude dalla procedura, gli interventi disposti in via
d’urgenza a seguito di calamità per le quali sia stato dichiarato lo stato di
emergenza ai sensi dell’articolo 5 legge 24 febbraio 1992 n° 225.
Il
D.M. 12 luglio 1990, all’allegato 6, stabilisce le prescrizioni per il
contenimento delle emissioni diffuse prodotte
negli impianti nei quali si manipolano, producono, trasportano, caricano
e scaricano, immagazzinano, prodotti polverulenti (attività di frantumazione,
cernita, miscelazione etc.).
Infine con
O.P.C.M. n. 2983 del 31 maggio 1999,
la Regione Siciliana è stata commissariata "per la
predisposizione del piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree
inquinate di cui all'art. 22 del D.Lgs. 22/97, per la predisposizione di un piano
di interventi d'emergenza per la gestione dei rifiuti urbani nonché per la
realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di
emergenza.".
Con le successive
Ordinanze n. 3048 del 31 marzo 2000, n.
3072 del 21 luglio 2000 e n. 3166 del 25 maggio 2001, che integrano e
modificano la n. 2983, la situazione di emergenza determinatasi nella regione
siciliana per i rifiuti urbani, è stata estesa anche ai rifiuti speciali. Il
commissariamento è stato di recente prorogato con l’ordinanza n° 3190 del 22
marzo 2002.
2.2
Rifiuti da dragaggio
Per l’utilizzo, il recupero e lo smaltimento dei sedimenti provenienti da lavori di dragaggio di fondali marini, oltre al Decreto Ronchi si farà riferimento all’articolo 35 del D.Lgs. 11 maggio 99 n° 152, per quanto riguarda la tutela dei corpi idrici, e alla normativa regionale di cui ai Decreti Assessoriali (Assessorato Territorio e Ambiente) del 30 dicembre 97, del 31 dicembre 97 e del 4 gennaio 2001, oltre che alla circolare del 22 giugno 1999 n° 11904.
3. dati sulla produzione di rifiuti inerti
e modalità di recupero
Sono
“rifiuti inerti” quelli che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica
o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né
sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e,
in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da
provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar
luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché
l'ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e, in particolare, non
danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche.
3.1
I rifiuti da attività di costruzione, demolizione e scavo
I rifiuti da costruzione,
demolizione e scavo possono essere suddivisi in tre categorie generali, di
seguito elencate.
q La frazione riutilizzabile, costituita da quegli elementi che possono essere riportati alla loro forma precedente e riconvertiti direttamente alla loro funzione originale: finestre, inferriate di balconi, travi ecc.
q La frazione riciclabile, costituita dagli scarti riciclabili o dai rifiuti che, sottoposti a termodistruzione, forniscono energia. Il riciclaggio del materiale concerne soprattutto la frazione litoide, ma non sono esclusi legno non trattato e metalli, mentre l'utilizzo dal punto di vista termico riguarda i componenti organici, come pavimenti in P.V.C. o legno trattato. A differenza della frazione riutilizzabile, questa frazione non ha conservato né la forma né la funzione originarie.
q La
frazione inutilizzabile, costituita dai componenti indesiderati presenti nel
materiale da riciclare o dalle frazioni che contengono inquinanti, da conferire
in discarica o trattare separatamente.
Per quanto riguarda la composizione, si può differenziare tra la fase di costruzione che, al pari di quella di manutenzione, genera scarti molto eterogenei, costituiti da legname per impalcature e ponteggi, plastiche, cartoni, metalli, imballaggi vuoti, sfridi di materiali da rivestimento (es. moquette), di isolanti e di impermeabilizzazioni, materiali ceramici, sfridi di laterizi e calcestruzzi, e la fase di demolizione che genera invece scarti più omogenei, con una prevalenza di laterizio e calcestruzzo (85-90 %) rispetto alla frazione metallica (<5 %) e leggera (<5 %).
3.1.1 Il confronto
con gli altri paesi europei
Si stima che attualmente i rifiuti da costruzioni, demolizioni e scavo rappresentino circa il 25 % in peso di tutti i rifiuti prodotti in Europa. Le informazioni più recenti sul flusso di tali rifiuti sono derivabili da un rapporto della Commissione Europea DGXI del 1999 - le cui statistiche si riferiscono ad un periodo compreso fra il 1990 ed il 1997 - e derivano da studi o indagini sviluppate all’interno dei singoli paesi da organismi istituzionali o da fonti diverse (istituti di ricerca o associazioni di categoria). Nel rapporto i rifiuti da costruzioni, demolizioni e scavo sono raggruppati in tre grandi categorie:
q rifiuti da costruzioni e demolizioni;
q terra e rocce (compresi i materiali derivati da escavazioni);
q materiali derivati da costruzioni di strade.
Dall’elaborazione dei dati si stima che la produzione complessiva annua di inerti per le tre tipologie nei 15 paesi dell’Unione Europea sia superiore a 470 milioni di tonnellate, di cui circa 180 milioni di tonnellate derivanti da costruzione e demolizione di fabbricati, con i paesi maggiori produttori che sono, nell’ordine, Germania (32,8%), Regno Unito (16,7%), Francia (13,1%) ed Italia (11,4%).
Ne deriva, considerando esclusivamente i rifiuti provenienti dall’attività edilizia e di demolizione, un valore pro-capite a livello comunitario di circa 480 kg/anno (ANPA 1999 – Primo rapporto sui rifiuti speciali). Il tasso più elevato di produzione annua si osserva in generale nei paesi del Nord Europa, in particolare Germania (719 kg/ab), Olanda (716 kg/ab), Belgio (662 kg/ab), Regno Unito (509 kg/ab) e Danimarca (498 kg/ab).
L’Italia si trova poco al di sotto della media europea, con una produzione annuale che sarebbe intorno ad un valore di circa 400 kg per abitante (cfr. il grafico a lato).
Per quanto riguarda, infine, la destinazione dei rifiuti da costruzioni
e demolizioni (escludendo la quota derivata da escavazioni e costruzione di strade)
il grafico a lato accanto mostra come, ancora una volta, nei paesi del Nord
Europa si riscontrano i livelli più elevati di riciclaggio, con punte superiori
al 90% per Belgio ed Olanda. Si vede inoltre che – a parte Grecia, Portogallo e
Spagna, le cui statistiche non sono attendibili anche se è presumibile che
l’unica forma di gestione per i rifiuti da costruzioni, demolizioni e scavo sia
la discarica – i paesi in cui si riscontra la più elevata percentuale di
smaltimento in discarica (ANPA 1999 – Primo rapporto sui rifiuti speciali)
sono Irlanda (96%), Italia (91,1%), Francia (85%) e Germania (83%).
Il nostro Paese si colloca pertanto oggi agli ultimi posti nella classifica europea delle attività di riutilizzo e recupero di detriti edilizi: a fronte di circa 24 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti annualmente (ma il dato potrebbe essere largamente sottostimato, visto l'ampio ricorso alle discariche abusive) meno del 10% viene riutilizzato, mentre paesi come l'Olanda o il Belgio superano il 90% e la media europea è del 50% circa.
Sembra infine interessante citare il caso della Svizzera dove l’80% dei rifiuti inerti viene riciclato, e dove chi svolge attività di costruzione e demolizione non può mischiare rifiuti speciali con altri rifiuti, bensì, se le condizioni dei lavori lo permettono, li deve separare sul luogo di produzione in:
q rifiuti non inquinati provenienti da demolizione o scavo;
q rifiuti inerti conferibili in discarica senza alcun trattamento, previo separazione delle frazioni eventuali di plastica e legno;
q rifiuti diversi.
E’ stato sviluppato tra gli altri, un programma (PI-EDIL) sulla conservazione ed il rinnovamento del patrimonio immobiliare che prevede due linee principali di attuazione del piano di gestione e cioè:
q l’applicazione di principi e metodi più moderni nel processo di produzione edilizia;
q l’applicazione generale del principio del riciclaggio nell’uso dei materiali da costruzione, preferibilmente da attuare sui luoghi di produzione stessi.
Ad ogni operatore del processo edilizio vengono attribuite precise responsabilità:
q il committente, responsabile della produzione dei rifiuti, deve provvedere allo smaltimento e deve sostenerne i costi;
q il progettista deve avere cognizione dei processi produttivi e prevedere i rifiuti che da essi verranno generati;
q il direttore dei lavori deve seguire tutto l’iter della produzione e gestione dei rifiuti;
q l’impresa deve procedere al conferimento dei rifiuti presso discariche o centri di riciclaggio autorizzati.
Alcune grandi Società hanno sviluppato propri piani di gestione dei rifiuti inerti assumendo per esempio come concetto base quello della separazione dei rifiuti per tipologia, già nel cantiere stesso di produzione, e accumulando ciascuna di esse in benne appositamente predisposte. Il motivo determinante che spinge verso soluzioni alternative (quali il riciclaggio) in Svizzera, come del resto sta accadendo in Italia, risulta l’alto costo di conferimento unito alle maggiori difficoltà nell’aprire nuove discariche e reperire nuove cave.
3.1.2 La produzione
di rifiuti da costruzione, demolizione e scavo in Sicilia
Dal rapporto della Commissione Europea DGXI del 1999 si evince che, in base ai dati provenienti dai Modelli Unici di Dichiarazione ambientale (M.U.D.) del 1998 forniti da Unioncamere/EcoCerved sulle quantità di detriti da demolizioni, sfridi da nuove costruzioni e scavi riutilizzati e/o recuperati, in Sicilia si recuperano 224.658 tonnellate di inerti in impianti di riciclaggio, mentre 439.384 tonnellate di materiali risulterebbero conferite in discarica.
Ciò porterebbe ad un valore complessivo di circa 660.000 tonnellate di rifiuti da costruzione, demolizione e scavo e ad una produzione annuale di circa 0,12 t/ab (tonnellate/abitante) per abitante. Se si considera però che la media nazionale si attesta intorno al valore pro-capite di 0,36 t/ab risulta evidente che il dato non può essere significativo, ed appare fortemente sottostimato nella aliquota relativa al conferimento in discarica: l’elevato numero di discariche abusive su tutto il territorio regionale ne è, del resto, la più evidente conferma. Le stime dell’ANPA infatti, anch’esse estremamente cautelative, indicano invece per la Sicilia una produzione per il 1998 di circa 1.250.000 tonnellate di rifiuti, che corrisponderebbe ad un valore annuale di circa 0,20 t/ab, e per il 1999 una produzione di circa 1.320.000 tonnellate di rifiuti, corrispondenti ad un valore annuale di 0,26 t/ab.
L’incremento rilevato (5,6%) appare giustificabile in relazione al buon andamento del settore delle costruzioni registrato nel 1999, anche se una valutazione precisa appare molto complessa per una molteplicità di fattori legati principalmente alla frammentazione delle attività del settore, alla frequente violazione delle norme esistenti in materia di gestione dei rifiuti - secondo una stima di CRESME, nel triennio 1996-1998 gli interventi edili abusivi, intesi sia come nuove costruzioni che come ristrutturazioni, sono stati circa il 15% a livello nazionale - e non ultimo ad un’interpretazione in passato largamente condivisa, in particolare per le terre e rocce di scavo, che il recupero delle frazioni inerti non fosse oggetto della normativa sui rifiuti.
In base ai dati, tuttavia, il primo
elemento che si può evidenziare è che la percentuale di materiali riciclati in
Sicilia di attesta intorno al 20,4% del totale, dato confermato anche dalle
stime dell’ANPA e che risulta in controtendenza rispetto al contesto generale
che vede la nostra regione agli ultimi posti per quanto riguarda le attività di
riciclaggio dei rifiuti. Per il recupero dei rifiuti da costruzione,
demolizione e scavo fra le regioni italiane la Sicilia infatti sarebbe superata
soltanto da Veneto (22%), Emilia Romagna (21,7%) e Friuli (21,5%).
Può inoltre
essere utile mettere a confronto il dato relativo allo smaltimento in discarica
con la produzione siciliana media di rifiuti inerti, calcolata per
estrapolazione sulla base delle quantità di rifiuti conferiti nelle discariche
ufficiali e del numero di abitanti (dedotto dai dati ISTAT 1996) del comune o
dei comuni vicini che vi conferiscono (cfr. tabella che segue).
Produzione
pro-capite di rifiuti inerti nel territorio siciliano
COMUNI |
ABITANTI |
m3 PRODOTTI |
t PRODOTTE |
t / Ab |
CALTAGIRONE |
38.116 |
2.300 |
3.220 |
0,08 |
MINEO |
5.730 |
1.200 |
1.680 |
0,29 |
PATERNO’ |
45.652 |
6.000 |
8.400 |
0,18 |
CALTAVUTURO |
4.932 |
6.000 |
8.400 |
1,70 |
GERACI SICULO |
11.586 |
143 |
200 |
0,02 |
TERRASINI |
689.301 |
151.429 |
188.868 |
0,31 |
SIRACUSA |
127.448 |
5.648 |
7.907 |
0,06 |
CUSTONACI |
71.174* |
6.898 |
9.657 |
0,13 |
VITA |
2.697 |
2.000 |
2.800 |
1,04 |
Media |
996.636 |
181.618 |
254.264 |
0,26 |
*Custonaci, Paceco, Valderice, Erice, Castellammare del
Golfo, S.Vito lo Capo
Dal grafico
che segue, correlato alla tabella, si riscontra immediatamente una elevata
variabilità delle produzioni unitarie di rifiuti da una discarica all’altra,
anomalia dovuta probabilmente al fatto che i bacini di utenza non sono
rigidamente definiti ed inoltre al differente tasso di conferimento dei diversi
luoghi. Dai dati raccolti risulta comunque una produzione media annuale a
livello regionale di 0,26 t/ab, che è compatibile con il dato statistico
ufficiale nazionale.
Va detto ancora che studi consolidati hanno mostrato anche una stretta correlazione tra volumi edificati e produzione di rifiuti inerti, ed anche di tale elemento bisogna tenere conto nel formulare una stima, per quanto possibile attendibile, della produzione in Sicilia di rifiuti da costruzione, demolizione e scavo.
Tenendo presente quanto detto in precedenza si può, in prima approssimazione, assumere una produzione annuale di inerti attorno a 0,3 m3/ab, equivalente a circa 0,4 t/ab, dato che è compatibile con la media nazionale. Si ricorda tuttavia che alcuni studi di settore indicano invece come più attendibile una produzione annuale di rifiuti da costruzione, demolizione e scavo nettamente superiore, attestata intorno ad un valore medio annuale di circa 0,6 t/ab.
La tabella a lato ed il grafico
seguente mostrano la produzione annuale di rifiuti inerti da costruzione,
demolizione e scavo per provincia, espressa in tonnellate, sulla base del
parametro sopra indicato (0,4 t/ab).
PROVINCE |
ABITANTI |
PRODUZIONE |
Agrigento |
494.915 |
197.966 |
Caltanissetta |
293.501 |
117.400 |
Catania |
1.087.352 |
434.941 |
Enna |
197.141 |
78.856 |
Messina |
699.131 |
279.652 |
Palermo |
1.275.142 |
510.057 |
Ragusa |
295.014 |
118.006 |
Siracusa |
414.062 |
165.625 |
Trapani |
440.564 |
176.226 |
SICILIA |
5.196.822 |
2.078.729 |
La tabella a lato infine riporta, in funzione della composizione media dei rifiuti stimata in base a statistiche nazionali, le quantità annue recuperabili prendendo a base del calcolo una percentuale realisticamente possibile del 80 % dei rifiuti inerti da costruzione, demolizione e scavo prodotti nell’intera regione nelle attività di demolizione edilizia. Anche in questo caso è opportuno ricordare che studi di settore portano a ritenere come fortemente sottostimati i dati di produzione riportati in tabella.
Tipologia |
% |
Totale (t) |
Quantità riciclabile |
Calcestruzzi |
30 |
623.619 |
498.895 |
Laterizi |
50 |
1.039.364 |
831.492 |
Asfalti |
5 |
103.936 |
83.149 |
Terra da scavo |
10 |
207.873 |
166.298 |
Metallo |
3 |
62.362 |
49.889 |
Varie |
2 |
41.575 |
33.260 |
Totale |
100 |
2.078.729 |
1.662.983 |
3.1.3 Caratteristiche e campi di impiego dei rifiuti da demolizioni edilizie
La forma di riciclaggio fondamentale, dal punto di vista delle dimensioni del problema dei rifiuti inerti da demolizioni edilizie, consiste nel reimmettere i materiali di scarto in un nuovo processo di produzione, possibilmente all'interno dello stesso ciclo che li ha generati. Infatti, poiché l'ambiente fisico e chimico che circonda l'uomo è un sistema chiuso in cui tutte le parti sono reciprocamente interconnesse, per contrastare il degrado ambientale dovuto al depauperamento delle materie prime l'unica strada possibile è quella di imporre idealmente una direzione di circolarità ai processi di trasformazione delle risorse, mantenendo le materie prime riciclate, divenute quindi materie prime seconde, all'interno dello stesso ciclo di produzione.
Tutte le materie prime utilizzate nel processo di costruzione, infatti, vengono reimmesse nell'ambiente in una qualche forma al momento della demolizione, ma per chiudere il cerchio è necessario attuare una forma di riciclo di alta qualità, quale può essere per esempio il reimpiego degli scarti di per la produzione di nuovo calcestruzzo. Si ricorre qui al termine "scarti" per indicare che è previsto un successivo reimpiego, previo trattamento in appositi impianti, delle macerie prodotte che sono quindi "sfuggite" al loro destino di rifiuti non più riutilizzabili.
Rilevazioni statistiche, sostanzialmente confermate anche nelle diversificate realtà costruttive europee, individuano nei rifiuti provenienti dalle demolizioni edilizie una prevalente presenza di materiali cementizi e di laterizi. Come visto al punto precedente queste due sole categorie conglobano complessivamente oltre l’80% dei materiali, mentre tutte le altre categorie (legno, materie plastiche, bituminose, metalli ferrosi e non ferrosi, vetri, materie tessili ecc.) difficilmente raggiungono nel loro insieme il 20% del totale.
Attualmente tali materiali vengono per lo più inviati in discariche autorizzate o abbandonati in modo incontrollato sul territorio, e solo una percentuale estremamente limitata viene riutilizzata, previo adeguato trattamento, nei vari settori dell’edilizia e dei lavori pubblici in genere. Tende anche a diffondersi, per le difficoltà di approvvigionamento di inerti sul mercato o per l’assenza di impianti di trattamento di sfabbricidi, la pratica dell’utilizzo “tout-court” del materiale di demolizione per sottofondi e riempimenti, senza la necessaria fase di trattamento. Ed è evidente come questa procedura sia oltremodo negativa, sia sotto gli aspetti tecnici (caratteristiche geotecniche del materiale), sia sotto l’aspetto ambientale. Infatti, la convinzione che, a dispetto della presenza di materiali innovativi di sintesi quali materiali di impermeabilizzazione, coibentazione (vedi i sistemi a cappotto) o protettivi (vedi le vernici intumescenti), gli scarti da demolizioni siano nel loro complesso inerti dal punto di vista geochimico è a dir poco da sfatare.
L’impiego diretto dei materiali da demolizione non è infatti né possibile né consigliabile, neppure nel caso di usi minori, in quanto:
q un rilevato con accettabili caratteristiche di resistenza deve essere realizzato con materiale avente pezzatura assortita e contenuta in un determinato fuso granulometrico (stabilizzazione granulometrica);
q il riutilizzo di questi materiali può avvenire, come è chiarito nel paragrafo “Quadro normativo”, soltanto seguendo le procedure previste dalla legge (autorizzazione ai sensi degli articoli 27 e 28 del D.Lgs. 22/97, o procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 dello stesso decreto);
q esiste il rischio che insieme agli inerti vengano smaltite altre tipologie di rifiuti (incidentalmente o dolosamente).
Qualsiasi approccio alle problematiche di riciclaggio del materiale da demolizione edilizia va quindi impostato essenzialmente sul riciclaggio del calcestruzzo e dei laterizi, finalizzato alla:
q riduzione della necessità di discariche di materiale inerte;
q riduzione, creando un interesse economico sul riutilizzo, delle possibilità di abbandono incontrollato;
q creazione di una forte alternativa ai materiali inerti per gli usi “meno nobili” che può portare alla diminuzione del numero di cave con conseguenti benefici ambientali.
Il riciclaggio dei materiali a matrice cementizia (essenzialmente calcestruzzi) ha luogo attraverso operazioni di frantumazione e di separazione delle armature d’acciaio relative agli elementi in cemento armato.
Il granulato di calcestruzzo (spesso impropriamente chiamato calcestruzzo riciclato) può essere senz’altro impiegato per la costituzione di sottofondi sia di pavimentazioni industriali che di strade, di piste aeroportuali ecc. In questo utilizzo esso viene a configurarsi quale materiale alternativo alla ghiaia ed alla sabbia, anche se le sue caratteristiche di assorbimento dell’acqua e di resistenza meccanica all’usura ed alla compressione richiedono, da parte degli utilizzatori, alcuni accorgimenti ed una certa attenzione.
Per quanto riguarda i granulati provenienti dalla demolizione di elementi in laterizio si possono fare considerazioni del tutto analoghe, con l’avvertenza che i granulati di laterizio possono trovare utilizzo quali aggregati solo per la produzione di impasti di calcestruzzi attribuibili alle classi di più bassa qualità.
Le considerazioni fin qui svolte potrebbero tuttavia apparire troppo semplici, o addirittura semplicistiche, per una corretta rappresentazione della effettiva realtà. Occorre infatti considerare come a complicare il quadro rappresentativo finora svolto intervengano due aspetti di particolare rilevanza:
q l’omogeneità dei materiali provenienti dalle demolizioni e sottoposti a trattamento per il loro riciclaggio;
q la possibile compresenza negli aggregati riciclati di materiali di contaminazione.
Va ricordato che per accertare l’idoneità all’uso degli aggregati riciclati occorre valutarne, nelle diverse condizioni applicative, le caratteristiche prestazionali attraverso la verifica di conformità alle prescrizioni ed ai criteri di accettazione previsti dalle norme di legge e di buona pratica tecnica. Premesso questo non vi sono validi motivi per escludere a priori un materiale (da riciclo) del quale si sia verificata la corrispondenza alle norme in termini di fattibilità, funzionalità e durabilità. Ma proprio in considerazione del fatto che sono molteplici i campi applicativi dei materiali inerti riciclati preventivamente trattati – costruzioni in terra, costruzioni stradali, ferroviarie ed aeroportuali, costruzioni civili, costruzioni prefabbricate – è assolutamente necessario che i materiali ottenuti siano preventivamente caratterizzati in funzione del loro riutilizzo, in maniera da definirne, anche con eventuali interventi correttivi, i limiti di impiego.
Per concludere si ricorda che un esempio classico, in edilizia, di riciclaggio di alta qualità di sfridi e scarti post-consumo provenienti da svariati settori industriali viene dall'esperienza canadese di recupero dei rifiuti nella Green Dream House, nella città di Toronto. La Green Dream House è stata infatti realizzata a scopo dimostrativo, per provare che il livello prestazionale correlato alle attuali esigenze abitative è raggiungibile anche mediante l'impiego di materiali edilizi ricavati dal riciclaggio di frazioni omogenee di rifiuti inerti.
Con il termine di “demolizione
selettiva” si intende l’insieme di tecniche di decostruzione il cui scopo è
quello di ottenere frazioni omogenee e valorizzabili, aumentando concretamente
il livello di riciclabilità degli scarti generati sul cantiere di demolizione,
qualunque sia la configurazione di partenza dell'edificio, secondo un approccio
che privilegi l’aspetto della qualità del materiale ottenibile dal riciclaggio.
Lo smontaggio selettivo degli
edifici è finalizzato a mettere a disposizione frazioni tendenzialmente
monomateriali, adatte al trattamento in appositi impianti di riciclaggio per la
valorizzazione degli scarti come materie prime secondarie. Quanto più omogeneo
è il materiale, infatti, tanto più elevate sono le possibilità di un riciclo di
alta qualità rispetto a un riciclo che veda il materiale sottoutilizzato dal
punto di vista delle prestazioni. Frazioni omogenee di materiale sono
attualmente ottenibili però soltanto al termine della vita utile dell'edificio,
data la scarsa disponibilità nell'ambito del patrimonio edilizio esistente di
realizzazioni che siano state in qualche modo concepite fin dall'inizio per
consentire un'agevole disassemblaggio finale.
I due diversi momenti del processo di smantellamento dell'edificio in cui è possibile intervenire per giungere a una ripartizione degli scarti in frazioni il più possibile omogenee sono:
q la separazione all'origine con stoccaggio in aree o contenitori separati, prima della demolizione vera e propria;
q la cernita all'interno dei cumuli dei materiali ancora separabili, a demolizione conclusa.
La separazione delle due frazioni "solo calcestruzzo" o "laterizio più calcestruzzo" nei cumuli stoccati all'ingresso degli impianti di trattamento – come si vedrà in seguito – afferisce al secondo gruppo di operazioni ma, rispetto ad una separazione all'origine, può a questo punto essere portata avanti solo in percentuale limitata.
3.1.3.2 Tecniche di riciclaggio
Si è detto della inopportunità ed anche del rischio connessi all’utilizzo diretto di materiali inerti provenienti dalle demolizioni edilizie: è quindi necessario un trattamento prima di reimpiegarli o comunque di reimmetterli sul mercato. In ogni caso il riciclaggio dei rifiuti inerti è strettamente legato alla possibilità di ottenere materie prime secondarie (MPS) le cui caratteristiche fisico–chimiche e di omogeneità ne consentano il riutilizzo nell’attività costruttiva.
Va detto inoltre che, per usi qualificati, le MPS in uscita dagli impianti di trattamento devono essere sistematicamente testate in conformità agli standard fisico-meccanici previsti dalle norme, e che il valore economico del materiale riciclato aumenta con la qualità del prodotto stesso. Si vede quindi che è necessario trovare un ragionevole compromesso tra il grado di trattamento e l’efficienza di eliminazione delle impurezze che si realizzano nell’impianto, ed il suo costo complessivo in termini di investimento e gestione.
Per una descrizione di
dettaglio delle diverse tipologie di impianti, delle relative caratteristiche
tecniche e gestionali, e delle possibilità di recupero, si rimanda a quanto
riportato negli Allegati 3, 4 e 5.
3.1.4
Terre e rocce da scavo, materiali derivati da costruzioni stradali
Per quanto riguarda i materiali di risulta degli scavi si ricorda che terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati sono escluse – eccetto i materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti – ai sensi dell’articolo 8 del D.Lgs. 22/97 dalla normativa di applicazione dei rifiuti. Ciò vale anche per i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto (cfr. paragrafo Quadro normativo).
In ogni caso le terre e rocce da scavo sono contemplate al punto 7.31 del D.M. 5 febbraio 1998 per le seguenti operazioni di recupero mediante procedure semplificate:
q industria della ceramica e dei laterizi;
q utilizzo per recuperi ambientali di ex cave, discariche esaurite e bonifica di aree inquinate (il recupero è subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 5 febbraio 1998, ad esclusione del parametro COD). Per questa attività fare riferimento alle linee-guida dell’Allegato 5.
E’ stata effettuata una ricognizione sul territorio regionale per individuare i fabbisogni di smaltimento/trattamento per i prossimi anni dei grandi produttori di terre e rocce da scavo (Ferrovie dello Stato, ANAS, Consorzio Autostrade Siciliane). Nella tabella che segue vengono indicati i lotti con le relative produzioni e le quantità di materiali di risulta espresse in metri cubi.
Grandi
produttori di terre e rocce da scavo |
|||
Ente |
Lotto |
Provincia |
m3 |
Ferrovie dello Stato |
Fiumetorto-Castelbuono |
Pa |
2.500.000 |
ANAS |
SS117/NS - Variante Reitano |
Me |
20.000 |
ANAS |
SS117/NS Tronco 10-00/10-300 |
Me |
20.000 |
ANAS |
SS117/NS - Variante Mistretta |
Me |
350.000 |
ANAS |
SS117/NS Tronco 19-00/23-200 |
Me |
100.000 |
ANAS |
SS117/NS Tronco 25-00/32-00 |
Me |
40.000 |
ANAS |
SS117/NS Tronco 32-00/38-700 |
Me |
170.000 |
ANAS |
SS117/NS Tronco 38-700/42-600 |
En |
400.000 |
ANAS |
SS640 Ag-Cl Adeguamento tr. |
Cl, Ag |
600.000 |
ANAS |
SS640 Rg-Ct Adeguamento tr. |
Rg, Ct |
300.000 |
ANAS -Grande viabilità |
A19 Licodia Eubea |
Ct, En |
2.150.000 |
ANAS -Grande viabilità |
Ct-Sr |
Ct, Sr |
1.650.000 |
ANAS -Grande viabilità |
Itinerario NS |
En |
2.400.000 |
Consorzio Autostrade Siciliane |
Caronia-Castelbuono |
Pa |
1.600.000 |
Consorzio Autostrade Siciliane |
Siracusa-Gela |
Cl, Sr |
10.000 |
|
|
Totale |
12.310.000 |
Per
quanto riguarda invece i materiali stradali si ricorda che esistono ormai tecniche
collaudate di riciclaggio a freddo delle pavimentazioni stradali che impiegano
emulsioni di bitume con caratteristiche e specifiche diverse in funzione della
tipologia di intervento. Il materiali fresato può inoltre essere
vantaggiosamente recuperato (con o senza l’aggiunta di rigeneranti).
Al mancato
riciclaggio di tali materiali sono legati diversi elementi negativi, ed in
particolare:
q si avrà un maggiore sfruttamento delle cave per
l’approvvigionamento degli inerti, con evidenti svantaggi ecologici ed
economici;
q se il bitume non è in condizione di essere rigenerato le imprese
dovranno acquistare nuovo bitume con conseguenti sprechi economici;
q si
avranno oneri aggiuntivi relativi allo smaltimento;
q si avranno maggiori oneri di trasporto;
q si determinerà un spreco di combustibili necessari alla
produzione.
Al contrario il
riciclaggio comporta minore inquinamento ambientale, il recupero del vecchio legante (opportunamente addizionato con
specifici prodotti ed una piccola percentuale di bitume nuovo) ed un notevole risparmio
sui costi per smaltimento dei rifiuti, trasporti
e combustibile.
3.1.5 I fanghi di dragaggio
I
fanghi provenienti da attività di dragaggio fondali di laghi, dei canali
navigabili o irrigui e corsi d'acqua (acque interne), pulizia di bacini idrici
(con precisi limiti di inquinanti presenti e specifici usi), caratterizzati da
codice C.E.R. “170506” (fanghi di dragaggio diversi da quelli di cui alla
voce 170505*), possono essere recuperati seguendo le procedure semplificate
di cui agli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 22/97, per la:
q formazione di rilevati e sottofondi stradali previa essiccamento ed eventuale igienizzazione;
q esecuzione di terrapieni e arginature, ad esclusione delle opere a contratto diretto o indiretto con l’ambiente marino, previo essiccamento ed eventuale igienizzazione.
In ambedue i casi il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale
secondo il metodo di cui all’allegato 3 al D.M. 5 febbraio 1998.
Per
i fanghi provenienti da lavori di dragaggio dei fondali
marini di zone portuali, invece, sono possibili invece le seguenti forme di
recupero (le norme di riferimento sono riportate nel
paragrafo Quadro normativo).
3.1.5.1 Ripascimento di arenili
Alla luce della situazione attuale delle coste siciliane tale utilizzo è da ritenersi prioritario rispetto ad altre possibilità di recupero, in quanto i sedimenti in questione possono costituire una risorsa primaria nel quadro del bilancio sedimentario costiero. Con specifici decreti – che regolamentano le opere di dragaggio e di ripascimento degli arenili nell'ambito del demanio marittimo regionale – l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente ha previsto infatti il reimpiego dei sedimenti in questione in progetti di ripascimento di arenili in erosione, con specifiche modalità autorizzative e previo esito positivo delle analisi sulle caratteristiche fisico-chimico-batteriologiche e granulometrico-sedimentologiche del materiale di dragaggio.
3.1.5.2 Esecuzione di riempimenti e colmate in area
portuale
I sedimenti possono
costituire una risorsa da
utilizzare anche per eseguire riempimenti e colmate, contemporaneamente ai
dragaggi, nell’ambito delle stesse aree portuali. Nella progettazione relativa
agli interventi nei porti i vari soggetti appaltanti (Comuni, Regione, Autorità
Portuali) dovranno pertanto privilegiare interventi che prevedano il recupero
di questi materiali, al posto dei normali inerti da cava, per eseguire
riempimenti, spianate o piazzali di servizio in area portuale, e la verifica
nelle zone adiacenti di possibili forme di erosione da contrastare con
l’utilizzo dei sedimenti per idonei ripascimenti.
3.1.5.3 Vendita come materia prima in processi
produttivi
Nel
caso in cui non sia possibile l'utilizzo di cui al punto precedente, per
mancanza di progetti di ripascimento, dovrà valutarsi l'opportunità di vendita
del materiale in questione –
come materia prima – ad aziende che usualmente
acquistano sabbia marina per utilizzarla nei propri processi produttivi (tal
quale o previa eventuale desalinizzazione) ed a condizione che le analisi sulle
caratteristiche fisico-chimico-batteriologiche e
granulometrico-sedimentologiche dei sedimenti diano esito positivo.
3.1.5.4 Utilizzo come copertura di rifiuti in
discarica per rifiuti urbani
Soltanto
nel caso in cui non siano possibili le forme di recupero di cui ai punti
precedenti potrà prevedersi l'uso del sedimento in questione in sostituzione
dell'idoneo materiale di copertura infrastrato dei rifiuti solidi urbani, così
come già contemplato dall'art. 4 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 40 (“Per
lo smaltimento dei rifiuti speciali inerti, i comuni, fatta salva la loro
eventuale utilizzazione come (rifiuti recuperabili), e detratta la quota
utilizzabile come materiale di copertura dei rifiuti solidi urbani, provvedono
attraverso la realizzazione di idonee discariche di seconda categoria tipo A”.
Per
tale utilizzo occorre tenere conto di taluni fattori limitanti:
q qualora i sedimenti siano costituiti essenzialmente
da sabbia, questa potrebbe presentare caratteristiche geotecniche (angolo di
attrito, permeabilità) tali da renderla inidonea come ricoprimento infrastrato;
q nelle opere di dragaggio vengono usualmente prodotte
notevoli quantità di sedimenti, mentre per il ricoprimento giornaliero dei
rifiuti potrà essere utilizzato soltanto il quantitativo di materiale pari a
circa il 10% del volume dei rifiuti urbani costipati. In caso di
conferimento di quantitativi superiori alle necessità giornaliere, si rende
quindi necessario verificare che il volume totale dei sedimenti da conferire
non sia superiore a quello strettamente necessario e vi sia disponibilità di un
idoneo silo di stoccaggio, nell'ambito della discarica od in arca adiacente;
q il contenuto salino dei sedimenti potrebbe anche
rendere difficoltoso il trattamento del percolato in impianti di depurazione di
tipo biologico ed il contenuto di inquinanti chimico-biologici potrebbe essere
tale da pregiudicarne l'uso (all'uopo, per analogia relativamente al tipo di
uso, si potrà fare riferimento al test di cessione secondo il metodo di cui
all'allegato 3 del D.M. 5 febbraio 1998 sui rifiuti recuperabili). Pertanto,
preliminarmente, occorrerà che i competenti organi tecnici e sanitari
verifichino la possibilità di tale utilizzo.
Qualora
non sia possibile utilizzare i sedimenti con le modalità previste ai punti
precedenti dovrà ulteriormente essere valutata la possibilità di avviarli ad
operazioni di recupero di rifiuti soggette al regime autorizzatorio ordinario
contemplato dal Decreto Legislativo n° 22/97, dietro preventiva autorizzazione
regionale ai sensi degli articoli 27 e 28 dello stesso decreto legislativo (per
impianti da realizzare), o soltanto ai sensi dell’articolo 28 (per impianti
esistenti che non necessitano di varianti sostanziali).
Va ricordato infine che se i fanghi di dragaggio dei fondali marini di zone portuali non vengono recuperati possono essere scaricati nelle acque di mare: la normativa vigente consente tuttavia tale modalità di scarico, dietro autorizzazione dell’autorità competente, solo quando ne sia dimostrata l'impossibilità di deposizione o utilizzo a terra con minori rischi ambientali.
In alternativa i
fanghi potranno essere avviati al trattamento e/ allo
smaltimento in apposita discarica per rifiuti speciali: in questo caso preliminarmente dovranno essere effettuati
opportuni campionamenti ed analisi chimico-batteriologiche per stabilire se sia
possibile lo smaltimento in discarica per rifiuti inerti di seconda categoria
tipo A, ovvero in discarica per rifiuti speciali di seconda categoria tipo B o
C.
Lo
smaltimento in discarica per urbani può essere consentito solo eccezionalmente,
sia per le considerazioni già esposte in precedenza in ordine all'uso dei
sedimenti marini come copertura di rifiuti in discarica per rifiuti solidi
urbani, sia per i notevoli quantitativi che normalmente si producono durante le
operazioni di dragaggio (cfr. paragrafo Quadro normativo).
Una stima dei quantitativi è oggi difficile da fare, dato che le operazioni di dragaggio hanno subito un rallentamento dovuto essenzialmente al nuovo regime introdotto in Italia dal D.M. 24/01/96. E’ comunque possibile stimare per la Sicilia una produzione annuale di circa 200.000 m3 (circa 240.000 tonnellate/anno) di fanghi di dragaggio provenienti dalla manutenzione dei porti, sedimenti tendenzialmente di bassa qualità per la presenza di una forte componente organica, ed almeno 900.000-1.000.000 di m3 (circa 1.700.000-1.800.000 tonnellate) di fanghi di dragaggio dei fondali marini provenienti dall’esecuzione delle opere previste da nuovi progetti (comprese le opere di approfondimento e/o ampliamento dei porti esistenti) nel prossimo triennio.
3.1.6 Considerazioni
La prima considerazione da fare è che nel prossimo futuro
si porrà con sempre maggiore forza il problema dello smaltimento dei prodotti provenienti
dalla demolizione delle costruzioni civili, e segnatamente di quello
concernente i calcestruzzi cementizi, dato che le quantità di calcestruzzi da
demolire annualmente aumenteranno progressivamente. Si prevede infatti che
entro il 2020 la frazione calcestruzzo, collocabile all'interno della categoria
"materiale riciclabile", andrà aumentando fino a raggiungere i 6/7
delle macerie, e ciò in conseguenza della demolizione degli edifici realizzati
sino agli anni '50-'60. E in questo senso gli interventi di recupero e
ristrutturazione edilizia potrebbero a lungo termine diventare meno influenti
rispetto a quanto accade oggi, dal punto di vista quantitativo, se si considera
un arco temporale sufficientemente lungo.
Va sottolineato inoltre
che nell’approccio al tema del riciclaggio dei rifiuti da costruzione,
demolizione e scavo sono di notevole interesse le valutazioni di tipo economico
relative al processo globale. Infatti, al di là delle considerazioni di tipo
ambientale e di risparmio di risorse e energia fatte ai punti precedenti, è
questo uno dei casi in cui il processo di recupero dei rifiuti è in grado di
autosostenersi. Ciò è possibile in quanto tutti i soggetti coinvolti hanno un
vantaggio; infatti:
q
il
produttore di macerie e/o di inerti, dovendo smaltire legalmente i propri
rifiuti, ha a disposizione una nuova via, in genere molto più conveniente delle
attuali discariche controllate;
q
il
gestore dell’impianto ha a disposizione, a seconda delle condizioni del
mercato, a titolo gratuito o addirittura a pagamento, del materiale che una
volta trattato acquista valore commerciale;
q
l’acquirente
di inerti può avere a disposizione un materiale alternativo che, a parità di
prestazioni, risulta essere più economico.
Da quanto detto è facile
desumere gli innumerevoli vantaggi che si possono trarre dal riciclaggio dei
rifiuti da costruzione, demolizione e scavo, il più importante dei quali è
sicuramente la salvaguardia dell’ambiente, dato che i sistemi di trattamento
citati in precedenza non producono scorie, e risultano quindi perfettamente
inseribili nei diversi contesti ambientali.
Si configura in
definitiva una politica di attuazione del cosiddetto “binomio del beneficio”
(risparmio di materie prime naturali e contemporanea tutela dell’ambiente, meno
gravato da impianti di smaltimento).
D’altra parte le
necessità di tutela dell’ambiente e le ragioni di mercato - nel caso in cui la
reperibilità di inerti naturali sia scarsa e perciò se ne privilegino usi
nobili - spingono inevitabilmente oggi verso una contrazione dell’attività
estrattiva, in particolar modo la dove i materiali cavati siano sostituibili
facendo ricorso a fonti alternative di inerti (ad esempio per rilevati e
sottofondazioni).
Vale la pena di rilevare che in mancanza di dati certi, che potrebbero aversi soltanto attraverso una rete regionale di impianti e/o discariche tipo 2A ed di un valido sistema di controllo, si è ipotizzato per la Sicilia (Punto 3.1.2.) un valore prudenziale di produzione di rifiuti da costruzione e demolizione di 0,4 t/ab per anno. Si è visto inoltre che potrebbe trattarsi di un dato sottostimato ed ancora molto inferiore rispetto al valore medio nazionale di 0,6 t/ab x anno, parametro condiviso da molti operatori del settore sulla base di una ormai consolidata esperienza.
Partendo da questa ipotesi di lavoro, e prendendo ad esempio la Provincia di Palermo, abbiamo visto inoltre che si avrebbe una produzione media di circa 500 mila t/anno di rifiuti da costruzione, demolizione e scavo. E ammesso che tale quantità venisse recuperata per intero si otterrebbe una produzione di inerte riciclato equivalente all’11% circa degli inerti naturali prodotti nello stesso territorio (la tabella a lato mostra infatti il numero di cave e la produzione di rifiuti inerti relativa al 1999 di ogni singola provincia siciliana; il dato è inoltre comparato con la media del periodo 1990-1999).
Produzione di materiali da cave di inerti in Sicilia |
|||
|
Numero cave |
Media 1990-1999 |
1999 |
Agrigento |
68 |
3.388.574 |
3.722.444 |
Caltanissetta |
47 |
1.538.721 |
1.347.427 |
Catania |
69 |
2.708.683 |
2.548.674 |
Enna |
47 |
682.407 |
582.927 |
Messina |
38 |
2.291.392 |
2.920.034 |
Palermo |
49 |
5.335.473 |
5.490.043 |
Ragusa |
19 |
693.651 |
779.825 |
Siracusa |
45 |
3.078.549 |
3.427.377 |
Trapani |
8 |
1.051.075 |
1.021.585 |
Totale |
390 |
20.768.526 |
21.840.337 |
Si potrebbe soddisfare pertanto appena 1/3 della domanda (1,5 milioni di tonnellate/anno) di materiali inerti per usi non nobili, mentre la quota restante andrebbe comunque compensata con le tradizionali attività di cava.
A livello regionale la produzione totale annua di rifiuti inerti risulterebbe di circa 2 milioni di tonnellate, pari al 11% degli inerti di cava prodotti in tutta la Sicilia, per cui valgono le stesse considerazioni fatte per il territorio nella Provincia di Palermo. Il grafico che segue mostra l’andamento della produzione di inerti da cava per provincia sulla base dei dati sopra citati.
Considerando quindi che nel futuro è da prevedersi un maggiore rigore verso le attività che riguardano l’uso delle risorse naturali, e costi di smaltimento dei rifiuti sempre più onerosi, vale certamente la pena di considerare la possibilità di incentivare chi voglia intraprendere l'attività di "riciclatore", rendendo favorevole il quadro delle condizioni e dei costi affinché questa massa di macerie possa essere recuperata e ricondotta all’interno del circuito produttivo.
3.2
Rifiuti da attività di estrazione e lavorazione di materiali lapidei
L’attività
estrattiva e di lavorazione dei materiali lapidei comporta la produzione di un
enorme massa di scarti di diversa natura e caratteristiche. L’estrazione della
pietra presenta infatti una resa in blocchi che normalmente non supera il
30-40% del materiale estratto, sicché l’accumulo degli sfridi
(“ravaneti”) rappresenta un problema di rilevante importanza per il cavatore,
sia per la sottrazione di spazio all'attività di cava sia per problemi connessi
alla stabilità e alla sicurezza dei luoghi di lavoro. Un loro eventuale
recupero offrirebbe quindi sensibili vantaggi riguardo il risanamento del
territorio e enormi quantità di materia prima per i frantoi.
Altro tipo di scarto di non
indifferente rilevanza in termini quantitativi, visto che arriva al 5-10% del
materiale lavorato, è quello prodotto dalle segherie (la cosiddetta
“marmettola”) a seguito del processo di lavorazione dei blocchi di materiali
lapidei di pregio.
3.2.1 Gli scarti dell’attività estrattiva dei materiali lapidei di pregio (“ravaneti”)
L’attività di estrazione e
lavorazione delle pietre ornamentali costituisce un settore produttivo
importante, che in Sicilia è concentrato sostanzialmente nei due poli di
Catania (dove viene lavorata la pietra lavica) e Trapani (comparto marmifero di
Custonaci) dove viene prodotto il caratteristico Perlato di Sicilia.
L'Etna costituisce una preziosissima risorsa economica anche come fonte, tra l'altro, dei prodotti delle sue eruzioni che sono utilizzabili nei settori più disparati. Fra i suoi tanti prodotti eruttivi la cosiddetta “pietra lavica” – o più correttamente “basalto etneo” – trova impiego più comune, e forse maggiore, nel campo dell'edilizia. Il suo colore nero, la sua porosità e l'eleganza che essa incarna la hanno consacrata ad elemento distintivo della scena urbana etnea. Inoltre la facile reperibilità associata al basso costo hanno fatto in modo che essa avesse una diffusione sempre crescente e quasi capillare. Esempi tipici di arredo pubblico e privato sono scalinate, motivi ornamentali (quali il caratteristico mascherone che sormonta molti portoni di palazzi) ma anche camini, piani di cottura o fioriere. Oltre agli usi puramente decorativi la pietra lavica è stata utilizzata anche per la costruzione della muratura "a secco" per recinzioni e ricoveri di campagna nonché per la produzione di oggetti comuni quali mortai, pile per il bucato, macine per mulini, sedili e tavoli da giardino.
Per quanto riguarda invece l’estrazione del marmo il comparto estrattivo costituisce una realtà importante all’interno del mondo produttivo trapanese, contando quasi 300 aziende – tra cave, segherie e laboratori – con più di 3.500 addetti (a parte l’indotto), ed una produzione che rappresenta l’85% della produzione regionale ed il 15% di quella nazionale.
I comuni interessati dall’attività estrattiva sono essenzialmente Custonaci, Valderice, S. Vito Lo Capo, Castellammare del Golfo ed Alcamo. Oltre al Perlato di Sicilia, una qualità di marmo a base calcarea per circa il 97% che annovera tra i principali pregi la quasi assenza di porosità e che costituisce il grosso della produzione, vengono estratti, ma in misura molto minore, altri marmi pregiati quali Perlatino, Botticino, Avorio Venato, Breccia, Libeccio Antico, Spuma di mare, e il Travertino Siciliano.
Poco significativa infine, è l’attività estrattiva in Provincia di Palermo, concentrata sostanzialmente in due cave di calcare lucidabile, ed in Provincia di Messina, per la quale il grosso della produzione è costituito dalle cave di pomice di Lipari.
Nella tabella che segue sono riportati i dati relativi al numero di cave ed alla loro produzione, espressi in tonnellate/anno e riferiti alla produzione media del periodo che va dal 1990 al 1999. Viene inoltre riportata la produzione del 1999.
I dati, provenienti dal CO.RE.MI (Corpo Regionale delle Miniere), sono stati oggetto di un trattamento statistico semplificato e, dove possibile, integrati ed incrociati con altre fonti e successivamente corretti. E’ ad esempio il caso della Provincia di Trapani, per la quale è stato necessario integrare diverse fonti a causa della carenza di elementi significativi relativi al comparto marmifero di Custonaci (questo è il motivo per il quale per Trapani il valore medio e quello relativo al 1999 coincidono). Va segnalato inoltre che anche il dato relativo alla provincia di Catania è probabilmente sottostimato e non tiene volutamente conto delle cave di “lava per frantumazione” considerate per legge cave di materiali di pregio anche se questi materiali sono, in base all’utilizzo effettivo, assimilati agli inerti.
Produzione di materiali da cave di pregio in Sicilia |
|||
|
Numero cave |
Media 1990-1999 |
1999 |
Agrigento |
- |
- |
- |
Caltanissetta |
1 |
10 |
10 |
Catania |
13 |
296.996 |
659.638 |
Enna |
4 |
4.428 |
3.278 |
Messina |
12 |
196.357 |
148.136 |
Palermo |
7 |
490.425 |
493.173 |
Ragusa |
5 |
12.466 |
15.159 |
Siracusa |
- |
- |
- |
Trapani |
83 |
3.241.274 |
3.241.274 |
Totale |
125 |
4.241.957 |
4.560.669 |
Il grafico che segue mostra l’andamento della produzione per provincia sulla base dei dati sopra citati. Va detto che questi fanno riferimento alla produzione globale e che i valori trovati sembrano essere, in base a studi e ricerche di settore, ancora sottostimati. Bisogna inoltre tenere presente che le produzioni individuate non tengono conto degli scarti di lavorazione, che in questo settore sono percentualmente molto rilevanti, costituiti essenzialmente da:
q informi (blocchi scartati in fase di estrazione);
q cocciame (sfridi ottenuti in fase di taglio e lavorazione).
Nel complesso pertanto si può stimare con un calcolo prudenziale che in Sicilia venga prodotta una quantità annua di marmi e pietre pari ad almeno 900.000-1.000.000 tonnellate, dato che si riferisce alla produzione netta di cava, cioè al netto degli scarti che in questo settore sono percentualmente molto rilevanti, ed arrivano a valori intorno al 70-75% del quantitativo estratto per i marmi di Custonaci con punte dell’80-90% per i calcari di Palermo.
E’ ragionevole pertanto ipotizzare che ogni anno in Sicilia, nel settore estrattivo dei materiali di pregio, vengano prodotti annualmente ravaneti per almeno 3 milioni di tonnellate, quantità di rifiuti addirittura superiore a quella proveniente da attività di costruzione, demolizione e scavo. Bisogna considerare inoltre che il grosso della produzione regionale degli scarti (circa il 75%) è concentrato nel comparto di Custonaci e che un’aliquota – ancora difficilmente valutabile – della componente perduta come pietra da taglio viene già oggi recuperata (cfr. punto 3.3.3) per la produzione di inerti destinati all’edilizia.
3.2.2 Gli scarti della lavorazione dei materiali lapidei di pregio (“marmettola”)
Oltre ai cocciami ed agli sfridi di
lavorazione che residuano dalle operazioni di taglio e sagomatura delle lastre,
facilmente recuperabili nel campo dell'edilizia, il secondo importante tipo
di scarto proveniente dal settore è
costituito dal refluo proveniente dalle operazioni di segagione e lucidatura
dei blocchi: misto all'acqua utilizzata per il raffreddamento delle lame dei
telai e delle mole delle lucidatrici il refluo si compone di un limo che,
decantato in appositi impianti e successivamente fatto essiccare in letti o mediante specifici filtri-pressa,
viene reso palabile (“fango di segagione” o “marmettola”).
In relazione ad una storica non
gestione degli sfridi, tendenza che si è modificata solo in tempi recenti,
risulta difficile quantificare il flusso di materiali di scarto oggi prodotti
se non sulla base di dati relativi alla produttività delle macchine. La
marmettola viene
prodotta in misura di circa il 5-10% del materiale lavorato, ed è ad esempio il
vero problema delle segherie nell’area di Custonaci. E’
ipoteticamente utilizzabile in molti modi
diversi, in quanto è composto per il 95% da carbonato di calcio, ma a
causa dello scarso valore economico è in realtà di difficile riutilizzazione.
In
base alle ultime stime condotte dall'Associazione degli Industriali la
produzione di "fango di segagione" nell’area di Custonaci sarebbe
oggi di circa 600 m3 giornalieri, corrispondenti grosso modo a
120.000 m3 annui (circa 200.000 tonnellate/anno). Esistono inoltre
rilevanti quantitativi (almeno 300.000-400.000 tonnellate) di fanghi residui,
temporaneamente stoccati presso le aziende di lavorazione a causa della carenza
di impianti di smaltimento e/o di recupero, per i quali è indispensabile
individuare con urgenza una idonea destinazione finale.
3.2.3 Possibili utilizzazioni dei ravaneti e della marmettola
3.2.3.1 I ravaneti
Lo scarto di cava, poiché mantiene
intatte le caratteristiche della pietra da cui deriva, può essere facilmente
utilizzato per la produzione degli inerti. Il conferimento ai frantoi pertanto,
in alternativa all'estrazione della risorsa primaria, appare come la soluzione
più razionale e funzionale di riutilizzo.
Questa forma di recupero è del resto
già stata avviata, come si è visto in precedenza, con i rifiuti da costruzione,
demolizione e scavo, e i dati mostrano che un analogo processo sembra oggi
essere iniziato anche per quanto riguarda l’attività estrattiva dei materiali
lapidei. La tabella che segue mostra infatti la produzione provinciale
pro-capite di materiali lapidei di pregio e di inerti di cava calcolata per il
1999 ed espressa in tonnellate.
Produzione pro-capite per il 1999 (tonnellate/anno) |
||
|
Lapidei di pregio |
Inerti di cava |
Agrigento |
0,00 |
7,5 |
Caltanissetta |
0,00 |
4,6 |
Catania |
0,61 |
2,3 |
Enna |
0,02 |
3,0 |
Messina |
0,21 |
4,2 |
Palermo |
0,39 |
4,3 |
Ragusa |
0,05 |
2,6 |
Siracusa |
0,00 |
8,3 |
Trapani |
7,36 |
2,3 |
Media |
0,96 |
4,35 |
Spicca nella tabella il dato della
provincia di Trapani – che costituisce una evidente anomalia rispetto al resto del
territorio regionale – per la quale, a fronte di una elevatissima produzione di
lapidei di pregio, si ha la più bassa produzione di inerti da cava della intera
regione.
Va detto che i dati della tabella
non sono di semplice lettura, dato che il parametro rappresentato viene
influenzato da una serie di elementi che incidono sulla sua reale
significatività.
Sarebbe quindi problematico fare un
discorso di tipo rigorosamente scientifico e strettamente quantitativo, mentre
sembra sicuramente ragionevole un approccio di tipo qualitativo.
Sintomatica è, in questo senso, la
situazione di province che si trovano in condizioni opposte: a Trapani, dove
esiste una produzione elevata di materiali lapidei di pregio, si assiste
infatti ad una drastica riduzione nella produzione di inerti da cava,
produzione che invece cresce in maniera significativa a Siracusa o Agrigento,
dove non esiste un comparto estrattivo di lapidei di pregio.
Dal grafico collegato si vede
infatti immediatamente che in molte aree il rapporto fra la produzione di
lapidei di pregio e inerti da cava tende ad essere inversamente proporzionale,
segnale inequivocabile del fatto che parte della domanda di inerti viene
soddisfatta già adesso con modalità differenti rispetto alla tradizionale
attività estrattiva (nel grafico manca il valore dei lapidei di pregio di
Trapani, che avrebbe impostato la scala su valori tali da impedire di
apprezzare le tendenze per le altre province). Questo dato, del resto, è stato
verificato con informazioni acquisite in loco presso gli operatori del settore.
Gli elementi sopra citati confermano
quindi, nel loro insieme, che esistono le premesse affinché il circuito
“virtuoso” in precedenza citato possa essere fortemente potenziato, incrementando
in modo significativo la quota di materia prima che può essere sostituita da
materiale riciclato proveniente dagli scarti di cava. E’ necessario pertanto
incentivare preferenzialmente questa modalità di recupero – che consente il
contemporaneo risparmio di preziose risorse minerarie – anche mediante
l’attivazione di impianti mobili che, agendo direttamente presso le cave e sui
luoghi di deposito dei ravaneti, eseguano la prima frantumazione volta a
facilitare il caricamento ed il successivo trasporto del materiale agli
impianti fissi.
Premesso
quanto sopra si ricorda comunque che, in linea di massima, per i ravaneti sono
possibili tutte le forme di recupero previste dal D.M. 05/02/98 per questa
tipologia di rifiuti (Vedi Allegato 3), ed in particolare:
q cementifici;
q utilizzo del granulato per produzione di conglomerati cementizi e bituminosi;
q utilizzo per isolamenti e impermeabilizzazioni e ardesia espansa;
q ove necessario frantumazione, macinazione, vagliatura, eventuale omogeneizzazione e integrazione con materia prima inerte, anche nell’industria lapidea;
q utilizzo per recuperi ambientali (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98);
q utilizzo per realizzazione di rilevati e sottofondi stradali e ferroviari e aeroportuali, piazzali industriali previo eventuale trattamento di cui al punto d) (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98) .
3.2.3.2 La marmettola
Per quanto riguarda i fanghi provenienti dalla segagione dei materiali lapidei sono stati svolti, dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, interessanti studi di settore per l’analisi della possibilità del loro riciclo, cioè del loro reinserimento nel ciclo produttivo dei materiali per l'edilizia in qualità di "materie prime seconde". In particolare sono stati individuati alcuni specifici settori produttivi all’interno dei quali la “marmettola” può essere convenientemente riciclata.
q Industria dei laterizi - L'impasto ottenuto con l'impiego di marmettola e argilla è stato pressato in stampi, lasciato essiccare e cotto in fornace. I risultati si sono dimostrati sorprendenti in quanto si è constatato che opportune percentuali di marmettola nell'argilla, contribuiscono all'ottenimento di laterizi dotati di maggior resistenza a flessione. Inoltre si è verificato che le caratteristiche di umidità e finezza dei fanghi si prestano a tale miscelazione evitando così costi aggiuntivi dovuti a trattamenti supplementari.
q Blocchi per muratura - Utilizzando fanghi di granito, ceneri volanti e calce viva in polvere, si è realizzato un materiale in cui sono ipotizzabili sinergie tra tali scarti industriali e si è ottenuto un legante a scarse prestazioni paragonabile alla calce. I test svolti sui provini hanno permesso di stabilire le proprietà idrauliche dell'impasto, nonché la singolare proprietà di acquisire maggior resistenza durante la maturazione in acqua. Si sono così determinati valori di resistenza a compressione superiori a quelli di calci idrauliche ed eminentemente idrauliche. Anche in questo caso la marmettola di granito è stata utilizzata tal quale introducendola nell'impasto con una dosatura molto superiore a quella degli altri due componenti. L'ipotesi di riutilizzo può riguardare la realizzazione di blocchi per muratura, oggetti di arredo urbano o dissuasori stradali, caratterizzati dal costo estremamente ridotto dei materiali impiegati.
q Malta per intonaco - Un altro esperimento è stato svolto utilizzando lo stesso impasto per intonacare le superfici murarie di ambienti molto umidi con una miscela contenente marmettola di granito, calce viva e cenere volante. I risultati sono sembrati interessanti: tra l'altro l'estrema finezza dei componenti ha permesso di realizzare superfici molto lisce e regolari.
Bisogna inoltre
ricordare che anche per i fanghi di segagione – sia di natura calcarea sia di
natura silicea – esistono oggi molteplici possibilità di recupero ai sensi del D.M. 05/02/98.
I fanghi provenienti da lavorazione dei materiali lapidei di natura calcarea contenenti più dell’85% di carbonato di calcio sul secco possono infatti, previo eventuale trattamento (disidratazione, essiccamento, vagliatura, frantumazione, micronizzazione), essere utilizzati per le seguenti operazioni di recupero:
q produzione conglomerati cementizi;
q cementifici;
q industria cartaria;
q produzione idropitture;
q realizzazione di rilevati e sottofondi stradali (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98);
q attività di recuperi ambientali (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98);
q neutralizzazione di rifiuti acidi;
q utilizzo come reagente per la desolforazione fumi di combustione;
q utilizzo per copertura di discariche per RSU; la percentuale di rifiuto utilizzabile in miscela con la materia prima non dovrà essere superiore al 30% in peso (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98).
In
particolare, per quanto riguarda le attività di recupero ambientale
disciplinate dall’articolo 5 del D.M. 05/02/98, recenti
analisi sull'eluato del refluo eseguite da laboratori di analisi specializzati su
fanghi di segagione provenienti dall’area di Custonaci hanno accertato che la
loro composizione chimico-fisica sarebbe conforme ai requisiti prescritti dal
test di cessione di cui all'allegato 3 del D.Lgs. 05/02/1998. Se questo venisse
confermato i fanghi in questione potrebbero essere dichiarati idonei ad essere
utilizzati per interventi di ripristino ambientale.
Anche i fanghi di segagione provenienti dalla lavorazione di materiali lapidei di natura silicea possono, se sono filtropressati, palabili e con oltre il 50% di silicati, e previo eventuale trattamento (disidratazione, essiccazione, vagliatura, micronizzazione, compattazione, deferrizzazione), essere utilizzati per diverse operazioni di recupero, ed in particolare:
q cementifici;
q produzione di conglomerati cementizi;
q industria dei laterizi in aggiunta all’impasto, con impiego limitato al 5% sul secco;
q industria della ceramica;
q realizzazione di rilevati e sottofondi stradali (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98);
q utilizzo per recuperi ambientali (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98) ;
q utilizzo per copertura di discariche per RSU; la percentuale di rifiuto utilizzabile in miscela con la materia prima non dovrà essere superiore al 30% in peso (il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98).
Si ricorda infine che anche le “marmoresine” provenienti dalla lavorazione degli agglomerati e di altri materiali lapidei trattati possono, se costituite da fanghi e rottami lapidei a base di CaCO3 con presenza di stirene inferiore a 500 ppm sul secco, essere utilizzate dai cementifici e nella formazione di rilevati e sottofondi stradali seguendo le procedure semplificate previste dal D.Lgs. 22/97. Anche in questo caso il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 05/02/98.
4. Il
recupero ambientale delle aree degradate
Fino al 1977 l’attività estrattiva a
livello nazionale era regolamentata da un regio decreto del 1927 (la cosiddetta
“legge mineraria”) che lasciava al proprietario del terreno il controllo sulle
attività estrattive, senza alcuna restrizione eccetto l’obbligo di una semplice
domanda al comune di competenza. E questa libertà di utilizzo indiscriminato
delle risorse lapidee ha finito, nel tempo, con l’arrecare danni spesso
irreversibili al territorio. Successivamente una legge regionale – la n° 127
del 1980 – ha imposto l’obbligo, per chi coltiva una cava, di provvedere al
recupero dell’area al termine dello sfruttamento, ma nulla è stato tuttavia
previsto per le cave abbandonate prima dell’entrata in vigore della legge.
La tabella a lato riporta il numero di quelle ufficialmente dismesse, disaggregando il dato per provincia, in base a quanto risulta al Corpo Regionale delle Miniere. Va detto tuttavia che, se si vuole tenere conto dell’attività abusiva e delle aree di cava molto vecchie, e quindi non censite, si può arrivare ad un numero molto superiore a quello ufficiale.
Riepilogo per provincia |
|
Agrigento |
81 |
Caltanissetta |
37 |
Catania |
88 |
Enna |
58 |
Messina |
48 |
Palermo |
61 |
Ragusa |
27 |
Siracusa |
60 |
Trapani |
101 |
Totale |
561 |
A livello nazionale esistono molti esempi di vecchie cave abbandonate, successivamente recuperate restituendole alla loro funzione originaria. Altrettanto però non si può dire per la nostra regione, nell’ambito della quale gli interventi di recupero sono stati una minoranza, e si sono limitati quasi sempre ad una modesta attenuazione dell’impatto visivo.
Pertanto ci si deve confrontare oggi con il duplice problema rappresentato dall’accumulo e dall’abbandono degli scarti del comparto lapideo e dalle ferite lasciate da una attività estrattiva che, in passato, ha assunto a tratti le caratteristiche di un’aggressione violenta ed incontrollata al territorio (nel grafico a lato il dato relativo al numero di cave dismesse sul territorio regionale è stato disaggregato in funzione della tipologia del materiale cavato).
Una soluzione facilmente perseguibile, che tiene conto della necessità di fare coesistere la corretta utilizzazione della risorsa mineraria con la tutela dell’ambiente e la fruizione ottimale di tutte le potenziali risorse presenti sul territorio (rifiuti recuperabili), è rappresentata dalle procedure di recupero ambientale previste dall’articolo 5 del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 (cfr. il paragrafo “Quadro normativo”), che consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso i cosiddetti “rimodellamenti morfologici”. Incentivando il ricorso a tali procedure è possibile infatti coniugare l’esigenza di riciclare gli scarti del comparto lapideo con la necessità di attuare, per quanto possibile, il recupero di aree degradate a causa del massiccio ricorso all’attività estrattiva.
Per tale tipo di recupero si
prestano bene le cave a “mezza costa” e quelle a “fossa”, per la facilità di
eseguire riporti e modellamenti della morfologia. Più complicato risulta invece
il recupero, con questa modalità, delle cave con pareti quasi verticali.
Nell’Allegato 5 sono riportate le linee-guida per effettuare le attività
di recupero ambientale previste dall’articolo 5 del D.M. 5 febbraio 1998.
5. Gli obiettivi e gli strumenti attuativi
5.1 Gli obiettivi
Gli
obiettivi che si intende raggiungere sono:
q incentivare
le iniziative volte alla riduzione dei rifiuti anche attraverso la promozione
di sistemi di raccolta differenziata;
q incentivare
tutte le forme di recupero (prioritariamente autorecupero rispetto al recupero
in altri impianti produttivi);
q incentivare
l’utilizzo di materiali riciclati, indicando modalità e processi di riduzione
alla fonte della produzione dei rifiuti;
q garantire
che l’utilizzazione degli aggregati riciclati non sia discriminata in modo
ingiustificato rispetto agli inerti naturali;
q garantire
che le operazioni di demolizione siano pianificate e definite precedentemente
attraverso un piano di demolizione; incentivare la demolizione selettiva;
q sviluppare
azioni di recupero/riutilizzo all’interno dei cicli di produzione anche
attraverso incentivi all’innovazione tecnologica; promuovere la realizzazione
di impianti ad alta tecnologia finalizzati a garantire destinazioni finali
certe ed economicamente convenienti per la gestione dei rifiuti inerti sul
territorio siciliano;
q incentivare
la ricerca e lo sviluppo di forme alternative di gestione dei rifiuti favorendo
l’attivazione di accordi volontari tra gli operatori del settore e le
istituzioni competenti;
q assicurare
una distribuzione adeguata sul territorio degli impianti di gestione dei
rifiuti – attraverso l’adeguamento della rete esistente – volta a minimizzare
il trasporto dei rifiuti; offrire servizi economicamente vantaggiosi
all’apparato produttivo della regione e migliorare la gestione degli impianti;
q favorire
il recupero di aree degradate;
q contribuire
a ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali;
q prevenire
lo smaltimento illegale dei rifiuti inerti;
q
favorire forme
di adesione a sistemi di gestione ambientale (anche limitatamente alla
problematica rifiuti) in sintonia con il regolamento EMAS o, in alternativa,
con le norme ISO 14001 o altri sistemi di gestione che le aziende volessero
prendere a riferimento, tesi a ridurre la produzione dei rifiuti alla fonte,
razionalizzare la raccolta, implementare le fasi di raccolta differenziata e
attivare fasi di formazione del personale con lo scopo di raggiungere gli
obiettivi fissati nella politica ambientale da parte della direzione;
q
promuovere lo
sviluppo di sistemi che garantiscano una corretta gestione dei dati sulla
produzione e gestione dei rifiuti, e che garantiscano una generale diffusione
dell’informazione ambientale al pubblico ed alle diverse organizzazioni e
strutture che operano sul tessuto sociale.
5.2 Gli impianti esistenti
Gli impianti che gestiscono rifiuti inerti possono essere suddivisi nelle seguenti tipologie:
q
stazioni di trasferenza;
q
impianti (fissi e mobili) di recupero
(frantumazione, cernita, miscelazione);
q
impianti
di recupero ambientale di aree degradate attraverso
rimodellamenti morfologici;
q
discariche per rifiuti speciali inerti.
In tutta la regione risultano oggi operative 15 discariche per rifiuti inerti non pericolosi (due sono esaurite e 9 sono ancora in fase istruttoria), di cui 6 attivate con le procedure previste dall’art. 13 del D.Lgs. 22/97 e 9 attivate ai sensi degli articoli 27 e 28 del D.Lgs. 22/97. In totale risulta che per tutta la regione si dispone di discariche per inerti non pericolosi per un volumetria complessiva di 12.000.000 m3 e di una capacità residua complessiva di circa 10.000.000 m3.
Gli impianti di frantumazione e
recupero di inerti attivati nella regione con le procedure semplificate, ai
sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 22/97, sono 38 ed in totale riescono a
trattare annualmente circa 10.500 m3 di inerti.
Il grafico a lato mostra la ripartizione per provincia di tali impianti, ed evidenzia come la gran parte sia concentrata sostanzialmente nella provincia di Palermo.
Esistono infine due impianti di trattamento per rifiuti inerti già finanziati dalla Struttura Commissariale nei siti delle discariche RSU di Gela (C.da Timpazzo) e Palermo (Bellolampo), due stazioni di trasferenza attivate con le procedure semplificate e localizzate nei comuni di Valdina (ME) e Messina, ed un impianto per il recupero ambientale di una ex cava dismessa nell’area di Custonaci (TP).
L’elenco e la dislocazione sul territorio regionale di stazioni di trasferenza, impianti di recupero e discariche per rifiuti inerti sono riportati nelle pagine seguenti. L’elenco è provvisorio e sarà continuamente aggiornato e/o integrato in funzione degli elementi forniti in merito dalle province.
Comune |
Pr |
Località |
Q totale mc |
Q Residua mc |
Gestore |
Soggetto che ha rilasciato l'autorizz. |
Iter istruttorio |
Tipo di autorizzazione |
Settore cemento-amianto |
Q mc |
Settore lana di
vetro |
Q mc |
Settore rocce |
Q mc |
Lucca Sicula |
AG |
Salina |
340.000 |
310.000 |
Pubblico |
A.R.T.A. |
Attiva |
Regionale |
No |
|
No |
|
No |
|
Niscemi |
CL |
C.da Serra lunga |
688.563 |
670.000 |
Privato |
A.R.T.A. |
Attiva |
Regionale |
No |
|
No |
|
No |
|
Acireale |
CT |
C.da Roccamena |
600.000 |
300.000 |
Privato |
A.R.T.A. |
Attiva |
Regionale |
Si |
80.000 |
Si |
20.000 |
Si |
500.000 |
Caltagirone |
CT |
C.da Molona |
|
|
Pubblico |
Prefettura |
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
Catania |
CT |
C.da Monte Po’ |
|
0 |
Pubblico |
Prefettura |
Attiva |
|
No |
|
No |
|
No |
|
Paternò |
CT |
C.da Sella |
|
0 |
Pubblico |
Prefettura |
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
Centuripe |
EN |
C.da Miniere-Marmora |
57.220 |
49.597 |
Privato |
|
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
Furci Siculo |
ME |
C.da Renazze |
|
|
|
|
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Valdina |
ME |
C.da Cianina |
5.000.000 |
4.840.000 |
Privato |
A.R.T.A. |
Attiva |
Regionale |
No |
|
No |
|
No |
|
Belmonte Mezzagno |
PA |
Valle Piraino |
160.000 |
160.000 |
Pubblico |
Provincia |
Attiva |
Art.27 D.Lgs.22/97 |
No |
|
No |
|
No |
|
Marineo |
PA |
Sotto Castello |
82.000 |
82.000 |
Pubblico |
A.R.T.A. |
Attiva |
Regionale |
No |
|
No |
|
No |
|
Terrasini |
PA |
Ramaria |
545.000 |
150.000 |
Pubblico |
Prefettura |
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
Acate |
RG |
Chiappa |
70.000 |
70.000 |
Pubblico |
|
In istruttoria |
|
No |
|
No |
|
No |
|
Chiaramonte Gulfi |
RG |
Corvo |
56.000 |
56.000 |
Privato |
|
In istruttoria |
|
No |
|
No |
|
No |
|
Comiso |
RG |
Canicarao |
813.000 |
813.000 |
Privato |
|
In istruttoria |
|
No |
|
No |
|
No |
|
Augusta |
SR |
C.da Costa Mendola |
1.096.000 |
1.068.000 |
Privato |
A.R.T.A |
Attiva |
Regionale |
Si |
500 |
|
|
|
|
Melilli |
SR |
C.da Petraro-Villasmundo |
347.534 |
240.123 |
Privato |
A.R.T.A |
Attiva |
Regionale |
Si |
20.000 |
Si |
50.000 |
Si |
50.000 |
Siracusa |
SR |
C.da Santa Panagia |
|
|
Pubblico |
Sindaco |
Attiva |
Art.12 DPR 915/82 |
No |
|
No |
No |
No |
|
Castelvetrano |
TP |
C.da Magaggiaro |
|
|
Privata |
|
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Marsala |
TP |
C.da Ponte Fiumarella |
420.000 |
420.000 |
Pubblico |
Provincia |
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Pantelleria |
TP |
C.da Bugeber |
110.000 |
105.000 |
Pubblico |
Sindaco |
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
Partanna |
TP |
C.da S. Martino |
|
|
Pubblico |
|
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Salemi |
TP |
C.da Vanisotti |
100.000 |
99.000 |
Pubblico |
Prefettura |
Attiva |
Art.27 e 28 D.L.gs.22/97 |
No |
|
No |
|
No |
|
Trapani |
TP |
C.da Agnone |
1.112.130 |
1.112.130 |
Pubblico |
|
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Valderice |
TP |
C.da Mafi |
150.946 |
150.946 |
Pubblico |
A.R.T.A. |
In istruttoria |
|
|
|
|
|
|
|
Vita |
TP |
C.da Baronia |
|
10.000 |
Pubblico |
Sindaco |
Attiva |
Art.13 |
No |
|
No |
|
No |
|
5.3 Gli strumenti attuativi
Visto che gli impianti oggi
esistenti non sono assolutamente in grado di assicurare il raggiungimento degli
obiettivi individuati al punto 5.1 è necessario intervenire con tutti gli
strumenti – normativi, economici e tecnici – disponibili per consentire un
corretto smaltimento dei rifiuti di amianto e per creare condizioni favorevoli
al recupero e riciclaggio dei rifiuti inerti.
Sono comunque fatte salve tutte le
prescrizioni tecniche derivanti dalle norme nazionali ed europee vigenti o che
dovessero intervenire per disciplinare la materia.
Gli strumenti di attuazione sono
individuati nei Piani attuativi di ambito territoriale per la gestione dei
rifiuti inerti che saranno predisposti, entro sessanta giorni dalla data di
pubblicazione del presente decreto, dalle Province regionali di concerto con la
Struttura Commissariale, che a tal fine attiverà delle specifiche unità
territoriali di coordinamento. I piani attuativi saranno successivamente resi
omogenei ed approvati dal Vice Commissario.
Preliminarmente alla predisposizione
dei Piani attuativi le Province indiranno delle apposite conferenze di
servizi per l’avvio di una specifica fase di concertazione con gli enti locali.
Decorso infruttuosamente il termine
di sessanta giorni sopra citato il Vice Commissario provvederà direttamente
alla predisposizione dei Piani attuativi mancanti con la propria
struttura tecnica.
5.3.1 Il Piano attuativo di ambito territoriale
per la gestione dei rifiuti inerti
Il Piano di ambito territoriale
dovrà individuare – in base ai criteri specifici riportati nell’Allegato 6 – le
zone non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero
dei rifiuti inerti, ed i luoghi o gli impianti adatti al loro smaltimento.
Dovrà anche essere verificata la possibilità di localizzare impianti di
gestione per rifiuti inerti nelle aree destinate ad insediamenti produttivi.
Sulla base degli elementi di cui
sopra ed in base ai criteri riportati nell’Allegato 7, il piano di ambito
territoriale dovrà prevedere un programma per l’attivazione di una rete
adeguata di impianti di gestione dei rifiuti inerti.
Il piano dovrà inoltre prevedere
l’attivazione – secondo i criteri
riportati nell’Allegato 5 – di uno o più programmi per il recupero ambientale
di aree degradate (comprese le cave dismesse) e la loro restituzione ad usi
produttivi o sociali attraverso il rimodellamento morfologico. Ciò al fine di
incentivare e disciplinare il ricorso alle procedure semplificate di cui
all’articolo 5 del D.M. 5 febbraio 1998.
Dovranno inoltre essere previsti per
ogni ambito territoriale (o “distretto”) uno o più programmi specifici per il
monitoraggio ed il recupero di aree degradate a causa della presenza di
discariche abusive di rifiuti inerti.
5.3.2 Gli altri strumenti di attuazione
Potranno inoltre essere adottate
iniziative finalizzate a:
q
promuovere ed
incentivare la demolizione selettiva ed il recupero dei rifiuti inerti nello
stesso luogo di produzione;
q
disincentivare
lo smaltimento indifferenziato;
q
incentivare
meccanismi di partecipazione scolastica e di informazione nelle scuole, anche
con la eventuale previsione di borse di studio per universitari con tesi sul
recupero e riciclaggio dei rifiuti inerti.
Per
tutta la durata dell’emergenza gli Osservatori Provinciali
sui Rifiuti (O.P.R.) previsti dalla legge n° 93 del 23 marzo 2001 dovranno acquisire i dati relativi alla
gestione dei rifiuti inerti e di amianto e trasmetterli, con cadenza
trimestrale ed a partire dal 01/01/2002, alla struttura del Commissario
delegato per l’emergenza rifiuti ed all’Osservatorio
Regionale sui Rifiuti istituito con ordinanza commissariale n° 480 del 21
giugno 2001.