Piano di settore per la gestione dei rifiuti inerti

 

 

 

Allegati

 

 

 

INDICE  ALLEGATI

 

 

 

 

 

 

1.     ATTIVITA’ ECONOMICHE CHE GENERANO RIFIUTI INERTI

 

2.     CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI INERTI

 

3.     I RIFIUTI  INERTI  e il D.M. 5 febbraio 1998

 

4.     gli impianti di frantumazione e recupero

 

5.     ATTIVITà DI RECUPERO AMBIENTALE DI AREE DEGRADATE, AI SENSI DELL’ARTICOLO 5 DEL D.M. 5 FEBRAIO 1998

 

6.     CRITERI GENERALI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE NON IDONEE ALLA LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO E RECUPERO DEI RIFIUTI INERTI, NONCHé PER L’INDIVIDUAZIONE DI LUOGHI O IMPIANTI ADATTI ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI INERTI

 

  1. LA RETE DI IMPIANTI DI GESTIONE PER RIFIUTI inerti

 

  1. linee guida per la presentazione di un progetto di una discarica per rifiuti inerti

 

 

 


Allegato 1

 

1.  ATTIVITA’ ECONOMICHE CHE GENERANO RIFIUTI INERTI

 

            Per determinare, da una parte, la quantità di materiale di risulta inerte prodotto e per definire, e dall’altra le relative caratteristiche specifiche si ritiene indispensabile individuare le attività economiche responsabili della produzione di tale materiale.

            Secondo la classificazione ISTAT-ATECO ‘91 si individuano, tra le attività estrattive che generano rifiuti inerti, quelle di cui all’elenco sottostante.

 

14.1  Estrazione di pietra

         14.1.1 Estrazione di pietre per l’edilizia

            14.1.1.1 Estrazione di pietre ornamentali

            14.1.1.2 Estrazione di altre pietre da costruzione

         14.1.2  Estrazione di pietre per calce, pietra da gesso e creta

            14.1.2.1 Estrazione di pietra da gesso e anidrite

            14.1.2.2 Estrazione di pietra per calce e cementi e di dolomite

         14.1.3 Estrazione di ardesia

14.2    Estrazione di ghiaia, sabbia e argilla

         14.2.1 Estrazione di ghiaia e sabbia

         14.2.2 Estrazione di argilla e caolino

14.3  Estrazione di minerali per le industrie chimiche e la fabbricazione di concimi

         14.3.1  Estrazione di sali di potassio

14.3.2  Estrazione di baritina, fluorite, acido borico, terre coloranti e altri minerali per le industrie chimiche

14.4 Produzione di sale

14.5 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava n.c.a.

            14.5.1 Estrazione di pietra pomice e altri materiali abrasivi

            14.5.2 Estrazione di asfalto e bitume naturali

14.5.3 Estrazione di altri minerali e prodotti di cava (quarzo, quarzite, sabbie silicee, ecc.).

 

 

            Materiale di risulta inerte può essere prodotto anche dalle seguenti altre attività.

 

26.2 Fabbricazione di prodotti in ceramica non refrattari, non destinati all’edilizia; fabbricazione di prodotti ceramici refrattari

         26.2.1 Fabbricazione di prodotti in ceramica per usi domestici ornamentali

         26.2.2 Fabbricazione di articoli sanitari in ceramica

         26.2.3 Fabbricazione di isolatori e di pezzi isolanti in ceramica

         26.2.4 Fabbricazione di altri prodotti ceramici per uso tecnico industriale

         26.2.5 Fabbricazione di altri prodotti in ceramica

         26.2.6 Fabbricazione di prodotti ceramici refrattari

26.3    Fabbricazione di piastrelle e lastre in ceramica per pavimenti e rivestimenti

26.4    Fabbricazione di mattoni, tegole ed altri prodotti dell’edilizia in terracotta

26.5        Produzione di cemento, calce e gesso

         26.5.1 Produzione di cemento

         26.5.2 Produzione di calce

         26.5.3 Produzione di gesso

26.6     Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo, cemento e gesso

         26.6.1 Fabbricazione di prodotti in calcestruzzo per l’edilizia

         26.6.2 Fabbricazione di prodotti in gesso per l’edilizia

         26.6.3 Fabbricazione di calcestruzzo pronto per l’uso

         26.6.4 Produzione di malta

         26.6.5 Fabbricazione di prodotti in fibrocemento

         26.6.6 Fabbricazione di altri prodotti in calcestruzzo, gesso e cemento

26.7 Taglio, modellatura e finitura della pietra

            26.7.1  Segagione e lavorazione delle pietre e del marmo

26.7.2  Lavorazione artistica del marmo e di altre pietre, lavori in mosaico ed affini

                                 26.7.3  Frantumazione di pietre e minerali vari fuori della cava

26.8  Fabbricazione di altri prodotti in minerali vari fuori della cava

         26.8.1 Fabbricazione di prodotti abrasivi

         26.8.2 Fabbricazione di altri prodotti in minerali non metalliferi n.c.a.

 

            Nell’ambito infine delle costruzioni, sempre secondo la classificazione dell’ISTAT, possono essere generati rifiuti inerti nell’esecuzione delle opere di cui all’elenco seguente.

 

45.1  Preparazione del cantiere edile

         45.1.1 Demolizione di edifici e sistemazione del terreno

         45.1.2 Trivellazioni e perforazioni

45.2  Costruzione completa o parziale di edifici; genio civile

         45.2.1  Lavori generali di costruzione di edifici e lavori in ingegneria civile

         45.2.2  Posa in opera di coperture e costruzione di ossature di tetti di edifici

         45.2.3 Costruzione di autostrade, strade, campi di aviazione e impianti sportivi

         45.2.4  Costruzione di opere idrauliche

         45.2.5  Altri lavori speciali di costruzione

45.3  Installazione dei servizi in un fabbricato

         45.3.1 Installazione di impianti elettrici

         45.3.2 Lavori di isolamento

         45.3.3 Installazione di impianti idraulico-sanitari

         45.3.4 Altri lavori di installazione

45.4     Lavori di completamento degli edifici

         45.4.1 Intonacatura

         45.4.2              Posa in opera di infissi in legno e metallo

         45.4.3              Rivestimento di pavimenti e di muri

         45.4.4              Tinteggiatura e posa in opera di vetrate

         45.4.5              Altri lavori di completamento degli edifici

            45.4.5.1 Attività non specializzate di lavori edili

            45.4.5.2 Altri lavori di completamente degli edifici

45.5  Noleggio di macchine e attrezzature per la costruzione o la demolizione, con manovratore


Allegato 2

 

2.  CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI INERTI

 

         Secondo il Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n° 22 (e successive modifiche ed integrazioni) i rifiuti inerti sono considerati speciali in quanto provenienti dalle attività di demolizione, costruzione, così come speciali sono i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo, come riportato al comma 3 dell’art. 7, punto b).

Nello stesso D. Lgs. 22/97 vengono invece esclusi dal campo di applicazione le seguenti tipologie di materiale di risulta inerte:

q      i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave (finché sono vigenti le concessioni per le miniere e le autorizzazioni per le cave);

q      i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n° 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto;

q      le terre e le rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti.

 

         Si riporta di seguito la definizione di rifiuti inerti secondo la direttiva 1999/31/CE del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti.

         Rifiuti inerti: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a colaticci e la percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei colaticci devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque superficiali e/o freatiche”.

Nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) è presente inoltre una classificazione dei rifiuti in cui vengono individuate varie tipologie di rifiuti inerti, generati nelle diverse attività produttive. A titolo di esempio sono riportate di seguito le tipologie più comuni. I codici CER sono quelli attualmente in vigore dal 01/01/2002 ai sensi delle ultime decisioni della Comunità Europea:

q      Decisione della Commissione 3 maggio 2000 (2000/532/CE);

q      Decisione della Commissione 16 gennaio 2001 (2001/118/CE);

q      Decisione della Commissione del 22 gennaio 2001 (2001/119/CE);

q      Decisione del Consiglio del 23 luglio 2001 (2001/573/CE).

 

Rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

010408

 

010409

010410

010411

 

010412

 

010413

scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 010407

scarti di sabbia e argilla

polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 010407

rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 010407

sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci 010407 e 010411

rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 010407

Rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

020401

 

020402

terriccio residuo dalle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole

carbonato di calcio fuori specifica

 

 

Rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

101201

101203

161106

 

101208

 

scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico

polveri e particolato

rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 161105

scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)

 

 

Rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

101301

101304

101311

 

scarti di mescole non sottoposte a trattamento termico

rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce

rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 101309 e 101310

 

 

Cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

170101

170102

170103

cemento

mattoni

mattonelle e ceramica

 

 

Miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

170302

miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 170301

 

 

 

Terra rocce e fanghi di dragaggio

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

170504

170508

 

terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 170503

pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 170507

 

 

 

 

 

Materiali da costruzione a base di gesso

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

170802

 

materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla voce 170801

 

 

Rifiuti solidi urbani e assimilati

 

Codice CER

Tipologia di rifiuto

200202

Terreno e rocce

 


Allegato 3

3.  I RIFIUTI  INERTI  e il D.M. 5 febbraio 1998

 

            Con il D.M. del 5 febbraio 1998, riguardante il recupero dei rifiuti inerti e recante la “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n° 22”, da una parte sono state evidenziate trentuno tipologie di rifiuti inerti e ceramici originate da diversi processi produttivi, dall’altra sono state fornite prescrizioni tecniche relativamente al loro recupero.

            Si schematizzano di seguito le diverse tipologie di rifiuti inerti previste dal decreto e le corrispondenti possibilità di riutilizzo.

 

Rifiuti inerti riutilizzabili seguendo le procedure semplificate del D.M. 5 febbraio 1998

 

Codice D.M.

Tipologia di rifiuto

7.1

 

 

 

 

 

7.2

 

7.3

 

7.4

 

7.5

 

7.6

 

7.7

 

7.8

 

 

7.9

 

7.10

 

 

7.11

 

7.12

 

7.13

 

7.14

 

7.15

7.16

 

7.17

 

7.18

 

7.19

 

7.20

 

7.21

 

7.22

 

 

7.23

 

7.24

 

7.25

 

 

7.26

 

7.27

 

 

7.28

 

7.29

 

7.30

 

 

7.31

 

Rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto

 

Rifiuti di rocce da cave autorizzate

 

Sfridi e scarti di prodotti ceramici crudi, smaltati e cotti

 

Sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa

 

Sabbie esauste

 

Conglomerato bituminoso, frammenti di piattelli per tiro al volo

 

Rifiuti costituiti da carbonati ed idrato di calcio, silici colloidali

 

Rifiuti di refrattari, rifiuti di refrattari da forni per processi ad alta temperatura

 

Scarti di refrattari a base di carburo di silicio

 

Sabbie abrasive di scarto e granulati, rottami e scarti di mole abrasive

 

Pietrisco tolto d’opera

 

Calchi in gesso esausti

 

Sfridi di produzione di pannelli di gesso e demolizione edifici

 

Detriti di perforazione

 

Fanghi di perforazione

Calci di defecazione

 

Rifiuti costituiti da pietrisco di vagliatura del calcare

 

Scarti di vagliatura del latte di calce

 

Inerti da tinkal

 

Rifiuti e rottami di cermets

 

Pomice esausta

 

Rifiuti di abbattimento fumi di industrie siderurgiche (silica fumes)

 

Conchiglie

 

Scorie vetrose da gassificazione del carbone

 

Terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione di metalli ferrosi

 

Rottami di quarzo puro

 

Materiali fini da aspirazione polveri di fonderia di ghisa e da rigenerazione di sabbia

 

Supporti inerti di catalizzatori

 

Rifiuti di lana di vetro e lana di roccia

 

Sabbia e conchiglie che residuano dalla vagliatura dei rifiuti provenienti dalla pulizia degli arenili

 

Terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sucida; terre e rocce di scavo

 

 

Possibilità di riutilizzo dei rifiuti inerti e ceramici secondo il D.M. 5 febbraio 1998

 

Codice D.M.

Possibilità di riutilizzo

7.1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7.2, 7.5, 7.6, 7.10, 7.11, 7.16, 7.17, 7.18, 7.24, 7.25

 

7.2, 7.4, 7.11, 7.14, 7.15, 7.16, 7.17, 7.18, 7.31

 

 

7.14, 7.15

 

 

 

7.4, 7.5, 7.7, 7.8, 7.9, 7.10, 7.11, 7.12, 7.13,  7.14, 7.15, 7.16, 7.17, 7.18, 7.21, 7.22, 7.23, 7.24, 7.25, 7.27, 7.28, 7.29, 7.30

 

7.3, 7.4, 7.15, 7.16, 7.19, 7.24, 7.25, 7.27, 7.31

 

7.2, 7.5, 7.6, 7.8, 7.9, 7.10, 7.11, 7.17, 7.18, 7.24, 7.25, 7.27

Messa in riserva per la produzione di materie prime secondarie per l’edilizia, mediante fasi meccaniche e tecnologicamente interconnesse dì macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della frazione metallica e delle frazioni inerti di natura lapidea a granulometria idonea e selezionata, aventi caratteristiche conformi alle norme CNR-UNI 10006 e con l’effettuazione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo riportato nell’allegato 3 al decreto in esame

 

Realizzazione di rilevati e sottofondi ferroviari e aeroportuali e piazzali industriali; tale possibilità di riutilizzo è subordinato all’esecuzione del test di cessione

 

Recuperi ambientali; analogamente il recupero é subordinato al test di cessione secondo quanto  detto sopra. Per le terre da coltivo e le terre e rocce da scavo (7.31) nel test viene escluso il parametro COD.

 

Copertura di discariche in miscela con il rifiuto in percentuale non superiore al 30% in peso e con la realizzazione del test di cessione

 

Cementificio; (alcune tipologie di rifiuto possono essere anche macinati ed aggiunti al clinker di cemento)

 

 

 

 

 

 

 

Industria di ceramica e dei laterizi

 

 

 

Produzione di conglomerati cementizi e bituminosi

 

 

 


Allegato 4

 

4. gli impianti di frantumazione e recupero

 

4.1  Caratteristiche generali

 

            Per impianti di recupero si intendono aree adibite alla messa in riserva e impianti di frantumazione, macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della parte metallica e delle frazioni indesiderate per l'ottenimento di frazioni inerti di natura lapidea e granulometria  idonea e selezionata per essere riutilizzati per la produzione di materie prime secondarie per l'edilizia. L’attività di recupero di materia deve comunque garantire l’ottenimento di prodotti o di materie prime o di materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate.

            In particolare i prodotti, le materie prime e le materie prime secondarie ottenuti non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie ottenuti dalle lavorazioni di materie prime vergini.

 

            Un impianto efficiente deve essere in grado di suddividere il materiale in ingresso fondamentalmente in tre flussi: il materiale lapideo nuovamente utilizzabile, la frazione leggera (carta, plastica, legno, impurezze, etc.) e la frazione metallica.

            Gli impianti di riciclaggio possono distinguersi per numero e tipo di macchine utilizzate, ma sostanzialmente rispondono ad uno schema generale di funzionamento le cui fasi principali sono le seguenti:

q      frantumazione;

q      classificazione;

q      vagliatura;

q      stoccaggio;

q      trasporto.

 

            In esse devono inoltre considerarsi anche le seguenti sotto-fasi:

q      separazione delle frazioni in gesso;

q      separazione delle frazioni fini degli inerti;

q      separazione dei metalli (dopo la frantumazione);

q      separazione delle frazioni leggere (dopo la frantumazione).

 

            Gli impianti di trattamento e recupero di inerti da costruzione e demolizione possono essere inoltre di due tipi:

q      impianti mobili

q      impianti fissi.

 

            In Italia risultano (dati aggiornati al 1999) circa 50/70 impianti mobili di frantumazione e una trentina di impianti fissi. Una decina di questi applica la tecnologia denominata R.O.S.E. (Recupero Omogeneizzato Scarti Edilizi), nata a livello sperimentale nel 1989, sulla quale sono state effettuate numerose ricerche sia sotto il profilo della tecnologia che di quella dell’utilizzo dei materiali riciclati.

 

            4.1.1  Impianti mobili

 

            I gruppi mobili derivano dai tradizionali impianti di frantumazione degli inerti da cava e vengono usati dove c’è necessità di riutilizzare in loco grosse quantità di rifiuti di origine lapidea o di calcestruzzi. Tali impianti consentono notevoli economie, sono facilmente trasportabili e di semplice concezione, ma non consentono la separazione di frazioni di rifiuti e, in linea di massima, non sono dotati di apparecchiature per la riduzione del rumore e della dispersione delle polveri. Gli impianti dell’ultima generazione, tuttavia, possono avere sistemi aggiuntivi di captazione delle polveri e separatori magnetici per la rimozione delle parti in ferro dal grano frantumato.

 

            Derivano dai tradizionali impianti di frantumazione degli inerti di cava e il loro utilizzo è motivato essenzialmente dal costo di acquisto, inferiore a quello degli impianti fissi, e dalla possibilità di abbattere le spese di trasporto nel caso in cui sia necessario frantumare grosse quantità di materiale da reimpiegare in loco, senza particolari esigenze di qualità del materiale da impiegare o di eliminazione della quota di rifiuti in essa presente. Seppure generalmente realizzati in serie, e quindi senza tenere in conto di esigenze o particolarità specifiche, sono tuttavia in grado di trattare anche piccole quantità sul posto di produzione, portando ad un risparmio sui costi di trasporto delle macerie.

 

            Per contro questi impianti offrono limitate garanzie per la qualità del prodotto offerto, in quanto sono necessariamente “semplici”, non permettendo la separazione sistematica e razionale delle diverse tipologie di materie estranee (ferro, plastica, legno, ecc.) presenti nel materiale da trattare. Consentono soltanto una semplice riduzione granulometrica senza garantire tuttavia un adeguato assortimento delle pezzature prodotte, ed in linea di massima la loro impostazione costruttiva, legata all’esigenza di trasportabilità, compattezza e monoliticità, contrasta con l’introduzione di efficaci accorgimenti e dotazioni sia per il completamento del processo di trasformazione sia per la riduzione completa del rumore e delle polveri, condizione quest’ultima particolarmente significativa in ambiente urbano.

            Infine dal punto di vista del controllo ambientale pongono agli enti preposti (USL, Provincia) notevoli problemi operativi, in quanto la loro ubicazione si modifica con frequenza, dipendendo essenzialmente dalla locazione del materiale da frantumare.

 

            4.1.2  Impianti fissi

 

            Unità di questo tipo costituiscono delle piccole industrie che vengono progettate per uno specifico sito, per un preciso bacino di utenza ed anche per le caratteristiche sia qualitative che quantitative dei materiali di scarto ivi prodotti. Consentono di ottenere prodotti di maggiore pregio in termini di qualità e di omogeneità, ma di contro richiedono maggiori investimenti per l’acquisto dell’impianto e dell’area.

            Se debitamente certificati, attraverso prove di accettazione e prove di qualificazione delle MPS, possono consentire l’adozione di standard di tipo prestazionale.

 

            Un impianto di riciclaggio fisso nel territorio offre diversi vantaggi:

q      possibilità di controllo, attraverso l’attività di smaltimento, della natura dei rifiuti;

q      possibilità di poter usufruire di materiali inerti di riciclo;

q      possibilità di applicare tariffe inferiori a quelle di conferimento in discarica, che contribuiscono ad eliminare il fenomeno dell’abbandono incontrollato dei rifiuti nell’ambiente;

q      ricavi che derivano, oltre che dalla vendita  delle MPS, anche dalla vendita del ferro recuperato dalla frantumazione dei blocchi di calcestruzzo.

 

            La macchina principale dell'impianto è il mulino frantumatore, che deve essere realizzato con materiali pregiati ed opportunamente studiato per resistere alle grandi sollecitazioni indotte principalmente dalla presenza di elementi metallici (putrelle, ferro dei calcestruzzi, etc.). Vengono impiegati diversi tipi di mulini (a mascelle, a cono, ad urto) che possono essere anche accoppiati in serie sulla stessa filiera produttiva. Nella scelta del mulino si deve tenere in conto anche del problema della produzione di polveri che rappresenta un aspetto importante di impatto sull'ambiente. In questo senso l'adozione di opportune misure di contenimento comporta necessariamente un maggiore costo di impianto.

            La selezione del materiale frantumato viene eseguita da normali vagli, selettori balistici, selettori ad acqua o aria, etc. Frequentemente sono presenti anche fasi di selezione manuale.

 

            Gli impianti fissi, sia perché progettati e realizzati per un sito specifico e per una determinata quantità e qualità di rifiuti di demolizione, sia per la possibilità di impiegare tecnologie più complete, sono in grado di fornire un prodotto di migliore qualità.

            In una valutazione globale costi/benefici incidono invece, negativamente, i costi di ammortamento e di gestione, che sono mediamente più elevati rispetto agli impianti mobili.

 

 

4.2  Aspetti organizzativi e gestionali

 

            4.2.1  Schema del processo produttivo

 

            L’attività di un impianto di recupero di rifiuti inerti può essere schematizzata nelle seguenti fasi principali:

q      ingresso scarti e primo controllo di qualità per l’ammissibilità all’impianto dei rifiuti in arrivo;

q      stoccaggio temporaneo ed alimentazione impianto;

q      secondo controllo di qualità, durante l’immissione, per eliminare eventuali materiali inquinanti;

q      frantumazione delle macerie mediante frantoio o mulino a martelli;

q      deferrizzazione;

q      selezione (vagliatura e classificazione) con separazione delle frazioni leggere ed eventuale ulteriore riduzione;

q      omogeneizzazione del prodotto (assortimento granulometrico);

q      stoccaggio e uscita materiali in cumuli provvisori o all’interno di silos.

 

            Il rendimento dell’impianto può essere molto elevato: per ogni tonnellata di materiale in ingresso si possono ottenere infatti mediamente in uscita:

q      95% (950 Kg) di prodotto lavorato nelle diverse granulometrie;

q      4% (40 Kg) viene separato ancora prima della frantumazione come terra naturale;

q      1% (1 Kg) di frazione leggera (carta, plastiche, legno, etc.) da smaltire in modo alternativo;

q      0,1% (1 Kg) di materiale ferroso.

 

 

4.2.2  Gli spazi funzionali

 

Con riferimento alla organizzazione degli spazi, un impianto di recupero deve prevedere:

q      l’area di controllo, in prossimità dell’ingresso/uscita, provvista di spesa;

q      l’area per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti inerti in arrivo divisa in più settori in funzione della loro natura merceologica da cui dipende la qualità del prodotto (terre, inerti misti di scavo, inerti misti di demolizione, calcestruzzi, materiali calcarei);

q      gli spazi di manovra per lo scaricamento di mezzi esterni in arrivo;

q      l’area di manovra per la pala gommata che alimenta l’impianto;

q      l’area di trattamento che comprende tutte le macchine dell’impianto e la cabina di comando e controllo;

q      l’area di stoccaggio del prodotto trattato suddiviso in base alle pezzature che possono essere contenute in uno o più silos (in genere due) alimentati dai nastri trasportatori, che oltre ad una economia di spazio consente una maggiore velocità di caricamento;

q      l’area di caricamento in uscita del prodotto riciclato;

q      l’area per gli uffici con relativi parcheggi per impiegati e clienti;

q      l’area per un capannone per l’officina e riparo veicoli.

 

 

4.2.3  Descrizione delle fasi di lavoro

 

            Dopo una prima fase di controllo di qualità per verificare la ammissibilità all’impianto è prevista una zona di stoccaggio dei materiali in arrivo. Il controllo viene effettuato con l’ausilio di una telecamera a colori, collegata ad un video ripetitore ad alta risoluzione, che consente di verificare, dall’alto, il tipo di materiale presente nell’autocarro in arrivo alla fase di pesatura.

Dopo lo stoccaggio provvisorio l’alimentazione all’impianto di trattamento viene effettuata con una pala gommata. Per ottenere un materiale di uscita dalle buone caratteristiche di omogeneità è opportuno che già in questa fase l’operatore alla pala abbia cura di scegliere il materiale da introdurre nel mulino in modo tale da avere un carico uniformemente distribuito nelle sue componenti. Ciò potrà facilitare la successiva operazione di omogeneizzazione presente in coda all’impianto, la tramoggia di carico è completata da un alimentatore, con variatore automatico di portata.

Il materiale viene costantemente tenuto sottocontrollo qualitativo da una terza telecamera, posta sulla bocca d’uscita dell’alimentazione, in questa fase l’operatore può bloccare qualora ne ravvisi la necessità l’alimentazione e controllare visivamente il materiale.

 

La fase successiva è quella di una prima vagliatura effettuata con un vibrovaglio, dopo la quale il materiale viene convogliato nella camera di frantumazione del mulino, poi per mezzo di un estrattore orizzontale i materiali trattati vengono convogliati su di un nastro trasportatore, che li trasferisce sino al primo deferrizzatore a nastro, la cui funzione è quella di separare il ferro pesante e di provvedere direttamente a stoccarlo in apposito cassone metallico.

Dopo tale operazione, utilizzando un altro nastro trasportatore, il materiale viene convogliato ad un vibrovaglio a due piani multiforo, che produrrà le seguenti selezioni granulometriche 30 mm, 0-70 mm, 30-70 mm, 30-140 mm, poiché per alcuni usi particolari potrebbe essere necessario assoggettare la frazione 0-30 mm ad ulteriore stadio di selezione, l’impianto prevede la possibilità di un ulteriore suddivisione in tre flussi: 0-6 mm, 6-18 mm, 18-30 mm. In questa fase si procede mediante un apposito dispositivo, alla separazione delle frazioni leggere (carta, plastica, legno ecc.) che vengono stoccate in un apposito contenitore ed eliminate, un successivo nastro trasportatore, reversibile, in by-pass consente la formazione di due cumuli separati, per la produzione speciali, quali potrebbero essere, i misti cementati o i magroni a bassa resistenza. Con il medesimo by-pass, attraverso un altro nastro trasportatore i materiali entrano in un tunnel di stoccaggio ed omogeneizzazione, il nastro estrattore in fine provvede al riempimento di un silo in metallo, con il quale e possibile caricare velocemente i mezzi.

Il sistema è tale da assicurare il completo abbattimento delle polveri prodotte ed ha un elevato rendimento di massa.

 

La potenza totale di esercizio dell’intero complesso è di circa 80 ÷ 100 KW per una produzione nell’ordine di 50 m3/h, ed il sistema può essere gestito da soli tre addetti di cui uno alla pesa.

Tenuti presenti i consumi energetici è possibile un calcolo approssimativo dei costi di gestione che si possono attestare intorno a 3 milioni di lire al mese. Dato che la produzione dei metalli è di circa 1500 Kg/giorno si deduce facilmente che già solo la vendita di tali materiali è in grado di mantenere energicamente l’impianto.

 

Cercando di quantificare i costi ed i ricavi è ovvio che ogni situazione locale deve essere tuttavia considerata a sé stante. In funzione del prezzo di mercato dell’inerte naturale - molto variabile a seconda della posizione geografica - è possibile accettare allo smaltimento anche gratuitamente le macerie. In linea di massima è comunque opportuno mantenere il prezzo del prodotto riciclato tra l’80% ed il 90% del prezzo del materiale che esso va a sostituire (8-10 lire/Kg).

 

L’importo dell’investimento relativo al capannone e all’impianto, che scaturirà da una progettazione di massima, dovrebbe essere contenuto nei 2.5 miliardi di lire.

 

 

            4.2.4  Le risorse necessarie per la gestione

 

L’impianto, per l’automazione avanzata delle sue varie fasi produttive, può essere gestito anche con tre operatori oltre ed un impiegato amministrativo, anche se in verità la struttura organizzativa ideale in termini di risorse umane, dovrebbe tenere conto di alcune necessità:

q      i turnover stagionali;

q      le sostituzioni per malattie;

q      le intercambiabilità;

q      la integrabilità di funzioni in casi di emergenza.

 

           Queste considerazioni suggeriscono quindi una composizione che potrebbe essere più articolata, secondo lo schema che segue.

 

Ambito operativo

q      operatore palista (principale) per l’alimentazione;

q      operatore alla centrale di comando e controllo (con competenze impiantistiche);

q      operatore palista (secondario) con funzioni di meccanico e controllore;

q      meccanico che all’occorrenza possa sostituire l’operatore alla centrale di comando.

 

Ambito amministrativo

q      addetto al controllo ed alla pesatura in entrata ed uscita (rilascio, documenti e/o ricevute, etc.);

q      addetto alla contabilità (prima nota cassa, registro, fatture, etc.) che all’occorrenza può svolgere anche il ruolo di addetto alla pesatura;

q      dirigente per la tenuta dei rapporti commerciali ed istituzionali in genere.

 

            Inoltre, anche se l’impianto non necessita di particolari competenze specialistiche a livello tecnologico e produttivo, gli operatori dovrebbero essere in grado di:

q      saper distinguere la qualità delle macerie in ingresso sia per l’invio ai cumuli di stoccaggio provvisorio che per fissare il prezzo di conferimento in vista del suo recupero e dell’utilità futura;

q      saper valutare i tempi di lavorazione e la possibilità di autonomia funzionale dell’impianto sulla base del materiale esistente nelle aree di stoccaggio;

q      conoscere le macchine, le loro esigenze di manutenzione ordinaria ed essere in grado di eseguirle con regolarità al fine di evitare guasti e quindi fermi produttivi non previsti.

 

            Il numero di operai può eventualmente aumentare nel caso si presenti la necessità di un incremento di produzione mediante l’adozione di un secondo mulino di frantumazione. Naturalmente possono essere ricercate soluzioni alternative a questa composizione di risorse.

            Per esempio nel periodo di avviamento dell’impianto, in cui sono maggiormente sentite le necessità di economie, l’imprenditore può svolgere le funzioni del dirigente, un solo impiegato può svolgere le funzioni amministrative e di controllo insieme, eventualmente coadiuvato all’occorrenza da un operaio. Si può inoltre arrivare a dare la delega delle funzioni amministrative a studi specializzati esterni, eliminando così la figura dell’addetto contabile e mantenendo solo l’onere della prima nota cassa.

 


Allegato 5

 

5.  LE ATTIVITà DI RECUPERO AMBIENTALE DI AREE DEGRADATE, AI SENSI DELL’ARTICOLO 5 DEL D.M. 5 FEBRAIO 1998

 

            Le attività di recupero ambientale consistono nella restituzione di aree degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici.

            Per il recupero possono essere utilizzati solo i rifiuti indicati dall’articolo 5 del D.M. 5 febbraio 1998, e con le modalità in esso previste. In particolare possono essere recuperati:

q      rifiuti di rocce da cave autorizzate;

q      sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa;

q      pietrisco tolto d’opera;

q      detriti di perforazione;

q      fanghi di perforazione;

q      calci di defecazione, previa eventuale disidratazione;

q      rifiuti costituiti da pietrisco di vagliatura del calcare, previa eventuale disidratazione;

q      scarti da vagliatura latte di calce;

q      terre da coltivo, derivanti da pulizia di materiali vegetali eduli e dalla battitura della lana sudicia; terre e rocce di scavo.

 

            Per tutte le tipologie il recupero è subordinato all’esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al D.M. 5 febbraio 1998 (per le terre da coltivo e le terre e rocce da scavo nel test viene escluso il parametro COD).

 

            Nel periodo in cui viene effettuato il recupero vanno attentamente valutate e rimosse le fonti di possibile molestia per il contesto urbano circostante, e le refluenze  ambientali. Qualunque fase lavorativa prevista dal progetto che possa avere refluenze negative sull'ambiente deve prevedere l'adozione di adeguati metodi di contenimento.

 

            In particolare dovrà essere previsto un impianto di lavaggio delle ruote degli automezzi per eliminare la presenza dei fanghi sulla sede stradale prossima al sito, nonché la bitumazione di ampie zone all'interno della area (piazzale, piste) per diminuire la quantità di polveri nell'aria, specie durante le giornate ventose.

            La fase finale deve prevedere il distendimento di una coltre di terra e la successiva seminagione e piantumazione.

 

Siti

            I siti idonei e prioritari alla realizzazione di recuperi ambientali ricadono in:

q      zone di particolare interesse ambientale;

q      aree limitrofe ai centri abitati;

q      parchi e riserve naturali;

q      siti con habitat naturali;

q      siti su versanti.

 

Fattori preferenziali

            Costituiscono fattori preferenziali:

q      baricentricità del sito oggetto del recupero ambientale rispetto al bacino di produzione dei rifiuti inerti non pericolosi;

q      viabilità e collegamenti esistenti o facilmente realizzabili;

q      tempi di realizzazione relativamente brevi.

 

Fattori penalizzanti

            Costituiscono fattori penalizzanti:

q      aree soggette a frane o movimenti gravitativi;

q      aree soggette a rischi di inondazione;

q      aree che ricadono negli ambiti fluviali.

 

Caratteristiche geologiche e geotecniche

            I terreni su cui insiste un recupero ambientale che utilizzi rifiuti inerti non pericolosi devono possedere caratteristiche geologiche e geotecniche tali, o rese tali, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo dell’impianto. I rifiuti dovranno inoltre essere compattati, per evitare successivi fenomeni di instabilità.

 

Il progetto di recupero ambientale

            Nella progettazione delle opere di recupero ambientale nel contesto paesaggistico si dovrà tenere conto dei benefici apportati all’intero comprensorio.

            Il progetto dovrà contenere elaborati in scala non inferiore 1:1.000, conformi agli standard della Regione Siciliana, con particolare riferimento a riporti di materiali, sistemazioni idrauliche, opere di ingegneria naturalistica e impianti a verde.

 

            Il progetto esecutivo delle opere da realizzare dovrà avere almeno i seguenti elaborati:

1.     relazione tecnica illustrante i lavori di recupero ambientale previsti con relativa indicazione delle fasi temporali di esecuzione;

2.     planimetria e sezioni illustranti lo stato iniziale dei luoghi antecedenti all’attività di recupero;

3.     planimetria e sezioni illustranti le opere in progetto, ivi comprese quelle relative alla regimentazione delle acque meteoriche;

4.     planimetria d’insieme;

5.     particolari, in pianta e sezione, della ricostituzione del manto vegetale;

6.     computo metrico estimativo delle opere da eseguire;

7.     esauriente documentazione fotografica dell’area oggetto del recupero ambientale con apposita planimetria su cui sono riportati i relativi punti di presa dei fotogrammi.

 

            La configurazione dei siti degradati a recupero ultimato dovrà essere tale da favorire il suo inserimento nel paesaggio circostante.

            Il progetto di recupero dovrà comprendere, inoltre, le manutenzioni delle opere di difesa idrogeologica e di quanto altro realizzato per un periodo congruo dopo la fine dei lavori; in particolare dovrà riguardare le irrigazioni, il ripristino delle conche, il rincalzo delle piante, il ripristino dell’efficienza dei tutori, gli sfalci, i diserbi, le sarchiature, la sostituzione delle piante morte, la sistemazione del terreno e degli eventuali danni derivati da eventi meteorici di particolare intensità, la verifica dell’efficienza del drenaggio e di smaltimento delle acque e le potature.

 

            Per quanto riguarda l’individuazione dell’autorità competente all’approvazione dei progetti di recupero, secondo quanto previsto dall’articolo 5 del D.M. 05/02/98, l’ordinamento regionale intesta le competenze in materia ambientale all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, al quale quindi occorre fare riferimento per le relative procedure.

 

Gestione

            Nella gestione dei recuperi ambientali devono essere predisposti piani di sicurezza nonché controlli periodici ingegneristici.

 

            Deve essere prevista una gestione per almeno un anno successivo al completamento dei lavori di recupero ambientale, ed in ogni caso fino a quando esistano effetti ambientali da controllare.

            Deve essere controllato l’assestamento dei materiali utilizzati per il recupero ambientale con una frequenza stabilita dall’organo di controllo.

            Per tenere sotto controllo il materiale messo a dimora per ciò che riguarda specificatamente la stabilità dei versanti e l’evoluzione del profilo topografico finale si dovrà procedere ad una verifica degli assestamenti, da effettuare con periodiche livellazioni topografiche di una rete di capisaldi opportunamente predisposti.

 


Allegato 6

 

6.  CRITERI GENERALI PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE ZONE NON IDONEE ALLA LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO E RECUPERO DEI RIFIUTI INERTI, NONCHé PER L’INDIVIDUAZIONE DI LUOGHI O IMPIANTI ADATTI ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI INERTI

 

            Di seguito riportati i criteri per l’individuazione delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti inerti, i fattori “penalizzanti” (fattori cioè che non determinano automaticamente l’esclusione dell’area ma che comportano tuttavia ulteriori valutazioni, pareri e/o nulla-osta), ed i fattori “preferenziali” ai fini della localizzazione degli impianti.

 

 

6.1  Impianti di frantumazione e recupero

 

6.1.1       Zone non idonee

 

            Sono zone non idonee ai fini dell’ubicazione di impianti di recupero per rifiuti inerti:

q      aree in frana di rilevanti dimensioni;

q      aree destinate al contenimento delle piene o comunque soggette a rischio di inondazione (aree golenali);

q      aree limitrofe a grotte, doline o inghiottitoi, o con depressioni endoreiche su terreni carsici sia in rocce carbonatiche sia in rocce evaporitiche;

q      i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

q      i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

q      i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

q      territori coperti da foreste e da boschi ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco o sottoposti a vincolo di rimboschimento;

q      aree entro la fascia di rispetto di strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, cimiteri, ferrovie, beni militari, aeroporti;

q      aree costiere e in zone di dune mobili, consolidate e sedimenti di duna;

q      aree entro una fascia di rispetto di almeno 500 metri fra il perimetro dell'impianto e le vie di navigazione, le zone boschive e di protezione naturale o culturale;

q      siti con habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali o vegetali proposti per l'inserimento nella rete europea Natura 2000, secondo le direttive Comunitarie;

q      zone di particolare interesse ambientale sottoposte a tutela;

q      aree comunque soggette a vincolo assoluto di inedificabilità.

 

6.2.2  Fattori penalizzanti

           

            Sono aree soggette a fattori penalizzanti che possono cioè essere dichiarate idonee ma per le quali sono necessarie specifiche valutazioni, pareri e/o nulla-osta ai fini dell’ubicazione di un impianto di recupero per inerti:

q      aree con modesti movimenti franosi o soggette a movimenti gravitativi;

q      aree che rivestono notevole interesse naturalistico, geologico, paleontologico, artistico, storico, archeologico;

q      aree caratterizzate dall’impossibilità di realizzare soluzioni idonee di viabilità per evitare l'interferenza del traffico derivato dal conferimento dei rifiuti.

 

            6.2.3  Fattori preferenziali

 

            Costituiscono fattori preferenziali per la valutazione dell’idoneità dei siti prescelti per l’ubicazione di impianti di recupero per inerti:

q      vicinanza rispetto al luogo di produzione;

q      vicinanza rispetto ad una discarica per rifiuti solidi urbani;

q      baricentricità dei sito rispetto al bacino di produzione e al sistema di impianti per la gestione dei rifiuti;

q      viabilità d'accesso esistente o facilmente realizzabile, disponibilità di collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;

q      aree degradate, cave abbandonate per il recupero ambientale (attraverso il rimodellamento morfologico), aree dove preesistono discariche, aree che abbiano la disponibilità per la realizzazione in prossimità dell’impianto di recupero di almeno un impianto di messa in riserva ed uno di discarica per inerti;

q      dotazione di infrastrutture.

 

 

6.2  Discariche per rifiuti speciali inerti

 

            6.2.1  Zone non idonee

 

            Sono zone non idonee ai fini dell’ubicazione di discariche per rifiuti inerti:

q      aree in frana di rilevanti dimensioni;

q      aree destinate al contenimento delle piene o comunque soggette a rischio di inondazione (aree golenali);

q      aree limitrofe a grotte, doline o inghiottitoi, o con depressioni endoreiche su terreni carsici sia in rocce carbonatiche sia in rocce evaporitiche;

q      i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 1.000 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

q      i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 1.000 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

q      i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 300 metri ciascuna;

q      territori coperti da foreste e da boschi ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco o sottoposti a vincolo di rimboschimento;

q      parchi e riserve naturali, nazionali, regionali, nonché aree naturali protette d'interesse europeo (ZPS);

q      aree entro la fascia di rispetto di strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, cimiteri, ferrovie, beni militari, aeroporti;

q      aree costiere e in zone di dune mobili, consolidate e sedimenti di duna;

q      aree entro una fascia di rispetto di almeno 500 metri fra il perimetro dell'impianto e le vie di navigazione, le zone boschive e di protezione naturale o culturale;

q      siti con habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali o vegetali proposti per l'inserimento nella rete europea Natura 2000, secondo le direttive Comunitarie;

q      zone di particolare interesse ambientale sottoposte a tutela;

q      aree comunque soggette a vincolo assoluto di inedificabilità.

 

            Per quanto riguarda le discariche destinate al conferimento dei rifiuti inerti classificati come speciali non pericolosi ai sensi del D.Lgs. 22/97 sono inoltre considerate come zone non idonee:

q      aree nelle quali non sussista almeno un franco di 1,00 metri tra il livello di massima escursione della falda freatica e il piano di campagna;

q      aree ricadenti nelle fasce di rispetto dei punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile (300 metri o altra dimensione superiore definita in base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche dei sito);

q      aree distanti meno di 1.000 metri dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati.

 

            Infine, per quanto riguarda le discariche destinate al conferimento dei rifiuti inerti classificati come speciali pericolosi ai sensi del D.Lgs. 22/97, sono considerate come zone non idonee:

q      zone sismiche di prima categoria;

q      aree vulcaniche attive;

q      aree nelle quali non sussista almeno un franco di 5,00 metri tra il livello di massima escursione della falda freatica e il piano di campagna;

q      aree che distano meno di 500 metri (o altra dimensione superiore definita in base a valutazioni delle caratteristiche idrogeologiche dei sito) dalle fasce di rispetto dei punti di approvvigionamento idrico a scopo potabile;

q      aree distanti meno di 2.000 metri dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati.

 

            6.2.2  Fattori penalizzanti

 

            Sono aree soggette a fattori penalizzanti che possono cioè essere dichiarate idonee ma per le quali sono necessarie specifiche valutazioni, pareri e/o nulla-osta ai fini dell’ubicazione di discariche per inerti:

q      aree sottoposte a vincolo idrogeologico;

q      aree con modesti movimenti franosi o soggette a movimenti gravitativi;

q      aree che rivestono notevole interesse naturalistico, geologico, paleontologico, artistico, storico, archeologico;

q      aree di interferenza con i livelli di qualità delle risorse idriche superficiali e sotterranee;

q      aree caratterizzate dall’impossibilità di realizzare soluzioni idonee di viabilità per evitare l'interferenza del traffico derivato dal conferimento dei rifiuti;

q      aree caratterizzate dalla presenza di terreni con permeabilità primaria e secondaria medio-alta, come calcareniti ed arenarie, rocce carbonatiche, alluvioni, vulcaniti e metamorfiti permeabili).

 

            6.2.3  Fattori preferenziali

 

            Costituiscono fattori preferenziali per la valutazione dell’idoneità dei siti prescelti per l’ubicazione di discariche per inerti: 

q      collocazione nell’ambito, o nelle immediate vicinanze, degli insediamenti produttivi;

q      viabilità d'accesso esistente o facilmente realizzabile, disponibilità di collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;

q      baricentricità dei sito rispetto al bacino di produzione ed al sistema di impianti per la gestione dei rifiuti;

q      aree degradate, cave abbandonate per il recupero ambientale (attraverso il rimodellamento morfologico), aree dove preesistono discariche, aree che abbiano la disponibilità per la realizzazione in prossimità della discarica di almeno un impianto di messa in riserva ed uno di recupero degli inerti;

q      dotazione di infrastrutture.

 

 

6.3  Impianti di recupero ambientale di aree degradate

 

            Per gli impianti di recupero ambientale di aree degradate fare riferimento all’Allegato 5.

 


               Allegato 7

 

7.  la RETE DI IMPIANTI DI GESTIONE PER RIFIUTI INERTI

 

 

            Lo strumento principale per l’attuazione del piano regionale è il Piano di ambito territoriale per la gestione dei rifiuti inerti i cui contenuti si dovranno conformare ai seguenti criteri generali.

 

 

7.1  Aspetti generali

 

            Dovrà essere incentivata da tutti gli enti interessati una gestione dei rifiuti inerti che privilegi nell’ordine:

q      la prevenzione, intesa come riduzione alla fonte (nei cicli produttivi) della quantità prodotta e della nocività per l'ambiente dei rifiuti inerti;

q      il riutilizzo, che comprende qualsiasi operazione che consenta il reimpiego per un uso identico a quello originario, da eseguire preferenzialmente nella stessa sede o negli stessi cantieri in cui sono prodotti;

q      il recupero degli inerti collocandoli sul mercato come materia prima;

q      il riciclaggio degli inerti, definito come recupero di scarti di produzione, di materiali residui, di rifiuti derivanti dal ciclo produttivo, al posto della materia prima;

q      il recupero dei materiali presso impianti di selezione, frantumazione e vagliatura;

q      il recupero dei rifiuti in tutte le forme previste dalle norme vigenti, con particolare riguardo al “recupero ambientale” previsto dall’articolo 5 del Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998;

q      il recupero di energia tramite l'utilizzo della frazione leggera combustibile (carta, legno, plastica) proveniente dagli impianti di selezione e frantumazione;

q      il corretto smaltimento in discarica della frazione residuale.

 

            La rete di impianti per la gestione dei rifiuti inerti è composta da:

q      stazioni di trasferenza;

q      impianti (fissi e mobili) di frantumazione e recupero dei rifiuti inerti non pericolosi;

q      impianti di recupero ambientale di aree degradate attraverso rimodellamenti morfologici;

q      discariche per rifiuti inerti.

 

            E’ ovviamente possibile individuare nodi con alcune combinazioni fra le tipologie sopra citate, come ad esempio un impianto di trattamento con annessa discarica di servizio.

 

            Per quanto riguarda invece la geometria della rete di gestione, ed i criteri da seguire per la  suddivisione dell’ambito territoriale in bacini ottimali di utenza, è necessario valutare contemporaneamente diversi elementi: la distribuzione della popolazione, la conformazione del territorio, la rete viaria o la presenza di specifiche attività industriali.

            Per ottimizzare i costi di gestione degli impianti, in particolare per quanto riguarda i rifiuti inerti da costruzione e demolizione, si può in linea di massima prevedere un impianto di frantumazione e recupero per un bacino di utenza di 100.000 abitanti. Inoltre la massima percorrenza dal punto più distante del bacino al punto di conferimento presso uno dei nodi della rete non dovrebbe superare i 20 km per non fare lievitare oltre misura i costi di conferimento.

 

            Per quanto riguarda invece gli impianti destinati prioritariamente alla gestione degli scarti dell’attività estrattiva, questi andranno localizzati preferenzialmente nei distretti di produzione.

            I rifiuti inerti (non pericolosi ai sensi del Decreto Ronchi) non destinati al recupero e/o al riciclaggio dovranno essere smaltiti in apposite discariche. I nuovi impianti dovranno essere conformi a quanto previsto dalla Direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 o a quanto previsto dalle relative norme nazionali di recepimento della medesima direttiva. Gli impianti preesistenti continueranno a svolgere la propria attività secondo quanto previsto dalla normativa di settore vigente.

 

            Per favorire una gestione più corretta dei rifiuti inerti le discariche per rifiuti inerti dovranno, in linea di massima, essere funzionalmente collegate ad impianti di riciclaggio della frazione inerte che prevedano almeno la macinazione e la vagliatura con separazione dell'eventuale rottame ferroso e degli altri materiali isolanti, e la successiva reimmissione sul mercato degli inerti selezionati e del rottame recuperato.

            In subordine è consentito il recupero di materiali inerti ottenuti dai rifiuti individuati dalla normativa statale di settore in discariche di prima categoria, come materiale coprente o infrastrato, previo trattamento e purché i materiali siano idonei dal punto di vista delle caratteristiche fisiche e geotecniche. Il soggetto gestore della discarica valuta l'accettazione del materiale in questione.

 

            E’ previsto il divieto di conferimento con i Rifiuti Solidi Urbani di rifiuti inerti provenienti da piccole demolizioni, manutenzioni e costruzioni: tali materiali dovranno essere pertanto conferiti presso aree di raccolta appositamente attrezzate o presso discariche per inerti. Ciascun comune provvederà a rendere esecutivo tale divieto dal momento in cui sia disponibile una stazione di conferimento o altra area attrezzata a servizio del comune stesso, o immediatamente nel caso sia localizzata una discarica per inerti nel territorio comunale. La prossimità ad una discarica per RSU può costituire pertanto fattore preferenziale per l’ubicazione di un impianto di trattamento per inerti.

 

            Lo smaltimento dei rifiuti di cui al punto precedente in discariche per inerti deve essere effettuato previa separazione della frazione dei medesimi che non può essere collocata nelle suddette discariche, e previa effettuazione di operazioni di adeguamento volumetrico necessarie ad assicurare una gestione corretta delle discariche stesse.

 

            Il piano di recupero ambientale per le discariche è obbligatorio, deve essere conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e deve essere collegato alla richiesta di autorizzazione della discarica.

            Prioritaria è la previsione di almeno una discarica e di un impianto di trattamento e recupero a servizio di ogni capoluogo di provincia.

            Si dovrà valutare caso per caso, ed in funzione soprattutto del grado di urbanizzazione, l’opportunità di prevedere piccoli impianti di trattamento a servizio delle isole minori. In ogni caso dovrà essere prevista almeno una stazione di trasferenza per ciascuna delle isole minori.

 

            Il Piano di ambito territoriale dovrà tenere conto della situazione esistente, sia per gli impianti già attivati sia per quelli in fase istruttoria avanzata, e dovrà essere aggiornato con cadenza triennale.

            Nella individuazione dei siti bisognerà tenere conto della necessità di un eventuale potenziamento dell’impianto, a fronte di mutate necessità di conferimento e/o di situazioni di emergenza. Dovranno pertanto essere individuate, già in fase di progettazione, le superfici per eventuali futuri ampliamenti dello stesso impianto.

 

7.2  Gli ambiti territoriali

 

            Ai fini della gestione dei rifiuti inerti (non pericolosi) la Sicilia viene suddivisa in nove ambiti territoriali i cui confini corrispondono alle nove province.

 

 

7.3  Stazioni di trasferenza

 

            Dovrà essere previsto un programma per la localizzazione di un numero adeguato di siti (stazioni di trasferenza) per la messa in riserva (D.Lgs. 22/97, Allegato “C”, punto “R13”) e/o il deposito preliminare (D.Lgs. 22/97, Allegato “B”, punto “D15”) dei rifiuti inerti. Il programma dovrà prevedere numero, dimensionamento e localizzazione delle stazioni di trasferenza, che dovranno essere modulari per adattarsi ad eventuali variazioni nel regime dei conferimenti.

            Le stazioni potranno essere impianti a struttura complessa o semplici cassoni scarrabili eventualmente allocati, così come previsto dal “Documento delle priorità e degli interventi per l’emergenza rifiuti” (PIER) approvato con decreto commissariale 25 luglio 2000, all’interno delle isole ecologiche. In linea di massima dovrà essere prevista almeno una stazione di trasferenza per ogni comune nel cui territorio non siano previsti altri impianti di gestione per rifiuti inerti non pericolosi.

 

 

7.4  Impianti di recupero ambientale di aree degradate

 

            Per le specifiche tecniche relative alle attività di recupero ambientale di aree degradate (comprese le cave dismesse), ai fini della loro restituzione ad usi produttivi o sociali attraverso il rimodellamento morfologico, si rimanda all’Allegato 5.

 

 

7.5  Impianti di trattamento e recupero

 

            Per gli impianti di recupero (attività di frantumazione, macinazione, cernita, vagliatura, miscelazione etc.):

q      devono essere specificati i quantitativi di materiale realmente recuperabile;

q      deve essere definita un'apposita area per la messa in riserva dei rifiuti inerti prima di sottoporli al processo di recupero secondo le modalità previste;

q      la presenza di polveri, od altre emissioni deve essere limitata mediante l'installazione di appositi sistemi di contenimento;

q      nel caso di impiego di sistemi ad umido devono essere raccolte le acque di abbattimento e smaltite secondo i criteri previsti dalla vigente normativa;

q      deve essere adottato un sistema per la riduzione del rumore, nell'ambiente di lavoro al sensi del D.Lgs 277/91 e garantito il rispetto del limiti di rumorosità nell'ambiente esterno fissati dalla Legge n. 447/95 "Legge quadro sull'inquinamento acustico" e dai decreti collegati (in particolare dal DPCM 14 novembre 1997 - Allegati B e C).

 

            Per una descrizione di dettaglio delle diverse tipologie di impianti, delle relative caratteristiche tecniche e gestionali si rimanda a quanto riportato nell’Allegato 4.

 

 

 

7.6  Discariche

 

            7.6.1  Requisiti generali di progettazione

 

            Tutti i nuovi impianti dovranno essere conformi a quanto previsto dalla Direttiva 1999/31/CE del 26/04/99, relativa alle discariche di rifiuti, o alla eventuale norma statale di recepimento di tale direttiva.

            Si richiamano di seguito alcuni passaggi fondamentali della normativa europea.

 

            I suoli adibiti a discarica devono possedere caratteristiche geologiche e geotecniche tali, o rese tali, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo.

 

            In assenza di specifici sistemi di contenimento e/o modalità di conduzione della discarica atti ad impedire il trasporto eolico è vietato lo scarico di rifiuti pulverulenti o finemente suddivisi soggetti a trasporto eolico.

 

            La discarica durante la fase di esercizio deve essere completamente recintata, onde impedire l'accesso a persone non autorizzate e lo smaltimento di rifiuti diversi da quelli ammessi dalla normativa vigente. L'impianto deve essere dotato di un sistema di difesa e allontanamento dalle acque superficiali esterne all'area di discarica.

 

            La sistemazione dei rifiuti in discarica deve essere eseguita con modalità tali da evitare fenomeni di instabilità del rilevato formato con  rifiuti e del suolo di appoggio. La discarica deve essere alla fine completata con una copertura finale adeguata a limitare l'infiltrazione di acqua e con una sistemazione che permetta il deflusso delle acque meteoriche e che eviti rischi di frane e di cedimenti rilevanti.

 

            Fermo restando che i rifiuti da avviare allo smaltimento devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, recupero e riciclaggio, sono di seguito individuate alcune tipologie di rifiuti speciali che possono essere conferiti in discarica per inerti:

q      cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche;

q      miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche non contenenti sostanze pericolose;

q      vetri, legno e plastica;

q      miscele bituminose non contenenti catrame di carbone;

q      metalli e loro leghe;

q      cavi non impregnati di sostanze pericolose;

q      terre, rocce, fanghi di dragaggio non contenenti sostanze pericolose;

q      pietrisco per massicciate ferroviarie non contenente sostanze pericolose;

q      materiali isolanti non contenenti amianto;

q      materiali da costruzione a base di gesso non contaminati da sostanze pericolose.

 

            Per quanto non espressamente previsto dal presente allegato si farà riferimento alle specifiche tecniche vigenti per tali tipologie di discariche, o ad eventuali norme più restrittive che dovessero successivamente regolamentare la materia.

 

            7.6.2  Controlli in fase di costruzione

 

            In fase di costruzione dovranno essere fatti i controlli previsti dalle norme vigenti. In particolare si ricorda:

q      verifica delle quote di progetto riguardanti almeno il piano di imposta del sistema di impermeabilizzazione e il piano di posa del rifiuti;

q      verifica delle pendenze del piano d'appoggio dei rifiuti e delle scarpate;

q      verifica delle pendenze dei collettori principali e secondari;

q      verifica delle caratteristiche dei materiali utilizzati nella costruzione degli strati minerali del sistema di impermeabilizzazione.

7.7 Ottimizzazione della gestione di discariche e impianti di trattamento e recupero

 

            Al fine di garantire l’efficienza gestionale occorre definire una serie di procedure - il cosiddetto “Piano dei gestione” - che identifichino innanzitutto il quadro organizzativo interno allo stabilimento (responsabilità e ruoli) che dovrà essere dichiarato in forma scritta e reso utilizzabile dall’autorità di controllo (la Provincia).

            Le attività contemplate dal piano dei gestione dovranno essere enunciate in apposito “regolamento di gestione”, messo a disposizione dell’autorità di controllo.

 

            Le modalità di gestione possono essere individuate sulla base del Regolamento Comunitario di Ecogestione e Audit (Reg. CEE/1836/93) e della norma ISO 14000 (per garantire la gestione nel rispetto dell’ambiente), delle norme ISO 9001/9002/9003 (per garantire la qualità del servizio reso) e della norma BS 8800 (per il sistema di gestione della sicurezza).

            L’applicazione dei requisiti in esame può essere il primo passo verso l’adozione di sistemi volontari di certificazione da parte del gestore dell’impianto.

 

 

 

 


 Allegato 8

 

8.  linee guida per la presentazione di un progetto di una discarica per inerti

 

 

 

8.1  Documentazione amministrativa

 

 

1)     Domanda redatta in carta legale ed a firma autenticata contenente:

q      dati anagrafici del richiedente e qualifica nella società;

q      dati della società;

q      dati relativi all’ubicazione della discarica;

q      riferimento agli articoli di legge per la quale si richiede l’autorizzazione e/o il N.O. e/o la V.I.A.;

q      dati del direttore tecnico responsabile della discarica;

q      elenco dettagliato di tutta la documentazione amministrativa e degli elaborati tecnici allegati alla domanda.

2)     Certificato della Camere di Commercio Industria Artigianato Agricoltura comprensivo anche del nulla osta ai fini dell’art.10 della Legge 31 Maggio 1965 n° 575 e successive modificazioni.

3)     Copia autenticata del titolo di studio (in discipline tecnico-scentifiche) del direttore tecnico.

4)     Certificato del casellario giudiziale e certificati dei carichi pendenti rilasciati dalla Procura della Repubblica    competente e dalla Pretura relativi del direttore tecnico.

5)     Dichiarazione (firma autenticata) di accettazione dell’incarico da parte del direttore tecnico.

6)     Dichiarazione (firma autenticata) da parte del richiedente di comunicare tempestivamente ogni variazione riguardante la società (es.: denominazione sociale, amministratore, sede legale) ed ogni variazione del direttore tecnico.

7)     Garanzie fidejussorie di cui al D.A. 188/86 del 19/4/86.

8)     Estratto foglio di mappa catastale.

9)     Certificato di destinazione urbanistica rilasciata ai sensi dell’art.18 della L. 47/85.

10) Stralcio dello strumento urbanistico vigente esteso per un raggio di 2 Km con la specifica di destinazione d’uso.

 

            Per la realizzazione di discariche nei territori dei Comuni di Priolo-Augusta-Melilli-Floridia-Solarino-Siracusa, il progetto dovrà inoltre essere trasmesso, per il parere ai sensi del DPR 23/01/1996, al Comitato di Coordinamento per le Aree a Rischio di Crisi Ambientale.

 

            Per i territori di Butera-Niscemi-Gela, il parere ai sensi del DPR 17.01.1995, dovrà richiesto al Comitato di Coordinamento Piano di Disinquinamento per il Risanamento del Territorio della Provincia di Caltanissetta.

 

8.2  Elaborati progettuali

 

            Allegato alla domanda dovrà essere presentato, in almeno quattro copie, un progetto esecutivo costituito dagli elaborati di cui all’elenco seguente.

 

1)  Relazione tecnica che illustri dettagliatamente tutto il progetto e che, in particolare, riporti le seguenti informazioni:

a)     descrizione delle modalità di approntamento e gestione con la descrizione delle infrastrutture;

b)     indicazione delle particelle catastali o loro quota parte interessate dall’opera e la relativa estensione in m2;

c)     tipologia dei rifiuti espressa in codici C.E.R. a sei cifre;

d)     quantitativi di rifiuti che si prevede smaltire in un anno espressi in  tonnellate ed in m3;

e)     capacità utile della discarica e valutazione presunta della durata;

f)      piano di sistemazione finale e attività post-chiusura.

 

2)   Tavole di progetto come di seguito specificate:

a)     corografia  scala 1:25000;

b)     planimetria generale in scala 1:10000 con l’indicazione dell’area dell’impianto e delle zone soggette a vincoli;

c)     planimetria generale stato di fatto con curve di livello esistenti  in scala 1:1000;

d)     planimetria particolareggiata con piano quotato esistente;

e)     planimetria particolareggiata sistemazione finale;

f)      profili e sezioni stato di fatto.

 

3)                                 Studio geologico sull’area comprendente la discarica, preferibilmente orientato alla identificazione delle condizioni geologiche locali, evidenziando le caratteristiche che possano influenzare, in modo significativo, la scelta del sito. Devono essere evidenziate le opere di captazione esistenti e le sorgenti, le zone di inondazione ed esondazione dei corsi d’acqua, lo stato di stabilità del fondo della discarica delle ripe e delle scarpate, la litologia della zona, la posizione delle falde ed il livello massimo raggiungibile dalle stesse.  Lo studio dovrà  essere supportato da:

a)     carta geologica e carta geomorfologica (il rilevamento deve essere esteso per almeno un raggio di 1 km dal sito della discarica), in scala  1:10.000;

b)     carta idrogeologica che evidenzi anche le opere di captazione esistenti, le sorgenti, le zone di esondazione ed inondazione dei corsi d’acqua, in scala 1:10.000;

c)     carta isopiezometrica;

d)     carta della permeabilità dei terreni con i valori  in senso orizzontale e verticale;

e)     caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni su cui insiste la discarica, con particolare riguardo allo studio sulla stabilità dei pendii  interessati dalla realizzazione dell’opera;

f)      corredo fotografico;

g)     sezioni e colonne stratigrafiche;

h)     carta delle zone sismiche.