La Storia
La tradizione ne attribuisce la fondazione al Gran Conte Ruggero, il condottiero normanno che intorno al 1070 sottrasse Adrano al dominio islamico e che dopo l'anno 1150 l'edificio castellare passò in eredità alla nipote Adelicia d'Altavilla.
|

Castello normanno |
|
Sulla base di questa ipotesi il torrione farebbe parte di quegli articolati sistemi di difesa che i Normanni impiantarono nella Sicilia orientale allo scopo di controllarne militarmente il territorio e garantirsene il dominio.
Il castello di Adrano, insieme a quelli delle vicine Paternò e Motta Sant’Anastasia, nel complesso sistema di incastellamento delle terre conquistate, sarebbe stato costruito per controllare le vie d’accesso all’entroterra lungo la valle del fiume Simeto e garantire ai conquistatori il controllo della città di Catania e del territorio retrostante.
|
 |
|
Diversi elementi si possono portare a favore della costruzione delle tre fortezze nell’XI secolo. Innanzitutto la tipologia degli edifici, costituita da una torre isolata e priva di ulteriori fortificazioni a sua difesa: un impianto simile a quello che i Normanni utilizzarono per la costruzione dei castelli (donjons) nelle loro terre d’origine, in Normandia ed in particolare in Inghilterra dopo il 1066 a seguito della battaglia di Hastings da parte di Guglielmo il Conquistatore. Poi i forti elementi di confronto nei particolari costruttivi delle tre rocche, caratterizzate dal contrasto tra la robustezza e la severità delle murature esterne, la chiusa compagine muraria nei piani inferiori oltre alla sistemazione degli ambienti residenziali interni nei piani superiori, dotati di camini, nicchie, ripostigli e sistemi per la conduzione dell’acqua. Va citata altresì la descrizione che ne fa Edrisi, geografo arabo di Ruggero II, che nel 1150 circa definisce la cittadina di Adernu' come di “un grazioso casale… dotato di una bella rocca”.
Una seconda ipotesi, attualmente meno seguita dagli studiosi, colloca la fondazione del castello trecento anni più tardi, nel XIV secolo, sulla base delle decorazioni della cappella gentilizia e di talune caratteristiche dei saloni residenziali che sarebbero proprie, secondo questa teoria, del periodo aragonese. Tali particolari però possono essere spiegati come rifacimenti successivi di una struttura già esistente da diversi secoli.
|

Cappella gentilizia |
|
Nei secoli successivi alla sua fondazione il castello fu residenza di importanti famiglie siciliane, i Pellegrino, gli Sclafani, i Moncada, che dall’alto della sua mole dominarono Adrano e il suo territorio per lungo tempo.
La fortezza terminò di essere sede nobiliare nel XVII secolo. In quel tempo i soffitti dei piani più alti erano già crollati (forse per il fortissimo terremoto del 1693) ed era cominciato il declino dell’edificio, da quel momento sfruttato come carcere e solo nel primo piano, l’unico utilizzabile. Così lo vide il Principe Ignazio Paternò Castello alla fine del Settecento quando, descrivendo Adrano, parla della “bella torre del tempo dei Normanni, che fu l’abitazione dei suoi conti, ed oggi serve per carcere dei malfattori”.
Così rimane fino al 1956, nel momento in cui cessa di essere utilizzato come luogo di pena e, grazie ad una accurata opera di restauro degli antichi e severi saloni, rinasce come museo.
|

Castello Normanno prima fase (ricostruzione virtuale) |

Castello Normanno seconda fase (ricostruzione virtuale) |
|
Le principali fasi edilizie del Castello Normanno sono due. Alla prima appartiene la torre a pianta rettangolare, larga 20 metri e profonda più di 16. Fu costruita impiegando la locale pietra lavica, il materiale da costruzione più diffuso nella zona. I muri perimetrali furono realizzati con uno spessore tale da permettere di ricavare al loro interno le scale di accesso ai piani superiori dell’edificio, alto oltre 33 metri. L’originario accesso alla fortezza avveniva dal portale ad oriente e, come di consuetudine dei dongioni normanni localizzato al primo piano mentre successivo risulta essere il portale posto in prossimità dell’angolo Nord-Ovest, che oggi costituisce uno degli ingressi ai saloni del piano terra del Museo.
|

Una delle scale interne ricavate
nel muro perimetrale |

Il portale di ingresso originario
della fortezza |
|
Ciascuno dei cinque piani interni era diviso in due grandi ambienti di forma rettangolare da un lungo muro longitudinale in direzione est-ovest. Una ripartizione diversa aveva forse solo il terzo livello, dove uno dei saloni fu ulteriormente diviso in due per permettere la collocazione della cappella gentilizia.
Non abbiamo notizie certe sull’uso degli ambienti ma, secondo alcuni, i locali del piano terra erano riservati ai soldati e al deposito delle attrezzature militari più ingombranti, mentre quelli del primo piano erano forse destinati alla sala di rappresentanza e delle armi. I tre piani superiori rivestivano funzioni più strettamente residenziali, come abitazione dei proprietari e della loro servitù. Lo testimonierebbero i numerosi ripostigli e le nicchie ricavati negli spessori murari e i grandi camini che servivano a riscaldare le sale.
|

Il torrione dell'angolo Nord - Ovest |
|
Alla seconda fase appartiene la cinta bastionata, eretta nel XVI secolo tutto intorno all’edificio, nascondendo completamente il piano terra. Lo scopo fu quello di meglio adeguare la difesa della fortezza dalla gittata della nascente artiglieria.
La funzione difensiva della nuova struttura era accresciuta dall’inserimento di quattro piccoli torrioni, adatti a proteggere le murature angolari, sicuramente le parti dell'edificio destinate a subire i danni più seri sotto eventuali colpi di cannone. A questa funzione non è escluso che potesse aggiungersene anche una offensiva, se si immagina il collocamento di artiglierie sopra il terrazzo della cinta, anche se dall'osservazione della falsabraga non si evidenziano fori per cannoniere.
A parte pochi ambienti concentrati soprattutto sul lato orientale, il bastione era costituito in gran parte da un terrapieno, dove furono ricavati diversi pozzi adibiti a prigioni dove i carcerati fino al XVI secolo venivano sepolti vivi, ricevendo cibo e acqua soltanto tramite botole poste sul terrazzo. L’aggiunta della cinta modificò l’originario accesso principale al castello che da quel momento in poi avvenne probabilmente dal lato opposto, tramite la porticina sul lato orientale del bastione.
La successiva trasformazione a carcere dell’intero primo piano comportò il rimaneggiamento dei saloni del primo piano, che furono suddivisi in celle e locali di servizio al carcere, e cambiò ancora una volta l’accesso all’edificio, realizzato mediante l’apertura di un grande portale monumentale ricavato nel lato settentrionale del bastione, ancor oggi l'ingresso principale dell'edificio.