Il percorso della mostra, coinvolgendo classi di materiali a prima vista prive di rapporto, tenta di suggerire una lettura basata sulla percezione dello spazio e sull’uso del segno che, necessariamente limitata ai pezzi esposti, va da segni aniconici, con decorazione di tipo geometrico, a messaggi fortemente simbolici e, quindi, ad un gusto dell'informale che a quei messaggi non è affatto alieno. Il percorso si apre con un frammento del bronzo antico (cat. 1, fig. 5) appartenente alla cosiddetta di Castelluccio (2200-1450 a.C.). In questo periodo è proprio l'area iblea ad essere una delle meglio note e rappresentate: i numerosi insediamenti individuati nel territorio ragusano restituiscono in abbondanza vasi a “clessidra”, coppe su alto piede, brocche panciute decorate con motivi a losanghe e larghe fasce di colore bruno su fondo chiaro. Nella mostra il passaggio dalla preistoria all'età arcaica è segnato da vasi di produzione corinzia (cat. 2-10), provenienti, cioè, da quella città da cui coloni mossero alla volta della Sicilia approdando prima a Siracusa (733 a.C.) e, ben centotrentacinque anni dopo, sulla riva del MareAfricano la sub-colonia Camarina (598 a.C.). I grandi commerci, che dall'Egeo orientale giungevano nel lontano Occidente, portavano nuove idealità e nuove merci; nuovi segni venivano sostituiti agli antichi sotto lo stimolo delle più antiche civiltà orientali. Già nell'Iliade, nel catalogo delle navi ( .,II, 570), Corinto è definita “opulenta”; ma significativa, al riguardo è la testimonianza di Tucidide (I,13; trad. C. Moreschini): “ ”. E ancora: “ ”. Di questa “opulenza” bisogna riconoscere probabilmente una origine nell'enorme produzione ceramica che vediamo distribuita in tutti i mercati del Mediterraneo: non esiste, infatti, sito arcaico che non abbia restituito vasi corinzi interi (necropoli) o frammentari (città, stipi votive). Le esportazioni, ovviamente, oltre alle ceramiche, potevano riguardare terrecotte, manufatti metallici (tripodi, calderoni), tessili, materiali da costruzione, e quegli stessi prodotti che i vasi potevano contenere: olii profumati per i piccoli vasi (per gli ariballi, ad esempio, v. cat. 5, fig. 11); oppure vino o . facies Il , Divenendo la Grecia più potente e acquistando ricchezze più di prima, in genere si stabilirono nelle città delle tirannidi allorché le entrate divennero maggiori (prima vi erano monarchie ereditarie con determinate prerogative), e la Grecia creò delle flotte e si dedicò di più al mare. Si dice che per primi i Corinti esercitassero la marineria nel modo più simile al nostro e che per la prima volta in tutta la Grecia le triremi fossero costruite a Corinto Abitando infatti la città sull'istmo i Corinti avevano sempre un centro commerciale, giacché anticamente i Greci, sia quelli fuori del Peloponneso, che quelli dentro, avevano rapporti reciproci più per terra che per mare passando attraverso la terra dei Corinti stessi; essi erano potenti per ricchezza, come è mostrato anche dai poeti antichi che chiamono “opulenta” quella località. E poiché i Greci si dettero di più alla marineria, i Corinti, procuratisi delle navi, eliminarono i pirati e, creando un centro di commercio per terra e per mare, ebbero una città potente per le entrate in denaro che riceveva fondando olio da cucina per le grandi anfore da trasporto, che spesso ritroviamo riutilizzate nelle necropoli come tombe per bambini. Un enorme numero di queste anfore, riadoperate appunto come sepolture, è stato rinvenuto nelle necropoli di Camarina, e l’ampia gamma della loro provenienza (corinzia, massaliota, attica, chiota etc.: v. cat.11-12, figg. 1-3) testimonia l’importanza della città nella rete di traffici commerciali dell’intero Mediterraneo
Produzione di merci e distribuzione delle stesse nei mercati di tutto il Mediterraneo sono strettamente legate all'interesse che i Corinzi mostravano per i loro porti, quello di Cenchreae, fulcro del traffico delle merci verso l'Oriente, e il Lechaeum, punto di partenza verso i mercati della penisola italiana, della Sicilia e, in senso lato, di tutto quanto l'Occidente greco ed anellenico (etrusco, etc.). Al tempo di Periandro può inquadrarsi l'inizio del corinzio arcaico (dal 625-615 al 595-590 a.C.). È questo un periodo quantitativamente ricco, anche se il livello artistico appare, per certi versi, inferiore a quello del proto-corinzio; si afferma la cosiddetta tecnica a figure nere (la tecnica a contorno ormai rara è limitata, per es., ai ); viene sperimentata (dagli stessi corinzi? dagli ateniesi?) una nuova forma vascolare che avrà un'enorme fortuna nei decenni successivi, il cratere a colonnette, e in questa viene prodotto un capolavoro della ceramica corinzia, il cratere di Eurytos con la rappresentazione di Eracle e Iole. Al corinzio medio (almeno finora), e al corinzio tardo sembrano limitate le importazioni a Camarina. Nel primo (dal 595-590 al 575 a.C.) si afferma pienamente la produzione di ceramica dipinta nella tecnica a figure nere; la rappresentazione figurata più complessa è riservata alle ampie superfici dei crateri a colonnette (v. cat. 2-3, figg. 6- 8), dove si dispone su più registri, o delle ampie coppe decorate con temi mitici. Nella produzione di serie di coppe, pissidi (v. cat. 8-10, figg. 14-16), trilobate (v. cat. 4, figg. 9-10), e nella nuova forma dell' (v cat. 6, fig. 12) continua la vieta raffigurazione di fregi di animali (massicci, monumentali) dal corpo talora allungato, o di danzatori panciuti, sommersi da una selva di rosette di riempimento e di piccoli punti, che assumono il tipico aspetto “tappezzeria”. Col secondo venticinquennio del VI secolo (corinzio tardo II) la ceramica corinzia entra in una fase stanca. La concorrenza attica, incominciata già nel primo quarto del secolo, si fa più agguerrita. Le officine corinzie cercano di avvicinare i loro prodotti a quelli ateniesi ricorrendo persino ad espedienti tecnici, quali quello di stendere del colore arancio sull'argilla per imitare le tonalità della ceramica attica. Il colore dominante appare il bianco usato per sirene, sfingi, motivi floreali. I puntini e le rosette di riempimento si fanno rade, rendendo più evidente la rozzezza del disegno delle figure.