IL TEMPO.
COME SPRECARLO, COME GUADAGNARLO

Nella modalità dell'avere, il tempo diviene il nostro dominatore. Nella modalità dell'essere, il tempo è detronizzato, cessa di essere l'idolo che governa la nostra vita. Nella società industriale, il tempo domina sovrano.
Erich Fromm, Avere o essere?

Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?
Qohelet, 3, 1-9

Che cos'è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più.
Agostino d'Ippona, Confessioni

C'è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo.
Charles Baudelaire, Razzi

Ammazzare il tempo, invece di impiegarlo come la vera sostanza della vita vissuta e non semplicemente trascorsa, è senz'altro il peccato dei peccati.
Bernard Berenson, Echi e riflessioni

Il tempo è un'invenzione, o è niente del tutto.
Henri Bergson, L'evoluzione creatrice

La mia missione è di ammazzare il tempo e la sua di ammazzarmi a sua volta. Ci si sente del tutto a proprio agio fra assassini.
Emil Cioran, Squartamento

Il tempo è il peccato dell'eternità.
Paul Claudel, Diario

L'uomo dimentica. Si dice che ciò sia opera del tempo; ma troppe cose buone, e troppe ardue opere, si sogliono attribuire al tempo, cioè a un essere che non esiste. No: quella dimenticanza non è opera del tempo; è opera nostra, che vogliamo dimenticare e dimentichiamo.
Benedetto Croce, Frammenti di etica

Nascere, piccolo, è cadere nel tempo.
Maria Cvetaeva, La Sibilla al bambino

Il tempo è un fanciullo che gioca e muove pedine; del fanciullo è il regno.
Eraclito, Frammenti

Giunge notizia dal web, questo pettegolo continuo della modernità, che una tale ragazzotta di nome Beyoncé, popstar statunitense, ha fatto parlare di sé con una spesa decisamente poco sobria. Pare che questa donna abbia speso nell’ultimo anno ottocentottantamila dollari (o sterline?) per cure e trattamenti cosmetici. Se si cita la notizia non è tanto per esecrare il considerevole sperpero di denaro, in ogni caso osceno, quanto per avviare una riflessione sull’uso del tempo. Quanto tempo della propria vita avrà utilizzato Beyoncé per cercare di diventare più bella? E se, come pare, si è trattato di un tempo notevole (ce ne vuole per spendere quella somma!), che valore conferisce al tempo una diva dei nostri giorni se lo dilapida così allegramente?
La fisica moderna ha definito il tempo come distanza tra gli eventi calcolata in entrambe le coordinate spazio-temporali, distanza che dipende dalla posizione e dalla velocità dell'osservatore rispetto a essi. Se condividiamo quanto Einstein ha presupposto, l’esistenza cioè di un continuum spazio-temporale, è evidente che il tempo culturale - quello vissuto da noi uomini - sia l’esito di un’operazione volta a creare un discretum, una parcellizzazione che ci consenta di distinguere un prima e un poi nelle nostre giornate storiche. Molto acutamente Ernesto de Martino annotava: “L’umana cultura o civiltà è la potenza formale di far passare nel valore ciò che in natura corre verso la morte”.
Esiste poi un tempo interiore, il tempo rappresentato della memoria, quello della Recherche, che ci permette di ripercorrere, variamente trasfigurati, i frammenti di divenire cui annettiamo particolare valore. In ogni caso, che si tratti di tempo unilineare, che si dipani all’infinito, ovvero di tempo ciclico, che si riavvolga periodicamente in se stesso, si tratta sempre di una dimensione che ci interpella, dalla quale non ci viene chiesto di evadere quanto piuttosto nella quale siamo chiamati a farci creatori di senso.
La riduzione del tempo di lavoro e le ambiguità del tempo libero, che quasi mai si trasforma in tempo liberato, sono alcuni tra i temi che toccano le nostre società, anche se oggi, purtroppo, il tempo libero è assai spesso un tempo vuoto, non occupato da attività di sorta perché pare che la società non abbia bisogno di persone che lavorino ma di persone che attendano di poter lavorare.
Se teniamo conto dell’investimento di senso che comporta il nostro rapporto con il tempo, parrebbe che esso sia il nostro bene più prezioso. Esso ci si presenta fortemente interconnesso, oltreché con lo spazio - altra dimensione che ci in-abita - anche con la memoria e i suoi meccanismi. E’ dunque assai arduo trovare le ragioni per cui il tempo sia per noi, di fatto, la realtà che più di ogni altra viene - senza rammarico - negletta e sprecata, ad onta delle straordinarie prospettive offerte dalle moderne Banche del Tempo, le quali a ben vedere sono tra le poche istituzioni disposte ad attribuire al tempo un qualche valore “oggettivo”.
Da cosa dipende tale nostra incapacità di vivere pienamente il tempo che attraversiamo durante la nostra esistenza? Come pensiamo di fare i conti con esso? E, soprattutto, ne siamo consapevoli, ci accorgiamo che (come ci canta De Gregori) “il futuro passa e non perdona”?
Siamo prigionieri o padroni del nostro tempo? Lo viviamo certamente in modo più frenetico dei nostri padri e di qualunque altra generazione ci abbia preceduto. Lo viviamo proiettati verso un futuro che non riusciamo mai a raggiungere, avendo in gran parte rimosso il passato e consumando in modo onnivoro il presente. Come possiamo ”riconciliarci” con il divenire, imparando a vivere in modo più pieno il nostro presente?
Il cortile dei Gentili di febbraio provocherà i propri partecipanti su questi e altri analoghi temi. Non per capire fino in fondo i misteri del tempo, insondabili come tutti i misteri, ma per avviare una riflessione su tale specialissima placenta al cui interno viviamo (e ci consumiamo), onde valutare se per avventura si riesca - magari progettandolo insieme - a conferire al tempo che ci rimane una pienezza nuova. A recuperare per noi e per gli altri, secondo la splendida definizione di Johann Sebastian Bach, “un tempo giusto, con amore”.
I relatori-introduttori di questo mese saranno Sergio Bertolami, architetto, Presidente di Experiences, e Gaetano Giunta, fisico e operatore culturale, Presidente della Fondazione Horcynus Orca.

Sergio Todesco

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