Messina e il mare:
Un rapporto difficile.

Il mare rappresenta l’orizzonte naturale di molte civiltà, e non sono indifferenti, rispetto alle determinazioni da queste storicamente assunte, i modi in cui le culture locali hanno percepito tale elemento.
Il mare, dunque, come luogo. Luogo di coesistenze e di stratificazioni semantiche, come tale luogo per sua natura polisemico e proteiforme. Mare placenta, brodo di coltura, involucro che dà e fa crescere la vita. Coltre che avvolge ma che a volte rischia di soffocare. Elemento morbido e “cullante” ma al contempo infido e cangiante. Mare superficie e abisso, che fa galleggiare e sprofonda. Mare luogo di continui viaggi, partenze, ritorni, transiti, attracchi, avventure, naufragi, smarrimenti; topos delle nostalgie e dei desideri, delle utopie e delle solitudini. Mare come esito e metafora del mistero insondabile della natura, come luogo di epifanie, in cui il sacro - a volte - si manifesta; come teatro dell’inconscio, palcoscenico di multiformi metamorfosi. Mare che unisce e divide popoli e culture, luogo in cui si esercitano attività dalla storia secolare (pesca del tonno, del pescespada, raccolta del corallo, produzione del sale, molluschicoltura etc.). Mezzo e fine, contesto e materia prima.
Da che mondo è mondo, l’avventura sul mare ha comportato la conoscenza di tecniche volte ad approntare i mezzi per attraversarlo, utilizzarne le risorse, fronteggiarne i rischi. Se dobbiamo stare alle fabulazioni prodotte in seno alle più antiche culture, l’uomo di mare, comunque esso sia stato denominato, ha sempre ricoperto un ruolo di primo piano nel panorama sociale. Dalla Bibbia ai poemi omerici, dalle mitologie nordiche a quelle delle culture polinesiane, la storia dell’uomo si dispiega sempre all’interno di questo orizzonte, realistico e simbolico a un tempo, che è l’enorme distesa acquea che circonda le terre emerse e che, stando alle cosmogonie, costituiva la prima e unica realtà prima che l’azione creatrice di Dio venisse posta in essere.
Questo mare, di cui il fretum siculum costituisce un mobile tentacolo, ha rappresentato da sempre il naturale orizzonte, fisico esistenziale antropologico, per una città ombelico del Mediterraneo che sul mare ha costruito le sue glorie, secolo dopo secolo (dalla fine del terzo millennio a.C. allorché la Falce venne abitata da popolazioni indigene fino agli anni ’60 del Novecento), e ha celebrato i suoi fasti, trovandosi al contempo equidistante e luogo di interferenze tra nord e sud, tra est e ovest. In ragione di tale peculiare posizione Messina ha registrato nel corso del tempo il passaggio e spesso lo stanziamento di numerosi popoli e culture, portatori di forme assai diverse di civiltà; a seguito di ciò lo Stretto si è venuto costituendo come un palinsesto territoriale che ha visto progressivamente stratificarsi contesti, fenomeni e realtà “immateriali” di varia natura, fabulazioni, saperi, memorie che dal mondo antico fino ad oggi hanno continuato a segnare con la loro molteplicità lo specialissimo habitat antropologico che si è determinato in questo tratto di mare, finendo con il costituire un unicum di cui non esiste eguale.
Poi, con un incredibile cupio dissolvi, la città ha iniziato a rimuovere la presenza del mare dal proprio contesto territoriale, a non considerarlo più un orizzonte plausibile e “domestico”, a non dialogare con esso. Il mare è divenuto realtà opaca, ininfluente, non più in grado di fornire margini di speranza e di operatività a coloro che, per avventura, ancora ad esso intendessero volgere il proprio sguardo.
Oggi si continua a blaterare di “recupero dell’affaccio al mare” o di “rilancio della cantieristica” fingendo di non sapere che una sciagurata linea tramviaria ha per sempre separato la città dal suo mare; che i gloriosi cantieri navali messinesi sono stati sistematicamente smantellati e svenduti; che i mastri d’ascia sono una razza in via d’estinzione al pari dei panda; che una larga fetta della Zona Falcata (probabilmente il più pregnante Genius Loci che questa città abbia mai avuto) è da decenni un caravanserraglio di materiali in discarica e di sostanze inquinanti; che lo Stato ha smantellato il proprio sistema di collegamenti marittimi, consolidando di fatto un monopolio che si è rivelato sempre più contrario alla qualità della vita dei messinesi; che alcuni anni or sono una Nave Traghetto carica di memorie come la “Cariddi” è stata fatta affondare tra l’indifferenza colpevole di tutti. Che … tanto altro ancora.
Insomma, il rapporto tra Messina e il mare, un tempo idilliaco, è diventato conflittuale e astioso, come quello tra due coniugi che non si riconoscono più in un progetto comune.
A meno che - in un futuro che si auspica vicino - non risorgano nuovi sogni, nuove passioni ...
I relatori-introduttori al tema di questo Cortile dei Gentili saranno Giuseppe Campione, docente universitario, geografo, e Filippo Cucinotta, Ingegnere Navale, già Assessore alle Politiche del Mare della Giunta Accorinti.

Sergio Todesco

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