Giacomo Longo

Giacomo Longo nacque a Messina il 21 aprile 1658 da nobile famiglia di baroni della Corte. Si dedicò dapprima a studi letterari e poi a studi giuridici, conseguendo la laurea nel 1685. Trasferitosi a Palermo si dedicò alla vita forense e, per i suoi meriti, nel 1694 gli venne conferita la carica di Giudice del tribunale del Concistoro della Sacra Regia di Coscienza e fu chiamato a far parte del Sacro Regio Consiglio. Nel 1699 fu nominato giudice della Magna Regia Curia e, mentre ricopriva tale carica, fu inviato come legato munito di jus gladii, prima a Mezzojuso e poi a Corleone, per sedare delle rivolte. Riuscì egregiamente ad assolvere il compito affidatogli e ristabilì tranquillità e legalità, comminando pene severe ai colpevoli. Abbracciò la vita monastica per ritirarsi a vita contemplativa e fu eletto Abate di Santa Maria Terrana.

Durante la dominazione sabauda in Sicilia (1713-1718) fu favorevole all’avvio di riforme in campo sociale ed economico. Difese il privilegio sovrano dell’Apostolica Legatio e il Tribunale della Monarchia nella disputa con la Santa Sede, che si risolse con la bolla di Benedetto XIII del 27 settembre 1729, con cui si riconosceva ai re siciliani il diritto al mantenimento delle loro prerogative.

Nel 1714 il re Vittorio ordinò una compilazione delle Prammatiche e leggi municipali del regno, il cui primo volume fu redatto da Giacomo Longo, mentre il secondo fu affidato a Francesco Quingles. Nel 1716, il Longo si occupò della ristampa del "Sicanicarum rerum compendium" del Maurolico, che continuò da quando si arrestava la narrazione mauroliciana degli eventi, sino al 1714. Egli vi aggiunse alcune erudite Prolegomena, in cui condannava le sterili dispute monastiche ed esaltava la vita delle accademie fiorentine, francesi, tedesche, inglesi ed olandesi, che tendevano a ricercare la verità in campo filosofico, storico e teologico.

Successivamente il Longo intitolò Accademia del buon gusto (in omaggio al Muratori) l’Accademia fondata nel 1718 insieme al Caruso e al Settimo, con sede nel Palazzo Filangeri di Palermo. I principi ispiratori, illustrati nella Oratio ad Siculos (conservata presso la biblioteca comunale di Palermo) consistevano nel trattare temi di vera eloquenza e buona filosofia, in tutte le sue branche, seguire qualsiasi scuola di pensiero, puntando alla ricerca della verità senza preconcetti né pregiudizi. Da qui la nascita di nuove importanti figure politiche di spicco quali il Caruso, il Settimo, il Prescimone ed altri ancora.

Durante la breve restaurazione spagnola (1718-1720) dovette sospendere la sua attività, ma la riprese con maggior vigore durante il governo austriaco. Appoggiò la politica austriaca che tendeva a controllare e limitare il privilegio dei nobili, auspicando una rottura della dipendenza dal baronaggio e un’alleanza col ceto produttivo e commerciale.

Nel settore giurisprudenziale, Il Longo sosteneva la necessità di riformare i Tribunali siciliani, evidenziando i difetti delle leggi e della giurisprudenza. A tal fine, insieme al Caruso convinse Pantò a progettare un’Accademia per lo sviluppo delle scienze giuridiche, i cui principi ispiratori erano molto rigorosi riguardo alla dottrina e alla morale, tanto che lo stesso Muratori giudicò il progetto “di ardua realizzazione”.

Nel 1734 fu nominato giudice del supremo Tribunale della Regia Monarchia e successivamente Presidente del Tribunale del Concistoro della Sacra regia Coscienza. Morì nel maggio del 1736, anno in cui i suoi esecutori testamentari avviarono le procedure per la donazione della biblioteca alla città di Messina, che divenne così la prima città siciliana ad avere una Biblioteca pubblica.

Assai meritoria in tal senso fu l’iniziativa del Longo che, con l’istituzione di una biblioteca pubblica, volle donare ai suoi concittadini, uno strumento di elevazione culturale, in seguito, tra l’altro, alla soppressione delle Accademie durante la rivolta anti-spagnola.

Tra i manoscritti lasciati, molte produzioni legali relative a cause da lui patrocinate, raccolte nella sezione “allegationum volumina XXII in quibus uti causarum patronus pro clientibus declamavit”.

Come per molti giuristi a lui contemporanei, le opere del Longo non furono particolarmente significative per dottrina o per contenuti innovativi. Da queste però si evince la sua vasta cultura professionale ed i suoi vari interessi che spaziavano dal settore giuridico a quello letterario, a quello teologico e filosofico.

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