Manoscritti della Biblioteca Regionale Universitaria Giacomo Longo di Messina esposti nella mostra "Immagine e scrittura. Presenza Greca a Messina dal Medioevo all’età Moderna".

I manoscritti in esposizione nella mostra provengono quasi tutti dalla biblioteca del monastero del S. Salvatore de lingua phari, una delle biblioteche monastiche della grecità dell’Italia centro-meridionale che, caso particolarmente importante e raro, è ancora in parte conservata nella sede d’origine, a Messina, presso la Biblioteca Regionale Universitaria “Giacomo Longo”.
I codici testimoniano l’importanza del Monastero come centro culturale, in contatto con la capitale dell’Impero, ma anche con aree diverse del mondo bizantino. Alcuni manoscritti infatti giungono dalle aree orientali, come la raccolta di vite di santi Messan. gr. 27,

dell’XI secolo, copiato probabilmente a Costantinopoli, o il Messan. gr. 51,

codice musicale di provenienza palestino-cipriota della seconda metà del XIII secolo, decorato da pannelli figurativi.
Altri sono precedenti alla fondazione del monastero stesso, come il Messan. gr. 66,

unico manoscritto in scrittura maiuscola nel fondo librario del S. Salvatore, il cui apparato decorativo costituisce uno degli aspetti più rilevanti del volume. La maggior parte dei manoscritti, naturalmente, sono copiati in Calabria e a Messina, dove l’importanza del monastero e del suo scriptorium consentirono l’elaborazione di un tipo di grafia particolare. Fra di questi il Messan. gr. 98,
ultimato in «scrittura di Reggio» nel giugno 1184 dal copista Romberto per Leonzio, amministratore della chiesa di S. Giorgio di Valle Tuccio, importante per lo straordinaria decorazione, eseguita in stile carminato. Particolare il Messan. gr. 83,

scritto nel 1104-1105 a Rossano, che tramanda le Catechesi di s. Teodoro Studita, e utilizza come iniziali le lettere-personaggio, caratteristiche dei manoscritti italo greci.
Dopo il regno normanno, che l’aveva sostenuta, già a partire dall’età sveva inizia la destrutturazione della società di lingua greca, che si aggrava nei secoli successivi, con una diminuzione anche della produzione libraria. E’ questo probabilmente il motivo che porta Daniele, skeuophylax del monastero del S. Salvatore, a raccogliere nei due volumi del famoso menologio Messan. gr. 30 + 29,

finito di trascrivere nel 1307, come attesta la sottoscrizione datata sabato 2 settembre - numerose vite di santi calabresi e siciliani non altrimenti testimoniate, quali Elia lo Speleota, Nicodemo di Cellarana, Filareto, Fantino di Tauriana e Bartolomeo di Simeri, che diede vita al monastero de lingua phari.
I monaci sono sempre più spesso “latini e figli di latini”, e nonostante nel Quattrocento si attivi a Messina una cattedra di greco e in città siano presenti personalità come Costantino Lascaris, il manoscritto Messan. gr. 107, un libro liturgico trascritto da Manuel, discepolo del dotto umanista bizantino, presenta, aggiunto in fine, un calendario in caratteri greci, ma in lingua volgare.
Lo stesso Compendio delle Costituzioni ascetiche di S. Basilio Magno del cardinale Bessarione, contenuto nel Messan. gr. 113,

tramanda quale unico esemplare il testo non solo in greco, ma anche in latino e italiano, e suggerisce l’idea che si tratti della copia trascritta direttamente sotto la guida del cardinale, in funzione della sua successiva diffusione nei monasteri della Sicilia e della Calabria.
Anche il manoscritto F.V. 9,

del XV secolo, che contiene alcune opere astronomiche e matematiche, è stato scritto in Calabria, pur provenendo dalla biblioteca del Collegio gesuitico di Messina. Da segnalare tra i manoscritti in mostra, infine, il F.N. 31,

nel quale Giuseppe Vinci, protopapa del clero greco messinese dal 23 giugno 1744, raccoglie una serie di documenti che riguardano il rito greco a Messina, con particolare riferimento alla Collegiata greca detta La Cattolica.

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