LA
REGIONE PARTECIPA ATTIVAMENTE ALL'ATTUAZIONE
DEL PIANO NAZIONALE DELLA SICUREZZA STRADALE
Il Dipartimento,
rappresentato dal dirigente del competente Servizio e dal funzionario
responsabile dell’Ufficio del Piano della Sicurezza Stradale, ha preso
recentemente parte alla seconda sessione plenaria indetta dalla Consulta
Nazionale della Sicurezza Stradale, svoltasi presso la sede del Consiglio
Nazionale dell’Economia e del Lavoro, appositamente convocata per fare
il bilancio della politica della sicurezza stradale, realizzata nel corso
del 2004, essendo in corso di definizione la Relazione annuale al Parlamento
circa l’attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS) per
la quale il Cnel è tenuto a rendere il prescritto parere.
In
tale occasione la Consulta ha dedicato tale sessione ad una valutazione
critica
dei risultati sino ad ora conseguiti nonchè, in modo particolare, all’individuazione
di quei correttivi, sia di carattere normativo sia di carattere tecnico,
idonei a favorire lo sviluppo di interventi
più efficaci o comunque suscettibili di agevolare il raggiungimento degli
obiettivi prefissati dal PNSS.
Da siffatta
impostazione, a seguito di ampio dibattito tra
i rappresentanti delle Amministrazioni presenti, ne sono scaturite tre
sostanziali considerazioni che è possibile sinteticamente illustrare.
- GLI
STRUMENTI PER COSTRUIRE UNA CULTURA DELLA SICUREZZA STRADALE
Allo stato attuale emerge che nel nostro
Paese le esperienze strutturate di costruzione sistematica di una cultura della sicurezza
stradale, riferita all’insieme dei cittadini e, dunque, con prevalente
riferimento alla popolazione adulta, appaiono marginali se non del
tutto assenti.
Tranne qualche caso limitato a componenti sociali particolari (ad esempio, gli anziani o
i giovani che frequentano le discoteche), nel nostro Paese si ha esperienza
di corsi di educazione stradale che coprono tutta la gamma di età dei
minori, ma la popolazione adulta non sembra aver bisogno di comprendere
le regole e la meccanica di una mobilità sicure per sé e per gli altri,
al più avverte il bisogno di migliorare la propria abilità tecnica
di guida.
Una recentissima indagine promossa dalla Commissione europea (denominata SARTRE 3) e sviluppata
in cooperazione da 24 Paesi europei, basata sull’esame di svariati
aspetti dei comportamenti di guida collegati alla sicurezza stradale,
ha rivelato, tra le molte altre cose, che poco più della metà dei cittadini
europei si attribuisce una condotta di guida più sicura della media,
mentre poco meno della metà una condotta di guida con un livello di
sicurezza inferiore alla media.
Se, quindi, in Europa mediamente si rileva
una situazione di leggera autoindulgenza alla guida, in Italia la percezione
dei livelli di sicurezza è clamorosamente errata: nel nostro Paese,
infatti, il 77% dei conducenti è convinto di guidare in modo più sicuro
della media e solo il 23% ritiene di guidare in modo meno sicuro della
media.
Dato, questo, meritevole di attenta riflessione in quanto, al di là del significato
meramente statistico, rappresenta una generalizzata e preoccupante
sovrastima del livello di sicurezza della propria guida e una incapacità diffusa
a valutare correttamente i comportamenti a rischio.
Se poi, a questo scenario, si aggiunge
l’ulteriore dato secondo cui i nostri concittadini
sono anche quelli che, in generale, subiscono meno controlli, è probabile
allora che la consapevolezza del livello di sicurezza della propria
guida sia direttamente correlata al numero di controlli e alla costante
verifica del livello di sicurezza dei comportamenti di guida che tali
controlli impongono.
L’azione di controllo e di dissuasione,
infatti, non ha solo il valore di evitare o di reprimere uno specifico
comportamento a rischio da parte di un determinato utente della strada
in un dato momento, ha anche una funzione di comunicazione-conferma
dei valori della sicurezza stradale e tende
a contrastare i comportamenti a rischio in generale, specialmente laddove
l’azione di controllo sia percepita come capillare e sistematica al
punto da determinare una sanzione certa dei comportamenti a rischio.
Tuttavia è anche vero che una maggiore
consapevolezza dei comportamenti di guida sicuri non la si ottiene solo attraverso i controlli di polizia e che
non sempre i controlli di polizia rappresentano lo strumento più efficace.
In molti Paesi dell’Europa settentrionale
(in Scandinavia in maniera particolare) l’azione di controllo della
polizia stradale è affiancata da una rete capillare di telerilevamento
dei comportamenti a rischio (come la rete inglese delle telecamere
per la rilevazione delle trasgressioni dei limiti di velocità), da
iniziative a carattere sistematico di educazione,
formazione, sensibilizzazione, da una costante attenzione a penalizzare
socialmente ed economicamente i comportamenti di guida e scelte di
mobilità a rischio premiando al tempo stesso quelle condotte di guida
e quelle scelte di mobilità sicure.
Questa attenzione si manifesta in contratti di assicurazione
fortemente penalizzanti/premianti rispetto ai comportamenti di guida,
in orari di accesso al luogo di lavoro che premiano modalità di spostamento
sicure, in regolamentazioni del trafficano che “educano” all’uso di
mezzi a bassa capacità d’offesa e a ridotto impatto ambientale, in
scelte urbanistiche che non forniscono spazi per comportamenti di guida
a rischio, etc.
In definitiva, la costruzione di una
cultura della sicurezza stradale riferita alla generalità dei cittadini
non si sviluppa solo o prevalentemente attraverso campagne di informazione/sensibilizzazione
o corsi di educazione stradale per adulti, ma comprende una gamma estremamente
ampia di potenziali strumenti che possono essere utilizzati in vario
modo e che, già in alcuni Paesi europei, sono stati concretamente utilizzati
con risultati ampiamente soddisfacenti.
- IL SISTEMA
SANZIONATORIO
La seconda considerazione, strettamente
connessa alla prima, riguarda l’apparato sanzionatorio inteso sotto
un duplice aspetto: la certezza della pena e la misura di questa, vale
a dire la proporzione tra reato e pena.
A tal proposito, appare molto interessante
l’evoluzione della sicurezza stradale ed il sistema sanzionatorio in
Francia nel corso del 2003.
Occorre dire, innanzitutto, che in
Francia si è registrata una riduzione delle vittime degli incidenti
stradali di straordinaria entità: 1.511 morti (-21%) e 21.910 feriti (-16%) in meno. Tale riduzione è simile
per entità percentuale a quella verificatasi nel nostro Paese su base
semestrale, ma ha origini del tutto diverse.
In Francia la patente a punti è stata
introdotta nel luglio del 1992 e – aspetto, questo, decisamente interessante
– nel primo anno di applicazione si è registrata una riduzione sia
dei morti sia dei feriti non particolarmente rilevante.
Ciò sta a significare,
se nei dodici anni di applicazione della patente a punti in Francia
si sono ottenuti tali eccezionali risultati in termini di riduzione
degli incidenti stradali di grave entità, che non è lo strumento in
sé e preso isolatamente che produce un determinato risultato bensì è l’insieme
degli strumenti e delle azioni applicate in un determinato contesto.
Tale straordinaria riduzione delle
vittime francesi viene, infatti, spiegata con una intensificazione
dell’enforcement, con l’adozione di un sistema sanzionatorio più severo
e con l’aumento dei controlli.
In primo luogo, basti pensare, a titolo
esemplificativo, che nel 2003, a causa della recrudescenza dei controlli,
1,66 milioni di conducenti transalpini hanno perso complessivamente
4,46 milioni di punti-patente, con un incremento del 44% rispetto all’anno precedente e, per quanto riguarda i controlli del
tasso alcolico, sono stati effettuati nel corso del 2003 ben 8.600.000
controlli, con una crescita rispetto all’anno precedente di circa il
4%.
In secondo luogo, il sistema sanzionatorio
francese prevede che talune trasgressioni delle regole di sicurezza
stradale abbiano una connotazione penale. Basti pensare che, nel corso
del 2002, si sono avute in Francia 194.435
condanne penali con iscrizione nel casellario giudiziario, di cui il
51% di queste hanno comportato pene detentive.
E’ possibile che i dati succitati non
abbiano tra loro alcuna relazione, tuttavia in base allo stato attuale
delle conoscenze è ragionevole presumere che i fattori preponderanti,
quelli cioè che hanno maggiormente influenzato l’andamento delle
vittime della sicurezza stradale, siano da ascrivere all’aumento dei
controlli, alla severità e all’inasprimento dell’apparato sanzionatorio
che configura come delitto il reato contro la sicurezza stradale e
lo sanziona di conseguenza con pene detentive tali da non potere essere
considerate come un mero deterrente ma come una concreta possibilità di
restrizione della libertà personale nei confronti di quanti si rendono
colpevoli di condotte di guida a massimo rischio.
Rispetto al dispositivo sanzionatorio
ed al sistema di controlli francese sopra delineati,
la situazione italiana appare nettamente diversa. Il grado di “severità”
del nostro sistema sanzionatorio non è neanche confrontabile con quello francese
così come non lo sono la sistematicità ed il numero dei controlli.
Ciò è da ascrivere presumibilmente
non tanto ad uno scarso impegno delle forze di polizia stradale bensì all’attuale
quadro normativo che, probabilmente, risente dell’atteggiamento permissivo
e di accettazione sociale dei svariati comportamenti
a rischio.
In queste condizioni è ragionevole
auspicare, de iure condendo,una riflessione sull’opportunità o meno di rivedere le
norme, gli strumenti e le strutture operative che condizionano il sistema
dei controlli dei comportamenti di guida e ne determinano i caratteri
e la numerosità e le disposizioni sostanziali che definiscono il sistema
sanzionatorio per le trasgressioni e per i reati contro la sicurezza
stradale e le modalità di applicazione delle relative sanzioni.
- IL
DIRITTO AD UNA MOBILITA’ SICURA
Allo stato attuale la visione
tradizionale dell’incidentalità stradale attribuisce le cause degli
incidenti ad anomalie, eventi straordinari, errori, comportamenti trasgressivi,
etc. Rispetto a questa visione, le analisi e le politiche di sicurezza
stradale che negli ultimi anni sono riuscite a
conseguire i risultati più soddisfacenti tendono a considerare l’incidentalità –
e, in particolare, il numero e le caratteristiche delle vittime degli
incidenti stradali – come il risultato statisticamente determinato
di numeri fattori: le caratteristiche della rete, il volume ed il tipo
di traffico, la ripartizione modale degli spostamenti, la presenza
o meno di alternative modali per i percorsi abituali, la quota di utenti
deboli e a rischio, etc.
Ma, a ben vedere, è lo stato di tutti
questi fattori e, soprattutto, il modo in cui questi fattori si combinano,
che determina sostanzialmente la configurazione e l’intensità locale
del rischio e, quindi, il numero e le caratteristiche delle vittime
degli incidenti stradali.
Tale asserzione presenta,
infatti, un duplice ordine di rilevanti implicazioni. La prima riguarda il fatto che le prospettive di miglioramento stabile
dei livelli di sicurezza stradale sono legate al miglioramento delle
prestazioni di sicurezza dei fattori sopra ricordati. Così, ad esempio,
la progettazione delle strade e, in particolare, la loro buona e costante
manutenzione e la capacità di realizzare forme di manutenzione evoluta
che non intervengono dopo la manifestazione dell’ammaloramento o della
disfunzione ma siano in grado di prevenirli (cosiddetta manutenzione programmata)
rappresenta sicuramente un fattore di decisiva importanza per la sicurezza
stradale in generale e per la sicurezza degli spostamenti su due ruote
in particolare. Allo stesso modo, una regolamentazione del
traffico che consenta un efficace sviluppo dei servizi di trasporto
collettivo da un lato e favorisca l’uso di spostamenti a ridotto impatto
ambientale dall’altro, costituisce un altro fattore decisivo per migliorare
la sicurezza stradale.
Tutto ciò suole evidenziare
l’opportunità di definire standard, prestazioni minime, benchmark e
altri analoghi strumenti per
definire la soglia minima delle prestazioni di sicurezza stradale che
devono essere garantite dai diversi fattori e ciò in funzione di determinare
un obbligo a raggiungere una soglia minima di prestazioni di sicurezza
per garantire ai cittadini una mobilità sicura o, più esattamente,
un livello accettabile di sicurezza stradale.
La seconda implicazione è che
se, da un lato, è importante che ogni fattore sia ottimizzato in funzione
delle prestazioni di sicurezza, ancora più importante, dall’altro, è assicurare una ottimizzazione
complessiva, di assetto, dei diversi fattori. In questa materia, infatti,
non è tanto importante il livello che si riesce a raggiungere in un
determinato settore, quanto il livello medio rappresentato dalla risultante
della combinazione complessiva di tutti i fattori. A titolo esemplificativo,
che se da un lato è importante che la norma stabilisca un limite di alcolemia
basso, dall’altro è ancora più importante il numero di controlli sul
tasso alcolemico, il tipo di sanzioni previste in astratto e quelle
concretamente applicate, il livello di condanna sociale della guida
in stato di ebbrezza, la presenza di dispositivi come l’alcoolock e
molte altre condizioni che per brevità si omettono.
In buona sostanza, quindi,
se il miglioramento delle prestazioni di sicurezza di ciascun fattore
determina sicuramente una riduzione delle vittime degli incidenti stradali,
i risultati più rilevanti in questo settore possono essere raggiunti
solo attraverso un piano o programma che consenta di
intervenire in modo integrato e sulla configurazione complessiva di
tutti i principali fattori.
In conclusione, ciò significa
che per garantire appieno il diritto dei cittadini ad una mobilità sicura
se da un lato è opportuno (se non indispensabile) definire standard
e prestazioni minime di sicurezza stradale per ciascuno dei principali
fattori che incidono sui livelli di sicurezza, dall’altro i miglioramenti decisamente più rilevanti in termini di sicurezza stradale
potranno essere raggiunti solo attraverso una strategia complessiva
e unitaria applicata su tutti i principali fattori di rischio e, cioè,
attraverso la definizione e attuazione di un Piano che individua e
ordina gli interventi sui diversi fattori in relazione alla loro rilevanza,
al sistema di risorse concretamente disponibile, al contesto territoriale
e di mobilità e così via. |