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DALL’IMPERO ROMANO A QUELLO CRISTIANO

La progressiva cristianizzazione del mondo romano indusse a raffigurare sui gioielli – prevalentemente anelli – temi e soggetti religiosi.
Già, infatti, Clemente Alessandrino, rivolgendosi ai fedeli, sottolineava il diritto di indossare anelli in relazione alle attività e necessità di ciascuno, ad esempio in funzione di sigilli, mentre non ne approvava l’uso esclusivamente ornamentale.
Continuava parallelamente, comunque, la produzione di gioielli con figurazioni apotropaiche e magiche, legate alla persistenza di credenze pagane che preoccupavano fortemente la Chiesa.
Dopo il IV secolo d.C., tali raffigurazioni si ridussero progressivamente.
La crisi politico-sociale ed economica dell’età tardoantica interessò anche la produzione e la diffusione delle oreficerie, utilizzate come fonte di ricchezza e di scambio oltre che come ornamenti. L’inflazione, con la conseguente scarsa circolazione di moneta, induceva spesso, infatti, a conservare o nascondere gli oggetti di valore.
I personaggi di rango elevato, tuttavia, usavano gioielli costosi e raffinati, come il monile d’oro con cammeo (collana o diadema?) rinvenuto in una sepoltura all’interno della basilica di contrada San Miceli a Salemi.

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