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MAGICHE PIETRE

Nel mondo antico le gemme non avevano solo un valore ornamentale, ma erano scelte anche per le proprietà magiche o medicali loro attribuite: tra le più usate erano il calcedonio, nelle sue varietà cangianti (tra cui l’agata, considerata efficace contro il veleno e le calamità naturali), e soprattutto la corniola, apprezzato amuleto contro gli incantesimi, ma curativa anche delle febbri e delle malattie del sangue.
Il lapislazzulo, amato già nell’antico Egitto, continuò ad esserlo anche in età romana, per la sua virtù di potente talismano, che richiama in sé il colore del cielo. Il diaspro rosso, col suo colore sanguigno, infondeva e accresceva la forza vitale nel portatore del gioiello.
L’ambra era nota per i molteplici effetti terapeutici, dalle affezioni dentarie a quelle nervose, compresa l’epilessia, ma, ridotta in polvere, serviva anche per la preparazione di “prodigiosi” cosmetici.
Quarzo e pietre trasparenti erano legati alle facoltà profetiche, mentre i misteriosi poteri dello smeraldo erano connessi alla sfera amorosa, al senso della vista, e simbolicamente, alla conoscenza misterica.
Raffigurazioni e iscrizioni particolari potevano esaltare le virtù delle pietre.
E’ il caso delle gemme conosciute come “gnostiche”, prodotte tra il I ed il V secolo d.C., dagli Gnostici, eretici seguaci di una particolare forma di cristianesimo,
Vi erano raffigurati esseri sovrumani, dalle caratteristiche semiumane e mostruose, accompagnati spesso da iscrizioni e sequenze alfabetiche apparentemente prive di significato, con valore di vere e proprie “formule magiche”.
Si pensava che le gemme così consacrate con l’aiuto di entità sovrannaturali, chiamate attraverso nomi segreti, avessero poteri terapeutici e proteggessero dai pericoli, garantissero al loro possessore gloria, onori e successi, anche in campo erotico, e potessero perfino donare virtù profetiche.
I personaggi raffigurati si ispiravano soprattutto alla tradizione egiziana.
Tra più ricorrenti era Harpokrates, cioè il dio Horus bambino, seduto sul calice di un fiore di loto, simbolo della nascita del sole: era associato alla magia con finalità amorose.
Molto comune era anche un personaggio armato come un guerriero, con testa di gallo e gambe a forma di serpente, utile contro malattie e malefici.
Il dio Serapide assommava in sé i caratteri dell’egizio Osiride e del greco Zeus, divinità suprema, protettrice del cosmo, guaritrice ed ispiratrice di oracoli.
Le iscrizioni, che riportano nomi divini e invocazioni, sembrano invece appartenere al patrimonio giudaico.
Le più importanti “parole magiche” erano IAO, trascrizione greca del nome divino ebraico Yahweh, e ABRASAX (o ABRAXAS), che indicava il dio dei 365 cieli.
Le pietre più usate erano i diaspri, verde e rosso, ma anche l’agata e la corniola.

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