Il Bellomo va in convento
Francesca Campagna Cicala
già direttore del Museo Regionale di Messina
Nel cuore di Ortigia, dove la città conserva l’aspetto più scenografico della fisionomia barocca, l’ex convento del Ritiro, che prospetta sulla piazza del Carmine con l’elegante facciata attribuita a Pompeo Picherali (1720 c.), ospita oggi una mostra “Il Bellomo va in convento”. La rassegna è costituita da un cospicuo numero di opere –108 complessivamente – che appartengono al nucleo delle collezioni di arte medievale e moderna conservate nella Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, temporaneamente chiuso per lavori di restauro ed adeguamento funzionale.
La mostra si qualifica per una serie di ragioni valide e più che mai attuali: la previsione di tempi relativamente lunghi per la ristrutturazione di Palazzo Bellomo, unita alla consapevolezza che la città non può essere privata, sia pure temporaneamente, di un luogo così rappresentativo della sua civiltà e dellla sua cultura, capace di testimoniare, nel riflesso delle manifestazioni artistiche le vicende della città, hanno suggerito la possibilità di “mostrare” in questa sede durante il periodo della realizzazione dei lavori, i più significativi esempi di questo lungo ed ininterroto percorso artistico, testimonianza tangibile della crescita e dello sviluppo culturale della città nel complessivo evolversi dei fenomeni storici, economici e sociali attraverso i secoli. La sua realizzazione si inserisce dunque nella riflessione e nel dibattito che investono oggi la valorizzazione del patrimonio storico-artistico, suffragata anche dalla scelta dell’ex convento del Ritiro come sede della manifestazione. Questa scelta ribadisce infatti l’importanza del recupero funzionale di un bene monumentale situato nel centro storico, e la sua utilizzazione per una finalità espositiva realizza un obiettivo importante, quello cioè del trasferimento della concezione museale ad un contesto che è lo spazio reale e vissuto, fuori da quell’idea di staticità con cui si identifica in genere l’azione conservativa, per inseririsi viceversa nell’ambito di una conservazione attiva del bene.
Per quanto oggi si presenti molto manomesso per le vicende che lo hanno interessato - l’edificio, cessata l’originaria destinazione monastica per effetto della legge del 1866 sulla soppressione delle corporazioni religiose, viene riutilizzato successivamente come plesso scolastico per ospitare l’Istituto d’Arte - il monumento conserva tutta la sua dignità storica e trova con questa occasione la possibilità di un riuso funzionale che ne rilancia la presenza, rivitalizzandola, in un circuito che la città vive quotidianamente.
Nella cornice costituita dal monumento, di per sé stessa testimonianza e recupero, le opere si articolano in un circuito espositivo che segue un criterio storicistico, basato su un’esposizione integrata dei materiali posti in successione cronologica mirato a restituire la dimensione organica e complessiva del fenomeno artistico così come si attua nell’avvicendarsi dei diversi periodi.
Sebbene la disponibilità degli spazi abbia imposto una selezione dei materiali che non esaurisce la ricchezza e la complessità dell’intero tessuto culturale nel suo affascinante intrecciarsi di manifestazioni pittoriche e plastiche, di preziosi manufatti di argenterie e tessuti, di oggetti ornamentali e squisite manifatture artigianali, rimane intatta la suggestione di quel prodursi artistico che rispecchia motivazioni ideologiche e istanze religiose, intenti celebrativi e preoccupazioni di rappresentatività nelle forme e nei modi che le circostanze storiche hanno plasmato.
La sintetica traccia dedicata al percorso della mostra intende appunto illustrare nella breve desrizione e configurazione stilistica di ogni singola opera, la straordinaria successione di apporti, accrescimenti, soluzioni, che hanno tracciato lo svolgimento e le molteplici tendenze del panorama artistico siracusano.
Per l’allestimento della mostra sono stati utilizzati prevalentemente gli ambienti ricavati dallo spazio della vecchia chiesa, rimaneggiata già in epoca ottocentesca e successivamente manomessa con la costruzione del solaio che divide la chiesa in due piani, occultando anche la parte terminale della conca absidale ed il soffitto voltato ornato di affreschi, ed è stato ribaltato l’orientamento originario con l’apertura di accesso ai locali nella parte absidale che diventa così la sala di inizio del percorso espositivo, complessivamente articolato in cinque ambienti.
Un’antisala costituisce l’ingresso nell’area della mostra; in essa è stata sistemata la Berlina nobiliare settecentesca ornata nelle fiancate da medaglioni con scene mitologiche di gusto profano, manufatto che quindi si pone allusivamente in sintonia con la matrice settecentesca del monumento che ospita la rassegna, ed al contempo si presenta come segno emblematico di un secolo attento alle manifestazioni esteriori di prestigio e di fasto, documentate dai manufatti esposti nelle ultime sale con cui si conclude il percorso che sfocia appunto nello spazio dell’ingresso.