Agosto 1474. L’horabilis magister Antonius de Anthonio stipula un contratto con il sacerdote Iuliano
Maniuni de terra Palacioli per la realizzazione di un quadro raffigurante l’immagine dell’Annunciazione con la vergine Maria, l’angelo Gabriele ac Dey patris. Si tratta dell’Annunciazione della chiesa di Santa Maria Annunziata di Palazzolo Acreide, dipinta da Antonello da Messina nel periodo compreso tra il settembre e il novembre 1474, e ritrovata nel 1897 da Enrico Mauceri (1869-1966), incaricato dal Museo Archeologico di Siracusa di redigere un catalogo delle opere d’arte della provincia.
Nel 1902 Gaetano La Corte Cailler rintraccia nell’Archivio di Stato di Messina, in un volume del notaio Antonino Mangianti, il documento di allocazione del dipinto. Da quel momento l’identificazione dell’Annunciazione della chiesa di Palazzolo con l’opera cui fa riferimento il documento notarile confermerà l’attribuzione del dipinto ad Antonello.
L’Annunciazione della Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, assieme al Polittico
di S. Gregorio di Messina, è da ritenersi tra le opere più importanti eseguite da Antonello prima del suo soggiorno veneziano (1475 - 1476).
Su questo dipinto hanno scritto i più importanti storici dell’arte, ma oggi a descriverlo sono le semplici parole di colui che lo ha trovato, riconosciuto e salvato, restituendolo alla comunità: Enrico Mauceri.
[…] La scena si svolge entro un ampio salone bene arredato, con
soffitto a travate e con larghe finestre attraverso le quali appare la campagna.
Sul davanti sono dipinte di color grigio-cenere due grandi colonne con ricchi
capitelli che sorreggono un architrave decorato di cartocci e di rosette intermedie.
La Vergine, ispirata dal vero, col labbro superiore alquanto prominente ed il
viso scarno, piegata sulle ginocchia e con le mani incrociate sul petto, esprime
una dolce, soave modestia.
Ella è ornata di ricco nimbo d’oro di forma conciliare ed indossa un abito di
broccato di tinta rossa e mantello celeste. Dinanzi a lei è posto un leggio decorato
a traforo con su disteso un tovagliolo merlettato e sopra, un libro aperto. Ai
piedi del leggio bel vaso da fiori con motivi floreali azzurri su fondo bianco,
e sulla stessa linea, accanto alla colonna dimezzata, figurina di devoto (attraverso il documento notarile identificato poi con il committente, Giuliano
Maniuni, n.d.r.). L’Angelo con le ali iridescenti, riccamente vestito con mantello di broccato
purpureo dal bavero azzurro e con nimbo d’oro, eguale a quello della Vergine,
si piega per dare il celeste annunzio con la destra levata ed una palma nella
sinistra e con la bocca dischiusa nell’atto di pronunciare le fatidiche parole.
Il suo viso bellissimo è incorniciato di lunghi capelli biondi, adorni sulla
fronte di diadema azzurro a forma di cuspide in cima, con perline ed un rubino,
legato alla nuca mediante un nastrino dello stesso colore. Il quadro disgraziatamente
ha molto sofferto, e, in epoca moderna, numerose lacune prodotte dallo scrostamento
dei colori furono riempite di colla di farina. Non pertanto, le figure nobilissime,
d’un colorito vivo come di smalto, son salve (E. Mauceri, Su alcuni dipinti del Museo Archeologico di Siracusa, in Bollettino
d’Arte, giugno 1908, pp. 1-6).
Per questo capolavoro la critica ha variamente
ricercato influenze sia italiane, sia fiamminghe. Tanti i rapporti col Rinascimento
italiano, con Piero della Francesca in primo luogo per l’impianto della prospettiva
geometrico-luminosa, ma tanti anche i legami con gli artisti delle Fiandre come
Jan Van Eyck, che Antonello conosceva grazie ai suoi studi napoletani, alla condizione
culturale del regno aragonese di Sicilia, e ai traffici navali e commerciali
che interessavano anche la città di Messina.
Comune con i nordici la ricerca del dettaglio, il rapporto esterni - interni,
e l’uso della tecnica ad olio, più ampiamente utilizzata dagli artisti del nord,
che consentiva al pittore di stendere sottili velature e rinnovare tutto l’impianto
luministico del quadro. Stimoli che Antonello interpreta creando uno stile e
una tecnica assolutamente personali.