La trebbiatura

L'operazione della battitura ('a pisata) impegnava successivamente uomini e animali in tutta una serie di mansioni.
Il luogo era l'aia (aria), una superficie circolare, talvolta basolata, esposta al vento di tramontana.

Solitamente un luogo già utilizzato veniva preparato con la bagnatura del terreno e con la dissemina di paglia minuta che veniva pressata per divenire dura e compatta. Al centro venivano messe spighe sfasciate, mentre ai bordi covoni legati.

All'interno venivano fatti entrare muli provvisti di cuddaru e capizzuni, appaiati e fatti procedere in cerchi dal turniaturi (pisaturi), che comandava con le redini, la voce e la frusta ('zzotta, capu).
Un solo animale, in alcuni casi trascinava una macina in pietra provvista di anello ('a bbalata, 'a petra ì l'aria).

Frantumate pesantemente le spighe venivano di tanto in tanto rivoltate con il trirenti, ovvero si vutava l'aria.

Dopo quattro, cinque turni di pesatura, tra i quali si prevedeva una piccola sosta di ristoro per uomini e animali, l'operazione poteva dirsi conclusa.

Per le grida, gli incitamenti, le bevute, le preghiere e i mottetti recitati dai pisaturi, per il forte coinvolgimento del gruppo familiare, la pisata possedeva il carattere di un'attesa festa agreste.

Con i trirenti, la pale di legno e la scopa di alastra si ricomponeva il mucchio prima della spagghiata (nisciuta d'a pagghia, annittata) per la separazione della paglia dal frumento.

L'azione si svolgeva solitamente nel tardo pomeriggio lanciando in aria il prodotto battuto con il tridente (inizialmente) e la pala (in ultimo), perché il vento allontanasse i 'pagghiarizzi' e ricadessero i semi.
Il frumento raccolto in mucchio si cerneva dapprima con il crivu a maglie larghe, per l'eliminazione dei residui di paglia, quindi col criviceddu a vuocchi stritti per eliminare impurità e pietruzze