Abbigliamento e attrezzatura dei cacciatori

Descrizioni dell'abbigliamento da caccia in Sicilia si hanno fin dal XVIII secolo; all'inizio del secolo scorso il vestiario e gli strumenti del cacciatore furono osservati da Giuseppe Pitrè (Palermo) e da Benedetto Rubino (San Fratello).

Di velluto la giacca-camicia (bunaca) dalle grandi tasche, interne, esterne e posteriori, il corpetto e i pantaloni (vràchi stretti al ginocchio e infilati nei gambali delle calzature).

A questi si associavano cappelli flosci (alla calabrese), giubbotti stretti, scarpe e coturni a doppia e tripla fila di chiodi, borracce, sporte, schioppo a tracolla, tascapane, munizioni.

La 'moderna' foggia comprende larghi pantaloni di velluto, camicia di tela pesante, giacca 'a cacciatura con tasche posteriori, cartucciera in cuoio, berretto o 'coppula', scarponi o stivali, che nelle fiere vengono venduti in bancarelle del settore.
Il tascapane di tela è tenuto a spalla per contenere pane, salsiccia, provola e olive, coltello a serramanico e borraccia in alluminio per il vino.
 


L'arma normalmente utilizzata è il fucile ad anima liscia, a una o due canne (doppietta), portato a tracolla con la cinta. Esso può avere calibro 32 e 28 (per piccola selvaggina), 24 (per piccoli volatili come tordi e quaglie), 20 e 16 (per beccacce) e 12 (il più alto, indicato per tutti i tipi di selvaggina). Veniva caricata a cartucce con pallini di misura adeguata al taglio delle prede, preparate in casa con l'uso di bilancino, misurino e orlatore, con polvere, pallini e fulminanti acquistati nelle armerie. Nei centri più piccoli si disponeva di tali materiali nei negozi di merceria e attrezzi agricoli. La carica era oggetto di discussione tra i cacciatori, circa il modo e le dosi, in quanto motivo di maggiore o minore efficacia.