Il lavoro dei fabbri
Il lavoro artigianale dei furgiari contentava committenze diverse ed era
rivolto all'esecuzione di strumenti dalle tipologie estremamente variegate.
Da parte dei contadini la domanda riguardava pasturùni e ommira
(per l'aratro), catini 'i pisari, 'zzappi, pichi,
sciamarri, fauci, runculi (runchi, runcheddi), 'ccetti,
'ccituni, cuteddi etc.;
da parte dei carrettieri circhi (per le ruote), rinforzi per le sponde (spunni),
buccuri (buccali, busciuli);
per la casa erano richiesti: lanni pù furnu, stutabrascia,
ucchina, (portelli per forno, purteddi, 'cciappi), tribori,
furnetti pì tannùra, muddetti, rastieddi, riminaturi,
pala (per il forno), fusufierru (per la filatura).
Nel contesto della costruzione di una casa, l'opera del fabbro era
indispensabile per allestire ringhiere di balconi, cancelli, separaporte (miscalora),
mensole (jattuna), grate per finestre (ràri), serrature e
catenacci, manicheri (di pozzo).
A secondo del tipo di lavoro, le operazioni andavano fatte 'a cauru o
'a friddu;
si trattava di interventi per la foggiatura e la sagomatura di strumenti o
elementi e per la tempera di attrezzi, lavori che richiedevano non soltanto una
mera capacità pratica ma anche una conoscenza di tecniche, acquisite per lungo
apprendistato ed esperienza.
Le fasi
La foggiatura esigeva il
riscaldamento del metallo nell'intera parte da lavorare per piegarlo,
appiattirlo, sagomarlo, affilarlo.
Tenuto dalle lunghe tenaglie, il pezzo veniva interamente coperto di carbone e
si estraeva appena arroventato.
La battitura con mazze diverse avveniva sull'incudine, e vedeva impegnate due o
più persone;
il ritmico alternarsi dei colpi e i diversi suoni ottenuti, costituiva uno
dei momenti più caratterizzanti e riconoscibili di tale attività.
L'utilizzazione dell'incudine anche come 'furma' facilitava l'ottenimento
delle pieghe e delle curvature desiderate.
Formato l'elemento o lo strumento necessario, il metallo, sempre trattenuto
dalle tenaglie, veniva raffreddato nell'acqua.
Per aumentare la durezza dell'acciaio, il fabbro 'temperava' a termine della
realizzazione lo stesso strumento.
Si interveniva sull'assetto molecolare del metallo attraverso il riscaldamento e
quindi il rapido raffreddamento della parte interessata (generalmente il
taglio).
Allo scopo si arroventava l'oggetto nella forgia, quindi si immergeva per
poco tempo nell'acqua o nell'olio; la creazione di una patina colorata (prima
color giallognolo, poi più o meno intensamente violaceo) permettevano di
riconoscere il grado di durezza ottenuto.
Il ferro battuto
La lavorazione del 'ferro battuto' si richiedeva particolarmente per la
realizzazione delle ringhiere dei balconi, dove i mastri più abili e creativi
rivelavano particolari abilità tecniche ed estetiche ed esibivano un repertorio
decorativo notevole.
Predisposto un essenziale disegno di
progetto si faceva uso di barre a sezione quadrata per i montanti, di ferri
piatti per i raccordi orizzontali e barre più sottili per i virtuosistici e
sinuosi elementi decorativi (sciuri, cartocci).
In primo luogo venivano imperniati gli elementi principali predisponendo
nell'uno un buco ottenuto cu' buzzuni e nell'altro una miccia
(terminazione più sottile per l'incastro) e quindi si battevano finché le parti
non divenissero solidali per pressione, oppure si realizzavano due buchi in
corrispondenza dentro cui veniva infilato un perno passante ('u ribattinu),
che veniva colpito con la mazza fino a riunire i pezzi per effetto della propria
deformazione.
Gli elementi curvilinei decorativi venivano foggiati a caldo e per mezzo dei
colpi di mazza sulle superfici curve dell'incudine; ultimati, venivano
imperniati o si graffavano con fascette stringenti (gaffi) ai ferri
dritti (o 'nturciuniati) laterali.
L'arte del ferro battuto ha costituito una forma d'artigianato tra le più
antiche e diffuse in Sicilia; un curioso e significativo aspetto può essere
considerato quello relativo all'esecuzione delle 'casci 'i fusi' che
ricorrevano sopra l'asse dei tradizionali carretti, definiti dal Pitrè come 'gli
ornati più strani e più bizzarri che la fantasia del popolo possa aver creato'.