'A forgia La bottega del fabbro ferraio si collocava solitamente al piano terra di case d'abitazione, tanto negli intricati contesti urbani quanto al margine di quartieri; era costituita da un ampio vano, spesso lastricato con basole (cciappi) di pietra, resistenti al peso e alla sollecitazione dei materiali manipolati o delle scorie di lavorazione. ![]() La fucina vera e propria (forgia) si collocava in un angolo, ed era costituita da un piano sollevato di circa un metro dove si ammucchiava il carbone, con un piccolo ambiente inferiore, in cui veniva tenuta a disposizione una piccola scorta di carbone (suttanu pu' carbuni) e la paletta (palitteddu). Sospesa, in quanto sostenuta da mensole, era la cubbula o cappa, per l'aspirazione e la dispersione dei fumi. Accanto poteva essere una vasca in pietra in cui veniva pestato e imbevuto d'acqua il carbone prima dell'uso. Separato per mezzo di un muro sottile (ntosta) dalla fucina era la zona del mantici, insufflatore d'aria per ravvivare la fiamma, di grandi dimensioni. Esso era costruito con legno, metallo e pelle di vitello disposta a pieghe tra le due facce; l'azionamento del pedale faceva fuoriuscire l'aria da un sottile becco, con l'ugello direttamente puntato sul piano della fucina. |
![]() Sul davanti della forgia, a circa due metri di distanza, era posto il cippu in legno su cui era saldamente impiantata 'a ncuina (incudine); in alcuni casi poteva essere vicino un analogo attrezzo pi� piccolo. Nelle adiacenze, una vasca d'acqua in pietra (scifu) era utilizzata per il raffreddamento del ferro arroventato. In altra parte dell'ambiente era 'u vancu, bancone in legno su cui venivano collocati morse (mossi) e strumenti di costante utilizzazione. Le mazze (mazza, marteddu 'a ncuina) venivano tenute verticalmente e appoggiate ai muri o all'incudine; le tenaglie (tinagghi, tinagghiuni) dalle punte ricurve e u str�ulu (ferro per rivoltare il carbone e ravvivare la fiamma) si allineavano solitamente a lato della fucina in posizione orizzontale. Nella forgia non mancava la mola (mora) in pietra, rotante all'interno di una vaschetta piena d'acqua e azionata da un manicu 'i ferru, necessaria per arrotare gli strumenti prodotti o gli attrezzi di casa, come coltelli e forbici. |
Il contesto lavorativo Per l'approvvigionamento delle materie prime, u furgiaru doveva rivolgersi presso le grandi citt�; per il carico di carbon fossile (poteva essere necessaria una quantit� minima di 30-40 quintali l'anno) si organizzava, in proprio o in associazione con altri, un viaggio con camion da trasporto. In passato il metallo lavorato era molto duro ed esigeva impegno e fatica per la lavorazione; nella seconda met� del '900 il ferro usato era pi� dolce, anche per la disponibilit� di reperire differenti tipi di prodotto industriale. Moltissimi tra gli strumenti in uso erano realizzati dallo stesso furgiaru o ricevuti in eredit�, mentre in alcune circostanze erano effettuati acquisti nelle fiere pi� importanti. La tenuta di lavoro prevedeva unicamente u falari (fadali) in olona o in pelle, morbido e lungo indossato sugli abiti giornalieri, che tuttavia non poteva proteggere dalle particelle di ferro satati du' focu. Una forgia poteva dirsi completa quando oltre al mastru c'era l'aiuto di altri tre uomini. In molti casi uno o due di essi erano carusi (picciotti) che facevano apprendistato (stavunu 'o mastru) e non erano pagati; solo quando conseguivano una notevole esperienza essi venivano assunti come aiuti e salariati. ![]() |