Pastori e contesti rituali, mitici, leggendari

I pastori siciliani sono stati sempre oggetto di una serie innumerevole di plasmazioni simboliche, sia come protagonisti di vicende mitologiche o leggendarie, sia assumendo un ruolo rilevante all'interno di eventi rituali condivisi e partecipati dalle comunità locali. Per quanto concerne il primo aspetto, si cita qui Teocrito, poeta ellenistico vissuto nel III secolo a.C., che rappresenta nei suoi Idilli i pastori, i bovari e i mandriani della sua patria, la Sicilia, rifacendosi a un genere letterario, appunto il genere bucolico, che vanta una nascita ben più antica, in quanto già il poeta Stesicoro, tre secoli prima, aveva narrato in un canto corale la storia del mitico Dafni.

Questi, pastore siciliano, figlio di Ermes e di una ninfa, nato in un bosco di alloro e allevato dalle Muse, istruito nel suono della zampogna dal dio Pan, si guadagnò coi canti bucolici e con la sua bellezza il cuore delle ninfe e delle altre divinità agresti; ma per non aver tenuto fede all'amore giurato alla ninfa Naide, fu poi accecato dagli dèi. Non trovando più conforto nel suono e nella poesia, Dafni si uccise gettandosi da una rupe. Il padre Ermes lo accolse in cielo e da allora fu venerato come divinità dei pastori.

Analoga figura tragica è quella di Aci, bellissimo pastore siculo, figlio di Fauno e della ninfa Simete. Di lui s'invaghì la ninfa Galatea, già amata dal ciclope Polifemo; costui accecato dalla gelosia scagliò un enorme masso contro il rivale, schiacciandolo. Il sangue colato da sotto quel masso si trasformò in acqua, dando origine a un fiume della Sicilia che da Aci prese il nome.

Lo stesso Polifemo, il più celebre dei Ciclopi, figlio di Poseidone e della ninfa Toosa, appare essere un pastore. Egli dimora infatti in una caverna nell'isola dei Ciclopi (la Sicilia), in cui alleva i suoi armenti, ed è singolare che Ulisse, divenuto suo prigioniero, per sfuggire alla terribile sorte che lo attende, quella di esser divorato dal ciclope, lo accechi dopo averlo fatto ubriacare con il mosto, prodotto di un'attività agricola che il pastore Polifemo non conosce.
Anche lo stratagemma escogitato da Ulisse per uscire dalla spelonca della quale il ciclope sorveglia l'ingresso, ostruito da un enorme macigno, volge a proprio vantaggio l'attività pastorale di Polifemo: presi, senza far rumore, i più grossi montoni e legatili con vimini, tre per tre, l'eroe fa aggrappare alle lane del ventre di quello di mezzo ciascuno dei suoi compagni e i Greci possono così salvarsi uscendo al mattino nascosti sotto le pance villose degli arieti.

Sul tema delle leggende, si può far riferimento alle innumerevoli credenze sulle trovature, o tesori nascosti, oltremodo diffusi nel folklore siciliano, la cui origine è pressoché unicamente pastorale.

Per quanto attiene infine gli eventi rituali, basterà qui menzionare le sacre rappresentazioni legate al tema della Natività, in cui i pastori giocano un ruolo fondamentale.