Accoppiamenti e nascite

Ultimata la fase delle attività casearie e produttive, nel mese di maggio (o qualche tempo prima, nel caso di pascoli a bassa quota) iniziava la stagione degli accoppiamenti.

Montoni (crasti) e becchi (zzimmari) venivano posti rispettivamente a contatto con pecore e capre affinché queste ne venissero ingravidate (pigghiati).

In tale circostanza si scatenavano, all'interno di ogni gregge, le aspre rivalità tra i maschi del gruppo per la supremazia nella selezione delle femmine da coprire e nella priorità degli accoppiamenti; esse assumevano spesso la veste di furibondi scontri tra due maschi anziani (ma anche tra un quartignu e un nuviddaru), ognuno dei quali
cozzando violentemente contro l'altro, cercava di assicurarsi il sopravvento.


Nascite

Dopo cinque mesi esatti dalla munta, la pecora (o la capra) ingravidata partorisce (figghia).
Il comportamento dei due tipi di ovino in occasione della figghiata è tuttavia diversificato: mentre le capre preferiscono partorire in solitudine e quindi, una volta avvertite le doglie, si allontanano dal gregge per cercarsi un luogo nascosto e raccolto, le pecore partoriscono in un giaciglio che si cercano esse stesse all'interno dell'ovile.

Le avvisaglie del parto sono precedute nelle ultime settimane di gestazione dall'inturgidimento dell'apparato mammario ('a virina 'nzirragghiata) e, negli ultimi giorni, da un 'allungamento' dello stesso (i minni cci scinninu).

Il parto vero e proprio è preceduto dalla rottura delle acque (cci nesci l'acqualora); dopo la dilatazione della vagina in poco tempo si affaccia e poi fuoriesce l'agnellino, espulso con un lungo belato dentro la sua sacca amniotica, alla cui lacerazione segue la pulizia che la piecura figghiata effettua, leccando il corpo dell'agnellino.

Nel giro di qualche ora il neonato è già in grado di ergersi in piedi e di seguire con passo ancora malfermo la madre, accostandosi alle sue mammelle per allattare.

Nel caso dei bovini, spesso il parto è seguito e agevolato dagli stessi allevatori.
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