Caratteri naturali

Dei tre versanti della Sicilia, quello settentrionale e parte di quello orientale sono dominati dalla presenza di una catena montuosa che da Capo Peloro si allunga ad ovest sino al fiume Torto, quasi alle soglie della conca palermitana, e a sud-ovest confina, attraverso la valle del fiume Alcantara, con la massiccia mole del vulcano Etna.
In quest'asse orografico settentrionale, apparentemente unitario, i tre segmenti che lo costituiscono - i monti Peloritani, i monti Nebrodi (o Caronie) e i massicci delle Madonie - si differenziano notevolmente per costituzione e morfologia, per alcune caratteristiche dell'ambiente fisico, nonché per vari aspetti del paesaggio che l'uomo ha foggiato con i suoi insediamenti e le sue opere attraverso i secoli.

I Peloritani traggono la loro individualità innanzitutto dalla conformazione geo-litologica che li assimila alle propaggini meridionali dell'Appennino calabro. Insieme all'Aspromonte, infatti, essi costituiscono il cosiddetto 'arco' calabro-peloritano la cui impalcatura è formata da rocce prepaleozoiche e paleozoiche - graniti, gneiss, filladi scistose - fortemente soggette allo sfaldamento operato dagli agenti esogeni e in particolare dalle acque dilavanti.
Le aree sommitali della catena presentano un crinale ondulato in cui le emergenze più accentuate sono offerte da masse di calcari cristallini compatti che coprono l'ossatura del basamento granitico e hanno offerto maggiore resistenza agli agenti atmosferici rispetto alle diffuse filladi scistose. L'aspetto morfologico del versante ionico e del versante tirrenico dei Peloritani presenta notevoli differenze sia nelle aree costiere che in quelle collinari e montane. Il cordone alluvionale che racchiude lo specchio del porto di Messina si è formato per il trasporto e il deposito di masse detritiche erose nelle prime pendici peloritane da parte dei corsi d'acqua spioventi dall'incombente spartiacque. Nel restante versante ionico dei Peloritani, la linea di cresta incombe a breve distanza dalla costa: i corsi d'acqua scorrono per pochi chilometri di lunghezza, e con caratteri similari a quelli calabresi.



Carta geologica schematica della Sicilia Nord Orientale. (Bonardi et al. ,1976),
1) Alluvioni recenti ed attuali 2) Vulcaniti etnee 3)Terrazzi marini e fluviali 4) Depositi plio-pleistocenici 5) Serie gessoso-solfifera 6) Biolititi coralgali e brecce carbonatiche 7) Flysch di Reitano 8) Argille grigie ed arenarie fini 9) Unità delle Argille Scagliose Antisicilidi 10) Flysch di Capo d'Orlando 11) Unità dell'Aspromonte 12) Unità di San Marco d'Alunzio 13) Unità di Longi-Taormina 14)Unità di Capo Sant' Andrea 15)Coperture meso-cenozoiche 16) Unità di Mandanici 17) Unità di Troina 18) Flysch Numidico 19) Argille Varicolori 20) Unità delle Argille Scagliose Superiori 21) Unità di Monte Soro



I Nebrodi, che costituiscono la parte centrale della catena orografica settentrionale della Sicilia, rappresentano anche per tanti altri aspetti una regione di mezzo fra l'area peloritana e i massicci delle Madonie. Affacciandosi con il loro profilo longitudinale sul Tirreno, si presentano come una catena piuttosto regolare, massiccia nella sua parte culminante dalla quale emergono numerose vette tra cui la principale è il Monte Soro (1846 m.). L'aspetto morfologico attuale è dominato, oltre che dalla potenza della massa orografica culminale, anche dalla regolarità con cui la catena è stata frazionata nel suo versante settentrionale dai solchi vallivi. Rispetto alle forme aspre dei Peloritani, i Nebrodi presentano un'impalcatura orografica diversa: una robusta larga e possente massa culminale, le pendici più dolci, le cime più arrotondate, le vette più alte per la maggior resistenza delle arenarie alla denudazione.
L'uomo ha sottoposto ad intenso disboscamento i Nebrodi, il cui stesso toponimo nebros (cerbiatto) evoca l'immagine di una fauna che doveva avere il proprio habitat nelle sue aree boschive. Del resto il rilievo veniva in passato più frequentemente denominato Caronie, dal toponimo del bosco di Caronia. Questo era certamente il più esteso fra i lembi del manto vegetale dei Nebrodi, costituito ancora dai boschi di Mangralavite, Troina, Grappide, Foresta vecchia e Petrosino.
Tali boschi, comprendenti lecceti, impianti di faggi, cerri, olmi, frassini, sugheri, ed alcune specie rare come il tasso baccato del Bosco Tassita e soprattutto l'Abies Nebrodensis (un abete diffuso solo in quest'area e in alcune zone delle Madonie), hanno indotto alla costituzione di un parco regionale (l'Ente Parco dei Nebrodi) finalizzato alla conservazione delle specie vegetali e del manto boschivo, nonché alla tutela della, seppur residua, fauna caratteristica dei Nebrodi.


Compreso tra i solchi vallivi dell'Imera Settentrionale ad occidente e del fiume Pollina ad oriente, si eleva, quasi subito a ridosso della costa tirrenica, il massiccio calcareo delle Madonie, estrema sezione occidentale della catena settentrionale dell'isola. Nell'area sommatale, che in più rilievi raggiunge quasi i 2.000 metri, alti pianori interessati da carsismo si contrappongono alle nude pareti calcaree e alle dolomie che scoscendono sulla coltre marnoso-arenacea e sulle argille terziarie, con fianchi ripidi, incisi alla base da profondi solchi torrentizi detti valloni.

Al suolo pietroso, tormentato e improduttivo dell'area di culmine succedono nei ripidi pendii ampie superfici boschive residue di un compatto mantello vegetale che ebbe nel passato notevole importanza economica; faggete, sughereti e lembi di inestricabile macchia mediterranea gravitano prevalentemente sui rilievi del versante settentrionale; nel versante meridionale la copertura vegetale si riduce a sparute isole conservate nelle aree di culminazione, occupate più spesso da pascoli e da incolti.

La vasta area centro e sud-orientale dell'isola è caratterizzata dalla varietà del paesaggio, enfatizzata dalla contrapposizione tra il massiccio vulcanico dell'Etna e gli altipiani calcarei e basaltici degli Iblei.
All'interno di tale quadro emergono numerosi segni relativi ai processi di antropizzazione che hanno storicamente investito le pendici dei rilievi e le zone interne in un ambiente naturale a volte aspro e difficile, spesso stravolto da sismi e da altre calamità come le ricorrenti eruzioni vulcaniche.