PALERMO
Oratorio del SS. Rosario in San Domenico
Via Bambinai

Fondata nel 1568, la Compagnia del SS. Rosario è ricordata come una delle più ricche per la magnificenza dell’Oratorio, dovuta principalmente all’appartenenza, a tale compagnia, di cittadini dalle cospicue capacità finanziarie e artisti fra cui lo stesso Giacomo Serpotta. Addossato all’abside della chiesa di S. Domenico, l’oratorio viene costruito a partire dal 1574, subendo successivi ampliamenti, come quello del 1627 che vede la realizzazione del presbiterio, nonché diverse modifiche, come quelle settecentesche consistenti nella riconfigurazione dell’interno per mano di Giacomo Serpotta, chiamato per riconfigurare ed arricchire l’apparato plastico dell’aula intorno al 1707. L’intervento, conclusosi nel 1717, consiste nel rifacimento degli stucchi già presenti intorno alle finestre e ai quadri: il risultato è un felice connubio tra stucco e ciclo pittorico, costituito da quattordici tele seicentesche raffiguranti i Misteri del Rosario, Gaudiosi sulla parete sinistra e Dolorosi in quella destra. Il legame tra le tele e l’apparato a stucco è anche teologico: il collegamento tra episodi dell’Apocalisse e del Vecchio Testamento ai Misteri del Rosario, e tra questi ultimi e le Allegorie delle Virtù, intende dimostrare come la regola liturgica del Rosario abbia trovato riscontro sin dall’Antico Testamento.
Le pareti laterali dell’aula sono ripartite orizzontalmente in tre registri, due dei quali decorati: in quello mediano vi sono le tele raffiguranti i Misteri e le allegorie delle Virtù; in quello superiore, tra le finestre, i medaglioni ovali a rilievo con la rappresentazione di scene bibliche, in asse con le tele sottostanti. L’ideazione generale dell’organismo architettonico è ascritta all’architetto trapanese G. Lazzara o allo stesso Serpotta. La sigla inconfondibile dello stuccatore, la celebre “sirpuzza”, è visibile nel fusto della colonna su cui poggia il braccio la Fortezza. Nella scenografica doppia cupola absidale si affacciano, da una balaustrata, dame e cavalieri a mezzo busto, tra i quali è stata ipotizzata l’effige di Giacomo Serpotta, ritrattosi insieme ai suoi familiari.



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