DECRETO
28 dicembre 1999
G.U.R.S.
28 gennaio 2000, n. 4
Dichiarazione
di notevole interesse pubblico dell'area comprendente la Valle del Fiume
Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa,
ricadente nel territorio dei comuni di Siracusa, Canicattini Bagni, Noto e
Avola.
L'ASSESSORE
PER
I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI
E
PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE
Visto
lo Statuto della Regione;
Visto
il D.P.R. 30 agosto 1975, n. 637, recante norme di attuazione dello Statuto
della Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio, di antichità e
belle arti;
Visto
il T.U. delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della
Regione Siciliana, approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70;
Vista
la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;
Vista
la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
Vista
la legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali e
panoramiche;
Visto
il regolamento di esecuzione della predetta legge n. 1497, approvato con R.D. 3
giugno 1940, n. 1357;
Vista
la legge 8 agosto 1985, n. 431;
Visti
i decreti n. 5007 del 7 gennaio 1995 e n. 6365 del 12 maggio 1995, con i quali
è stata ricostituita, per il quadriennio 1995/99, la commissione provinciale
per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa;
Esaminato
il verbale e le allegate relazioni tecniche della seduta del 25 marzo 1998,
nonchè di quelle precedenti del 20 ottobre 1997 e del 29 novembre 1997 nelle
quali la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Siracusa
ha proposto di sottoporre a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29
giugno 1939, n. 1497, l'area comprendente la Valle del Fiume Cassibile, Bosco
di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa ricadente nei comuni di
Siracusa, Canicattini Bagni, Noto e Avola delimitata perimetralmente secondo
quanto descritto nel verbale della seduta del 25 marzo 1998, a cui si rimanda e
che fa parte integrante del presente decreto;
Accertato
che il verbale contenente la suddetta proposta è stato pubblicato all'albo
pretorio del comune di Siracusa dal 24 aprile 1998 al 24 luglio 1998, del
comune di Canicattini Bagni dal 29 aprile 1998 al 28 luglio 1998, del comune di
Noto dal 27 aprile 1998 al 27 luglio 1998 e del comune di Avola dal 7 maggio
1998 al 7 agosto 1998 ed è stato depositato nelle segreterie dei comuni stessi,
per il periodo prescritto dalla legge n. 1497/39;
Ritenuto
che le motivazioni riportate nel succitato verbale del 25 marzo 1998 e in
quello delle sedute del 20 ottobre 1997 e del 29 novembre 1997 sono sufficienti
e congrue rispetto alla proposta di vincolo formulata e testimoniano l'esigenza
di proteggere un ambiente singolare, che presenta tutti i requisiti per essere
oggetto di una studiata e corretta tutela che impedisca alle bellezze naturali
e paesaggistiche della zona in questione di subire alterazioni di degrado
irreversibili;
Considerato
che non sono state prodotte opposizioni al vincolo de quo, ai sensi dell'art. 3
della legge 29 giugno 1939, n. 1497;
Rilevato
che la proposta avanzata dalla commissione giunge a definire come di rito il
vincolo paesaggistico dell'area medesima, già dichiarato giusta decreto n. 6689
del 7 settembre 1993 contestualmente al divieto di temporanea inedificabilità
di quel territorio, ex art. 5 legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, ampliando,
peraltro, la perimetrazione della zona descritta in quel decreto;
Considerato,
quindi, nel confermare la proposta di vincolo in argomento di potere accogliere
nella loro globalità le motivazioni, espresse in maniera sufficiente e congrua
dalla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali di Siracusa
nei verbali delle sedute del 20 ottobre 1997, del 29 novembre 1997 e del 25
marzo 1998 e correttamente approfondite nelle relazioni tecniche e negli stralci
planimetrici ivi allegati, documenti ai quali si rimanda e che formano parte
integrante del presente decreto;
Ritenuto,
pertanto, che, nella specie, ricorrono evidenti motivi di pubblico interesse,
per il cospicuo carattere di bellezze naturali e di singolarità geologica, che
suggeriscono l'opportunità di sottoporre a vincolo paesaggistico l'area
comprendente la Valle del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava
Sture e Cava della Contessa ricadente nei comuni di Siracusa, Canicattini Bagni,
Noto e Avola, in conformità alla proposta verbalizzata dalla commissione
provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa
nelle sedute del 20 ottobre 1997, 29 novembre 1997 e 25 marzo 1998;
Rilevato
che l'apposizione del vincolo comporta l'obbligo per i proprietari, possessori
o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili ricadenti nella zona vincolata,
di presentare alla competente Soprintendenza per i beni culturali ed
ambientali, per la preventiva autorizzazione, qualsiasi progetto di opere che
possa modificare l'aspetto esteriore della zona stessa;
Decreta:
Art. 1
Per
le motivazioni espresse in premessa, l'area comprendente la Valle del Fiume
Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture e Cava della Contessa
ricadente nel territorio dei comuni di Siracusa, Canicattini Bagni, Noto e
Avola descritta nei verbali delle sedute del 20 ottobre 1997, del 29 novembre
1997 e del 25 marzo 1998 della commissione provinciale per la tutela delle
bellezze naturali e panoramiche di Siracusa e delimitata con linea continua
nera nella planimetria ivi allegata, che insieme ai verbali citati forma parte
integrante del presente decreto, è dichiarata di notevole interesse pubblico,
ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, numeri 3 e 4, della legge 29 giugno
1939, n. 1497 e dell'art. 9 del relativo regolamento di esecuzione, approvato
con R.D. 3 giugno 1940, n. 1357.
Art.
2
Il
presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana, unitamente al verbale delle sedute del 20 ottobre 1997, del 29
novembre 1997 e del 25 marzo 1998 della competente commissione provinciale per
la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa ed alla planimetria
di cui sopra è cenno ai sensi degli artt. 4 della legge n. 1497/39 e 12 del
R.D. n. 1357/40.
Una
copia della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana contenente il presente
decreto sarà trasmessa entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione,
per il tramite della competente Soprintendenza, ai comuni di Siracusa,
Canicattini Bagni, Noto e Avola, perchè venga affissa per tre mesi naturali e
consecutivi all'albo pretorio del comune stesso.
Altra
copia della predetta Gazzetta, assieme alla planimetria della zona vincolata,
sarà contemporaneamente depositata presso gli uffici dei comuni di Siracusa,
Canicattini, Bagni, Noto e Avola ove gli interessati potranno prenderne
visione.
La
Soprintendenza competente comunicherà a questo Assessorato la data
dell'effettiva affissione del numero della Gazzetta sopra citata all'albo dei
comuni di Siracusa, Canicattini Bagni, Noto e Avola.
Art.
3
Avverso
il presente decreto è ammesso ricorso ai sensi e per gli effetti del 3° comma
dell'art. 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, entro sei mesi dalla data di
affissione all'albo del comune interessato della copia della Gazzetta Ufficiale
della Regione Siciliana contenente il citato decreto, nonchè ricorso
giurisdizionale innanzi al T.A.R. entro 60 giorni dalla data di pubblicazione
del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Palermo,
28 dicembre 1999.
MORINELLO
PLANIMETRIA
- [non disponibile, vedasi G.U.R.S. 28 gennaio 2000, n. 4].
ALLEGATO
COMMISSIONE
PROVINCIALE PER LA TUTELA
DELLE
BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE
DI
SIRACUSA
Proposta
di vincolo paesaggistico
della
Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia,
Cava
Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione
del
vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91.
Verbale
della commissione provinciale
delle
bellezze naturali e panoramiche di Siracusa
redatto
nella seduta del 20 ottobre 1997
L'anno
millenovecentonovantasette, il giorno 20 del mese di ottobre, alle ore 10,00 si
è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni
culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione
bellezze naturali di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7
gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12
maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995/99, convocata dal
presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot. 16493/Amm. del
4 ottobre 1997, inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono
intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione:
1)
dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali
pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2)
prof. Salvatore Russo - componente;
3)
ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4)
ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania
convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio
1995 - membro aggregato;
5)
ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle
foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n.
5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6)
sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza dei beni
culturali ed ambientali - segretario.
Assistono
alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio
presso la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch.
Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A.
Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, per eventuali
chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il
presidente, accertata la presenza dei componenti la commissione come sopra
specificati, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare
all'esame del seguente ordine del giorno:
-
proposta di vincolo paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 della Valle
del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della
Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 della legge
regionale n. 15/91;
-
varie ed eventuali.
Introduce
l'argomento il presidente, dott. Voza, il quale enuncia alla commissione che il
vincolo che si viene a proporre nasce da due ordini di motivi: 1) la necessità
di tutelare un patrimonio culturale ed ambientale di notevole valore, quale è
la Valle del fiume Cassibile; 2) la necessità di estendere la tutela, ai sensi
della legge n. 1497/39, all'area compresa nel vincolo di immodificabilità
temporanea, ex art. 5 della legge regionale n. 15/91, denominato Cava Georgia,
Cava Sture, Cava della Contessa, di prossima decadenza.
Infatti,
il sistema di cave sopra citate inserite all'interno del bacino idrografico del
fiume Cassibile mantiene le stesse caratteristiche morfologiche e
vegetazionali, di grande interesse paesaggistico e naturalistico, tipiche del
Cassibile, che, nel tratto denominato di Cava Grande, la Regione Siciliana, nel
1990, ha dichiarato riserva naturale orientata.
Il
vincolo ex art. 5, troppo restrittivo e limitato nel tempo, può essere ampliato
e trasfuso in un vincolo paesaggistico di ampio respiro, che abbracci un ampio
tratto della zona sud dell'altipiano ibleo e si estenda nei territori dei
comuni di Noto, Avola, Siracusa, Palazzolo Acreide e Canicattini Bagni.
La
tipica conformazione delle cave, a forma di canyon inaccessibili, è l'habitat
ideale per la flora e la fauna proprie del nostro territorio, mentre i grandi
altipiani e le pianure che si estendono ai piedi del rilievo sono
caratterizzati dal paesaggio agricolo tipico del siracusano, ossia, per la
maggior parte, paesaggio di mandorli, carrubi ed ulivi, la cui estensione è di
frequente limitata da muri a secco a confine dei lotti fondiari.
Questo
paesaggio tradizionale, ancora integro e libero da tentativi di intensivazione
ovvero di sfruttamento del territorio, presenta caratteri di omogeneità ed
integrità, anche per l'appartenenza ad un unico proprietario: il marchese di
Cassibile che ha mantenuto il paesaggio agricolo del secolo scorso,
conservandolo fino ad oggi quasi del tutto inalterato.
L'area,
inoltre, è caratterizzata dalla presenza di rocce calcaree che per la loro
conformazione generano un paesaggio omogeneo ed un reticolo carsico tra i più
ricchi d'Italia, con un sistema idrografico molto articolato da valle verso
monte lungo il corso del fiume Cassibile, dal quale si dipartono numerose
ramificazioni, alcune delle quali già esplorate come Grotta Monello, Genovese,
Chiusazza, ed altre indicate sulle mappe predisposte nelle pubblicazioni
dell'università di Catania e di alcuni gruppi speleologici.
Il
bacino idrografico del fiume Cassibile viene alimentato, lungo tutto il
percorso, da numerose sorgenti, per cui, anche se una parte delle acque viene
prelevata dall'ENEL per essere utilizzata per la centrale elettrica ed una
parte viene prelevata per soddisfare le esigenze idriche per la conduzione
agricola dei fondi del marchesato, il fiume è ugualmente ricco di acque e non
si ha una sensibile diminuzione dell'entità di portata del bacino. Inoltre nè
il bacino del Cassibile, nè i bacini torrentizi limitrofi sembrano presentare
problemi di inquinamento, come rilevabile dallo stato di salute della
vegetazione ripariale, che si presenta sana e rigogliosa, proprio perchè nelle
zone a monte non ci sono nè insediamenti industriali nè urbani. Conferma,
infatti, l'ing. Turibio, che gli unici insediamenti abitativi sono le masserie
che per la maggior parte sono state trasformate in aziende agrituristiche, in
considerazione anche della loro dislocazione. Nell'area non sono previsti
progetti che possano sconvolgere l'ambiente naturale, anche perchè la presenza
di numerosi corsi d'acqua assicura il vincolo ope legis ai sensi della legge n.
431/85.
Per
quanto riguarda gli aspetti architettonici dell'area in questione, vi sono
numerosi beni sparsi sul territorio, alcuni dei quali anche di particolare
pregio storico, come alcune masserie, ville, i mulini su Cava Grande, che sono
tuttora in buono stato di conservazione e vengono ancora oggi utilizzati per
l'irrigazione e lo sfruttamento delle campagne circostanti.
Per
quanto riguarda, invece, gli aspetti archeologici dell'area si ricordano i
numerosi siti presenti, dal periodo preistorico al periodo medievale come la
grotta Spinagallo, che si è rivelata un ricco deposito di resti paleontologici,
la Grotta della Chiusazza, che ha dato un notevole contributo alla
ricostruzione stratigrafica dall'età del rame a tutta l'età del bronzo,
l'estesa necropoli protostorica del Cassibile, con tombe a grotticella, i
numerosi insediamenti di età greca, come ad esempio quello di contrada Aguglia,
e quelli di età romana; molti ipogei di epoca paleocristiana e, ancora, gli
insediamenti rupestri, come la cosiddetta grotta dei Briganti e i Dieri lungo
le sponde del Magnisi, certo utilizzate a seguito dell'abbandono delle aree
costiere ed al conseguente arretramento delle popolazioni verso l'interno in
epoca altomedievale. Notevole è l'esistenza di numerose chiese rupestri, come
S. Lucia di Mendola.
L'ing.
Trupia, rappresentante del Distretto minerario, pone all'attenzione della
commissione l'esistenza di alcune cave di estrazione nell'ambito dell'area per
la quale si propone il vincolo, reputa più opportuno consentire di completare
il piano di cava piuttosto che interromperlo, con obbligo del recupero
ambientale; tale obbligo non è previsto per le cave esistenti prima del 1980,
tuttavia il recupero, secondo l'ing. Trupia, può essere posto a carico del
comune.
L'ing.
Turibio, in rappresentanza dell'Ispettorato forestale, condivide e approva la
proposta di vincolo, necessaria per la conservazione dell'integrità
territoriale dell'area interessata anche dal punto di vista vegetazionale per
la presenza di essenze tipiche di un'area ricca di acque che si trasformano in
bosco man mano che si risale verso l'alto. Infatti, nella zona a monte del
bacino si sviluppa il bosco di Baulì, di proprietà del marchese di Cassibile,
che, peraltro, presenta problemi fitosanitari, legati al diffondersi della
"processionaria". Inoltre, continua l'ing. Turibio, la zona è oggetto
di numerosi interventi CEE, finalizzati soprattutto al rimboschimento dell'area
e quindi bisogna vigilare per evitare una trasformazione agricola del
paesaggio.
Il
prof. Russo aggiunge che la zona è anche di interesse storico rammentando che a
Cassibile venne firmato l'armistizio con le forze alleate nel 1943, che pose
fine al secondo conflitto mondiale e che, in ogni caso, quella all'attenzione
della commissione è una delle aree più belle della Sicilia orientale per cui
l'imposizione del vincolo nasce dall'esigenza di tutelare tale bellezza, che è
rimasta inalterata nonostante lo scorrere dei secoli, oltre che per le
caratteristiche archeologiche e geologiche e anche per la ricchezza di elementi
floristici e faunistici presenti.
Il
presidente aggiunge che l'unico fattore di disturbo, a margine dell'area in
argomento, in basso rispetto al bosco di Baulì, è rappresentato
dall'elettrodotto, la cui presenza, per converso, scongiura gli insediamenti di
tipo abitativo, che si sono sviluppati solo nella zona superiore, nei pressi di
S. Lucia di Mendola, ed hanno carattere prettamente stagionale. Desta, invece,
preoccupazione la vendita da parte dell'ENEL dell'impianto di prelievo
dell'acqua e la sua trasformazione in S.p.A., che potrebbe comportare un
degrado dei fabbricati, non più manutenzionati. Tuttavia all'interno dell'area
di cui al punto 17 del piano paesistico sono presenti come ampiamente mostrato,
delle valenze paesaggistiche e di unitarietà ed integrità del paesaggio degne
di tutela che possono essere riportate nel piano paesistico particolare, il
quale dovrà contemperare le contrapposte esigenze di conservazione e sviluppo
della zona, ad esempio mantenendo e migliorando la stessa rete viabile
esistente.
Infatti,
come conviene l'ing. Capodicasa, una maggiore fruibilità della zona comporta
inevitabilmente un miglioramento delle condizioni di viabilità, che la rendano
più accessibile.
Ritiene,
ancora, il presidente che bisogna cercare di mantenere l'area nei suoi
caratteri originari, evitando soprattutto una sua trasformazione conseguente
allo sviluppo di insediamenti di tipo alberghiero, di carattere troppo
invasivo, e favorendo, invece, la vocazione agrituristica. Il vincolo ha anche
lo scopo di sensibilizzare i comuni interessati affinchè abbiano maggiore cura
dello sfruttamento, dello sviluppo, della fruizione e conservazione di questo
territorio.
L'ing.
Trupia si informa sulla possibilità di potere realizzare in questa area dei
pozzi, delle vasche di irrigazione e viene rassicurato in tal senso dall'arch.
Santalucia che spiega che quello che si propone non è un vincolo di
immodificabilità assoluta del territorio, ma un vincolo paesaggistico che pone
delle regole, detta delle direttrici secondo cui, poi, si potrà operare sul
territorio senza precludere che in esso possano essere realizzate opere che
siano compatibili ed armonizzate o funzionali con l'ambiente in cui vanno ad
inserirsi.
Sottolinea
il dott. Voza che la funzione della commissione provinciale delle bellezze
naturali e panoramiche non è quella di bloccare lo sviluppo del territorio, di
cristallizzarlo rendendolo poco rispondente alle esigenze in continua
evoluzione della popolazione, ma di studiarlo per poter cercare di risolvere i
problemi che esso presenta, mettere in evidenza gli aspetti degni di tutela ed
armonizzare il tutto in una proposta di vincolo, i cui limiti dovranno essere
certi per evitare l'insorgere di eccessivi contenziosi.
Si
passa quindi ad illustrare la perimetrazione del vincolo che ripercorre e
circoscrive il bacino idrografico del fiume Cassibile ed i cui limiti si
attestano lungo gli spartiacque superficiali e le strade più vicine alla zona
da includere nel vincolo.
Il
dott. Voza propone di effettuare un sopralluogo nella zona; sarebbe
auspicabile, data l'asperità e la vastità del territorio, che tale sopralluogo
potesse effettuarsi utilizzando un mezzo aereo, tuttavia se tale soluzione
apparisse di difficile attuazione, si potrebbe ricorrere all'uso di un
fuoristrada con il quale raggiungere i punti panoramici, preventivamente
individuati, da cui poter seguire il perimetro del vincolo.
Il
sopralluogo viene fissato per il giorno 4 novembre 1997, alle ore 9,00 con
incontro dei partecipanti presso gli uffici della forestale di Siracusa, che ha
gentilmente messo a disposizione della commissione il mezzo fuoristrada.
Il
presidente, alle ore 12,00, ringrazia gli intervenuti alla riunione e dichiara
chiusa la seduta.
COMMISSIONE
PROVINCIALE PER LA TUTELA
DELLE
BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE
DI
SIRACUSA
Proposta
di vincolo paesaggistico
della
Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia,
Cava
Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione
del
vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91.
Verifiche
del sopralluogo effettuato
dalla
commissione provinciale delle bellezze naturali provinciali
di
Siracusa in data del 29 novembre 1997
L'anno
millenovecentonovantasette, il giorno 29 del mese di novembre, alle ore 8,30,
presso gli uffici dell'Ispettorato forestale di Siracusa, a seguito di
convocazione con nota prot. n. 19782/Amm. del 21 novembre 1997, si sono
riuniti, per effettuare il sopralluogo nella zona per la quale si propone il
vincolo, i sottonotati membri della commissione:
1)
dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali
pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2)
prof. Salvatore Russo - componente;
3)
ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4)
ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania
convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio
1995 - membro aggregato;
5)
ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle
foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n.
5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6)
sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza dei beni
culturali ed ambientali - segretario.
Partecipano
inoltre al sopralluogo, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che
dovessero essere richiesti dalla commissione, i seguenti dirigenti tecnici in
servizio presso la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa:
arch. Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A.
Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, dott. L. Guzzardi.
Lungo
il tragitto che porta ai luoghi da visitare si ha modo di riprendere le
argomentazioni svolte in sede di riunione della commissione in data 20 ottobre
u.s., precisando che la perimetrazione dell'area da vincolare comprende un
territorio ricco di biotopi naturali di particolare interesse.
E'
pertanto intenzione della Soprintendenza di procedere all'emanazione di
proposte di vincolo relative a bacini idrografici e il bacino del fiume
Cassibile presenta tutti i caratteri che costituiscono il presupposto per la
creazione di un vincolo più vasto. D'altra parte è anche vero che
l'osservazione dei luoghi consente di segnalare numerosi punti di vista
panoramici dai quali sono percepibili quei bruschi cambiamenti di paesaggio che
sono riferibili a trasformazioni del territorio; per tali motivi la
Soprintendenza ritiene opportuno procedere alla formulazione della proposta di
un vincolo paesaggistico che contempli tutti gli aspetti di rilievo presenti
nell'area, ai fini di una loro tutela e conservazione.
Percorrendo
la S.S. Maremonti in direzione Canicattini Bagni si giunge all'altezza dello
svincolo per Floridia e attraverso una stradina si giunge presso la cava di
estrazione Granulati Cavasecca, contigua all'area di Grotta Monello, Spinagallo
e Chiusazza, area interessata da fenomeni carsici di un certo rilievo. Si
tratta di una cava dismessa in quanto non ne è stato portato a completamento il
relativo progetto di coltivazione, di forte impatto ambientale perchè ben
visibile, soprattutto percorrendo il tratto di Maremonti che da Canicattini
porta a Siracusa.
L'ing.
Trupia fa rilevare che in ogni caso sarebbe sempre opportuno che le cave
completassero il piano di scavo, con il fine del successivo recupero ambientale
dell'area. Nel caso della Granulati Cavasecca, poichè i tecnici della
Soprintendenza fanno rilevare che non si può proseguire l'attività di
estrazione in quanto rischia di intercettare lo sviluppo della grotta Monello e
dei fenomeni carsici presenti nell'area, l'ing. Trupia propone di consentire la
coltivazione della cima.
Il
dott. Voza controbatte che autorizzare un ulteriore piano di coltivazione della
cava per conseguire il recupero dell'area a carico del titolare è
controproducente, tanto più se la coltivazione di cava interessa la cima perchè
è proprio questa che si vuole tutelare in quanto essa interferisce maggiormente
con il paesaggio circostante.
L'arch.
Santalucia suggerisce che al recupero dell'area per integrare il paesaggio si
potrebbe provvedere con i fondi POP messi a disposizione della Comunità europea
dopo che la Soprintendenza di concerto con l'Ispettorato forestale ed il
Distretto minerario abbia elaborato un progetto finalizzato ad una possibile
utilizzazione di tale recupero (ad esempio l'area potrebbe essere adibita a
laboratorio di ricerca).
Anche
l'ing. Turibio ritiene che al recupero ambientale debba provvedere
l'Amministrazione pubblica e non il titolare di cava, perchè le finalità e lo
spirito del recupero sono diverse a seconda di chi lo attua.
L'ing.
Trupia ribatte che qualsiasi intervento di recupero richiede l'intervento di
mezzi meccanici, il cui impiego produce effetti non difformi da un'attività di
cava, quindi non vede il motivo per cui al recupero non possa provvedere il
titolare di cava, magari con dei progetti che ne contemplino una destinazione a
fini ricreativi, visto che questa appare una soluzione auspicabile per le cave
dismesse, come numerosi casi dimostrano.
Il
dott. Voza, facendosi portavoce dell'opinione anche degli altri membri della
commissione, condivide che la cava debba essere in ogni caso recuperata e
rinvia ad altra sede la discussione sulle possibilità e sui modi di recupero,
considerato che la Sezione P.A.U. ha fatto di un recupero di tal genere motivo
di studio e di interesse.
Si
prosegue il sopralluogo e salendo per la strada dei Cugni si giunge in vista
della cava di estrazione SIFED e di un'altra cava, entrambe di notevole
disturbo paesaggistico, per le quali appare inevitabile il recupero.
Spiega
l'ing. Trupia che cava SIFED è una cava classica, coltivata a gradini, motivo
per cui il comune di Noto ha imposto al titolare il progetto di recupero, e a
questo proposito chiede all'arch. Santalucia, ai fini di un'azione di
coordinamento, di suggerire le modalità più opportune per il recupero di tali
cave.
L'arch.
Santalucia ribadisce che il recupero ambientale si deve conseguire non solo con
l'impianto di alberi, necessario per integrare l'area all'ambiente
vegetazionale circostante, per ricucire lo strappo al mantello verde che
ricopre questa parte del territorio, ma anche destinando l'area ad usi diversi
per i quali si possono studiare ed approntare dei progetti.
Continuando
lungo l'itinerario prestabilito si giunge nei pressi di “Cava Sture”, una delle
più incontaminate di questa parte della Sicilia, come si ha modo di osservare
da un'escursione effettuata sul posto. Dall'alto di uno dei versanti della
"cava", infatti, si ha modo di ammirare un paesaggio molto suggestivo
in quanto la "cava" ha una caratteristica forma a canyon, per la
specificità geologica ed il regime pluviometrico presenti in zona, ed è
caratterizzata da una fitta vegetazione di macchia mediterranea, con copertura
massima del suolo sul versante nord della "cava", che è più protetto
dai raggi solari.
Si
prosegue, quindi, verso le masserie Stallaini e Cunseria attraverso una zona
totalmente integra, un paesaggio tra i più incontaminati, in quanto non vi sono
tracce di insediamenti abitativi, ma solo di insediamenti agricoli. Ed ancora
attraverso "Cava Campana", si oltrepassa cava Gionfriddo (GIMOTER),
cava estrattiva per la quale è previsto il recupero, e si arriva in vista di
Villa del Seminario, nei pressi di Canicattini Bagni, zona questa che richiede
una sorveglianza attenta per i numerosi insediamenti abitativi che vi si sono
impiantati.
Si
tratta, come asserisce il dott. Voza, di un'area molto bella dell'entroterra
che è riuscita a conservare la sua autenticità perchè poco conosciuta e la cui
integrità deve essere salvaguardata perchè costituisce un polmone verde per
l'intera provincia.
Continuando
il percorso si passa attraverso il bosco di lecci di Baulì con suggestive
sfumature di colori del fogliame, incuneato nel paesaggio agricolo
dell'altopiano circostante, coltivato a seminativo od utilizzato a pascolo, in
cui gli unici insediamenti presenti sono le vecchie masserie. Inseriti nel
paesaggio agricolo, si ritrovano limitati interventi edilizi per la residenza
stagionale. Attraversando la zona San Marco si oltrepassa un acquedotto fine
ottocento, con vasche di decantazione, ed una zona in cui si trovano evidenti
presenze archeologiche, oltre ad esemplari botanici di pregio, come platani
centenari, e si prosegue costeggiando il fiume Magnisi, le cui sponde sono
ricche di vegetazione ripariale, ove prevale la presenza dei pioppi.
Si
giunge, infine, a Cava Grande del Cassibile, nello spiazzo che funge da
belvedere da dove si può ammirare uno dei paesaggi naturali più spettacolari e
più scenografici, con la vista dei laghetti e della cascatella sul fondo della
cava ricco di vegetazione, e della cosiddetta "grotta dei Briganti" e
degli insediamenti rupestri lungo le pareti.
La
conservazione di questa area, in effetti, è già assicurata in quanto dichiarata
riserva naturale, per la cui gestione è stato proposto l'affidamento
all'Azienda foreste demaniali della Regione Siciliana. Tuttavia anche la Cava
Grande è stata inserita nel perimetro del vincolo paesaggistico proprio perchè
si mira ad un discorso unitario che rispetti la omogeneità dei territori
protetti.
L'area
dell'altopiano è caratterizzata dalla presenza della gariga, ricca della
presenza di numerose palme nane ed altre essenze tipiche della macchia
mediterranea.
Attraverso
una stradella interpoderale che costeggia la "cava" si arriva ad uno
slargo da cui si può osservare il laghetto che si è formato a seguito della
frana verificatasi lungo una delle pareti della "cava" stessa.
Proseguendo lungo questa stradella, scendendo ripidamente dall'altopiano verso
la costa, incontrando Villa Tangi, una delle poche ville stile liberty ben
conservate, si arriva all'innesto con la S.S. 115 e si riprende la via del
ritorno verso Siracusa.
Alle
ore 14,00, il presidente della commissione, dott. Voza, ringrazia e saluta
tutti gli intervenuti al sopralluogo.
COMMISSIONE
PROVINCIALE PER LA TUTELA
DELLE
BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE
DI
SIRACUSA
Proposta
di vincolo paesaggistico
della
Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia,
Cava
Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione
del
vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91.
Verifiche
della commissione provinciale delle bellezze naturali
e
panoramiche di Siracusa redatto nella seduta del 25 marzo 1998
L'anno
millenovecentonovantotto, il giorno 25 del mese di marzo, alle ore 10,30, si è
riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni
culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione
delle bellezze naturali di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007
del 7 gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365
del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995/99,
convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot.
3533/Amm. del 18 marzo 1998, inviata a ciascuno dei componenti della
commissione.
Sono
intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione:
1)
dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali
pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2)
prof. Salvatore Russo - componente;
3)
ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4)
ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania
convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio
1995 - membro aggregato;
5)
ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle
foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n.
5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6)
sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza per i
beni culturali ed ambientali - segretario;
Assistono
alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio
presso la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch.
Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A.
Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, per eventuali
chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il
presidente, accertata la presenza dei componenti la commissione come sopra
specificati, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare
all'esame del seguente ordine del giorno:
-
delibera del vincolo paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 della Valle
del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa
a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 della legge
regionale n. 15/91;
-
varie ed eventuali.
Prima
di procedere alla delibera del vincolo in argomento, il presidente dà lettura
delle relazioni tecniche che costituiscono il presupposto per la proposta di
emanazione del vincolo e costituiscono parte integrante del presente verbale.
Copia di tutti gli atti verrà depositata presso gli uffici della Soprintendenza
dei beni culturali ed ambientali di Siracusa, per l'eventuale consultazione da
parte di coloro che ne abbiano interesse.
PROPOSTA
DEL VINCOLO PAESAGGISTICO
DEL
FIUME CASSIBILE
L'attività
di tutela delle emergenze culturali ed ambientali della provincia di Siracusa
non può prescindere dall'esame di sistemi omogenei di territorio superando le
tradizionali forme di tutela puntiforme o di frammentarie dimensioni.
Le
linee guida del piano territoriale paesistico regionale ispirandosi ad una
interpretazione innovativa del concetto di paesaggio indirizzano verso
l'analisi di sistemi di elementi naturali ed antropici propri di un territorio,
la cui dichiarazione di interesse pubblico per le emergenze d'interesse
paesaggistico discende dall'individuazione dei valori culturali ed ambientali
di un territorio oltre che dall'individuazione di alcuni elementi da
considerare "invarianti" nel processo di pianificazione che ne
regolerà l'uso.
A
questo scopo l'attuale proposta s'inserisce in un'ottica di valorizzazione e
conoscenza dei beni paesaggistici costituiti dai corsi d'acqua della nostra
provincia, sistemi territoriali, quest'ultimi, legati indissolubilmente agli
insediamenti antropici, nelle varie epoche della storia.
Dopo
la dichiarazione di pubblico interesse (come bellezza d'insieme), dell'alta
valle dell'Anapo, s'intende proporre con la presente relazione la descrizione
dei principali caratteri naturalistici ed antropici di rilevante interesse
paesaggistico del fiume Cassibile.
Se
infatti l'Anapo riveste una rilevantissima importanza per i valori culturali ed
ambientali ad esso collegati, altrettanto si può affermare per il territorio
compreso nel bacino idrografico del fiume Cassibile. L'Anapo ha certo
esercitato una notevolissima influenza favorendo i più lontani e importanti
insediamenti antropici, ma altrettanto importanti sono i rinvenimenti e le
tracce legate al corso del fiume Cassibile.
Un
fiume già ricordato nel "De rebus siculis" di Tommaso Fazello che
descrivendo la costa del siracusano parla della "bocca" del fiume
Cacipari dal greco Kaciparys, chiamato poi con voce saracina Jasibli, dove si
trova a distanza di un miglio dalla costa, una fortezza dal medesimo nome
edificata sulla riva del fiume; ed inoltre è possibile vedere ancora lungo il
suo corso "certi acquedotti grandi" che portano l'acqua di questo
fiume nel paese di Gerate.
Continua
il Fazello: "Questo fiume nasce da presso Palazzolo da una fonte, che si
chiama Baulì, donde correndo, riceve in se l'acque della fonte d'Amillu,
d'Arco, di Baiduno e di Bella e così cresciuto, piglia il nome di Manghisi e
passando poi per una grandissima valle, chiamata oggi Cava Grande, cresce per
cagione di altre fonti, che sono in detta valle, delle quali alcune sono
atterrate, ma anticamente per via di acquedotti, si tiravano le loro acque nel
paese di Siracusa e di questi acquedotti si vedono ancora oggi molte
vestigia."
Da
sottolineare quel "correndo", che evidenzia la grande disponibilità
di acqua del fiume e la descrizione dei numerosi sistemi di derivazione attuati
attraverso acquedotti che portavano l'acqua sino al paese di Siracusa, fatto
questo che, sin da epoche remote, conferma il grande sfruttamento delle acque
del fiume Cassibile per gli usi civili.
Connotazione
precipua del sistema fluviale del Cassibile, sia nel passato che nel presente,
è data infatti dalla sue notevoli portate idriche e dall'intenso sfruttamento
agricolo del suo territorio.
Fino
ad epoche più recenti, quando nel 1908, la S.E.S.O. (Società per l'energia
elettrica Siciliana, divenuta S.G.E.S. nel 1918 ed E.N.E.L. nel 1972) costruì
una centrale idroelettrica nel tratto di Cava Grande, che convoglia per intero
le acque del fiume in una condotta che si sviluppa in superficie ed in galleria
sul fianco destro della cava fino al bacino di carico (manufatto questo di
grande interesse architettonico) e poi, tramite la condotta forzata le conduce
alla centrale dopo un by-pass di 8 Km.
L'alveo
del fiume a partire dalla presa di derivazione E.N.E.L. sarebbe rimasto secco
se non fosse per le diffuse sorgenti che rimpinguano via il corso d'acqua a
valle della stessa presa di captazione.
Oltre
alla grande risorsa acqua, la cui importanza strategica è da sempre
riconosciuta, vi è la grande risorsa ambientale offerta dalla conformazione
morfologica a "canyon" del corso d'acqua, la cui suggestione ha
motivato negli anni '80 l'istituzione della riserva naturale orientata di Cava
Grande del Cassibile, il cui lunghissimo iter istitutivo è stato caratterizzato
da numerosissime opposizioni contro il nuovo regime di regole e di usi
controllati che l'istituzione della riserva comporta.
Questa
Soprintendenza, nel '91, aveva individuato un'area di notevole interesse
paesaggistico, ossia il sistema di Cave Georgia, Sture e della Contessa, e
l'aveva sottoposto al regime vincolistico di immodificabilità assoluta, ai
sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91. Oggi, a distanza di un
quadriennio, se ne vuole riproporre la tutela ai sensi della legge n. 1497/39,
inserendola all'interno di un programma che comprenda i corsi d'acqua
principali che si dirigono dall'interno radialmente verso la costa ionica, al
fine di definire aree omogenee per valenze paesistiche; procedimento, questo,
prioritario nell'ottica della predisposizione del piano paesistico.
Le
cave Georgia, Sture e della Contessa rivestono un'importanza preminentemente
naturalistica, costituendo un importante biotopo per la presenza di una
copertura vegetale di una tale densità e consistenza da ritenersi un vero e
proprio esempio di vegetazione allo stato "climax", ossia allo stato
di massimo dinamismo, evolutasi naturalmente in assenza di intervento
antropico; presentano inoltre caratteri morfologici e geologici di grande
interesse per le caratteristiche delle formazioni rocciose che costituiscono
un'insieme scenografico di grande suggestione. Poichè questi tratti di cava
altro non erano che parti dell'insieme morfologico del bacino imbrifero del
Cassibile, appare opportuno inserirle all'interno di una perimetrazione di
vincolo paesaggistico d'insieme che, tenendo conto delle "emergenze
naturalistiche" ed antropiche presenti, ne eserciti la opportuna tutela.
Rilevante
è il valore dell'area proposta per le valenze storiche in essa contenute,
poichè vi si rinviene una delle più grandi necropoli della provincia; inoltre
la permanenza di un antico feudo, quello del marchesato di Cassibile, che
favorito dall'unitarietà del fondo, ha conservato un paesaggio agricolo
tradizionale di importante significato storico ed etnoantropologico.
ASPETTI
NATURALI DEL PAESAGGIO - LA VEGETAZIONE
Il
bosco di Baulì
Benchè
la Sicilia sia un'isola fortemente antropizzata e benchè vi sia un'intensa
coltivazione agricola ed un'attiva pastorizia, localizzata specialmente. nelle
zone collinari e montuose, tuttavia è ancora possibile ritrovare alcune aree,
talora abbastanza estese, interessate da formazioni naturali di tipo forestale.
Si tratta ovviamente delle ultime vestigia di quella che doveva essere un tempo
la copertura vegetale dell'isola. Pertanto questi sono degli esempi di
vegetazione relitta di notevole importanza sotto il profilo naturalistico ed estremamente
significativi per lo studio dei tipi vegetazionali, nonchè per l'individuazione
della loro area potenziale di distribuzione e per la ricostruzione delle serie
evolutive.
In
particolare, il territorio siculo per la sua ubicazione geografica, geomorfologica
e topografica, si presenta nel complesso come un ambiente estremamente vario ed
eterogeneo sia dal punto di vista bioclimatico che geopedologico. Tutto ciò si
riflette in modo particolare sulla vegetazione forestale, che si presenta
abbastanza diversificata sotto il profilo fitosociologico.
Dal
punto di vista geomorfologico i monti Iblei si presentano come un vasto
altipiano, più o meno ondulato, che dai 986 m. di monte Lauro degrada
progressivamente verso il mare.
Il
fondo delle cave è generalmente occupato da corsi d'acqua a regime fluviale o
torrentizio, che decorrono radialmente rispetto a monte Lauro.
Il
clima diversificato di questo vasto territorio è caratterizzato dalla fascia
costiera ad andamento climatico termomediterraneo secco e da quella collinare e
submontana, ad andamento mesomediterraneo subumido.
Sulla
base delle osservazioni effettuate da vari autori, le conoscenze sulla
vegetazione di quest'area della Sicilia sono fra le più accurate,
rappresentando un vasto patrimonio floristico di notevole interesse
geobotanico.
Il
clima riscontrato nel tratto delle sorgenti del fiume Cassibile è
classificabile nella fascia mesomediterranea sub-umida e di conseguenza
favorisce la vegetazione più esigente in termini edafici e di fabbisogno
idrico.
Fra
le varie querce, merita un cenno particolare il Quercus ilex che caratterizza
la gran parte dei boschi presenti nelle contrade di Baulì, Velardo e S. Lucia.
In Sicilia questa specie presenta caratteri marcatamente mesofili, costituendo
al disotto di 1.000-1.100 m. dei boschi più o meno puri, in genere solo sul
fondo dei valloni etnei versanti settentrionali o comunque più freschi dei
rilievi.
Talora
leccete si instaurano nelle stazioni collinari e submontane della Sicilia
limitando il loro insediamento solo a ristrette aree interessate da particolari
condizioni microclimatiche.
Su
substrati calcarei a quote superiori ai 1.000 m. le leccete costituiscono
invece un tipo di vegetazione zonale, perfettamente in equilibrio con il
macroclima circostante.
Nel
piano collinare e montano fino a 1.400-1.500 m. si rinvengono prevalentemente
boschi a caducifoglie.
Si
tratta in genere di querceti misti dove assieme alle specie decidue, sono
frammiste spesso specie sempreverdi. In alcuni di questi querceti prevalgono Quercus
virgiliana e Quercus amplifolia, specie queste marcatamente termofile, le quali
si rinvengono su qualunque tipo di substrato, spesso fino quasi a livello del
mare.
All'interno
del territorio in esame è di notevole interesse il querceto misto della sorgente
Velardo che si estende per circa un chilometro, e che attribuisce alla zona,
nel periodo autunnale, il tipico aspetto di un bosco appeninico.
I
boschi densi e fitti di Quercus ilex, oggi sono localizzati soprattutto in zone
accidentate e poco accessibili; tuttavia esempi di questa vegetazione sono
presenti pure in aree pianeggianti o collinari all'interno di riserve di
caccia.
Nell'ambito
ibleo, è la lecceta di Baulì la più estesa in superficie occupata, altre estese
leccete sono presenti a Montegrosso e nei tratti più impervi lungo la valle del
fiume Cassibile, oltre che dell'Anapo, nonchè all'interno delle Cave Sture,
Georgia e della Contessa.
La
lecceta di Baulì, che in passato ha avuto una conduzione a fustaia, poichè non
soggetta a taglio da diversi anni sta riacquistando l'aspetto sempre più
intricato e fitto tipico della specie. Si segnala purtroppo il veloce
diffondersi di un patogeno che si alimenta di legno, la cui presenza potrebbe
in breve tempo distruggere il patrimonio forestale dell'intero bosco di Baulì.
L'alleanza
presente nel territorio considerato è quella del Quercion ilicis, la cui
differenziazione consiste nel non comprendere specie acidofile. Pertanto la
presenza di leccete basofile è stata segnalata da vari autori nella zona in
esame; in particolare l'associazione segnalata e il Doronico-Quercetum ilicis,
largamente descritta nel versante orientale ibleo.
Floristicamente
è proprio la presenza del Doronicum orientale che differenzia l'associazione,
il cui areale di distribuzione è prevalentemente compreso nell'Europa
orientale, pertanto solo nel versante ionico dell'Italia è possibile rinvenire
la specie.
Altre
specie arboree presenti nelle leccete sopracitate sono Quercus pubescens,
Pistacia terebinthus, Phyllirea angustifolia e Rhamnus alaternus.
Il
sottobosco è costituito da numerosi arbusti e liane: Rubia peregrina, Osyris
alba, Pistacia lentiscus, Hedera helix, Euphorbia characias, Smilax aspera,
Ruscus aculeatus, Asparagus acutifolius, Crategus monogyna, Teucrium flavium,
Rosa sempervirens, Rubus ulmifolius.
Fra
le specie erbacee, rappresentate soprattutto da criptofite, sono da ricordare
Cyclamen repandum, Cyclamen hederifolium, Tamus communis, Asplenium onopteris,
Ranunculus neapolitanus ecc.
La
degradazione del Doronico-Quercetum ilicis favorisce il costituirsi di una
vegetazione arbustiva con marcati caratteri xerici.
Nelle
condizioni migliori questa formazione ha l'aspetto di una macchia abbastanza
densa, alta fino a 2-2,5 m. A causa però del disturbo antropico causato dal
taglio, dal pascolo e dall'incendio, essa è sempre più di frequente diradata.
Questa
particolare macchia, che ricopre talora estese superfici, risulta
caratterizzata da numerose specie termofile dell'Oleo-Ceratonion e dei
Pistacio-Rhamnetalia alaterni:
- Prasium
majus, Teucrium fruticans, Olea europea, var. sylvestris, Calicotome infesta,
Euphorbia dendroides, Teucrium flavium, ecc.
Vi
sono pure Pistacia lentiscus, Pistacia terebinthus, Asoaragus acutifolius,
Rhamnus alatemus, Daphne gnidium, Smilax aspera, Euphorbia characias, Osjris
alba, ecc.
Di
particolare rilievo è la presenza di Salvia fruticosa, Phlomis fruticosa e
Ferulago nodosa, tipici elementi mediterraneo-orientali. Queste specie per la
loro corologia e ruolo tassonomico, conferiscono una notevole peculiarietà alla
vegetazione. Per quanto riguarda la loro distribuzione in Sicilia, si rileva
che Ferulago nodosa è esclusiva del siracusano, mentre Salvia fruticosa è
segnalata pure nel palermitano e Phlomis fruticosa si rinviene in gran parte
dell'isola tranne che sulla fascia tirrenica.
Questa
specie insieme ad Helichrysum scandens endemismo ibleo, permettono di
differenziare una nuova associazione dell'Oleo-Ceratonion, proposta come
l'associazione Salvio-Phlomidetum fruticosae.
Nelle
stazioni prettamente rocciose, questa associazione si arrichisce di tipiche
specie termoxerofile dei Cisto-Ericetalia, con caratteri di formazione
durevole, le cui specie caratteristiche sono:
-
Thymus capitatus;
-
Erica multiflora;
-
Cistus incanus;
-
Rosmarinus officinalis.
A
causa di processi di degradazione del suolo ancora più accentuati, si rinviene
l'associazione Chameropo-Sarcopoterium spinosi, che costituisce una bassa
gariga caratterizzata soprattutto da pulvini di Thymus capitatus e di
Sarcopoterium spinosum.
L'ulteriore
degrado di tale associazione favorisce la copertura ad Ampelodesmos
Mauritanicus che riveste un ruolo fisionomicamente rilevante: grossa graminacea
cespitosa, conosciuta in dialetto anche come "ligama"
"disa" "tisu", che oltre a inserirsi in diversi tipi di
vegetazione, ricopre spesso con dense ed estese cenosi le pendici di molti
rilievi.
Queste
cenosi, note comunemente con il nome di ampelodesmeti, sono il risultato di
prolungati e profondi processi di degradazione che hanno portato alla progressiva
diradazione fino alla totale distruzione, della vegetazione arborea od
arbustiva che originariamente ricopriva gran parte del territorio siciliano.
A
questa modifica del paesaggio vegetale hanno contribuito in particolare
l'estendersi delle superfici coltivate, gli incendi, il pascolo, il taglio dei
boschi e più recentemente l'urbanizzazione.
Pur
essendo gli ampelodesmeti in massima parte degli stati di degradazione, essi si
presentano, nel complesso stabili e durevoli, soprattutto a causa del ripetersi
periodico di alcuni fattori antropici, quali gli incendi ed il pascolo.
Pertanto,
si tratta di formazioni abbastanza diffuse ed uniformi a causa della loro
resistenza agli incendi; dopo che il fuoco ha distrutto la loro parte aerea,
già nella stessa stagione sono in grado di rigettare le foglie e riprendere la
vegetazione prevenendo anche processi di erosione del suolo in seguito a
mancanza di copertura vegetale.
La
ripisilva del fiume Cassibile
Dallo
studio condotto dall'università degli studi di Catania, a firma Brullo ed altri
(1993), si evince il seguente quadro sinottico della vegetazione osservabile
lungo il fiume:
-
Querco - Fagetea;
-
Populetalia albae;
-
Platanion orientalis.
I
boschi ripari attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso, ben
tipizzati soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde che
hanno contribuito alla riduzione di cause di trasformazione e degrado. La
ripisilva è composta da alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di
suoli umidi quasi in tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente
specializzate, costituenti strette fasce di vegetazione che si sviluppano lungo
le rive dei corsi d'acqua perenni.
Le
specie arboree ripali presenti sul Cassibile sono:
-
Salix pedicellata;
-
Platanus orientalis;
-
Salix alba;
-
Populus nigra;
-
Tamarix gallica;
-
Ficus carica.
Il
denso ed intricato sottobosco presente è costituito da:
-
Rubus ulmifolius, Hypericum hircinum, Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera
helix, Crategus monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis.
Fra
le specie erbacee si rinvengono:
-
Brachypodium sylvaticum, Carex pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum
ramosissimum, ecc.
Questa
vegetazione, localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni
ottimali occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua
lungo il corso dei fiumi.
L'altezza
dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m.
L'essenza
caratterizzante il corso della Cava Grande del Cassibile e il Platano (Platanus
orientalis), il cui areale gravita principalmente sui territori del
Mediterraneo nord-orientale ed ha in Sicilia il suo limite occidentale.
Dimostra maggiori affinità con il platano individuato nelle formazioni ripali
descritte nei territori mediterraneo-orientali che non con quelle del
Mediterraneo occidentale.
Gli
esemplari presenti che assumono dimensioni impensabili per il consueto
habitatus vegetativo assunto in Sicilia, che sono in gran parte secolari,
attribuiscono al fiume Cassibile, dal punto di vista botanico, maggior rilievo
dell'Anapo; infatti la particolare integrità dell'habitat del canyon di Cava
Grande, nonchè la particolare inaccessibilità all'uomo od agli animali, e,
soprattutto, la difficoltà da parte dei patogeni, di svilupparsi su specie
perfettamente sane e vigorose, ha consentito, ad oggi, l'assenza di
segnalazioni di cancro colorato, ormai purtroppo ampiamente diffuso su tutti i
platani dell'Anapo.
La
ripisilva è strettamente connessa con i caratteri geomorfologici delle
cosiddette cave, ossia con ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di
valli più o meno profonde e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema del
Cassibile appartengono a questa categoria e sono caratterizzati da una certa
pendenza, per cui prevale l'azione delle acque correnti sui processi di
sedimentazione dei materiali trasportati.
Queste
valli, assumendo il tipico aspetto a V, sono caratterizzate dall'ombreggiamento
dei versanti e da abbondanza di acqua nel suolo, creando quindi le condizioni
microclimatiche nettamente più umide rispetto al territorio circostante e
consentendo l'insediamento delle fitocenosi igrofile dei Populetalia albae.
In
questa situazione orografica il bosco ripariale occupa tutto lo spazio golenale
fluviale, lasciando poco spazio ad altre fasce di vegetazione.
Ai
margini delle formazioni boschive più mesofile, in corrispondenza di stazioni
particolarmente umide come quelle poste in prossimità di sorgenti o di pareti
con percolamento, si rinviene una formazione affine prettamente igrofila, in
cui assume un ruolo fisionomico rilevante Dorycnium rectum. Questa specie
arbustivo-lianosa, legata ad ambienti ripali o comunque a stazioni soggette a
periodiche sommersioni, risulta qui associata ad altre liane, quali Rubus
ulmifolius, Tamus communis e Rubia peregrina.
Sempre
dagli stessi autori sopracitati viene segnalata l'associazione Soncho -
Cladietum marisci, di solito segnalata per gli ambienti lacustri costieri di
Mazara del Vallo e per una piccola area palustre del litorale presso Pozzallo.
Lungo
la valle del fiume Cassibile, in corrispondenza del Belvedere di Avola Antica,
si osservano alcuni lembi di questa rara quanto peculiare vegetazione.
Essi
sono localizzati sul fondo della cava, in prossimità di una sorgente che
costituisce una piccola superficie impaludata. Caratterizza l'associazione la
specie vegetale Cladium mariscus, grossa pianta elofita molto rara in Sicilia,
la quale si accompagna a Sonchus maritimus.
Questo
ritrovamento ha un certo interesse, essendo l'unica stazione dell'interno, nota
per la Sicilia, in cui si riscontra questa associazione prettamente costiera.
Come
si evince il Soncho-Caldietum marisci si sviluppa su una superficie aperta a
contatto, nelle stazioni più rialzate con il Rubo-Dorycnietum erecti, mentre
nei tratti sempre sommersi, ma con suolo più sottile a contatto con la nuda
roccia, si insedia il Carici distansis-Schoenetum nigricantis; aspetto
vegetazionale questo, abbastanza peculiare, rinvenuto nell'area interessata
dall'associazione precedente, rappresentato da una cenosi ad elofite
fisionomicamente caratterizzata da Schoenus nigricans.
Questa
ciperacea cespitosa si accompagna, in genere, a Carex distans ed a diverse
altre igrofite del Magnocaricion e dei Phragmitetea.
Sulla
base dei dati di letteratura, la specie Schoenus n. tende in genere a formare
dei popolamenti soprattutto in stazioni palustri costiere o, più raramente,
dell'interno, dove si associa a specie con esigenze subalofile del Plantaginion
crassifoliae e degli Juncetea maritimi.
Nel
complesso, la vegetazione in oggetto si differenzia sostanzialmente dalle altre
cenosi a Schoenus n. già note, sia per la sua ecologia che per la composizione
floristica.
Essa
viene pertanto proposta come associazione nuova, con il nome di Carici
distansis-Schoenetum nigricantis, avente per differenziali Schoenus n. e Carex
distans.
Si
tratta di un'associazione da ascrivere al Magnocaricion, localizzata in
ambienti umidi soggetti a brevi periodi di sommersione da parte di acque dolci
freatiche e caratterizzati da suoli poco profondi a contatto con la nuda roccia
calcarea.
Altra
associazione, legata allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette
spesso a temporaneo disseccamento estivo, risulta caratterizzata da diverse
briofite igrofile, che formano un tappeto più o meno continuo su cui si insedia
Adiantum capillus veneris, che caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti
rocciose.
L'associazione
denominata Eucladio-Adiantemum rappresenta una vegetazione abbastanza esigente
sotto il profilo edafo-microclimatico. Infatti, il prosciugamento della falda
freatica, causato soprattutto dalla captazione delle acque, ne determina la sua
rapida scomparsa.
Laddove
poi, la superficie sia più o meno inclinata ed interessata da acque di
scorrimento superficiale durante tutto l'anno, l'Eucladio-Adiantetum viene in
genere sostituito dall'Adianto-Cratoneuretum commutati.
Quest'ultima
associazione, caratterizzata dalla dominanza di Cratoneuron commutatum, cui in
genere si accompagna Adianfum capillus-veneris, era stata finora segnalata solo
per diverse località della Sicilia centrale e settentrionale, dove è legata a
stazioni molto fresche e umide.
Nell'area
iblea, dove risulta abbastanza rara e localizzata, è stata osservata solo in
poche stazioni ombreggiate presso la Valle dell'Anapo e del Cassibile, in
situazioni microclimatiche marcatamente mesiche.
Sulle
pareti ombreggiate o in incavi delle rocce, caratterizzati da abbondante
percolamento di acqua, si rinviene un'associazione basifiladi tipo termofilo,
legata ad elevata umidità ambientale.
Si
tratta dell'Adianto-Pteridetum vittatae, vegetazione descritta da Brullo ed
altri per i Peloritani, in cui un ruolo fisionomico rilevante viene assunto da
Pteris vittata, che con le sue lunghe fronde ricopre buona parte della
superficie.
Abbondante
è pure Adiantum capillus-veneris, oltre ad alcune briofite quali Eucladium
verticillatum e Pellia endiviifolia.
L'Adianto-Pteridetum
vittatae è stato rinvenuto esclusivamente nella Cava Grande del Cassibile, dove
è estremamente raro.
Non
è comunque da escludere la sua presenza anche in altre cave iblee, in cui
probabilmente si localizza in stazioni poco accessibili.
Fra
le specie localizzate in quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali:
Calendula suffruticosa, Myosotis humilis, Urtica rupestris.
La
gariga
Nelle
stazioni semirupestri che orlano i bordi della cava e dei suoi affluenti è
spesso frequente una gariga ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora,
Cistus criticus, Coronilla valentina.
Si
differenzia dalle altre associazioni segnalate nel Mediterraneo centrale, per
la presenza di Helichrisum scadens.
Da
un transect (Trigilia marzo-aprile 97) eseguito nella zona di Cugno Mola, si
rinvengono le seguenti specie caratteristiche della formazione a gariga:
-
Thimus capitatus;
-
Sarcopoterium spinosi;
-
Chaemerops humilis;
-
Rosmarinus officinalis;
-
Daphne sericea;
-
Erica carnea;
-
Cistus incanus;
-
Bupleurum fruticosum;
-
Foeniculum vulgare;
- Asparagus communis;
- Asphodelus aestivus;
- Pyrus amygdaliformis;
-
Lathyrus clymenum;
-
Vicia hybrida;
-
Genista corsica;
-
Ornithogalum montanum.
La
flora
Influenzata
dalle vicissitudini paleogeografiche, nonchè dalla notevole varietà di
substrati e dalla topografia molto varia ed accidentata, le diversificate
condizioni climatiche del territorio siciliano, corrispondono nel territorio,
ad una ricca e differenziata presenza floristica.
Peculiare
per il territorio in esame è la diffusa presenza di orchideee spontanee che
contribuiscono a creare suggestione più esotica del sito ma anche la presenza
più occultata, visto l'habitus tipico delle orchidee spontanee, di solito
nascoste al riparo di piante d'asparago.
Il
genere Ophrys è il più rappresentato, poichè ricco di forme, diffuso in
prevalenza nel bacino del Mediterraneo, con circa 50 specie e sottospecie.
In
genere sono piante perenni con 2 tuberi indivisi, da globulari ad ovoidali, con
foglie da lanceolate a ovate, di cui le inferiori in "rosetta", le
superiori più piccole e guainanti; i fiori posti nelle ascelle di bratee verdi,
raccolti in una spiga lassa, in numero di 2-10, con segmenti perianziali
esterni più o meno patenti, oblunghi o ovati e con gli interni più stretti e
più piccoli, spesso pelosi; labello assai multiforme, simile ad un insetto,
fatto apposta per garantire un interessante meccanismo biologico di trasporto
del polline da un fiore all'altro.
Tab
n. 1 - Elenco delle specie
riscontrate (transect Trigilia marzo-aprile 1997, Cava Grande del Cassibile):
Località
S. Marco
-
Ophrys speculum Link ssp. Speculum - Ofride azzurra: delle dimensioni pari a
10-15 cm; fioritura compresa nei periodi febbario-maggio. Segmenti esterni
verdi, per lo più percorsi da due striscie bruno-viola; il superiore inclinato
in avanti. Labello lungo 11-15 mm a tre lobi, con lobo centrale arrotondato,
margini provvisti di peli bruni fitti e patenti, recanti al centro una chiazza
glabra color blu metallico lucente, orlata di giallo;
-
Ophrys lutea (Gouan) Cav. - Ofride gialla: delle dimensioni pari a 7-30 cm.;
fioritura compresa fra febbraio-giugno. Segmenti esterni verdi-oliva; il
superiore rivcurvo in avanti, labello tondeggiante o oblungo, a tre lobi,
papilloso, bruno con specchio grigioblu, margine giallo, glabro, largo 2-3 mm.;
-
Serapias vomeracea (Burm) - Serapide maggiore: delle dimensioni 10-55 cm.; fioritura
compresa da aprile a giugno; 4-9 foglie appuntite, da lineari a lanceolate le
due superiori sfumate in bruno-viola al pari delle brattee dei fiori:
Infiorescenza composta da 3-10 fiori dalle grosse dimensioni. Brattee assai più
lunghe dell'elmo formato da 5 segmenti petaloidi, rivolto verso l'alto.
Porzione anteriore del labello brunastro-violacea, densamente e lungamente
pelosa nel punto di inserzione;
-
Orchis papilionacea L. - Orchide a farfalla: delle dimensioni di 20-40 cm.,
fioritura da febbraio a maggio; pianta perenne erbacea. Foglie in numero di
6-10, ammassate alla base, strattamente lanceolate, erette non maculate, le
superiori guainanti fin sotto l'infiorescenza. Infiorescenza dalla forma
ovoidale, a 3-15 fiori, con bratte spesso purpuree, lunghe come gli ovari.
Segmenti
del perianzio bruno-purpurei con nervature scure. Labello a ventaglio intero
con margine ondulato di colore bianco ma più spesso roseo o rosso carminio,
spesso segnato da un motivo rosso scuro.
Località
Avola antica
-
Ophrys fusca Link ssp. fusca - Ofride scura: delle dimensioni di 10-40 cm.;
fioritura da marzo a maggio. Segmenti esterni molto larghi, verde giallognoli.
Labello oblungo, misurante 13-23 mm., trilobato, color rosso-bruno, scuro con
stretto margine giallo, rivestito di pelo vellutato; lo specchio diviso in due
parti, è grigio-blu o blu-viola;
-
Orchis italica - Omini nudi Poir: delle dimensioni 20-40 cm.; fioritura da
marzo a maggio, pianta perenne erbacea. Con 5-8 foglie, la maggior parte
ammassate a “rosetta” alla base; infiorescenza ovoidale lunga 3,5-6,5 cm.,
densa fiorente dal basso verso l'alto. Brattee percorse da una nervatura,
membranose.
Segmenti
dal perianzio rosa con striscie più scure appuntiti unilaterali formanti un
elmo. Labello 12-16 mm. di colore rosa o bianco, con punti rossi profondamente
trilobato; il lobo mediano diviso a sua volta e tra i due segmenti un dentino
appuntito e prolungato. Tutti i segmenti del labello sono linaeri ed appuntiti;
sperone sottile, rivolto verso il basso, lungo circa la metà dell'ovario.
I
biotopi
I
biotopi, interpetrati come siti complessi in cui coesistono rilevanti elementi
del paesaggio fra loro integrati, quali geomorfologia, presenza di flora, fauna
e vegetazione di particolare interesse, specie se endemica ovvero specie in via
di estinzione, sono oggetto di misure di tutela specifiche, che preservano la
loro peculiarietà, dinamica evolutiva e rappresentatività.
L'individuazione
dei biotopi inserita nelle linee guida del piano territoriale paesistico
regionale, riguarda i siti di Manghisi, Cava Grande del Cassibile, Cave Sture,
Georgia e della Contessa.
Infatti
per motivazioni differenti si individuano, all'interno del sistema territoriale
del fiume Cassibile, tre aree, all'interno delle quali risultano prevalenti gli
aspetti faunistici, nel caso del Manghisi, biotopo classificato omogeneo, per
la presenza di rapaci diurni e notturni, già vincolato ai sensi della legge n.
431/85, art. 1, 1° comma.
Inoltre,
per gli aspetti della vegetazione naturale, il biotopo risulta identificato
come importante stazione di sclerofille sempreverdi.
Il
biotopo del Cava Grande del Cassibile, dichiarato già dal 1988 riserva naturale
orientata, per la complessità di elementi sia geomorfologici, che floristici e
vegetazionali, costituisce un habitat di foresta di ripisilva a salici e
platani; è infatti importante stazione di ripisilva a Platanus orientalis con
presenza di esemplari imponenti del diametro di m. 1,50.
Ed
infine il biotopo di Cave Sture, Georgia e della Contessa, cave di
notevolissimo interesse geomorfologico, con presenza di macchie di sclerofille
sempreverdi, aspetti delle formazioni di ripisilva, attualmente sottoposte a
tutela ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91.
Dalla
ricognizione dei siti eseguita si rileva il mantenimento dei valori peculiari
che ne hanno determinato la perimetrazione e che vengono riportati nella
presente proposta di vincolo in quanto elementi "invarianti" per la
futura pianificazione paesistica.
ASPETTI
GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI
L'area
interessata dalla proposta di vincolo in questione costituisce una parte del
margine sud orientale dell'Altopiano Ibleo ed è caratterizzata da una
morfologia ad ampi terrazzi solcati da profonde incisioni fluviali
("cave") nel suo settore orientale e da una fitta e più superficiale
gerarchizzazione dei corsi d'acqua, nel suo tratto di monte, ad ovest.
Il
paesaggio che ne deriva, già individuato ed ampiamente illustrato nelle
"Linee guida del piano territoriale paesistico regionale", è quello
tipico dell'Altopiano Ibleo e risulta qui corredato di componenti primarie
(strutturanti) riconducibili principalmente alle voci "l" ed
"m" delle suddette linee guida (aste fluviali principali e rami
fluviali secondari), subordinatamente alla voce "a"
("costa"); occorre inoltre segnalare, anche se ciò non risulterebbe
di stretta competenza di questa Soprintendenza, la presenza di componenti
secondarie (caratterizzanti), riconducibili alle voci "b" (pianure) e
"g" (convergenze e focalizzazioni). Le particolarità naturalistiche
(grotte, inghiottitoi, sorgenti, ecc.), che verranno di seguito illustrate,
costituiscono certamente elementi di qualificazione (componenti terziarie)
dell'area oggetto della presente proposta di vincolo, della quale essa risulta
particolarmente ricca.
Fra
i numerosi riferimenti bibliografici ai quali si è attinto, fra cui opere di
viaggiatori, di naturalisti e di studiosi in genere, risulta essere specifica
la pubblicazione di Giuseppe Cugno titolata "Cavagrande del
Cassibile" ed edita a cura dell'Ente fauna Siciliana nel 1993, in quanto
caratterizza in modo esauriente la suddetta cava nel contesto geologico,
geomorfologico ed idrogeologico, fornendo, fra l'altro, utili informazioni di
carattere naturalistico generale.
Analizzando
gli eventi morfogenetici che hanno prodotto la configurazione orografica
attuale, occorre illustrare preliminarmente la successione litostratigrafica
dei luoghi, che prevede la presenza in basso di un'alternanza calcareo -
marnosa dello spessore di circa 150 metri seguita, in alto, da potenti banchi
di Calcareniti bianco-giallastre (Formazione Palazzolo), spesse anch'esse circa
150 metri, risalenti al Serravalliano-Tortoniano, coronate dai Calcari ad Alghe
della formazione monti Climiti (membro dei Calcari di Siracusa), potenti 100
metri. Un discontinuo banco di Calcareniti bianco giallastre fossilifere
testimonia un'ingressione marina nel Pleistocene inferiore, mentre la coltre
alluvionale diffusa nella spianata che degrada verso mare è il prodotto della
sedimentazione combinata fra i vari corsi d'acqua che qui pervengono da monte e
l'attività modellatrice del mare.
La
successione litologica sopra citata, prevalentemente lapidea, è stata
interessata, dal Miocene al Pleistocene, da episodi tettonici particolarmente
intensi (soprattutto durante il Pleistocene) che hanno determinato la
frammentazione dell'ammasso roccioso secondo le principali linee di rottura
crostale, che risultavano qui avere una componente principale orientata NW-SE
e, subordinatamente NE-SW. Su tali direttive si sono impostate, in quanto aree
di particolare erodibilità, sia le principali aste fluviali della zona (NW-SE)
che la linea di costa (NE-SW), migrata progressivamente dall'entroterra verso
mare attraverso un'alternarsi di oscillazioni marine legate ai periodi
glaciali-interglaciali medio-Pleistocenici (ne sono testimonianza antiche linee
di battente, gradini morfologici e fori di litofagi che oggi si ritrovano a
ridosso della paleofalesia che rappresenta il margine ibleo). E' il caso di
citare la Grotta Spinagallo quale testimonianza di antichi ingrottamenti
costieri abitati da macrofauna pleistocenica costituita da elefanti nani
("Elephas melitensis", "Elephas falconeri"), volpi,
uccelli, ecc. (Accordi et. alii, 1959).
Prodotto
geomorfologico dei suddetti processi è un allineamento (NW-SE) dei principali
corsi d'acqua (sistema fiume Magnisi-Cassibile, Cava della Contessa, parte di
monte di Cava Sture, Cavadonna, solo per fare qualche esempio) intersecato da
un sistema secondario di affluenti ad andamento NE-SW (Cava Buongiorno, Cava
Putrisino, area di valle di Cava Sture, Valle Olivella, ecc.) e dalla linea di
costa attuale ed antica.
Il
paesaggio che ne deriva risulta essere molto suggestivo, in quanto i processi
erosivi fluviali si sono spinti nel tempo fino a produrre veri e propri
"Canyon", con profonde gole in molti casi del tutto inaccessibili e
pareti a picco di altezza complessiva dell'ordine delle centinaia di metri,
come nella Cavagrande del Cassibile, dove il dislivello fra il ciglio della
cava ed il fondovalle raggiunge i 300 metri, ma anche a Cava Sture o a Cava
Campana o nel tratto terminale di Cava della Contessa, dove il dislivello è
minore, ma l'effetto scenografico non è certamente da meno. Una morfologia così
articolata ha dato luogo alla creazione di nicchie ecologiche del tutto
indipendenti dal resto del territorio, con un microclima, una vegetazione ed
una fauna rimasti immutati nel tempo in uno degli ambienti più integri della
Sicilia.
Volendo
fornire sintetici cenni sull'idrogeologia della zona, occorre dire che quasi
tutto il settore orientale dell'Altopiano Ibleo è costituito geologicamente da
terreni carbonatici spesso intensamente fratturati, che consentono la rapida
infiltrazione delle acque piovane e l'instaurarsi di numerose falde idriche
a!l'interno di un "acquifero" di vaste proporzioni.
La
particolare ricchezza d'acqua della zona è testimoniata dall'abbondanza sia di
incisioni fluviali a regime permanente (sistema del fiume Magnisi-Cassibile,
Cavadonna, ecc.) che dalla frequenza di manifestazioni sorgentizie, oltre che
dalla particolare densità di cavità carsiche, molte delle quali ancora in
attività.
Alcune
di queste sorgenti, già conosciute in passato, sono state captate ed
utilizzate; altre hanno ancora oggi una propria denominazione, come Fontana
Velardo e Fontana Saracena per restare nell'ambito del fiume Magnisi, mentre un
gran numero ne viene segnalato dal Cugno lungo la gola del Cassibile e
difficilmente accessibili.
Sempre
lungo le aste fluviali molto incise (Cavagrande del Cassibile, Cava Sture, Cava
Campana, ecc.) è possibile osservare le cosiddette "Marmitte dei
Giganti", scavernamenti di forma semisferica prodotti dall'azione erosiva
dei ciottoli trasportati dall'acqua con moto vorticoso.
Nel
contesto tettonico ed idrogeologico sopra descritto, è risultato
particolarmente favorevole, già in epoca Plio-pleistocenica, lo svilupparsi di
un reticolo carsico fra i più articolati e ricchi della Sicilia, come prodotto
dell'infiltrazione delle abbondanti acque meteoriche dei periodi interglaciali
all'interno dell'ammasso carbonatico, attraverso il complesso sistema di linee
di frattura che si andavano producendo in quel periodo, come già detto.
Gran
parte delle cavità carsiche della zona è stata oggi censita e mappata dai vari
gruppi speleologici operanti nella Sicilia orientale ed è stato per l'occasione
consultato l'elenco catastale delle grotte della provincia di Siracusa curato
dal Centro speleologico etneo ed aggiornato al dicembre 1990, che ha fornito
dati relativi alle grotte che di seguito vengono così elencate: la grotta
Monello o Perciata, che, ricchissima di stalattiti, stalagmiti, colonne, vele e
svariate forme carsiche, presenta uno sviluppo di circa 200 metri ed un
dislivello massimo di 32 metri dal p.c.; già oggetto di perimetrazione
dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che l'ha inserita
nel Piano regionale parchi e riserve, presenta uno sviluppo non del tutto
ancora noto ma certamente più ampio di quello rilevato; la già citata
Spinagallo, ricca di fauna Pleistocenica, la Quartararo, la Giovanna, la
Chiusazza, con uno sviluppo di 190 metri circa e due accessi, la Genovesi I e
la Genovesi II, la grotta del Conzo, tutte di interesse archeologico, la Grotta
della Bomba ed il gruppo di grotte denominate Moscasanti, nell'omonima
località.
Della
grotta dei Briganti, sita lungo la Cavagrande del Cassibile e ben visibile
nella zona dei "laghetti", si fà altresì menzione in un pieghevole
illustrativo curato dall'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Siracusa.
Le
restanti, mappate nell'allegata carta tematica (tav. 2) e concentrate
soprattutto in contrada S. Marco, sono state ubicate sulla scorta della
consultazione della "Carta della vulnerabilità delle falde idriche"
curata dall'Istituto di scienze della terra dell'Università di Catania e dal
Consiglio nazionale delle ricerche ed in parte verificate di presenza. La
grotta di S. Lucia, ubicata nell'omonima contrada e compresa all'interno del
sito archeologico di S. Lucia di Mendola, presenta un accesso a pozzo piuttosto
profondo, oggi cautelativamente chiuso con grate.
Oltre
alle grotte sono presenti numerosi inghiottitoi, quasi tutti ancora attivi,
molti non conosciuti nè mappati, alcuni dei quali individuabili poichè
determinano l'improvviso impoverimento, o talora la scomparsa, della portata
dei corsi d'acqua; il più noto si trova sul tratto terminale della Cavagrande
del Cassibile, e probabilmente contribuisce ad alimentare le numerose sorgenti
sottomarine diffuse lungo la costa da Fontane Bianche al lido di Avola; altro
inghiottitoio è stato scoperto di recente in occasione di sopralluoghi
effettuati a Cava Giorgia, nel suo tratto terminale, ed è venuto alla luce a
seguito dell'asportazione, a carico di ignoti, del materasso alluvionale del
torrente che ha messo a nudo il substrato calcareo della valle; le
considerevoli dimensioni (presenta un diametro di un metro circa) consentono
sicuramente l'abbattimento della portata del torrente, anche nelle fasi di
piena.
Per
concludere, è il caso di segnalare una particolare forma carsica che si trova
fra contrada della Contessa e contrada Olivella, lungo il tratto dove il
vallone Olivella si apre sulla pianura sottostante; si tratta di una grossa
voragine del diametro di 40 metri circa della profondità stimata intorno ai 15
metri, che accoglie interamente le acque del suddetto vallone convogliandole in
un inghiottitoio al suo interno e restituendole diverse centinaia di metri più
a valle. Considerato che non sono state trovate citazioni bibliografiche del
fenomeno, alla luce dei primi sopralluoghi effettuati, la forma è riconducibile
probabilmente a ciò che resta di un'ampia grotta alla quale è franato in
passato il tetto, verosimilmente piuttosto sottile e che recepisce, ora come
allora, le acque del vallone Olivella.
ASPETTI
ATROPICI DEL PAESAGGIO
I
siti archeologici
L'area
perimetrata per la proposta di vincolo del fiume Cassibile comprende numerosi
siti archeologici di varie epoche, da età preistorica ad età medievale. In
particolare sono di età preistorica: gli insediamenti in grotta di Spinagallo
(anche importante deposito paleontologico), Giovanna, Monello e Chiusazza
(questi ultimi importanti sotto il profilo delle frequentazioni durante l'età
dei metalli) e le tombe a grotticella artificiale dell'età del bronzo di Orto
Stallaini, Piano Milo, Case Valvo, Cava Palumbo, Manghisi, Case Judica, Mezzo
Gregorio, Baulì e Deddera. La più importante di queste necropoli e quella detta
del Cassibile, di scenografica bellezza, ubicata sui Cugni: Mola e
Serrapalazzo, che fiancheggiano il corso del fiume Cassibile nel tratto in cui
si immette nella pianura e che si estende fino a Cugno Croce. E' per
estensione, con le oltre 2000 tombe, oggetto di indagini da parte di P. Orsi
nel 1897 e nel 1923, la più grande necropoli protostorica Siciliana dopo
Pantalica.
Si
inquadra cronologicamente nell'età del bronzo finale (1050-850 a.C.), ma
esistono testimonianze di vita dall'età del bronzo Tardo all'età del ferro II.
Sono
invece di età greca alcuni interessanti insediamenti siti lungo corsi fluviali
nell'altopiano, soprattutto ai margini dello stesso presso le cave o lungo le
antiche vie di collegamento, tra questi insediamenti si ricordano Punta
Gallina, Feliciazzo, Pianette, Mezzo Gregorio, Testa dell'Acqua e Aguglia.
Le
testimonianze di età romana e bizantina sono piuttosto abbondanti in questo
territorio e in particolare nei siti di monte d'Oro, Stradicò, Giordano, Cava
Miranda, Casa Romano, Cugno Lupo, Cava Petracca, Cava Secca, Ciaramiro,
Guardioli, Santalania, Canzeria, Acquedotto Nettuno, Mezzo Gregorio, Stallaini,
Baulì, Cozzo Tondo, Cinque Porte, Pianette, S. Lucia di Mendola, S. Marco,
Saraceni, Cava Putrisino. In molti di essi sono comprese necropoli rupestri di
età tardo/antica caratterizzata da piccoli ipogei catacombali e loculi di tipo
siculo/bizantino. Ma non mancano i complessi rupestri abitati di età alto
medievale che mostrano chiari segni di riutilizzo in più fasi. Nell'area della
Cava Grande, in modo particolare, sono la c.d. “Grotta dei Briganti”, che
appare "incastonata" nel versante nord e, nel versante sud,
l'insediamento dei Ddieri (dal nome di origine araba), dislocato in più piani
collegati con stretti cunicoli che superano il grande dislivello. E'
dall'emergere sub divo di questi insediamenti, che sarebbe sorto l'abitato
medievale di Avola vecchia.
Le
presenze medievali sono soprattutto attestate nella zona occidentale del
territorio, nel comune di Noto. Si ricordano soprattutto gli abitati rupestri
dei DDieri di Baulì e i complessi di contrada Pianette e S. Lucia di Mendola.
Tutti
questi siti archeologici, con i resti sparsi nell'altopiano e i monumenti o
complessi ipogeici rupestri documentati soprattutto lungo le Cave,
arricchiscono le valenze storiche e paesaggistiche di questo territorio, che
per tutta l'età greco/romana e medievale è caratterizzato quindi da un
insediamento sparso, per lo più legato alle attività agricole dell'altopiano,
così come testimoniano una serie di manufatti, quali macine, frantoi,
condutture idriche scavate nella roccia e pozzi.
Cenni
storici del feudo di baulì e del marchesato di cassibile (ex feudo)
La
storia di questo territorio e delle sue acque è in gran parte legata alle
vicende di due grandi feudi: quello di Baulì e quello del marchesato (ex feudo)
di Cassibile.
Dell'ex
feudo di Baulì, confinante con S. Maria dell'Arco e S. Lucia si hanno notizie a
partire dal 1392; infatti a partire da quell'anno il feudo risulta intestato a
Giaimo di Alagona; la successione del titolo di feudatario, passò nel 1392 a
Rainaldo Landolina. Nel 1517 risulta intestato alla Belladama Alagona,
Baronessa di Leonforte, fino all'anno 1527 durante il quale viene attribuito a
Giovanni Branciforte.
Le
prime notizie sull'istituzione del vasto feudo di Cassibile risalgono ai tempi
di Re Martino d'Aragona il quale concesse a Giacomo D'Ariccio, la baronia di
Cassibile.
Re
Martino il giovane concesse al barone di queste terre la proprietà delle acque
dell'omonimo fiume.
Altri
feudatari succedutesi al D'Ariccio furono i Branciforte, principi di Butera ed
in ultimo la famiglia Loffredo, già baroni di Cassibile.
Nel
1797 il Re delle due Sicilie, Ferdinando di Borbone, concesse a Silvestro
Loffredo il titolo di marchese del feudo di Cassibile.
In
tempi recenti, fra il 1908 ed il 1974, marchesa del feudo di Cassibile fu Maria
Emanuela Pulejo; attuale discendente è il marchese Silvestro F. Gutkowski
Pulejo Loffredo; attualmente l'ex feudo, nella zona pianeggiante, si estende
all'incirca fra il fiume e la frazione di Cassibile, mentre sulle colline iblee
confina con il territorio comunale di Noto.
Alcune
fra le località comprese in questo marchesato sono Cugno Zagaria, Cugni di
Cassaro, Cugni di Mola, Muraglia, Cozzo Spineta, Cugni di Ragusa, Valle di
Mare, Fontane Bianche, Stradicò, 50 salme, 22 salme, 30 salme. Questi ultimi
appezzamenti corrispondono per l'esattezza al numero delle salme indicate nella
denominazione; tali superfici agrarie sono diventate nel tempo, veri e propri
toponimi.
Questa
estensione di proprietà del feudo è attualmente di poco inferiore rispetto alle
dimensioni del passato, comprendendo ancor'oggi le località sopracitate. In
particolare la zona interessata dalla Cava Grande del Cassibile, in contrada
Stradicò, di proprietà del Marchese, ha un'estensione pari a circa 800 ettari e
provvede al soddisfacimento delle esigenze idriche del fondo attraverso le
acque derivate dal fiume Cassibile, regolarmente concesse dagli organi
competenti in quantità pari a circa 478 l/s per irrigare circa 600 ha di
superficie.
Il
prelievo dell'acqua avviene per la massima parte allo scarico della condotta
della centrale idroelettrica E.N.E.L. di Cassibile che, attraversando una fitta
rete di canalizzazioni, provvede all'irrigazione del fondo.
All'interno
della contrada Stradicò sorge il borgo di Cassibile oltre a numerosi fabbricati
rurali sparsi nel fondo che comprendono alloggi per i contadini, stalle,
magazzini, depositi vari ecc. ancora in uso ed in buono stato conservativo,
quasi tutti forniti di cisterne per la raccolta dell'acqua piovana; vi è
inoltre una notevole viabilità interna costituita da una serie di stradelle
poderali a fondo naturale, che attraversano il fondo in tutte le direzioni.
Il
fondo si presenta per la gran parte, come una grande proprietà latifondistica
condotta direttamente dal proprietario in economia diretta con figure di
salariati, ad eccezione di alcuni tratti di agrumeto, e di ortaggi, condotti a
mezzadria o in affitto.
Inoltre
i numerosi allevamenti zootecnici presenti, in particolare il mantenimento di
un notevole numero di capi di bovini, bufali, equini, pecore e capre, il cui
latte viene caseificato nella stessa azienda per la produzione e la vendita,
accentuano il carattere di azienda agricola di tipo tradizionale, nella quale
la gestione dell'attività agricola segue solo parzialmente i ritmi intensivi
imposti dalla competizione del mercato. Pertanto grazie a questo tipo di
conduzione, il territorio agricolo ha mantenuto nel tempo gli elementi del
paesaggio agrario tipici della zona, oggi quasi del tutto integri, avendo
conservato gran parte dell'immagine che doveva avere nel secolo scorso.
L'agricoltura
Se
la tipica conformazione delle cave, a forma di canyon inaccessibili, è habitat
ideale per la flora e la fauna proprie del nostro territorio, i grandi altipiani
e le pianure che si estendono ai piedi del rilievo sono caratterizzati dal
paesaggio agricolo tipico del siracusano, ossia, per la maggior parte,
paesaggio di mandorli, carrubi ed ulivi, la cui estensione è di frequente
limitata da muri a secco a confine dei lotti fondiari.
Questo
paesaggio tradizionale, ancora integro e scevro da tentativi di intensivazione
ovvero di sfruttamento del territorio, presenta caratteri di omogeneità ed
integrità, anche per l'appartenenza ad un unico proprietario: un marchesato che
ha mantenuto il paesaggio agricolo del secolo scorso, conservandolo ad oggi
quasi del tutto inalterato.
Territorio
questo, che si potrebbe idoneamente definire come "terra dell'olio e del
mandorlo" ovvero "paesaggio dell'olio"; definizioni queste
descrittive del carattere e delle peculiarietà strutturali e paesistiche di una
zona produttiva rinomata del siracusano.
Il
territorio dell'ex marchesato rappresenta ancora uno straordinario coacervo di
"natura addomesticata", cultura e costumi sociali locali, creato
nell'arco di secoli di storia, sulla scorta di un clima particolarmente mite,
di un territorio fertile e della cultura latifondistica dei proprietari.
La
stessa toponomastica mantenutasi nella zona rievoca antichi usi agricoli di
misura delle proprietà fondiarie locali.
Una
produzione di qualità, quella olivicola, mandorlicola e casearia, che
meriterebbe il marchio di riconoscimento d'origine controllata, poichè in gran
parte ottenuta con tecniche agricole e conduzione aziendale tradizionali ed a
basso impatto ambientale.
La
stessa coesistenza di colture promiscue a carrubi, mandorli e olivi, presente
in gran parte in contrada Stradicò, contraddistingue il paesaggio agricolo
tradizionale, delle nostre zone.
Prendendo
a prestito un'espressione del filosofo tedesco T. W. Adorno in
"Paysage", si potrebbe dire che questo paesaggio ha un'evidente
"espressività", attribuitagli proprio dall'azione dell'uomo.
Ciò
riguarda soprattutto le strade; la fitta rete di percorsi poderali che segnano
spesso i passaggi di vegetazione, sentieri che s'intersecano sulla pianura e
ordinano la campagna che, anzichè risultarne sconvolta, assecondano la visuale,
"formano" il territorio.
Pur
essendo un paesaggio artificiale, è la fisionomia variegata e mai uniforme
delle colture che fa la differenza fra il paesaggio naturale ed il paesaggio
agrario; inteso quest'ultimo come risultato di un'azione concertata sulla
natura, dove nel primo prevale la vegetazione spontanea, mentre nel secondo si
hanno soltanto quelle piante che l'uomo, ritiene utile coltivare. Le piante
agrarie presenti appartengono al biotopo endemico di questo territorio,
(Oleo-Ceratonion, associazione dell'olivo e carrubo), sono presenti da tempi
immemorabili, e ne impostano il tipico assetto paesaggistico ed ambientale.
Una
natura questa, evoluta secondo processi antropici qualificanti; la presenza
frequente dei lunghi filari rettilinei e parallelli delle colture arboree,
appaiono come "irretire" e "innervare" il terreno.
Il
palinsesto riformato lascia intravedere le antiche vestigia dell'ordine
pregresso, nelle fasce marginali, di bordo, lungo le incisioni fluviali, dove
il disegno geometrico e compatto degli appezzamenti si sfrangia e cede il passo
al libero sviluppo della gariga e dei boschi di leccio; oppure si ritrova nelle
sagome imponenti dei grandi alberi secolari residui preservati nei lembi
interstiziali o sparsi in mezzo alle piantagioni, che spiccano visivamente come
elementi focali, conferendo forza e contrasto cromatico al monotono e livellato
paesaggio agreste, custodi simbolici della intima identità e memoria ancestrale
del luogo.
Sono
però i filari, le strade, le saie, i muri a secco, la forma dei corsi d'acqua,
che costituiscono la trame e l'intelaiatura fondamentale del paesaggio.
Essi
impongono al sostrato topografico, un'ordine architettonico minimale, una fitta
griglia di coordinate cartesiane tangibilmente determinate che misurano
esattamente lo spazio aperto dei campi e ne formalizzano e descrivono il regime
d'uso, divendendo riflesso o impronta concreta, nel paesaggio, di realtà
profonde e generali d'ordine fisico e soprattutto d'ordine storico, sociale ed
economico.
Le
cicliche, stagionali o contigenti mutazioni o alterazioni sia dimensionali che
di colore del materiale organico, rappresentano poi una sorta di orologio o
calendario biologico che trasferisce ed incorpora nei caratteri percettivi del
paesaggio la variabile temporale, legata alla naturale fisiologia delle piante
e delle colture, quanto alle fasi ed alla programmazione delle attività
agricole e delle lavorazioni.
Le
campagne "belle" e produttive sono di solito, anche sane, nel senso
che le componenti naturali ed antropiche del paesaggio hanno trovato un
efficiente ed equilibrato rapporto che ne permette l'autosostentamento.
Laddove
invece non si realizzano queste condizioni, poichè le tecniche colturali
utilizzate non sono rispettose dell'ambiente, diventa compito delle istituzioni
pubbliche provvedere al loro controllo e riequilibrio.
Architettura
rurale e territorio
Nel
corso degli ultimi anni si deve registrare un crescente interesse per la
problematica attinente alla tutela del patrimonio ambientale ed architettonico
esistente al di fuori dei centri urbani. La campagna con i suoi insediamenti e
il paesaggio agrario, sono divenuti temi di dibattito culturale ed economico,
affiancandosi a quello, ormai da tempo entrato a far parte delle grandi
tematiche ambientaliste, della tutela e salvaguardia dei centri storici.
Infatti,
se la necessità della protezione dei centri storici è nata dalla consapevolezza
acquisita anche a livello di coscienza collettiva che tali centri rappresentano
documenti di pietra dei valori della civiltà dell'uomo, come conseguenza
diretta ne è scaturito che, evidentemente testimonianze e tracce della formazione
e della crescita di tale civiltà sono egualmente presenti nella campagna e nei
suoi insediamenti; essendo pertanto il territorio extra urbano nient'altro che
il "negativo" della civiltà urbana.
Se
le preoccupazioni attuali derivano dallo stato in cui oggi versa il patrimonio
rurale (e per patrimonio rurale intendiamo la totale consistenza costituita da
patrimonio architettonico e produttivo) risulta evidente che ogni indagine
volta ad esaminare il problema ed eventualmente a poter configurare cause ed interventi,
deve, alla luce di quanto detto più sopra, essere orientata alla determinazione
e alla conoscenza del rapporto intercorrente tra città e campagna. In seguito
alla definizione di tale rapporto e delle variazioni storiche che ha subito nel
tempo si può infatti definire lo sviluppo evolutivo della civiltà stessa.
Il
rapporto città - campagna
Con
l'avvento dell'economia industriale il rapporto città - campagna varia, dopo
aver costituito sempre, nel corso della storia, una costante nello sviluppo dell'insediamento
umano. Infatti, fino alla rivoluzione industriale la città dipende
strettamente, per il suo esistere, dalla campagna: non esiste contrapposizione
fra questi due sistemi, ma vi è piuttosto integrazione e complementarità.
Ma
in questo rapporto due gravi limiti continuavano ad essere sempre e comunque
presenti: la consistenza della popolazione urbana non poteva superare una data
proporzione della popolazione totale, e le città non potevano superare
determinate dimensioni dal punto di vista demografico. Questi due limiti sono
infatti essenzialmente la conseguenza diretta della consistenza relativa
dell'eccedente agricolo. In altre parole l'interazione città - campagna si
fissava e si determinava, in una equivalenza esatta, nel rapporto tra consistenza
relativa della popolazione urbana ed eccedente agricolo. Tale rapporto varierà
decisamente, perdendo di proporzionalità grazie ai progressi produttivi e di
rendita consentiti dalla rivoluzione agricola e dall'applicazione dei metodi
industriali all'agricoltura. Inoltre la facilità dei trasporti e il ribasso
conseguenziale dei costi, affiancandosi all'aumentata produzione, consentono a
questo punto un incremento dalla popolazione urbana e l'aumento dimensionale
della città. Pertanto la rottura dell'equilibrio città - campagna, ha
determinato il sopravvenuto collasso della società rurale e delle sue
espressioni (da "Indagini dalla memoria" Mostra fotografica di
Giuditta Conigliaro Santini - Italia Nostra sezione di Siracusa).
Processi
di trasformazione del paesaggio antropizzato
Gli
aspetti della campagna siracusana si colgono nella lettura delle variazioni
fisiche e produttive avvenute nel tempo. Nonostante gli sconvolgimenti di
questi ultimi anni causati dall'aumento della rete viaria, dall'abbandono delle
dimore rurali, dall'insediamento delle industrie, gli elementi cartografici
mostrano ancora tracce dell'assetto agricolo e paesaggistico dei secoli scorsi.
Alla
costruzione del paesaggio altamente umanizzato hanno interagito fattori
geografici, storici, antropologici e sociali, tra cui la ricchezza delle acque,
un tempo superficiali, l'antichissima colonizzazione del territorio, il tipo
delle coltivazioni, la struttura fondiaria, la rete stradale, le incursioni
barbaresche.
Feudi
antichi, capitali e dignità ecclesiastiche concesse segnarono il ripopolamento
delle campagne di tutto il circondario siracusano cui seguirono un'ampia
bonifica dei terreni incolti, la costruzione di masserie, ville e la
restaurazione di antiche chiesette campestri (da Urbanistica rurale "La
masseria" di Annalena Guidi). Lo sviluppo delle ville e delle fattorie nel
territorio siracusano e ibleo subisce una battuta di arresto con il disastroso
terremoto del 1693.
La
ricostruzione impegnò per circa un secolo sia i feudatari che i religiosi e la
gente comune fece concentrare ogni tipo di interesse verso il ripristino di un
assetto politico ed economico, nonchè verso la ricostruzione di quegli
equilibri urbani che prima del sisma erano garantiti da marcati confini di
proprietà. Quando le proprietà urbane, in special modo nelle città demaniali,
raggiunsero nei confini e nelle strutture quel grado di sicurezza che già
caratterizzava i possedimenti prima del terremoto, il ceto nobiliare rivolse la
sua attenzione alla edificazione extra-moenia.
I
lunghi anni di abbandono non consentirono di recuperare parti strutturali dei
complessi architettonici precedenti. L'unico recupero possibile fu in certi
casi quello relativo al ripristino dell'impianto planimetrico. Per il resto
l'architettura ebbe un volto nuovo e, dove i segni precedenti erano totalmente
cancellati, si realizzarono nuovi modelli architettonici.
La
tipologia rimase immutata e ciò a conferma del fatto che l'impianto della
fattoria fortificata anche nell'età tardo-barocca era un modello funzionale
rispondente alle esigenze della nuova nobiltà.
Lo
stile degli edifici fu rigido e severo e solo in rari casi accolse lo spirito
libero settecentesco.
L'ondata
costruttiva delle fattorie e delle ville fu particolarmente intensa dagli inizi
del sec. XIX fino al 1880 circa. In tale periodo l'altopiano acrense, la valle
dell'Anapo, i feudi di S. Alfano, Bibbia, Braida ecc., ritornarono a popolarsi
come nel seicento e l'architettura degli insediamenti fortificati vi fiorì in
maniera cospicua (da "decadenza funzionale e fatiscenza strutturale delle
fattorie fortificate dell'alto piano ibleo" di Paolo Giansiracusa)
Caratteristiche
tipologiche dell'edilizia rurale
Le
linee guida del piano paesistico regionale individua come elementi connotanti
il paesaggio siciliano, sia esso agrario e rurale ovvero costiero e marinaro, i
così detti "beni isolati", costituiti da una molteplicità di
manufatti di tipo civile, religioso, produttivo, estremamente diversificati per
origine storica e per caratteristiche architettoniche e costruttive.
Tra
la metà dell'ottocento e gli inizi del novecento la classe borghese Siciliana
costruisce dimore di villeggiatura, meno rappresentative, più piccole ma più
funzionali, "più adatte, in definitiva, ad uno stile di vita comoda, senza
eccessi di spazi e di volumi", rispetto alle grandi ville settecentesche.
Questo
tipo di ville e villini, spesso caratterizzati dallo stile liberty, si ritrova
sparso in tutto il territorio, in prossimità dei grandi centri lungo la costa,
o, nell'interno, in località panoramiche privilegiate.
Nell'area
interessata alla proposta di vincolo numerose emergenze storiche sono ancora
oggi presenti, caseggiati, masserie, ville, edicole votive, mulini ecc., si
alternano a paesaggi ora pianeggianti, ora scoscesi, non sovrapponendosi l'uno
con l'altro, bensì integrandosi tra di loro.
Una
sola dimora riveste delle caratteristiche ben definite, questa e la
"masseria". Infatti con il termine masseria si vuole significare una
dimora rurale di campagna, basata prevalentemente sulla granicoltura e
sull'allevamento. In questo senso - largamente diffuso tra i contadini e i
piccoli proprietari o affittuari o coloni - qualunque tipo di dimora rurale può
essere designata come masseria, a prescindere dalla sua forma o costruzione
edile. L'equivoco che può sorgere da questa interpretazione popolare è senza
dubbio grave ai fini di una classificazione delle forme o tipi della dimora
rurale. Si può limitare il termine "masseria" a quelle forme
complesse di dimora rurale, che rappresentano il tipico frutto del
latifondismo.
Elemento
distintivo della masseria è il cortile, che appare ben delimitato, quasi
sempre, sui suoi quatto lati, da costruzioni dalle funzioni originariamente ben
definite, ad un solo piano. In genere solo su un lato la fabbrica mostra un
secondo piano, oltre al piano terreno: è la parte riservata al proprietario,
che vi abita solitamente per un breve periodo durante il raccolto.
Accanto
a questa - denominata villa o casa di campagna - cioè sullo stesso lato o su
quello direttamente opposto, il giro delle costruzioni trova una breve
soluzione di continuità nella porta, alta e ad arco leggermente svasato, che
immette nel cortile. La fabbrica massiccia, la relativa ristrettezza del
cortile rispetto alla superficie occupata, dimostrano in modo chiaro che il
cortile della masseria a differenza di quello della "cassina"
lombarda, ha costituito un'area libera destinata al disbrigo di alcune faccende
domestiche e al sicuro abbeveraggio degli animali stabulati. In questo cortile,
cioè, come capita oggi, non si doveva effettuare nessuna operazione agricola:
tutto si svolgeva nei campi, e i prodotti arrivavano qui già pronti per essere
immagazzinati. Del resto il cortile della masseria è quasi sempre in ombra, è
troppo stretto per un agevole movimento dei carri; il fieno stesso e la paglia
dovevano essere riposti nei fienili (pagghialore), come avviene ancora oggi
nelle masserie degli altipiani, per mezzo di asini che ne curano il trasporto a
soma dei campi.
Così
considerata, la masseria si presenta come una forma complessa, le cui
caratteristiche dominanti sono da una parte l'area relativamente notevole
occupata dal corpo edile, dall'altra la presenza di uno spazio racchiuso a
cortile.
La
masseria è sorta e si è sviluppata soprattutto nei secoli dal sedicesimo al
diciottesimo, come una manifestazione del capitale, come centro di direzione e
di coordinamento della produzione.
Il
disgregamento del latifondo, iniziato in forma timida dall'inizio del secolo
scorso, doveva ovviamente comportare la decadenza di questo tipo di
insediamento, così strettamente legato a forme economiche e sociali sorpassate
e anacronistiche.
Molte
masserie sono pertanto decadute con l'estinzione o la quotazione dei feudi, e
rimangono nell'aperta campagna come simbolo o testimonio di una struttura
agraria venuta meno: lo stato di abbandono e di diroccamento, mostra il senso
della decadenza dei signori feudali.
Altre,
invece, costituiscono ancora un nucleo di attività agricola, ma non sono molto
numerose quelle abitate da 2 - 5 famiglie di affittuari o coloni si servono
solo dei magazzini, del palmento e del trappeto, mentre continuano a tenere
l'abitazione nei comuni. La masseria si è pertanto trasformata spesso in un
insediamento temporaneo, o nella sede di poche famiglie (dalle regioni d'Italia
di Roberto Almagià vol. XVIII).
I
mulini a Cava Grande
L'area
interessata dalla proposta di vincolo comprende parte di territorio già
sottoposto ad immodificabilità temporanea, per effetto del decreto assessoriale
del 7 settembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana del 6 novembre 1993, e poi prorogato successivamente con
provvedimenti separati, ora prossimi alla scadenza.
Essa
fa parte di quel complesso di incisioni che scolpiscono le zone interne del
territorio di Siracusa.
L'articolato
complesso di valloni, che da Cava Sture a Cava Contesa fino a Cava Giorgia
configura i rilievi a nord del più conosciuto corso del Cassibile, costituisce
con quest'ultimo un unico sistema morfologico di grande interesse
paesaggistico.
La
"Cava Grande del Cassibile", già riserva naturale, è una profonda
gola, quasi un immenso canyon scavato dalle acque del Cassibile. Alla
formazione di essa hanno contribuito certamente anche fenomeni di bradisismo.
E'
lunga dieci chilometri, profonda, nel suo punto massimo sulla sommità della
montagna di Avola, 320 metri, larga, nel punto più ampio, alla confluenza
Passetti, 1.200 metri. Il fiume, con il nome "Magnisi", nasce da due
sorgenti nel feudo di Baulì, a sud-est di Palazzolo Acreide. E' arricchito poi
da tre piccoli affluenti alimentati rispettivamente dalle sorgenti di contrada
Arco, da quella di Celso - Bancazzo da quella di Testa dell'Acqua. Lungo tutto
il suo corso poi il fiume riceve l'apporto di una miriade di sorgenti che
sgorgano nel fondovalle.
A
partire dalla contrada Petracca la valle assume la caratteristica forma di
canyon, avendo il fiume impostato l'alveo in corrispondenza dello spartiacque
superficiale, conferendo al paesaggio l'aspetto di una struttura bombata incisa
in cresta da un profondo solco che separa il versante destro che quello
sinistro. Ed è da questo punto, e fino alla pianura costiera, che il bacino
assume il nome di Cava Grande.
Il
letto del fiume è caratterizzato da una serie di laghetti e marmitte,
inframmezzati da gradini morfologici di varia grandezza, i maggiori dei quali
sono impostati generalmente sulle faglie.
Le
anse del fiume e le frane hanno formato lungo tutta la Cava, vari costoni e
declivi terrosi, in alcuni luoghi quasi pianeggianti, che l'uomo ha occupato e
sfruttato per viverci e per coltivare i prodotti della terra. A questa
possibilità di adattamento dell'uomo alle condizioni naturali dell'ambiente si
deve la presenza umana nella Cava Grande in ogni tempo, con connotazioni e
caratteristiche diverse lungo il corso dei secoli e dei millenni.
Lungo
la Cava, nel tratto compreso fra il Manghisi e lo sbocco nella pianura
costiera, si contavano fino a qualche decennio addietro nove mulini.
Al
di sopra la strada statale che collega Noto a Palazzolo Acreide, il mulino
Ciranna e quello, vicinissimo alla statale, detto Magnisi, appartenuto in anni
recenti alla famiglia Reale. Al di sotto della strada il mulino Pompa, che fu
totalmente distrutto dalla disastrosa alluvione del 1951, il mulino Papa; il
mulino di contrada Petracca, il mulino Barresi in contrada Carrubella; quasi
allo sbocco della Cava sono i mulini appartenenti al marchese di Cassibile:
alla sinistra del fiume il mulino Loffredo, detto anche Vecchio, alla destra,
dirimpetto al Vecchio il mulino Toscano; più in basso, oltre lo sbocco, il
mulino Nuovo, costruito pure alla destra del fiume. Le strutture di tutti
questi mulini sono state più volte rifatte nel corso dei secoli per via delle
distruzioni subite dagli impianti a causa delle inondazioni.
Poichè
tali strutture sono generalmente simili tra di loro, ci si limiterà qui a
descrivere il mulino Toscano e il mulino Loffredo o Vecchio, entrambi ancora in
buone condizioni.
Il
mulino Toscano è raggiungibile dalla strada che, per la contrada Palazzetti,
conduce alla centrale ENEL. Il prospetto rivolto a nord misura circa 20 mt. e
presenta un'ampia porta d'ingresso, con un arco a tutto sesto, che da nel
locale del mulino vero e proprio. A destra e a sinistra ci sono due grandi finestre.
Tra la porta e la finestra di destra è murato in alto lo stemma, in pietra
calcarea, dei marchesi di Cassibile. La fattura è ottocentesca e risale
evidentemente all'acquisto del mulino.
All'estrema
destra è una porta un poco più stretta della prima, che dà in quello che era il
deposito.
La
macina di pietra bianca è ancora al suo posto, così come la tramoggia. Veniva
ultimamente utilizzata per il grano. In passato era stata utilizzata, in alcune
circostanze, anche per l'orzo.
Il
mulino Loffredo o Vecchio è pure di proprietà dei marchesi di Cassibile, si
parla nell'atto di investitura, avvenuto nel 1797, di Silvestro Loffredo,
quadrisavolo dell'attuale marchese, anch'egli di nome Silvestro. La costruzione
è stata più volte rifatta e restaurata nel tempo, fino all'ultimo intervento
del 1944/45, quando il prospetto strapiombato in avanti dovette essere
abbattuto e rifatto con finestre più grandi di quelle preesistenti. Il
prospetto, rivolto a sud-est, è lungo 23 mt. circa e si presenta piuttosto
articolato. Al locale centrale, nel quale è il mulino vero e proprio, si accede
da un'ampia porta con arco a tutto sesto.
A
destra e a sinistra, piuttosto distanziate, sono due alte finestre senza
inferriate. Tra la porta e la finestra di sinistra è murato, quasi sotto la
bassa grondaia, lo stemma in pietra calcarea del marchese di Cassibile. Essendo
stato scolpito meno di cinquant'anni fa, lo stemma è ancora in ottime
condizioni. Vi si scorgono, nella sezione inferiore, tre stelle esalobate che
sormontano tre colli assai pronunciati, che rappresentano i tre cugni esistenti
nel feudo del marchesato. Nella sezione superiore è un leone, dotato di ricca
criniera, che, rivolto lateralmente a sinistra, con le zampe trattiene un
gigantesco giglio. Il medaglione è fiancheggiato da ramoscelli di quercia e
sormontato dalla corona marchionale, il cui fiore centrale si presenta
parzialmente mutilo. L'interno del mulino conserva ancora le strutture quasi
intatte, con ancora le due mole poggiate sul pavimento e la tramoggia di legno
al suo posto. La macina, in pietra lavica, anticamente era usata per la
molitura del grano. Al locale di destra, che sul prospetto ha un'ampia
finestra, si accede dall'interno del mulino. Serviva come deposito per i lavori
di molitura. Il terzo locale quello di sinistra, ha un ingresso autonomo e
presenta un'alta finestra sul prospetto, a circa tre metri dalla porta
d'ingresso, ed un'altra, piccola e squadrata, sulla parete sud, che è lunga mt.
8,50 circa. Questo locale molto vecchio e in cattive condizioni, in passato era
destinato a cucina.
Con
l'avvento dell'Unità d'ltalia vennero demanializzate alcune risorse naturali,
che prima erano in mano ai privati, fra queste rientrarono le acque. I tre
mulini del marchesato di Cassibile: il Vecchio, il Toscano e il Nuovo, furono
al centro di una pluriennale vertenza giudiziaria tra la famiglia Loffredo con
il comune di Siracusa prima (1874) e la SGES poi, per il diritto sull'uso
dell'acqua del fiume Cassibile.
Alla
fine, dopo lunghe vicende giudiziarie, la sentenza del Tribunale delle acque di
Roma, emanata il 22 maggio 1935, rigettò l'appello della Società elettrica e
confermò il diritto alla marchesa Pulejo a prelevare l'acqua del Cassibile
secondo le modalità previste da quella sentenza.
Chiusa
la questione sul piano legale e restaurati gli impianti, i mulini ripresero a
funzionare tutti, fin quando qualche decennio dopo, non cessarono
definitivamente l'attività (da "l'opera dell'uomo a cava grande del
Cassibile" di Sebastiano Burgaretta).
Edicole
votive extraurbane e viabilità rurale
Alle
strutture religiose di carattere votivo possono farsi appartenere i cippi
funerari innalzati in occasione di fatti luttuosi. Ancora oggi lungo le strade
extraurbane si assiste al sorgere di questi cippi in prossimità del luogo in
cui è avvenuto un incidente mortale. La caratteristica architettonica dei cippi
funerari varia da luogo in luogo ed è quasi sempre il riflesso del gusto
locale.
Nell'area
oggetto della proposta di vincolo paesaggistico, così come in tutto il
territorio del comprensorio ibleo, nei pressi degli incroci viari si incontrano
edicole e croci aventi la funzione di rassicurare il viandante durante il suo
cammino.
Le
croci sono spesso realizzate interamente con pietra da taglio locale; il loro
disegno è semplice e testimonia il senso di umiltà e la condizione di povertà
della popolazione del luogo. Le edicole sono invece più elaborate e rivelano,
attraverso nomi incisi, i propri dedicanti. La loro origine è spesso legata al
voto di un ricco possidente o alla consacrazione del luogo da parte della
gerarchia ecclesiale.
Le
croci votive sorgono anche al centro dei fondi agricoli e testimoniano la
consacrazione dei campi da parte del contadino o del signorotto possidente. La
loro struttura è molto umile ed è realizzata con materiali di facile
reperimento (tronchi d'albero, canne, aste di ferro, ecc.).
Ai
limiti della proprietà terriera sorgono spesso edicole a nicchia o a stele le
quali segnano i confini del fondo. Le decorazioni di tale edicole si ispirano
alla produzione agricola locale.
Nei
punti di sosta lungo una via di collegamento tra due centri urbani o nelle
vicinanze di una sorgente o di una fontana sorgono spesso edicole votive aventi
funzione specificatamente religiosa. Si tratta spesso di pannelli a nicchia o
di altarini dinanzi ai quali i viandanti recitano le proprie preghiere.
Edicole
a nicchia sorgono ai lati dei cancelli che introducono ad una proprietà
privata. Tali edicole hanno la funzione di difendere la proprietà e di
proteggere la famiglia che abita nel fondo. Essi sono di un certo pregio e
vengono edificate fino ai nostri giorni lungo i muri che recingono la proprietà
terriera.
Lungo
le trazzere di campagna sorgono edicole votive di un certo pregio che danno
denominazione alle contrade. Alcune di queste sono state edificate nel
settecento e nell'ottocento. Nell'area in trattazione ne esistono di pregevoli
edificate in pietra da taglio locale.
In
alcune zone del comprensorio ibleo, spesso in prossimità degli antichi siti
urbani devastati dal terremoto del 1693, sorgono edicole votive che ricordano
il terribile sisma (da "le edicole votive del comprensorio ibleo"
Paolo Giansiracusa).
La
viabilità interna dell'area interessata dalla proposta di vincolo è alquanto
variegata, essa si intreccia in un sistema articolato formato da strade
provinciali secondarie alle quali si innestano trazzere in terra battuta
delimitate dalla presenza di muri a secco e vegetazione spontanea.
In
molte zone la viabilità attraversa vasti territori dai quali è possibile apprezzare
per lunghi tratti suggestivi panorami. Grande valore paesistico assume oggi il
tratto di strada denominata "Tangi" la quale da valle, attraverso un
sistema tortuoso di curve, conduce al belvedere di Cava Grande in territorio di
Avola. Durante la salita, da alcuni terrazzamenti posti ai margini della strada
è possibile ammirare ampi scorci panoramici di indubbia bellezza, in
particolare tutta la costa sud della Sicilia orientale che va da Portopalo di
Capo Passero fino alla penisola di Magnisi.
Lungo
la strada e nei terreni ad essa attigui, caseggiati muri a secco e vegetazione
spontanea si sommano al paesaggio naturale senza sovrapporsi, costituendo
quadri panoramici di notevole pregio paesaggistico.
La
proposta di vincolo, così perimetrata, mira a salvaguardare tutte queste aree
suscettibili di trasformazioni speculative, così da assicurare una tutela dei
valori percettivi e panoramici del paesaggio, permettendone una appropriata
considerazione ai diversi livelli di pianificazione e di gestione del territorio.
A
conclusione della suddetta lettura, l'arch. Santalucia, la dott.ssa Trigilia,
il dott. Mamo, l'arch. Cancemi, la dott.ssa Musumeci e il dott. Guzzardi si
allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla votazione del
vincolo e alla perimetrazione dell'area da tutelare che sarà la seguente:
PERIMETRAZIONE
La
perimetrazione del vincolo in argomento si diparte dall'incrocio fra la strada
satale n. 287 Maremonti, nei pressi del Km. 11, e la strada provinciale
Floridia - Cassibile, lato Cassibile, e prosegue verso nord-ovest seguendo la
medesima direzione del tracciato stradale fino ad incontrare la balza rocciosa
dove devia sulla sinistra per raggiungere e seguire un sentiero che conduce a
Case Quartararo e poi verso sud-est fino alla strada statale; corre lungo
quest'ultima in direzione Canicattini Bagni fino all'incrocio con la S.P.
Palazzolo-Noto; devia sulla destra in direzione Palazzolo fino a poco prima del
Km. 4 dove gira sulla destra lungo un sentiero che conduce ad una casa, 700
metri circa più a nord, e poi sulla sinistra per reinnestarsi ancora sulla S.S.
e seguirla fino al Km. 2; qui devia sulla sinistra lungo la strada asfaltata
che attraversa contrada Saracena, prosegue sulla destra, dopo appena 150 metri
lungo un sentiero che, correndo in direzione sud-ovest, si affianca al
limitrofo corso d'acqua per circa 400 metri deviando lungo un sentiero in
direzione nord-ovest; segue quest'ultimo per poco più di 700 metri e poi devia
sulla sinistra in contrada Velardo per un altro sentiero che segue per altri
800 metri circa in direzione ovest-sud-ovest, devia ancora sud imboccando un
nuovo sentiero per altri 300 metri ed ancora sulla destra seguendo la strada
asfaltata che conduce alla chiesa di S. Lucia di Mendola; comprende per intero
l'area degli scavi archeologici, così come già sottoposta a tutela da apposito
decreto ex legge n. 1089/39, e segue la strada citata fino all'incrocio con la
strada Palazzolo - Testa Dell'Acqua - Avola, intorno al Km. 4 di quest'ultima,
seguendola sulla sinistra fino all'abitato di Testa Dell'Acqua; qui devia sulla
sinistra seguendo la strada asfaltata che corre grosso modo parallelamente a
Cava Testa Dell'Acqua fino all'incrocio con la S.P. Palazzolo - Noto; imbocca
questa strada fino alla zona denominata "Montanga D'Avola" e, subito
dopo la masseria di località Monzello di Pietre e cisterna Buonafiglia, devia
sulla destra, segue l'impluvio sottostante, percorrendo la linea di scorrimento
delle acque e, sotto sorgente Miranda, risale, sempre lungo l'impluvio, ma in
contropendenza, fino ad innestarsi sul sentiero che conduce ad un fabbricato
nei pressi di case Romano, gira a sinistra e segue sulla destra il sentiero
della forestale fino ai pressi di Case Fassio di Sopra dove, deviando sulla
destra, segue l'argine di Cava Ombra, comprende Monte d'Oro e scende a valle in
direzione di Case Grande, devia sulla sinistra intorno o a quota 180, segue un
sentiero che conduce a Case Fassio di Sotto, scende lungo l'impluvio di Cava
Tangi fino alla ferrovia, la segue in direzione Siracusa fino ad incontrare, in
contrada Gallina, un sentiero che, rimarcando il tracciato della riserva di
Cavagrande del Cassibile, giunge a mare; segue la linea di costa verso
nord-est, si innesta su un sentiero verso nord-ovest, devia sulla sinistra per
100 metri circa lungo la strada asfaltata ed ancora sulla destra su un nuovo
sentiero che riprende la S.S. 115 poco prima del passaggio a livello,
attraversa quest'ultimo e arriva al Borgo di Cassibile, comprendendolo, dove
devia sulla sinistra imboccando la strada per Floridia seguendola fino
all'incrocio con la S.S. n. 287, operando una piccola deviazione subito dopo
Case Cafici per comprendere il sito della Grotta Giovanna.
Tutto
ciò esaurito e condiviso, la commissione all'unanimità
Delibera
di
proporre l'inclusione nell'elenco delle BELLEZZE naturali della provincia di
Siracusa, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497,
come bellezza d'insieme e panoramica, la parte del territorio comprendente la
Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della
Contessa così come descritta nella perimetrazione suddetta.
(Omissis)
Letto,
approvato e sottoscritto
dott.
Voza - presidente
prof.
Russo - componente
ing.
Capodicasa - componente
ing.
Trupia - membro aggregato
ing.
Turibio - membro aggregato
sig.ra
La Ferla - segretario