DECRETO 26 marzo 1997
G.U.R.S. 3 maggio 1997, n.
23
ASSESSORATO
DEI BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI
E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Dichiarazione di notevole
interesse pubblico dell'intero territorio del comune di Altofonte e porzioni di
aree ricadenti nei territori dei comuni di Piana degli Albanesi e Monreale.
L'ASSESSORE
PER I BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI
E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE
Visto lo Statuto della
Regione;
Visto il D.P.R. 30 agosto
1975, n. 637, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana
in materia di tutela del paesaggio, di antichità e belle arti;
Visto il testo unico delle
leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione
Siciliana, approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70;
Visto il D.P.R. n. 805/75;
Vista la legge regionale; 1
agosto 1977, n. 80;
Vista la legge regionale 7
novembre 1980, n. 116;
Vista la legge 29 giugno
1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali e panoramiche;
Visto il regolamento di
esecuzione della predetta legge n. 1497, approvato con R.D. 3 giugno 1940, n.
1357;
Vista la legge 8 agosto
1985, n. 431;
Visto il decreto n. 5436 del
20 marzo 1995, con il quale è stata ricostituita la commissione provinciale per
la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo, ai sensi della
legge n. 1497/39 e del D.P.R. n. 805/75;
Esaminato il verbale redatto
nella seduta del 25 luglio 1995, nella quale la commissione provinciale per la
tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo ha proposto di
sottoporre a vincolo paesaggistico l'intero territorio di Altofonte e porzioni
di aree ricadenti nei territori dei comuni di Piana degli Albanesi e Monreale;
Accertato che il predetto
verbale del 25 luglio 1995 è stato pubblicato all'albo pretorio dei comuni di
Altofonte, Piana degli Albanesi e Monreale e depositato nelle segreterie degli
stessi comuni per il periodo prescritto dalla legge n. 1497/39 e, precisamente,
dal 9 agosto 1995 al 9 novembre 1995, dal 7 agosto 1995 al 7 novembre 1995 e
dal 9 agosto 1995 al 9 novembre 1995;
Accertato che si è ritenuto
opportuno e necessario di inserire la sopracitata area negli elenchi delle
bellezze naturali e panoramiche della provincia di Palermo, ai sensi dell'art.
1, nn. 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e nel rispetto delle
indicazioni di cui ai nn. 4 e 5 e dell'art. 9 del successivo regolamento di
esecuzione del 30 giugno 1940, n. 1357 per i motivi di cui di seguito:
- il territorio di Altofonte
che si intende tutelare costituisce, pur con le sue odierne mutilazioni, un quadro
naturale di particolare bellezza che si pone a sfondo dello scenario
meridionale della vallata del fiume Jato, nella parte più elevata della
"conca d'oro".
Un tempo parte di questo
territorio era compreso all'interno del "parco regio" opera che Re Ruggero
II di Sicilia, fece impiantare nella prima metà del XII secolo.
Delimitato da un muro di
confine il "Parco Nuovo" era raggiungibile, per chi uscisse dalle
mura in prossimità del palazzo reale, percorrendo una mulattiera detta
"trazzera regia". Essa percorreva l'odierna via Brasa e per Ambleri
oltrepassando il fiume Oreto e le borgate di Villagrazia, Mollo, Malpasso,
Ciambra, Piano Maglio giungeva al parco regio passando per l'ingresso
principale detto Porta Giglio; poi attraverso la valle denominata oggi
"valle del fico" permetteva di raggiungere il castello attorno a cui
due secoli più tardi sarebbe sorto il paese di "Parco", oggi
Altofonte e così chiamato poiché nella parte a monte del parco
"amenissimo" di Ruggero II esisteva una fonte "lucidissima"
da cui appunto, il paese trasse il suo nome.
Del castello all'interno del
"parco nuovo", non si conosce l'epoca esatta della costruzione. Con
il passare del tempo il palazzo reale di Altofonte passò prima agli Angioini e
in seguito agli Aragonesi che per opera di Federico II attuarono radicali
trasformazioni. Successivamente, in seguito alla nascita dell'infante Pietro
d'Aragona il re Federico concesse il castello con l'annessa chiesa e relativo
parco ai monaci Cistercensi. E' la costruzione della chiesa che segna l'inizio
del nuovo centro abitato che si sviluppa attorno all'antico castello normanno
già peraltro trasformato in abbazia.
Gli abitanti che popolarono
il futuro comune furono i coloni di quello che era stato il parco regio che i
frati avevano suddiviso in lotti cedendolo in enfiteusi.
Il comune di Altofonte ebbe
fondamento giuridico solo nel XIX secolo con il nome di Parco in ricordo del
Parco Nuovo e così continuò a chiamarsi almeno nella tradizione popolare fino a
qualche tempo fa.
Scarsissime sono le notizie
che lo riguardano ed infatti esiste una totale mancanza di documentazione sul
periodo che va dal Rinascimento ai nostri giorni; si sa soltanto da alcune
notizie riportate da Vito D'Amico nel "Dizionario Topografico della
Sicilia" che nel 1798 il paese contava circa 2.200 abitanti e che
l'economia era basata sull'agricoltura essendo i terreni intorno all'abitato
molto fertili e ricchi d'acqua; la dimostrazione dell'uso dei terreni è data
fondamentalmente dall'analisi delle cartine topografiche che mostrano la
presenza di una notevole quantità di trazzere e strade vicinali all'interno del
territorio oggetto del vincolo: viabilità che permetteva l'attraversamento
delle terre rendendo più agevole il raggiungimento degli appezzamenti destinati
sia a scopo agricolo che a pascolo e in ogni caso legato all'uso dei suoli.
In particolare il territorio
oggetto della proposta di vincolo è caratterizzato da un reticolo di ruscelli e
vene d'acqua superficiali. La ricchezza d'acqua è sempre stato un elemento condizionatore
delle attività umane e quindi del processo di trasformazione del territorio,
attraverso secoli di costante lavoro l'uomo ha attrezzato le sue terre con
opere ed impianti atti a sfruttare la disponibilità delle acque e man mano che
le tecniche progredivano maggiori profitti si traevano dai terreni irrigui
contribuendo così alla nascita di casolari nelle campagne.
Tornando indietro nel tempo,
sin dall'epoca di Alfonso il Magnanimo si assiste in tutta la Sicilia ad una
evoluzione delle condizioni civili e con queste alla ripresa delle attività
agricole nelle campagne attorno Palermo là dove i terreni permettevano una
facile produzione delle colture e di conseguenza un rapido popolamento delle
campagne dovuto anche alle opere di difesa studiate per i caseggiati; si
trattava di solito di una torre, come quella in contrada Rebuttone, che veniva
posta a difesa del feudo o delle costruzioni rurali. Più tardi la torre perse
la sua funzione difensiva e vengono ritenute sufficienti le solide mura di un baglio.
Di fabbricati rurali anche
se alcuni ridotti a semplici ruderi è disseminato il territorio di Altofonte:
le case Salamone, le case Orestano, Nanfera, Romei solo per citarne alcune. Le
case Romei, a monte dell'abitato di Altofonte, il cui nome significa Romano e
che conservano al loro interno i resti di alcuni affreschi ascrivibili
probabilmente al '600, farebbero supporre sul posto la presenza di un casale di
origine romana ma l'ipotesi è tutta da verificare.
Altra importante risorsa
economica del territorio era costituita dai numerosi mulini mossi dalle acque
dell'Oreto che scendevano a valle per sfociare nella spiaggia di Santo Erasmo.
Ai lati dell'Oreto si individuano ancora tre sistemi di mulini ed altri
impianti produttivi legati in serie all'utilizzazione delle stesse acque:
- il canale di Parco che
partendo dalle sorgenti di Altofonte arriva sino alla campagna di Santa Maria
di Gesù;
- l'acquedotto della Sabucia
che dalle sorgenti nei pressi del Vallone della Monaca, in territorio di
Monreale, giunge in contrada Pagliarelli;
- il sistema centrale
situato sul margine sinistro del fiume che partendo dalla contrada Molara
giunge al Ponte dell'Ammiraglio.
Il canale del Parco ha
origine dalla sorgente chiamata Fontana Grande all'interno dell'abitato di
Altofonte:
“...questa gran fonte
ordinariamente si divide in due corsi. Passa l'uno in mezzo al villaggio o sia
piccola terra del Parco, che qui seguendo si mette avanti, e dà moto alle ruote
di tre molini. Scende l'altro sin a Santa Maria di Gesù nella campagna di
Palermo, e irrigando la contrada pienamente di Falsomiele, in molti luoghi
suole unirsi colle acque di Ambleri dell'Orecchiuta”.
I tre mulini all'interno
dell'abitato, di cui parla il marchese di Villabianca, sono ancora oggi
localizzabili nei mulini "di sopra", "di mezzo" e "di
sotto", di questi il primo, completamente trasformato, conserva solo la
caratteristica saia con piloni ed archi; degli altri due rimangono alcuni
ruderi nel vallone sottostante il centro abitato; le acque che muovevano da
questi mulini, dopo essere state utilizzate per scopi agricoli, si riversavano
nell'Oreto.
Il canale principale del
Parco attraversando la profonda valle del Biviere posta tra i Monti Moarda e
Pizzo Valle del Fico, dove sono ancora visibili i resti di due mulini, il
mulino Valle di Fico e del Lago di Parco (così denominati dal Villabianca)
arriva alle pendici del Monte Orecchiuta.
Lo spettacolo naturale che
si presenta a chi si addentra nella valle e segue l'andamento della Valle del
Fico prima e della Valle del Balzo poi, è di incomparabile bellezza.
Lo scenario cambia in rapida
successione: dalle valli prima citate ai Serri di Rebuttone; da questi alla
montagna di Rebuttone, al residuo bosco di Rebuttone, tagliato in massima parte
nella metà dell'ottocento successivamente alla fine della feudalità cui la
normativa sui boschi era strettamente legata: tutto questo a sud di Altofonte.
Ma la bellezza di un territorio solo in parte contaminato e danneggiato da una
lottizzazione dei terreni, non muta se si percorre la SS. in direzione del
paese: superando Poggio S. Francesco si costeggia la rocca Addauro, il cozzo
Paparina interessato da ritrovamenti archeologici e poi ancora le case "il
Monaco", "Salamone": tutto ciò ad ovest del centro abitato per
chi osserva il territorio su una qualunque cartina topografica. A est il pizzo
valle del Fico e il cozzo Orecchiuta. A nord i confini territoriali.
Emilio Sereni definisce il
paesaggio agrario "quella forma che l'uomo, nel corso e ai fini delle sue
attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al
paesaggio naturale". In questa realtà fisica si può leggere una storia che
è sociale, economica di rapporti produttivi e perciò culturale.
Dalla fine del secolo scorso
ad oggi il ruolo della campagna cede il passo ad una indiscriminata azione di
annientamento dei valori. E' solo in questi ultimi anni che, chi ha affrontato
il tema del paesaggio e del suo rapporto con il costruito ha, anche se sotto
diverse angolazioni, posto un problema oggi purtroppo divenuto assolutamente
prioritario: quello cioè del suo recupero quale ambiente esteticamente
qualificato. Da ciò deriva l'esigenza immediata di guardare al paesaggio come
un oggetto estetico e la conseguente necessità di una ricognizione di esso come
opera d'arte in se stessa considerata. E' indispensabile quindi che il
paesaggio inteso come territorio venga tutelato per una sua armonica, nuova
organizzazione, tendente a chiarire la presenza delle abitazioni al fine di
equilibrare il rapporto tra costruito ed aree verdi esistenti. Bisogna
recuperare e restituire gli spazi all'uomo definendoli con una visione della
storia più o meno antica e armonizzandoli con il paesaggio agrario e boschivo o
di qualunque altro genere, storicizzato.
Per quel che riguarda l'abitato
di Altofonte, si tratta di un impianto di origine medioevale la cui trama è
tendente alla regolarizzazione ortogonale dei comparti e della viabilità,
nonostante l'accidentalità del sito orografico di giacitura. Questa
accidentalità ha determinato la creazione di diverse scalinate che permettono
di superare il dislivello tra i vari piani conferendo una immagine particolare
al paesaggio costruito.
Il centro storico mantiene
tutt'ora la propria centralità; attorno ad esso si sviluppa l'abitato costruito
da piccole case che fanno l'architettura del territorio; ad esse si
compenetrano edifici di recente e nuova costruzione che tendono a
spersonalizzare Altofonte che, nonostante tutto, conserva ancora il fascino di
giardini nascosti da robuste mura, residui di quel paesaggio che penetrava e si
confondeva con il palazzo di Re Ruggero e con esso si correlava. I resti di
famose vestigia del passato come il palazzo ruggeriano, i resti dei mulini
esistenti ancora all'interno del paese, le chiese tra cui quella di San Michele
Arcangelo, oggi restaurata, il palazzo Vernaci ex Alliata di Villafranca e di
tanti altri edifici meritano di essere tutelati e conservati.
E', quindi, di fondamentale
importanza considerare la città di Altofonte un "unicum" inscindibile
con il suo intorno: soltanto la tutela del territorio nella sua complessività
tra paesaggio e costruito può consentire un'azione univoca ed efficace.
Il paesaggio, comunque,
inteso è il prodotto dell'azione dell'uomo come agente modificatore dei suoli.
Nei secoli il paesaggio, sia per l'azione umana, che per l'opera naturale ha
mutato, a volte radicalmente, il proprio aspetto ma, è preciso indirizzo delle
società evolute, armonizzare il prodotto umano con quello naturale. Invece, si
assiste ad un fenomeno tendenzialmente inverso: in nome di una massiva
speculazione il paesaggio, il territorio, le aree morfologicamente ricche di
connotati di notevole valenza ambientale subiscono una costante violenza. Le
cave per l'estrazione dei materiali, un tempo intelligentemente interrate, oggi
deturpano grandi costoni rocciosi, i boschi spesso arsi per opera di
scellerati, solo per citare alcuni esempi eclatanti contribuiscono alla
distruzione e allo stravolgimento di una ricchezza naturale che è patrimonio
collettivo.
Ritenuto che l'apposizione
del vincolo, ai sensi dell'art. 1, punto 4, della legge 29 giugno 1939, n.
1497, nasce dalla necessità di tutelare una vasta area rientrante nel complesso
geologico noto nella letteratura geologica come Monti di Palermo.
Questi costituiscono un
frammento della catena Appenninico-Maghrebide, formata dalla sovrapposizione
tettonica di unità carbonatiche e terrigeno-carbonatiche di età mesozoico -
terziaria, derivanti dalla deformazione dei domini paleogeografici Piattaforma
Carbonatica Panormide, Bacino Imerese e Piattaforma Carbonatico-Pelagica
Trapanese.
La deformazione di questi
domini paleogeografici avvenne a partire dal Miocene, dando origine, di
conseguenza, a dei corpi geologici con omogeneità di facies e di comportamento
strutturale (Unità stratigrafica strutturale - U.S.S.).
Queste U.S.S. durante
l'intervallo Langhiano Tortoniano si sono sovrapposte le une alle altre con
vergenza verso sud a formare l'edificio tettonico dei monti di Palermo.
Nella suddetta area
affiorano perlopiù terreni in facies di Bacino Imerese afferenti alle U.S.S.
Piana degli Albanesi e Sagana, Belmonte Mezzagno, che derivano rispettivamente
alla deformazione della parte più esterna (U.S.S. Piana degli Albanesi) ed
interna (U.S.S. Sagana, Belmonte Mezzagno) del Bacino Imerese.
I litotipi che
prevalentemente si rinvengono nelle zone da sottoporre a vincolo appartengono a
due distinte formazioni:
- Formazione Mirabella
(Trias sup.): costituita prevalentemente da calcareniti gradate e laminate e/o
calcilutiti grigiastre a noduli di selce, radiolari e lamellibranchi (Halobia),
carapaci di crostacei, etc. (depositi di scarpata e di bacino). Si tratta di
rocce carbonatiche con elevato contenuto di CaCo3 come quelli ad esempio che
caratterizzano il Cozzo Paparina. Per quanto concerne la giacitura queste rocce
possono ritrovarsi in banchi massicci e mal stratificati o in strati di
spessore metrico o decimetrico. Essi presentano diversi sistemi di fratture, da
sottili a beanti, che tendono ad ampliarsi per fenomeni carsici.
- Formazione Famusi (Trias
sup. - Lias inf.): si tratta di rocce costituite da doloruditi e doloreaniti
gradate e laminate e brecce dolomitiche, ad elementi di piattaforma carbonatica
(depositi di scarpata), risedimentate grigie, talora rosate, grigio giallastre
e biancastre, generalmente in banchi di grosse dimensioni. Queste rocce
presentano diversi sistemi di giunti variamente orientati di notevole
persistenza, spesso beanti. Ne sono tipici esempi tutta l'area delle Serre di
Rebuttone e le Punte della Moarda.
Sotto il profilo tettonico
l'area è stata soggetta a più fasi che hanno avuto luogo durante la sua storia
geologica e che sono responsabili dell'assetto strutturale della zona. Nella
zona interessata dal preposto vincolo, si distinguono due grandi dislocazioni a
prevalente andamento ovest-sud/ovest - nord/est, che hanno dato luogo al graben
di Monreale. Di queste due dislocazioni la famiglia di Monreale decorre lungo
il margine sinistro del fiume Oreto, dalla località Rocca fino a Pioppo, mentre
la faglia di Altofonte, parallela alla prima, segna tutto il versante destro
della valle dell'Oreto passando sotto l'abitato.
Tra queste due dislocazioni
principali si inserisce tutta una serie di fratture e faglie minori ad esse
sub-parallele.
I terreni affioranti nella
zona in oggetto hanno raggiunto il loro attuale assetto geomorfologico in
seguito ad una morfogenesi Plio-Quaternaria caratterizzata da faglie dirette a
forte rigetto che hanno determinato l'altitudine dei rilievi e l'andamento
morfologico dei versanti, completare in seguito dall'erosione, che ha giocato
un ruolo diversificato in ragione dei differenti tipi litologici.
Si individuano, infatti,
zone collinari caratterizzate da litotipi argilloso-arenacei che si
contrappongono a zone montuose caratterizzate da rocce carbonatiche.
Lungo le pendici dei rilievi
calcarei il modellamento dovuto all'azione delle acque dilavanti si combina con
quello carsico. Le rocce carbonatiche, sono infatti, oggetto di processi di
dissoluzione chimica, da parte delle acque meteoriche, queste, scorrendo in
superficie o penetrando in profondità attraverso le discontinuità, danno luogo
ad una tipica morfologia carsica, caratterizzata in superficie da forme
dilavate, goline, campi solcati, in profondità da cavità che si allargano
sempre più con il procedere del fenomeno, dando luogo ad inghiottitoi e grotte.
L'assetto idrogeologico
della valle dell'Oreto, di cui il territorio che si intende tutelare fa parte,
è governato principalmente dall'assetto strutturale e geometrico dei rilievi, i
quali costituiscono delle unità idrogeologiche ciascuna con un carattere di
autonomia rispetto alle altre.
Delle tre unità
idrogeologiche riconoscibile nella valle dell'Oreto (U.I. Monte Cuccio; U.I.
Belmonte Mezzagno; U.I. Piana di Palermo), quella più importante è l'U.I. di
Belmonte Mezzagno, costituita in prevalenza da un acquifero-carbonatico
caratterizzato da un'elevata permeabilità per fessurazione e carsismo cui fanno
parte i litotipi della zona da vincolare, per l'elevata produttività idrica.
Numerosi sono infatti i recapiti a valle del centro abitato di Altofonte, altri
recapiti sono verso le sorgenti del gruppo Naselli-Ambleri (cunicoli e gallerie
drenanti che hanno perso la loro funzione in seguito all'abbassamento della
piezometrica) e verso il gruppo di San Ciro (cunicoli e gallerie in parte
asciutti);
Considerato che da fonti
documentarie ben poco esiste sul territorio di Altofonte, salvo l'erezione
sulle pendici del Monte Moarda di un castello, in seguito alla conquista normanna,
proprio sul ciglio della contrada che separa Altofonte da Monreale, e
l'annessione di un parco che “...cinto da una muraglia, circondava alcuni monti
e boschi del territorio di Altofonte...”.
Sembra che fu il Re Ruggero
a volere per quella zona il Castello ed il Parco e che gli stessi furono
realizzati intorno al 1150. Altofonte diventa così la residenza di caccia dei
re normanni e ad essa viene aggregata l'intera catena montuosa che scende verso
Palermo sino a comprendere il Castello di Maredolce con il lago ed il famoso
"Dattileto". All'interno del Parco furono racchiusi caprioli, porci
selvatici ed altra selvaggina e proprio questa riserva divenne quella dove Re
Ruggero più sovente si recava.
Il Parco assunse il nome di
"Parco Nuovo" per distinguerlo da quello già esistente della Favara e
si raggiungeva attraverso una regia trazzera che dall'Oreto passava per
l'ingresso principale del Parco Regio, detto "Porta Ciglio" e
superata la vallata del Fico arrivava fino al castello.
Dovrebbe essere questa la trazzera
nota con il nome di "Scala dei muli", un sentiero tradizionale che
fungeva da collegamento tra la città e le vallate interne del palermitano in
direzione di Piana degli Albanesi e Misilmeri. La vecchia mulattiera originaria
è pressoché scomparsa; parti sono state interrate nel tempo da lavori ed
interventi sconsiderati che hanno anche travolto piccole realtà presenti lungo
il percorso come alcune cavità naturali ed alcune edicolette votive ricavate
negli anfratti rocciosi.
Il passaggio del Castello e
del relativo parco ai monaci Cistercensi segnò la suddivisione in lotti del
parco stesso e la sua assegnazione in enfiteusi ai coloni del nuovo abitato
cresciuto intorno al castello e trasformato in Abbazia.
Difficile se non impossibile
risulta oggi la lettura sul territorio della delimitazione di tale parco ed
ancor meno risulta possibile l'identificazione degli originali profili di
paesaggio naturale.
L'abbondanza di acqua ed il
clima favorevole assicurano una particolare ricchezza di vegetazione e, conseguentemente,
una ricca fauna vertebrata ed invertebrata. Gli altipiani di Rebuttone, le
sorgenti della Moarda nascosti tra le vette, le pareti scoscese ed
inaccessibili creavano le condizioni ideali per la sopravvivenza degli erbivori
e dei grossi predatori nonché di una ricca avifauna: il daino (cervus dama), la
lepre (lepus capensis), il coniglio (oryctolagus cuniculus), l'istrice (hystrix
cristata) e il riccio (erinaceus europaeus) e, secondo l'Abate Maja, financo il
lupo (canis lupus) ed ancor l'aquila reale (aquila chrysaetos) e lo sparviero
(accipiter nisus) tra i rapaci, il colombaccio (columba palumbus), il fagiano
(phasianus colchicus) e la coturnice (alectoris graeca) tra le specie più
ambite per la caccia.
Possiamo supporre che fu
proprio l'affidamento in enfiteusi a segnare i primi significativi cambiamenti
della facies naturale dei luoghi ed a trasformare ampi appezzamenti di
territorio in fondi agricoli. Questo cambiamento disegnerà nei secoli il nuovo
aspetto ed assetto di tutta la zona che resterà pressoché immutata sino quasi
ai tempi nostri.
Con eguale vigore e
rigogliosità i "giardini agricoli" hanno sostituito la vegetazione
naturale ed hanno disegnato un paesaggio altrettanto gradevole e ricco di cui
ancora oggi si conservano ampie testimonianze. Olivi secolari, grossi carrubbi,
vecchi aranceti e limoneti ed un numero rilevante di specie e varietà eduli,
molte delle quali oggi scomparse dai recenti coltivi e sostituite da
monocolture più produttive. E', quindi, una sorta di ricchezza storica, dal
punto di vista agricola, quella che contraddistingue tutto il territorio di
Altofonte, un patrimonio particolare, che oggi possiamo anche definire
culturale, di cui salvaguardare la memoria storica a testimonianza di un
rapporto uomo ambiente oggi fortemente compromesse;
Considerato che il
territorio è caratterizzato, nella zona denominata Balzo Rosso, a ridosso del
cozzo Orecchiuta, da numerose presente silvestri, un tempo boschi naturali,
successivamente degradati dai ripetuti tagli che lasciano il campo ad un ricco
sottobosco.
La speculazione agricola
industriale del XV secolo ha smorzato l'abbondante presenza del mirto, ottimo
combustibile, trasformando le verdi montagne della Conca d'Oro in nude garighe,
che si presentano così ancora oggi.
Analoga sorte è toccata alla
zona montuosa che sovrasta l'abitato di Altofonte nota col nome di Punte della
Moarda per le caratteristiche formazioni a balze di questo massiccio che
rappresentano la naturale continuità della citata valle del Fico. Proprio su queste
zone però, oggi è possibile godere di ampie zone rimboschite che hanno molto
cambiato l'aspetto desolato che questi monti avevano assunto.
Tutta l'area della valle del
Fico e parte delle Punte della Moarda, di proprietà privata, sono oggi gestite
dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, che ha avviato con successo
un'azione di rimboschimento a conifere di gran parte dell'area.
Ancora più evidente risulta
l'azione dell'I.R.F. della zona denominata della Moardella, appartenente allo
stesso complesso delle Punte della Moarda ed acquisita al demanio
regionale.
Soltanto nella zona della
valle di Rebuttone si conserva l'originario bosco, costituito da una fitta
copertura di arbusti inframmezzati a singoli individui di molto adulti di
leccio, roverella e frassino, che si può attraversare con sentieri sterrati,
lungo il corso del torrente della valle del Rebuttone, dalle contrade di
Sbanduto e Giammeri, sui pendii di Cozzo dello Sbanduto e di Cozzo Giammeri, e
su lungo la Costa Zolia e fin oltre, fino alle nude serre di Rebuttone.
Le Grotte
Nell'area della Valle del
Fico, in prossimità della vetta, si apre una grande fessura - alta circa 10
metri - la cui base si trova a quota 13 mt., incassata in parete per la
profondità di circa sei metri, che costituisce l'imbocco di una cavità
costituita da due pozzi rispettivamente di 19,50 e 9 metri orientati sull'asse
N.NO - S.SE.
Il primo pozzo presenta
pareti leggermente strapiombanti e mantiene per tutto il suo sviluppo le stesse
dimensioni dell'imbocco. Al suo fondo si trova una biforcazione a S.SE da cui
si sviluppa un secondo pozzo lungo circa 8 metri con un dislivello di mt. 9.
Tutta la cavità, pur
rappresentando un'interessante realtà speleologica non presenta importanti
concrezionamenti e le poche esistenti si rinvengono solo nella parte terminale
del pozzo.
Analogamente la Grotta
denominata "della Moardella".
Essa si trova a quota 550
mt. del massiccio della Moarda e si raggiunge percorrendo il sentiero che dalla
fonte del Sopo conduce in direzione S/E fino a raggiungere un roccione spaccato
in due: in questa fenditura della roccia ha il suo sviluppo la grotta.
Più interessante appare
invece il pozzo denominato della Macchiaciucia.
L'imbocco di detta cavità è
costituito da una stretta fessura lunga circa 6 metri che risulta occlusa da
massi fatti rotolare lì volontariamente.
Il pozzo, dalla forma a
campana scende verticalmente per circa 40 metri e lungo le pareti sono presenti
rare concrezioni. A circa 23 metri è presente un orifizio sulla parete SE che,
attraverso una stretta piazzuola, porta ad un secondo pozzo. Questo, oltre ad
avere una conformazione differente dal primo, presenta le pareti riccamente e
variamente concrezionate ed una nicchia incassata nella parete SE, è ricco di
formazioni stalagmitiche dalle forme molto singolari e suggestive.
Infine, gli esploratori e
descrittori del pozzo hanno anche segnalato la presenza di una colonna (parete
NE) stalattitica alta un paio di metri sulla quale hanno rinvenuto, saldati
alla stessa, degli ossicini dagli stessi ritenuti di colombo, ma che più
verosimilmente potrebbero appartenere a chirotteri, abituali abitatori delle
cavità.
In entrambi i casi risulta
chiaro che il sito può costituire anche idoneo ricovero per la fauna.
Dalle punte della Moarda,
attraverso la portella del Pozzillo, lasciato il territorio di Altofonte, non
si può non seguire un naturale percorso di estrema suggestione e rilevante
interesse naturalistico che include la costa di Carpineto, dall'aspetto
dolomitico e che annovera a circa 50 metri dalla vetta, sul suo versante nord
la grotta delle Volpi, una cavità naturale con stalattiti.
Oltre la costa del
Carpineto, ma non lontano da essa, lungo il percorso ancora ricco di macchia
mediterranea, quasi in prossimità della cima di monte Pizzuta, si apre la
grotta del Garrone e poco distante lo Zubbione della Pizzuta, cavità a sviluppo
verticale con circa 80 mt. di dislivello e di rilevante interesse speleologico
per le sue bellissime concrezioni calcaree.
Le Acque
Si è ritenuto necessario non
escludere dalla perimetrazione del vincolo proposto parte del corso del
Fiumelato di Meccini fino a raggiungere la località denominata Fontana Lupo.
L'esposizione delle alte
pareti della Moarda, di Valle Fico e del Parco, confinanti con la gelida conca
di Piana degli Albanesi, accentua i rigori invernali di tutto il comprensorio
di Altofonte e consente il prolungarsi del pur breve stazionamento delle nevi
nei periodi più freddi dell'anno. Le forti precipitazioni, che storicamente
raggiungono una media annua di 1.300 mm., anche se oggi giorno sensibilmente
diminuite, determinano un esubero idrico rispetto alla capacità di assorbimento
dei terreni.
Ne consegue un abbondante
ruscellamento superficiale di acque che vengono via via inghiottite dai calcari
fessurati e corrosi, percolando in profondità nelle viscere montuose fino a
formare un grande acquifero. Da questi depositi profondi, in corrispondenza di
fratture tra le argille e le rocce più antiche l'acqua si insinua e scaturisce
all'esterno. Si formano così sorgenti a polle sorgive che alimentano il sistema
idrografico della valle dell'Oreto.
In particolare, il
territorio oggetto di vincolo che ingloba la sezione sud-est del bacino
dell'Oreto con Valle Fico ed i picchi della Moarda, è caratterizzata da un reticolo
di ruscelli e vene d'acqua superficiali che discendendo dalle balze montuose
confluiscono in un ampio vallone noto con il nome di Fiumelato Meccini.
Esso, scavandosi il corso
lungo il Cozzo Meccini, raggiunge l'Oreto propriamente detto in cui confluisce.
Buona parte del Vallone Fiumelato di Meccini corre lungo il confine comunale di
Altofonte con Monreale. Un percorso abbastanza tortuoso e poco praticabile,
ricco di valloncelli coperti da una fitta boscaglia e dalle sponde
inaccessibili per il proliferare di giunchi, typha e salcarelle (salix caprea)
che si intersecano con altrettanti canali, noti col nome di "saje",
realizzati dall'uomo per irrigare altrettanto fitti e rigogliosi frutteti
alternati a campi orticoli, condizione questa che ha salvato parte delle sponde
del fiume dalla cementificazione, prevalentemente abusiva, che caratterizza
tutta l'area.
Un dedalo di viuzze che
raggiungono altrettante case e "villini" hanno sottratto a questo
territorio potenziali ambienti fluviali di indubbio valore paesaggistico ma
soprattutto naturalistico. Una testimonianza può essere considerata la località
Fontana Lupo, dove una rigogliosa vegetazione ruderale vede assieme oleandri
(nerium oleander), e canneti (phragmites australis) lungo gli argini mischiati
con il sommacco (Rhus sp.) e gli alberi da fico (ficus carica) e di nespole
(eryobotrya japonica) lungo le sponde. Qui, dove il percorso si fa più stretto
fino a sparire in un antro, ruscella, secondo la tradizione storica, la sorgiva
che dà origine al fiume Oreto, facendosi spazio tra le calcareniti tenere e tra
erte pareti rocciose coperte dal delicato capelvenere e da un morbido tappeto
di muschio.
La Flora
La flora ascrivibile al
territorio di Altofonte ricalca a grandi linee quella presente in tutta la ben
più vasta valle dell'Oreto. Su di essa i borbonici più noti hanno parlato nel
descrivere le numerose escursioni fatte, soprattutto nella porzione a monte,
già dagli inizi dell'800 (Parlatore 1839, Lojacono Pojero 1888-1909).
In particolare, il Parlatore
nella su "Flora Panormita" fa precisi riferimenti a località della
zona quali la valle del Fico, il Gorgo di Rebuttone, l'omonimo bosco e il Pizzo
della Moarda.
In alcuni casi le località
indicate sono quelle da cui provengono gli esemplari poi descritti e
costituiscono i "loci classici" su cui si basano le diagnosi
scientifiche.
Inutile dire che molte delle
specie descritte sono oggi sparite ma alcune sono ancora presenti e proprio
nelle porzioni montane del bacino; per tali motivi l'integrità di tali stazioni
reclama adeguate forme di tutela e tutta l'attenzione della p.a. nell'interesse
della collettività.
I pochi esempi di
vegetazione subnaturale sono costituiti da nuclei di lecceta spesso frammisti
ad essenze estranee introdotte con opere di rimboschimento ed alcune comunità
rupestri abbarbicate nelle zone più impervie;
Considerato che alla fine
degli anni '50 la Regione Siciliana ha dato avvio ai piani territoriali di
coordinamento previsti dalla legge n. 1150 del 1942 col fine di orientare e
coordinare l'attività urbanistica da svolgere in alcune parti del territorio e
quindi di pianificare l'ubicazione di grandi infrastrutture, nonché dei servizi
di interesse regionale incluse le attrezzature per il tempo libero ed i parchi
di ogni tipo.
Nel P.T.C. del
"palermitano" il sistema dei parchi è individuato sulle montagne a
corona di Palermo e tutta la Valle dell'Oreto viene destinata ad uso agricolo.
L'attuazione del P.T.C.
viene, comunque, superato dalla legge regionale n. 80/77, la quale estende il
concetto di "bene culturale" comprendendovi anche i beni naturali e
naturalistici.
In aggiunta a ciò parti
della Valle del Fico e della Moarda sono state, come già detto, acquisite al
demanio regionale o, comunque, prese in gestione dall'I.R.F.
E' questa una forma di
tutela che pur se capace di conservare o recuperare pezzi del territorio non è
sufficiente e soprattutto non aiuta a regolamentare il territorio nel suo
complesso.
In tal senso l'apposizione
di un vincolo paesaggistico, se attuato e gestito nella sua più ampia
interpretazione di tutela, che è quella di curare anche il patrimonio naturale,
può invertire il trend negativo cui tendono tutte le aree a ridosso di una
metropoli qual'è Palermo che è quello di fungere da aree di espansione.
E' proprio questa tendenza
che inevitabilmente spazza via in primo luogo i residui di naturalità di queste
valli ed anche ne fa perdere la propria identità tipica di ogni territorio che
ha vissuto, com'è stato per Altofonte, momenti storici importanti;
Rilevato che l'area, oggetto
del presente provvedimento, è perimetrata vincolisticamente come segue:
- il territorio per il quale
si propone il vincolo paesaggistico comprende l'intero territorio di Altofonte
e parte di quello di Monreale e Piana degli Albanesi. La perimetrazione di
vincolo della porzione di territorio ricadente nella pertinenza del Comune di
Monreale partendo dalla sorgente Fontana Lupo, segue il confine comunale tra
Monreale e Altofonte (coincidente con il Fiumelato di Meccini) fino ad
incontrare in contrada Seggio alla quota di mt. s.l.m. 329, la strada vicinale
che dalle case Terrasi conduce alle case Cialini per congiungersi poi alla
carreggiabile che conduce al ponte di Fiumelato. Da questo punto la
perimetrazione segue verso est, in direzione di Palermo, il limite dei 150
metri dal fiume relativo al vincolo ex legge n. 431/85 sempre sul Fiumelato di
Meccini fino all'incrocio con la strada provinciale che dalla frazione di
Aquino conduce ad Altofonte.
Infine il limite segue sulla
stessa strada sino ad incontrare Ponte di Parco e da qui riprende il confine
comunale fino a Fontana Lupo.
La perimetrazione di vincolo
della porzione ricadente nel comune di Piana degli Albanesi, partendo dal punto
in cui si incontrano i confini comunali di Altofonte e Piana degli Albanesi con
il limite del vincolo boschivo ex legge n. 431/85, scende seguendo il confine
del vincolo boschivo stesso fino ad incontrare in confine comunale tra Piana
degli Albanesi e Monreale; da qui risale lungo lo stesso confine sino a
raggiungere la Porta del Garrone prima e costeggiando la Costa del Carpineto,
Portella del Pozzillo;
Ritenuto che le motivazioni
riportate nel succitato verbale del 25 luglio 1995 a supporto della proposta di
vincolo di Altofonte, come descritta nel verbale medesimo - parte sostanziale
del presente provvedimento -, sono sufficienti e congrue e testimoniano
dell'elevato interesse pubblico rivestito dalla zona;
Rilevato che sono state
prodotte con corrette modalità le seguenti opposizioni, nei termini di cui
all'art. 2 della legge n. 1497/39:
- Comune di Altofonte:
contesta la motivazione della proposta di vincolo, perché:
- non coincidente con
l'antico "Parco Ruggeriano", che non presenta più confini ben
definiti;
- nella relazione allegata
al verbale si enfatizza, spesso con imprecisioni, su fatti di interesse
naturale e naturalistico, di interesse storico e architettonico presenti nel
territorio;
- non si fa riferimento al
contesto territoriale e ambientale dissestato, inquinato e infestato
dall'abusivismo edilizio privato e dalla proliferazione di opere pubbliche di
dubbia utilità;
- non è stato sottoposto a
vincolo paesaggistico l'intero fiume Oreto, dal momento che la sponda ricadente
nel comune di Altofonte è stata inglobata nel perimetro sopradescritto mentre
la sponda che rimane nel distretto di Palermo non è stata compresa in questa
proposta;
- manca il coordinamento tra
il sistema vincolistico e la pianificazione territoriale, il primo,
indiscriminatamente, finisce col tutelare tanto beni culturali quanto comparti
territoriali in condizioni preoccupanti, mentre il secondo tende a
riqualificare e a recuperare le aree compromesse dalla massiccia
cementificazione intervenuta negli anni;
- sembra che l'apposizione
del vincolo non sia stata preceduta da una corretta ed opportuna verifica sui
luoghi;
- Cav. Pipitone Giuseppe e
altri: i ricorrenti lamentano la mancanza di notifica individuale della
proposta di vincolo, i ricorrenti affermano che l'elenco delle località
sottoposte a vincolo, predisposto dalla commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche della Provincia di Palermo, è stato
pubblicato all'albo pretorio del comune di Altofonte per un periodo inferiore a
quello previsto dall'art. 2 della legge n. 1497/39;
- Cava Valle Rena nella persona
del sig. Buttitta Salvatore: evidenzia il difetto di motivazione in relazione
alla genericità della proposta di vincolo;
Viste le controdeduzioni
dalla Soprintendenza di Palermo, che ha risposto alle osservazioni mosse in
maniera soddisfacente, nella nota n. 16/V del 10 gennaio 1997:
1) l'elenco delle località
sottoposte a vincolo, predisposto dalla commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche della Provincia di Palermo, è stato
pubblicato all'albo pretorio del comune di Altofonte per un periodo di tre mesi
naturali e consecutivi, come stabilito dall'ultimo comma dell'art. 2 della
legge n. 1497/39 e, precisamente, dal 9 agosto 1995 al 20 novembre 1995, così
come comunicato dal comune di Altofonte con nota n. 8258 del 21 novembre 1995;
2) circa la mancata notifica
individuale della proposta di vincolo specifica che il terzo comma dell'art. 9
della legge n. 10/91 consente, quando, per l'elevato numero dei destinatari, la
comunicazione personale risulta gravosa, di applicare differenti forme di
pubblicità, che possono concretarsi con quanto previsto dall'art. 4 della legge
n. 1497/39 e dall'art. 10 del R.D. n. 1357/40;
3) in merito alla
motivazione che è stata contestata perché priva di riscontri storici, si
sottolinea che la Soprintendenza di Palermo, nella sua relazione, ha prodotto
diversi riferimenti storici, facendo innanzitutto riferimento al "Parco
regio" di re Ruggero II di Sicilia, al castello e alla "trazzera
regia". Si fa poi riferimento al Palazzo di re Ruggero, ai mulini ancora
esistenti, alla Chiesa di S. Michele Arcangelo, a palazzo Vernaci e a tutti gli
altri edifici, chiese e fontane che costituiscono il patrimonio
storico-artistico del comune;
4) l'osservazione dei
ricorrenti che contesta l'imposizione del vincolo anche su zone fortemente
degradate, non sembra conveniente dal momento che l'adozione di questo vincolo
paesaggistico interviene proprio per evitare la totale distruzione e lo
stravolgimento di un territorio che ancora oggi è ricco di risorse naturali che
costituiscono patrimonio collettivo, volendo mirare al recupero del paesaggio
quale ambiente esteticamente qualificato;
5) non si può accogliere
l'opposizione riferita alla tutela di una sola riva del fiume Oreto, perché,
come palesamente chiaro sulle planimetrie allegate al verbale, il vincolo
ingloba ambedue gli argini del fiume, ma soprattutto è irrilevante dal momento
che le rive dei fiumi sono di per sé vincolate dalla legge n. 431/85;
6) in riferimento alle
opposizioni presentate dal sig. Buttitta Salvatore e Cava Valle rena s.n.c., si
precisa che, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1497/39, sono soggette a
tutela "le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così
pure quei punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico, dai quali si
goda lo spettacolo di quelle bellezze". In tal senso la relazione
storico-tecnica e la relazione tecnico-scientifica mettono in risalto la
particolare bellezza del territorio da tutelare, territorio che risulta vario e
diversificato dal punto di vista naturale, ma che presenta proprie peculiarità
morfologiche. Sotto questo punto di vista, le caratteristiche geologiche e
floristiche dell'area, la presenza di grotte, di ruscelli e di vene d'acqua
superficiali, costituiscono elementi specifici che, nonostante l'azione
deturpante dell'uomo (come la presenza di cave per l'estrazione dei materiali
che deturpano i grandi costoni rocciosi), sono ancora presenti e non possono
non costituire oggetto di tutela da parte della commissione BB.NN.PP. di
Palermo;
7) con riferimento alle
opposizioni presentate dal comune di Altofonte con nota prot. n. 11559 dell'8
novembre 1995, è opportuno ribadire una volta di più che la ratio della legge
n. 1497/39 non è solo quella di tutelate il singolo bene, ma anche le bellezze
naturali considerate come quadri naturali (art. 1, n. 4). In questa direzione
si è rivolta l'azione della Soprintendenza, che attraverso le relazioni, frutto
di una rigorosa verifica in loco, ha ampiamente messo in evidenza la bellezza
paesaggistica e naturale del territorio di Altofonte e, nel contempo, il
patrimonio storico-artistico ancora oggi presente;
Considerato, quindi, nel
confermare la proposta di vincolo in argomento, di potere accogliere nella loro
globalità le suaccennate motivazioni, le quali sono parte integrante del
presente decreto e per le quali si rimanda al verbale del 25 luglio 1995;
Ritenuto, pertanto, che,
nella specie, ricorrono evidenti motivi di pubblico interesse, che suggeriscono
l'opportunità di sottoporre a vincolo paesaggistico l'intero territorio di
Altofonte e le porzioni di territorio ricadenti nei comuni di Piana degli
Albanesi e Monreale, in conformità della proposta del 25 luglio 1995 della
commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di
Palermo;
Rilevato che l'apposizione
del vincolo comporta soltanto l'obbligo per i proprietari, possessori o
detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili, ricadenti nella zona vincolata,
di presentare alla competente Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali,
per la preventiva autorizzazione, qualsiasi progetto di opere che possa
modificare l'aspetto esteriore della zona stessa;
Decreta:
Art. 1
Per le motivazioni espresse
in premessa, l'area descritta nel verbale del 25 luglio 1995 della commissione
provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo e
delimitata, con pallinato colore rosso, nella planimetria allegata, che forma
parte integrante del presente decreto, è dichiarata di notevole interesse
pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, numeri 3 e 4, della legge 29
giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 9, numeri 4 e 5, del relativo regolamento di
esecuzione, approvato con R.D. 3 giugno 1940, n. 1357.
Art. 2
Il presente decreto sarà
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana unitamente al
verbale redatto nella seduta del 25 luglio 1995 dalla competente commissione
provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo ed
alla planimetria di cui sopra è cenno, ai sensi degli articoli 4 della legge n.
1497/39 e 12 del R.D. n. 1357/40, sopra citati.
Una copia della Gazzetta
Ufficiate della Regione Siciliana, contenente il presente decreto, sarà
trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite
della competente Soprintendenza, ai comuni di Altofonte, Piana degli Albanesi e
Monreale perché venga affissa per mesi tre all'albo pretorio dei comuni stessi.
Altra copia della predetta
Gazzetta, assieme alla planimetria della zona vincolata, sarà
contemporaneamente depositata presso gli uffici dei comuni di Altofonte, Piana
degli Albanesi e Monreale, ove gli interessati potranno prenderne visione.
La Soprintendenza competente
comunicherà a questo Assessorato la data dell'effettiva affissione del numero
della Gazzetta sopra citata all'albo dei comuni di Altofonte, Piana degli
Albanesi e Monreale.
Palermo, 26 marzo 1997.
D'ANDREA
ALLEGATI
VERBALE DELLA COMMISSIONE
PROVINCIALE
PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE
NATURALI
E PANORAMICHE DI PALERMO
Oggetto: Verbale della
riunione del 25 luglio 1995.
L'anno 1995 il giorno 25 del
mese di luglio, presso i locali di via Ausonia n. 122 si è riunita la
commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche
della provincia di Palermo, su invito del presidente dott.ssa C.A. Di Stefano,
diramato con nota prot. n. 2474 del 19 luglio 1995 con il seguente ordine del
giorno:
- apposizione vincolo sul
territorio del comune di Altofonte che comprende anche porzioni limitate di
territori dei comuni di Monreale e Piana degli Albanesi.
Alle ore 09,30 sono presenti
i signori:
- dott.ssa C.A. Di Stefano,
presidente;
- arch. A. Porrello,
componente:
- arch. S. Lo Nardo,
componente;
- dott. M. R. Camillo,
segretario;
- dott. S. Garofalo,
direttore ripartimentale delle foreste, membro aggregato.
La commissione procede alla
verifica della cartografia e della relazione storico-tecnica e
tecnico-scientifica predisposta dalle sezioni beni PAU e beni NN.NN. della
Soprintendenza B.C.A. di Palermo.
Si rileva a tal riguardo che
gran parte del territorio di che trattasi da sottoporre a vincolo, interessa
aree demaniali di competenza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste.
La commissione ribadisce
l'opportunità che all'apposizione dei vincoli facciano seguito da parte degli
organi competenti la stesura dei piani territoriali paesistici che
rappresentano uno strumento unico e insostituibile per la concreta gestione del
territorio vincolato.
In riferimento al verbale
della precedente seduta effettuata in data 4 luglio 1995 il soprintendente
comunica di avere già insediato la commissione interna che curerà la redazione
del piano paesistico del territorio della Piana dei Colli e contestualmente
illustra i nuovi criteri che dovranno essere seguiti nella stesura del nuovo
vincolo.
La commissione prende atto
con soddisfazione che è stato dato corso a quanto stabilito nella procedente
seduta.
La commissione infine
definisce l'esame della cartografia e delle relazioni storico-tecniche e
tecnico-scientifiche predisposte dalle predette sezioni tecnico-scientifiche e
relative al vincolo da apporre sul territorio del comune di Altofonte e
comprendente anche porzioni limitate di territorio dei comuni di Piana degli
Albanesi e di Monreale.
Le sopracitate cartografie e
relazioni vengono qui di seguito riportate e diventano parte integrante del
presente verbale.
PROPOSTA Dl VINCOLO
PAESAGGISTICO
LEGGE N. 1497 DEL 29 GIUGNO
1939
Comuni di: Altofonte e parte
del territorio di Monreale
e Piana degli Albanesi
Perimetrazione
Il territorio, per il quale
si propone il vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497 del 29 giugno
1939, comprende l'intero territorio di Altofonte e parte di quello di Monreale
e di Piana degli Albanesi. La perimetrazione di vincolo della porzione di
territorio ricadente in quello di Monreale partendo dalla sorgente Fontana
Lupo, segue il confine comunale tra Monreale e Altofonte (coincidente con il
Fiumelato di Meccini) fino ad incontrare in contrada Seggio alla quota mt. s.m.
329 la strada vicinale che dalle case Terrasi conduce alle case Cialini per
congiungersi poi alla carreggiabile che conduce al ponte di Fiumelato. Da
questo punto la perimetrazione segue verso est, in direzione di Palermo, il
limite dei 150 mt. dal fiume relativo al vincolo ex legge n. 431/85 sempre sul
Fiumelato di Meccini fino all'incrocio con la strada provinciale che dalla
frazione di Aquino conduce ad Altofonte. Infine il limite segue sulla stessa
strada sino ad incontrare Ponte di Parco e da qui riprende il confine comunale
fino a Fontana Lupo.
La
perimetrazione di vincolo della porzione di territorio ricadente nel comune di
Piana degli Albanesi, partendo dal punto in cui si incontrano i confini
comunali di Altofonte e Piana degli Albanesi con il limite del vincolo boschivo
ex legge n. 431/85, scende seguendo il confine del vincolo boschivo stesso fino
ad incontrare il confine comunale tra Piana degli Albanesi e Monreale, da qui
risale lungo lo stesso confine sino a raggiungere la Porta del Garrone prima e
costeggiando la Costa del Carpineto, Portella del Pozzillo.
Motivazione
Il territorio comunale di
Altofonte che si intende tutelare costituisce, pur con le sue odierne
mutilazioni, un quadro naturale di particolare bellezza che si pone a sfondo
dello scenario meridionale della vallata del fiume Jato, nella parte più
elevata della "conca d'oro".
Un tempo parte di questo
territorio era compreso all'interno del "parco regio" opera che Re
Ruggero II di Sicilia, fece impiantare nella prima metà del XII secolo.
Parco, dalla voce anglica
Park, corrispondente a vivarium. Il nome stesso ci chiarisce l'uso al quale fu
destinato sin dall'origine il castello che fu costruito all'interno della sua
cinta. Esso sorgerà a sette miglia da Palermo e si colloca tra le falde dei
monti "Moarda" e la vallata che separa questa contrada da Monreale.
Il particolare paesaggio montuoso, la ricchezza delle acque e l'abbondanza
della selvaggina hanno contribuito senz'altro alla scelta del luogo, per
l'impianto di un castello di caccia estivo. Oggi quel che resta del palazzo
reale fa parte del nucleo abitato e con esso si confonde.
Delimitato da un muro di
confine il "Parco Nuovo" era raggiungibile, per chi uscisse dalle
mura in prossimità del palazzo Reale, percorrendo una mulattiera detta
"trazzera regia". Essa percorreva l'odierna via Brasa e per Ambleri
oltrepassando il fiume Oreto e le borgate di Villagrazia, Mollo, Malpasso,
Ciambra, Piano Maglio giungeva al parco regio passando per l'ingresso
principale detto Porta Giglio; poi attraverso la valle denominata oggi
"valle del fico" permetteva di raggiungere il castello attorno a cui
due secoli più tardi sarebbe sorto il paese di "Parco", oggi
Altofonte e così chiamato poiché nella parte a monte del parco
"amenissimo" di Ruggero II esisteva una fonte "lucidissima"
da cui appunto, il paese trasse il suo nome.
Del castello all'interno del
"parco nuovo", non si conosce l'epoca esatta della costruzione. Con
il passare del tempo il palazzo reale di Altofonte passò prima agli Angioini e
in seguito agli Aragonesi che per opera di Federico II attuarono radicali
trasformazioni. Successivamente, in seguito alla nascita dell'infante Pietro
d'Aragona il re Federico concesse il castello con l'annessa chiesa e relativo
parco ai monaci Cistercensi. E' la costruzione della chiesa che segna l'inizio
del nuovo centro abitato che si sviluppa attorno all'antico castello normanno
già peraltro trasformato in abazia.
Gli abitanti che popolarono
il futuro comune furono i coloni di quello che era stato il parco regio che i
frati avevano suddiviso in lotti cedendolo in enfiteusi.
Il comune di Altofonte ebbe
fondamento giuridico solo nel XIX secolo con il nome di Parco in ricordo del
Parco Nuovo e così continuò a chiamarsi almeno nella tradizione popolare fino a
qualche tempo fa.
Scarsissime sono le notizie
che lo riguardano ed infatti esiste una totale mancanza di documentazione sul
periodo che va dal Rinascimento ai nostri giorni, si sa soltanto da alcune
notizie riportate da Vito Amico nel "Dizionario Topografico della
Sicilia" che nel 1798 il paese contava circa 2.200 abitanti e che
l'economia era basata sull'agricoltura essendo i terreni intorno all'abitato
molto fertili e ricchi d'acqua; la dimostrazione dell'uso dei terreni è data
fondamentalmente dall'analisi delle cartine topografiche che mostrano la presenza
di una notevole quantità di trazzere e strade vicinali all'interno del
territorio oggetto della nostra indagine: viabilità che permetteva
l'attraversamento delle terre e che quindi rendevano più agevole il
raggiungimento degli appezzamenti destinati sia a scopo agricolo che a pascolo
e in ogni caso legato all'uso dei suoli. In particolare il territorio oggetto
della proposta di vincolo è caratterizzato da un reticolo di ruscelli e vene
d'acqua superficiali. La ricchezza d'acqua è sempre stato un elemento condizionatore
delle attività umane e quindi del processo di trasformazione del territorio;
attraverso secoli di costante lavoro l'uomo ha attrezzato le sue terre con
opere ed impianti atti a sfruttare la disponibilità delle acque e man mano che
le tecniche progredivano maggiori profitti si traevano dai terreni irrigui
contribuendo così alla nascita di casolari nelle campagne.
Tornando indietro nel tempo
sin dall'epoca di Alfonso il Magnanimo si assiste in tutta la Sicilia ad una
evoluzione delle condizioni civili e con queste alla ripresa delle attività
agricole nelle campagne attorno Palermo là dove i terreni permettevano una
facile produzione delle colture e di conseguenza un rapido popolamento delle
campagne dovuto anche alle opere di difesa studiate per i caseggiati; si
trattava di solito di una torre, come quella in contrada Rebuttone, che veniva
posta a difesa del feudo o delle costruzioni rurali. Più tardi la torre perse
la sua funzione difensiva e vengono ritenute sufficienti le solide mura di un baglio.
Di fabbricati rurali anche
se alcuni ridotti a semplici ruderi è disseminato il territorio di Altofonte le
case Salamone, le case Orestano, Nanfera, Romei solo per citarne alcune. Le
case Romei, a monte dell'abitato di Altofonte, il cui nome significa Romano e
che conservano al loro interno i resti di alcuni affreschi ascrivibili
probabilmente al '600, farebbero supporre sul posto la presenza di un casale di
origine romana ma, l'ipotesi è tutta da verificare.
Altra importante risorsa
economica del territorio era costituita dai numerosi mulini mossi dalle acque
dell'Oreto che scendevano a valle per sfociare nella spiaggia di Sant'Erasmo.
Ai lati dell'Oreto si
individuano ancora tre sistemi di mulini ed altri impianti produttivi legati in
serie all'utilizzazione delle stesse acque:
- il canale di Parco che
partendo dalle sorgenti di Altofonte arriva sino alla campagna di Santa Maria
di Gesù;
- l'acquedotto della Sabucia
che dalle sorgenti nei pressi del vallone della Monaca, in territorio di
Monreale, giunge nella contrada Pagliarelli;
- "il sistema
centrale" situato sul margine sinistro del fiume che partendo dalla
contrada Molara giunge al ponte dell'Ammiraglio.
Il canale del Parco ha
origine dalla sorgente chiamata Fontana Grande all'interno dell'abitato di
Altofonte: "...questa gran fonte ordinariamente si divide in due corsi.
Passa l'iuno in mezzo al villaggio o sia piccola terra del Parco, che qui
seguendo si mette avanti, e dà moto alle ruote di tre molini. Scende l'altro
sino a Santa Maria di Gesù nella campagna di Palermo, e irrigando la contrada
pienamente di Falsomiele in molti luoghi suole unirsi colle acque di Ambleri
dell'Orecchiuta".
I tre mulini all'interno
dell'abitato, di cui parla l'infaticabile marchese di Villabianca, sono ancora
oggi localizzabili nei mulini "di sopra", "di mezzo" e
"di sotto"; di questi il primo, completamente trasformato, conserva
solo la caratteristica saia con piloni ed archi; degli altri due rimangono
alcuni ruderi nel vallone sottostante il centro abitato; le acque che muovevano
da questi mulini, dopo essere state utilizzate per scopi agricoli, si
riversavano nell'Oreto.
Il canale principale del
Parco attraversando la profonda valle del Biviere posta tra i monti Moarda e
Pizzo Valle del Fico, dove sono ancora visibili i resti di due mulini il mulino
Valle di Fico e del lago di Parco (così denominati dal Villabianca) arriva alle
pendici del monte Orecchiuta.
Lo spettacolo naturale che
si presenta a chi si addentra nella valle e segue l'andamento della valle del
Fico prima e della valle del Balzo poi è di incomparabile bellezza. Lo scenario
cambia in rapida successione dalle valli prima citate ai Serri di Rebuttone; da
questi alla montagna di Rebuttone, al residuo bosco di Rebuttone, tagliato in
massima parte nella metà dell'ottocento in seguito alla fine della feudalità
cui la normativa sui boschi era strettamente legata: tutto questo a sud di
Altofonte. Ma la bellezza di un territorio solo in parte contaminato e
danneggiato da una lottizzazione dei terreni, non muta se si percorre la SS in
direzione del paese: superando Poggio San Francesco si costeggia la rocca
Addauro, il cozzo Paparina interessato da ritrovamenti archeologici e poi
ancora le case "il Monaco", "Salamone". Tutto ciò ad ovest
del centro abitato per chi osserva il territorio su una qualunque cartina
topografica. A est il pizzo valle del Fico e il cozzo Orecchiuta. A nord i
confini territoriali.
Emilio Sereni definisce il
paesaggio agrario "quella forma che l'uomo, nel corso e ai fini delle sue
attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al
paesaggio naturale" in questa realtà fisica si può leggere una storia che
è sociale, economica e di rapporti produttivi e perciò culturale.
Dalla fine del secolo scorso
ad oggi il ruolo della campagna cede il passo ad una indiscriminata azione di
annientamento dei valori. E' solo in questi ultimi anni che, chi ha affrontato
il tema del paesaggio e del suo rapporto con il costruito ha, anche se sotto
diverse angolazioni, posto un problema oggi purtroppo divenuto assolutamente
prioritario: quello cioè del suo recupero quale ambiente esteticamente
qualificato. Da ciò deriva l'esigenza immediata di guardare al paesaggio come
un oggetto estetico e la conseguente necessità di una ricognizione di esso come
opera d'arte in se stessa considerata. E' indispensabile quindi che il
paesaggio inteso come territorio venga tutelato per un'armonica, nuova
organizzazione di esso tendente a chiarire la presenza delle abitazioni
affinché sia mantenuto un equilibrato rapporto tra costruito e aree verdi
esistenti. Bisogna recuperare e restituire gli spazi all'uomo definendoli con
una costante visione della storia più o meno antica e armonizzandoli con il
paesaggio agrario o boschivo o di qualunque altro genere, storicizzato.
Per quel che riguarda
l'abitato di Altofonte, si tratta di un impianto di origine medievale la cui
trama e tendente alla regolarizzazione ortogonale dei comparti e della
viabilità, nonostante l'accidentalità del sito orografico di giacitura. Questa
accidentalità ha determinato la creazione di diverse scalinate che permettono
di superare il dislivello tra i vari piani conferendo una immagine particolare
al paesaggio costruito.
Il centro storico mantiene
tutt'ora la propria centralità, attorno ad esso si sviluppa l'abitato
costituito da piccole case che fanno l'architettura del territorio; ad esse si
compenetrano edifici di recente e nuova costruzione che tendono a
spersonalizzare Altofonte ma, nonostante tutto resta ancora il fascino di
giardini nascosti da robuste mura, nascosti alla vista del passante frettoloso
ma, che sono retaggio di quel paesaggio che penetrava e si confondeva con il
palazzo di Re Ruggero e con esso si correlava.
I resti di famose vestigia
del passato come il palazzo ruggeriano, i resti dei mulini esistenti ancora
all'interno del paese, le chiese tra cui quella di San Michele Arcangelo, oggi
restaurata, il palazzo Vernaci ex Alliata di Villafranca e di tanti altri
edifici meritano di essere tutelati e conservati.
E' quindi di fondamentale
importanza considerare la città di Altofonte un "unicum" inscindibile
con il suo intorno: poiché e solo la tutela del territorio nel suo complesso:
paesaggio e costruito può consentire un'azione univoca ed efficace.
Il "paesaggio"
comunque inteso: ambiente, territorio è il prodotto dell'azione dell'uomo come
agente modificatore dei suoli.
Nei secoli il paesaggio,
vuoi per l'opera umana, vuoi per l'opera naturale ha mutato, a volte
radicalmente il suo aspetto ma, sempre si è cercato di armonizzare il prodotto
umano con quello naturale. Oggi si assiste ad un fenomeno inverso: in nome di
una massiva speculazione il paesaggio, il territorio, subiscono una costante
violenza. Le cave per l'estrazione dei materiali, un tempo intelligentemente
interrate, oggi deturpano grandi costoni rocciosi: ne è un esempio la cava di
Rebuttone; i boschi spesso volontariamente arsi per opera di scellerati, solo
per citare alcuni esempi eclatanti contribuiscono alla distruzione e allo
stravolgimento di una ricchezza naturale che è patrimonio collettivo.
SOPRINTENDENZA BENI
CULTURALI ED AMBIENTALI
SEZIONE BENI NATURALI E
NATURALISTICI
PALERMO
Inquadramento geologico
dell'area di vincolo
L'area interessata dal
vincolo, rientra nel complesso geologico noto nella letteratura geologica come
Monti di Palermo. Questi costituiscono un frammento della Catena
Appenninico-Maghrebide, formata dalla sovrapposizione tettonica di unità
carbonatiche e terrigeno-carbonatiche di età mesozoico-terziaria derivanti
dalla deformazione dei domini paleogeografici Piattaforma Carbonatica
Panormide, Bacino Imerese e Piattaforma Carbonatico-Pelagica Trapanese.
La deformazione di questi
domini paleogeografici avvenne a partire dal Miocene, dando origine, di
conseguenza, a dei corpi geologici con omogeneità di facies e di comportamento
strutturale (Unità Stratigrafico-Strutturali U.S.S.). Queste U.S.S. durante
l'intervallo Langhiano-Tortoniano si sono sovrapposte le une alle altre con
vergenza verso Sud a formare l'edificio tettonico dei Monti di Palermo.
Nella suddetta area
affiorano perlopiù terreni in facies di Bacino Imerese afferenti alle U.S.S.
Piana degli Albanesi e Sagana Belmonte Mezzagno, che derivano rispettivamente
alla deformazione della parte più esterna (U.S.S. Piana degli Albanesi) ed interna
(U.S.S. Sagana Belmonte Mezzagno) del Bacino Imerese.
I litotipi che
prevalentemente si rinvengono nelle zone da sottoporre a vincolo appartengono a
due distinte formazioni:
- Formazione Mirabella
(Trias sup.): costituita prevalentemente da calcareniti gradate e laminate e/o
calcilutiti grigiastre a noduli di selce, radiolari e lamellibranchi (Halobia),
carapaci di crostacei etc. (depositi di scarpata e di bacino). Si tratta di
rocce carbonatiche con elevato contenuto di CaCo3 come quelli ad esempio che
caratterizzano il Cozzo Paparina. Per quanto concerne la giacitura queste rocce
possono ritrovarsi in banchi massicci e mal stratificati o in strati di
spessore metrico o decimetrico. Esse presentano diversi sistemi di fratture, da
sottili a beanti, che tendono ad ampliarsi per fenomeni carsici;
- Formazione Famusi (Trias
sup. - Lias inf.): si tratta di rocce costituite da doloruditi e doloareniti
gradate e laminate e brecce dolomitiche, ad elementi di piattaforma carbonatica
(depositi di scarpata), risedimentate grigie, talora rosate, grigio-giallastre
e biancastre, generalmente in banchi di grosse dimensioni. Queste rocce
presentano diversi sistemi di giunti variamente orientati di notevole
persistenza, spesso beanti. Ne sono tipici esempi tutta l'area delle Serre di
Rebuttone e le Punte della Moarda.
Sotto il profilo tettonico
l'area è stata soggetta a più fasi che hanno avuto luogo durante la sua storia
geologica e che sono responsabili dell'assetto strutturale della zona.
Nella zona interessata dal
preposto vincolo, si distinguono due grandi dislocazioni a prevalente andamento
OSO-E-NE, che hanno dato luogo al graben di Monreale. Di queste due
dislocazioni la faglia di Monreale decorre lungo il margine sinistro del fiume
Oreto, dalla località Rocca fino a Pioppo, mentre la faglia di Altofonte,
parallela alla prima, segna tutto il versante destro della valle dell'Oreto
passando sotto l'abitato. Tra queste due dislocazioni principali si inserisce
tutta una serie di fratture e faglie minori ad esse sub-parallele.
I terreni affioranti nella
zona in oggetto hanno raggiunto il loro attuale assetto geomorfologico in
seguito ad una morfogenesi Plio-Quaternaria, caratterizzata da faglie dirette a
forte rigetto che hanno determinato l'altitudine dei rilievi e l'andamento
morfologico dei versanti, completata in seguito dall'erosione, che ha giocato
un ruolo diversificato in ragione dei differenti tipi litologici. Si
individuano, infatti, zone collinari caratterizzate da litotipi
argilloso-arenacei che si contrappongono a zone montuose caratterizzate da
rocce carbonatiche.
Lungo le pendici dei rilievi
calcarei il modellamento dovuto all'azione delle acque dilavanti si combina con
quello carsico. Le rocce carbonatiche sono, infatti, oggetto di processi di
dissoluzione chimica da parte delle acque meteoriche, queste scorrendo in
superficie o penetrando in profondità attraverso la discontinuità, danno luogo
ad una tipica morfologia carsica, caratterizzata in superficie da forme
dilavate, doline, campi solcati, in profondità di cavità che si allargano
sempre più con il procedere del fenomeno, dando luogo ad inghiottitoi e grotte.
L'assetto idrogeologico
della valle dell'Oreto, di cui il territorio che si intende sottoporre a
vincolo fa parte, è governato principalmente dall'assetto strutturale e
geometrico dei rilievi i quali, proprio per le peculiari caratteristiche
litologiche, strutturali e morfologiche, costituiscono delle unità
idrogeologiche ciascuna con un carattere di autonomia rispetto alle altre.
Delle tre unità idrogeologiche
riconoscibili nella valle dell'Oreto (U.I. Monte Cuccio; U.I. Belmonte
Mezzagno; U.I. Piana di Palermo), quella più importante è l'Unità idrogeologica
di Belmonte Mezzagno, costituita in prevalenza da un acquifero carbonatico
caratterizzato da elevata permeabilità per fessurazione e carsismo cui fanno
parte i litotipi della zona da vincolare, per l'elevata produttività idrica.
Numerose sono infatti i recapiti a valle del centro abitato di Altofonte, altri
recapiti sono verso le sorgenti del gruppo Naselli-Ambleri (cunicoli e gallerie
drenanti che hanno perso la loro funzione in seguito all'abbassamento della
piezometrica) e verso il gruppo di San Ciro (cunicoli e gallerie in parte
asciutti).
Il parco e la sua storia
Ben poco esiste,
specialmente come fonti descrittive, sul territorio di Altofonte, ed ancora
meno ci sarebbe se in seguito alla conquista normanna, non fosse stato eretto
sulle pendici del Monte Moarda un castello, proprio sul ciglio della contrada
che separa Altofonte da Monreale, e se allo stesso non fosse stato annesso un
parco che "...cinto da una muraglia, circondava alcuni monti e boschi del
territorio di Altofonte...".
Sembra che fu il re Ruggero
a volere per quella zona il castello ed il parco e che gli stessi furono
realizzati intorno al 1150. Altofonte diventa così la residenza di caccia dei
re nommanni e ad essa viene aggregata l'intera catena montuosa che scende verso
Palermo sino a comprendere il castello di Maredolce con il lago ed il famoso
"Dattileto". All'interno del parco furono racchiusi caprioli, porci
selvatici ed altra selvaggina e proprio questa riserva divenne quella dove Re
Ruggero più sovente si recava.
Il parco assunse il nome di
"Parco Nuovo" per distinguerlo da quello già esistente della Favara e
si raggiungeva attraverso una Trazzera Regia che dall'Oreto passava per
l'ingresso principale del parco regio, detto "Porta Ciglio" e
superata la vallata del Fico arrivava fino al castello.
Dovrebbe essere questa la
trazzera nota con il nome di "Scala dei muli", un sentiero
tradizionale che fungeva da collegamento tra la città e le vallate interne del
palermitano in direzione Piana degli Albanesi e Misilmeri.
La vecchia mulattiera
originaria è oggi pressocché scomparsa; parti sono state interrate nel tempo da
lavori ed interventi sconsiderati che hanno anche travolto piccole realtà
presenti lungo il percorso come alcune cavità naturali ed alcune edicolette
votive ricavate negli anfratti rocciosi.
Il passaggio del Castello e
del relativo parco ai monaci Cistercensi segnò la suddivisione in lotti del
parco stesso e la sua assegnazione in enfiteusi ai coloni del nuovo abitato
cresciuto attorno al castello ovviamente trasformato in Abbazia.
Difficile se non impossibile
risulta oggi la lettura sul territorio della delimitazione di tale parco ed
ancor meno risulta possibile l'identificazione degli originali profili di
paesaggio naturale. L'unica certezza che resta è quella di una particolare
ricchezza della vegetazione, legata all'abbondanza di acqua ed al clima
favorevole e conseguentemente quella di una ricca fauna vertebrata ed
invertebrata. Gli altopiani di Rebuttone, le sorgenti della Moarda nascoste tra
le vette, le pareti scoscese ed inaccessibili creavano le condizioni ideali per
la sopravvivenza degli erbivori e dei grossi predatori nonché di una ricca
avifauna: il Daino (Cervus dama), la lepre (Lepus Capensis), il coniglio
(Oryctolagus cuniculus), l'istrice (Hystrix cristata) e il riccio (Erinaccus
europaeus) e, secondo l'Abate Maja, financo il lupo (Canis lupus) ed ancora
l'Aquila reale (Aquila chrysaetos) e lo Sparviero (Accipiter nisus) tra i
rapaci, il colombaccio (Columba palumbus), il fagiano (Phasianus colchicus) e
la coturnice (Alectoris graeca) tra le specie più ambite per la caccia.
Possiamo supporre che fu
proprio l'affidamento in enfiteusi a segnare i primi significativi cambiamenti
della facies naturale dei luoghi ed a trasformare ampi appezzamenti di
territorio in fondi agricoli. Questo cambiamento disegnerà nei secoli il nuovo
aspetto, ed assetto, di tutta la zona che resterà pressocché immutata fino
quasi ai tempi nostri. Con eguale vigore e rigogliosità i "giardini
agricoli" hanno sostituito la vegetazione naturale ed hanno però comunque
disegnato un paesaggio altrettanto gradevole e ricco di cui ancora oggi si
conservano ampie testimonianze. Olivi secolari, grossi carrubbi, vecchi
aranceti e limoneti ed un numero rilevante di specie e varietà eduli, molte
delle quali oggi scomparse dai recenti coltivi e sostituite da monocolture più
produttive. E' quindi anche una sorta di ricchezza storica, dal punto di vista
agricolo, quella che contraddistingue tutto il territorio di Altofonte, un
patrimonio particolare, che oggi possiamo anche definire culturale, di cui
salvaguardare la memoria storica a testimonianza di un rapporto uomo ambiente
oggi fortemente compromesso.
Il territorio oggi
Giungendo nei pressi del
confine comunale di Altofonte, nella zona denominata Balzo Rosso, a ridosso del
cozzo Orecchiuta, la vista si apre sulla Valle del Fico, attraversata dal vecchio
acquedotto del Biviere alimentata da una ricca sorgente, un tempo rigogliosa di
boschi naturali a leccio e roverella e poi degradata dai ripetuti tagli che
lasciano il campo ad un ricco sottobosco caratterizzato dalla abbondante
presenza del mirto.
Con il sopravvento della
speculazione agricola industriale del XV secolo anche il mirto, peraltro ottimo
combustibile, viene massicciamente tagliato e le verdi montagne della Conca
d'Oro vengono trasfommate in nude garighe, ed ancora così oggi si presentano al
visitatore.
Analoga sorte è toccata alla
zona montuosa che sovrasta l'abitato di Altofonte nota col nome di Punte della
Moarda per le caratteristiche formazioni a balze di questo massiccio che
rappresentano la naturale continuità della citata Valle del Fico. Proprio su
queste zone però oggi è possibile godere di ampie zone rimboschite che hanno
molto cambiato l'aspetto desolato che questi monti avevano assunto.
Tutta l'area della Valle del
Fico e parte delle Punte della Moarda, di proprietà privata, sono oggi gestite
dall'I.R.E, Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, che ha avviato con
successo un'azione di rimboschimento a conifere di gran parte dell'area.
Ancora più evidente risulta
l'azione dell'I.R.E nella zona denominata della Moardella, appartenente allo
stesso complesso delle Punte della Moarda ed acquisita al demanio regionale.
Diversa e forse più
suggestiva è invece la zona della Valle di Rebuttone dove ancora l'originario
bosco costituito da una fitta copertura di arbusti inframmezzati a singoli
individui di molto adulti di leccio, roverella e frassino si possono
attraversare con sentieri sterrati che corrono ora lungo il corso del torrente
della valle di Rebuttone ora attraverso le contrade di Sbanduto e Giammeri ora
sui pendii di Cozzo dello Sbanduto e di Cozzo Giammeri su lungo la Costa Zolia
e fin oltre fino alle nude Serre di Rebuttone.
Le grotte
Nell'area della Valle del
Fico, in prossimità della vetta, si apre una grande fessura - antro alta circa
10 metri, la cui base si trova a quota m. 13, incassata in parete per la
profondità di circa 6 metri, che costituisce l'imbocco di una cavità costituita
da due pozzi rispettivamente di 19,50 e 9 metri orientati sull'asse N.NOS.SE.
Il primo pozzo presenta
pareti leggermente strapiombanti e mantiene per tutto il suo sviluppo le stesse
dimensioni dell'imbocco.
Al suo fondo si trova una
biforcazione a S.SE da cui si sviluppa un secondo pozzo lungo circa 8 metri con
un dislivello di m. 9.
Tutta la cavità, pur
rappresentando un interessante realtà speleologica non presenta importanti
concrezionamenti e le poche esistenti si rinvengono solo nella parte terminale
del pozzo.
Analoghe caratteristiche dal
punto di vista concrezionale presenta la grotta denominata della Moardella.
Essa si trova a quota 550 m. del massiccio della Moarda e si raggiunge
percorrendo il sentiero che dalla fonte del Sopo conduce in direzione sud est
fino a raggiungere un roccione spaccato in due: in questa fenditura della
roccia ha il suo sviluppo la grotta.
Più interessante appare
invece il pozzo denominato della Macchiaciucia, località non indicata sulle
carte che si raggiunge percorrendo la provinciale Palermo-Piana degli Albanesi
fino al Km. 16,420 e, lasciata la stessa, sulla sinistra per 1.550 metri.
L'imbocco della cavità è costituito
da una stretta fessura lunga circa 6 metri che risulta occlusa da massi fatti
rotolare lì volontariamente.
Il pozzo, dalla forma a
campana scende verticalmente per circa 40 metri e lungo le pareti sono presenti
rare concrezioni. A circa 23 metri è presente un orifizio sulla parete SE che
attraverso una stretta piazzuola porta ad un secondo pozzo. Questo, oltre ad
avere una conformazione differente dal primo, presenta le pareti riccamente e
variamente concrezionate ed una nicchia incassata nella parete SE è ricca di
formazioni stalagmitiche dalle forme molto singolari e suggestive.
Infine gli esploratori e
descrittori del pozzo hanno anche segnalato la presenza sulla parere NE di una
colonna stalattitica alta un paio di metri sulla quale hanno rinvenuto, saldati
alla stessa, degli ossicini dagli stessi ritenuti di colombo ma che più
verosimilmente potrebbero appartenere a chirotteri, abituali abitatori delle
cavità. In entrambi i casi risulta chiaro che il sito può costituire anche
idoneo ricovero per la fauna.
Dalle Punte della Moarda,
attraverso la portella del Pozzillo, lasciato il tenitorio di Altofonte, non si
può non seguire un naturale percorso di estrema suggestione e rilevante
interesse naturalistico che include la costa di Carpineto, dall'aspetto
dolomitico e che annovera a circa 50 metri dalla vetta, sul suo versante nord
la grotta delle Volpi, una cavità naturale con stalattiti.
Oltre la costa del
Carpineto, ma non lontano da essa, lungo un percorso ancora ricco di macchia
mediterranea, quasi in prossimità della cima di monte Pizzuta, si apre la
grotta del Garrone e poco distante, ma molto difficile da reperire, lo Zubbione
della Pizzuta, cavità a sviluppo verticale con circa 80 mt. di dislivello e di
rilevante interesse speleologico per le sue bellissime concrezioni calcaree.
Le acque
Rientrando in territorio di
Altofonte ma sempre a cavallo con quello di Monreale si è ritenuto necessario
non escludere dalla perimetrazione del vincolo proposto parte del corso del
Fiumelato di Meccini fino a raggiungere la località denominata Fontana Lupo.
L'esposizione delle alte
pareti della Moarda, di Valle Fico e del Parco, confinanti con la gelida conca
di Piana degli Albanesi, accentua i rigori invernali di tutto il comprensorio
di Altofonte e consente il prolungarsi del pur breve stazionamento delle nevi
nei periodi più freddi dell'anno. Le forti precipitazioni, che storicamente
raggiungono una media annua di 1.300 mm., anche se oggi giorno sensibilmente
diminuite, determinano un surplus idrico rispetto alla capacità di assorbimento
dei terreni.
Ne consegue un abbondante
ruscellamento superficiale di acque che vengono via inghiottite dai calcari
fessurati e corrosi, percolando in profondità nelle viscere montuose fino a
formare un grande acquifero. Da questi depositi profondi, in corrispondenza di
fratture tra le argille e le rocce più antiche l'acqua si insinua e scaturisce
all'esterno. Si formmano così sorgenti e polle sorgive che alimentano il
sistema idrografico della Valle dell'Oreto
In particolare il territorio
oggetto di vincolo che ingloba la sezione Sud-Est del bacino dell'Oreto con
Valle Fico ed i picchi della Moarda, è caratterizzata da un reticolo di
ruscelli e vene d'acqua superficiali che, discendendo dalle balze montuose
confluiscono in un ampio vallone noto col nome di Fiumelato Meccini. Esso,
scavandosi il corso lungo il Cozzo Meccini, raggiunge l'Oreto propriamente
detto in cui confluisce. Buona parte del Vallone Fiumelato di Meccini corre
lungo il confine comunale di Altofonte con Monreale.
Un percorso abbastanza
tortuoso e poco praticabile, ricco di valloncelli coperti da una fitta
boscaglia e dalle sponde inaccessibili per il proliferare di giunchi, Typha e
salcerelle (Salix caprea) che si intersecano con altrettanti canali, noti col
nome di "saje" realizzati dall'uomo per irrigare altrettanto fitti e
rigogliosi frutteti alternati a campi orticoli, condizione questa che ha
salvato parte delle sponde del fiume dalla cementificazione, prevalentemente
abusiva, che caratterizza tutta l'area.
Un dedalo di viuzze che
raggiungono altrettante case e "villini" hanno sottratto a questo
territorio potenziali ambienti fluviali di indubbio valore paesaggistico ma
soprattutto naturalistico. Una testimonianza può essere considerata la località
Fontana Lupo (vedi foto), dove una rigogliosa vegetazione ruderale vede assieme
oleandri (Nerium oleander) e canneti (Phragmites australis) lungo gli argini
mischiati con il sommacco (Rhus sp.) e gli alberi di fico (Ficus carica) e di
nespole (Eryobotrya japonica) lungo le sponde. Qui, dove il percorso si fa più
stretto fino a sparire in un antro, ruscella, secondo la tradizione storica, la
sorgiva che dà origine al fiume Oreto, facendosi spazio tra le calcareniti
tenere e tra erte pareti rocciose coperte dal delicato capelvenere e da un
morbido tappeto di muschio.
Caratteri floristici
La flora ascrivibile al
territorio di Altofonte ricalca a grandi linee quella presente in tutta la ben
più vasta valle dell'Oreto. Su di essa, pur non essendovi specifiche opere, i
botanici più noti hanno parlato nel descrivere le numerose escursioni fatte,
soprattutto nella porzione a monte, già dagli inizi dell'800 (Parlatore 1839,
Lojacono Pojero, 1888-1909).
In particolare il Parlatore
nella su "Flora Panormitana" fa precisi riferimenti a località della
zona quali la Valle del Fico, il Gorgo di Rebuttone, l'omonimo bosco e il Pizzo
della Moarda.
In alcuni casi le località
indicate sono quelle da cui provengono gli esemplari poi descritti e
costituiscono i "loci classici" su cui si basano le diagnosi
scientifiche.
Inutile dire che molte delle
specie descritte sono oggi sparite ma alcune sono ancora presenti e proprio
nelle porzioni montane del bacino; per tali motivi l'integrità di tali stazioni
reclama adeguate forme di tutela e tutta l'attenzione della pubblica
amministrazione dell'interesse della collettività.
I pochi esempi di
vegetazione subnaturale sono costituiti da nuclei di lecceta spesso frammisti
ad essenze estranee introdotte con opere di rimboschimento ed alcune comunità rupestri
abbarbicate nelle zone più impervie.
Tutela
Alla fine degli anni '50 la
Regione Siciliana iniziò l'iter di formazione dei Piani Territoriali di
Coordinamento previsti dalla legge n. 1150 del 1942 col fine di orientare e
coordinare 1'attività urbanistica da svolgere in alcune parti del territorio e
quindi di pianificare l'ubicazione di grandi infrastrutture nonché dei servizi
di interesse regionale incluse le attrezzature per il tempo libero ed i Parchi
di ogni tipo.
Nel P.T.C. del
"palermitano" il sistema dei parchi è individuato sulle montagne a
corona di Palermo e tutta la Valle dell'Oreto viene destinata ad uso agricolo.
L'attuazione del P.T.C.
viene comunque superato dalla legge regionale n. 80/77 che detta "Norme
per la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale dei beni culturali ed
ambientali nel territorio della Regione Siciliana" che estendendo il
concetto di bene culturale include anche i beni naturali e naturalistici.
In aggiunta a ciò parti
della Valle del Fico e della Moarda sono state, come già detto, acquisite al
demanio regionale o comunque prese in gestione dall'I.R.F. E' questa una forma
di tutela che pur se capace di conservare o recuperare pezzi del territorio non
è sufficiente e soprattutto non aiuta a regolamentare il territorio nel suo
complesso.
In tal senso l'apposizione
di un vincolo paesaggistico, se attuato e gestito nella sua più ampia
interpretazione di tutela, che è quella di curare anche il patrimonio naturale,
può invertire il trend negativo cui tendono tutte le aree a ridosso di una
metropoli qual'è Palermo che è quello di fungere da aree da zone di espansione.
E' proprio questa tendenza
che inevitabilmente spazza via in primo luogo i residui di naturalità di queste
valli e anche, cosa non trasculabile, ne fa perdere la propria identità tipica
di ogni territorio che ha vissuto, com'è stato per Altofonte, momenti storici
importanti.
I componenti della
Commissione approvano all'unanimità quanto riportato nelle predette relazioni e
determinano pertanto di apporre il vincolo paesaggistico, ai sensi della legge
n. 1497/39, secondo i perimetri indicati nelle suddette relazioni e descritti
nell'allegata cartografia, nel predetto territorio appartenente ai comuni di
Altofonte, Monreale e Piana degli Albanesi.
La seduta viene dichiarata
chiusa alle ore 12,00.
Il presidente della
commissione: dott.ssa C.A. Di Stefano
componente: arch. A.
Porrello
componente: arch. S. Lo
Nardo
membro aggregato: dott. S.
Garotalo
segretario: dott. M.R.
Camillo
Palermo,
25 luglio 1995