DECRETO 1 aprile 1998

G.U.R.S. 23 maggio 1998, n. 26

ASSESSORATO

 

DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI

 

E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Dichiarazione di notevole interesse pubblico di un'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana.

 

L'ASSESSORE

 

PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI

 

E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE

 

Visto lo Statuto della Regione;

Visto il D.P.R 30 agosto 1975, n. 637;

Visto il T.U. delle leggi sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione Siciliana, approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70;

Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;

Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;

Vista la legge 29 giugno 1939, n. 1497;

Visto il R.D. 3 giugno 1940, n. 1357;

Visto il D.P.R 805/75;

Vista la legge 8 agosto 1985, n. 431;

Visto il decreto n. 5436 del 20 marzo 1995, con il quale è stata ricostituita per il quadriennio 1995-99 la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo;

Visto il verbale della seduta del 27 giugno 1996, nella quale la commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo ha individuato come area di notevole interesse paesaggistico ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, nn. 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, una porzione di territorio a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente tra i fiumi Imera Meridionale e Salso e comprendente i comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana;

Accertato che detto verbale è stato pubblicato all'albo pretorio dei comuni di Alimena dall'8 luglio 1996 all'8 ottobre 1996; Blufi dal 10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Bompietro dal 10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Castellana Sicula dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre 1996; Petralia Soprana dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre 1996; Petralia Sottana dal 5 luglio 1996 al 3 ottobre 1996;

Considerato che con decreto n. 1489 del 9 novembre 1989, è stato istituito, ai sensi della legge regionale n. 6 maggio 1981, n. 98, e della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14, il "Parco regionale naturale delle Madonie";

Considerato che con decreto n. 2272 del 17 maggio 1989 è stata vincolata, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, l'area delle Madonie compresa tra i fiumi Imera e Pollina;

Considerato che con decreto n. 5479 del 6 marzo 1996 è stata ugualmente dichiarata di notevole interesse paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39, l'area limitrofa a sud-ovest al Parco delle Madonie ricadente nei comuni di Caltavuturo, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Polizzi Generosa;

Considerato che l'area in esame presenta emergenze naturali, paesaggistiche e floro-faunistiche di eccezionale rilievo e che, pertanto, essa rimane assoggettata alle disposizioni di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;

Ritenuto che l'anzidetta proposta assolve la funzione di uniformare dal punto di vista della tutela ambientale territori aventi caratteristiche ambientali equivalenti, il cui interesse pubblico paesaggistico viene dichiarato con modalità identiche.

In particolare, si intende assicurare adeguata tutela a un ambiente naturale compatto ed omogeneo, che ingloba gli interi territori comunali di Alimena, Blufi e Bompietro per intero e parte dei comprensori di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, dichiarando il pubblico interesse ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 della porzione di territorio adiacente al Parco delle Madonie, non ancora aggredita da cospicui fenomeni di cementificazione, peraltro ben possibili, che, se incontrollati determinerebbero un'irreparabile alterazione dell'aspetto originario dei luoghi;

Ritenute oltremodo congrue le motivazioni della proposta di vincolo, che comprende un'area che include il limite sud orientale della provincia di Palermo, lungo il confine con le provincie di Caltanissetta ed Enna.

In particolare, la delimitazione del territorio in argomento, partendo da Castellana Sicula, percorre in senso orario una linea ideale che si distacca per 300 m. a valle della SS 120 e che coincide in parte con il confine della zona vincolata ai sensi della legge n. 1497/39 con il citato decreto n. 2272/89. La perimetrazione procede sino all'intersezione con il confine comunale di Geraci Siculo al Km. 72 della S.S. 120 per seguire, quindi, il confine comunale che separa Petralia Soprana da Geraci Siculo fino a quota 881, Petralia Soprana da Gangi fino a quota 798, Alimena da Gangi fino a quota 831, e infine la frazione di Petralia Soprana da Gangi, fino ad intersecare il confine provinciale di Enna. Prosegue ancora lungo il confine provinciale che separa la frazione di Petralia Soprana da Enna fino a quota 362, e da qui fino ad incrociare il confine provinciale di Caltanissetta a quota 346, nei pressi della masseria Ficuzza; quindi corre lungo il confine tra la provincia di Caltanissetta e il comune di Alimena fino a raggiungere il confine tra Petralia Soprana e Caltanissetta.

All'altezza di Portella dell'Inferno la perimetrazione dell'area in questione abbandona il confine provinciale di Caltanissetta e procede seguendo il tracciato della strada che attraversa il territorio di Petralia Sottana per giungere in contrada Portella del Morto, al confine tra Resuttano e Petralia Sottana; prosegue poi fino al vallone San Giorgio a quota 506 e, risalito questo vallone lungo il corso del torrente Avanella, interseca la S.S. 120 all'altezza della sorgente Frazucchi nel territorio di Castellana Sicula fino a ricongiungersi con il punto di partenza;

Considerato che la suddetta perimetrazione corrisponde alle valli dell'Alto Salso e dell'Imera, le quali rappresentano un unicum, non soltanto dal punto di vista geomorfologico, ma anche da quello storico-antropologico: tangibilmente, infatti, le creste montuose che chiudono i valloni dell'Imera Meridionale e del Salso hanno conferito a detti territori uno sviluppo unitario, che nei secoli si è connotato per la compattezza del tessuto sociale.

Il paesaggio è caratterizzato dai rilievi delle Madonie meridionali, che degradano dolcemente verso il Mare Mediterraneo: esso si manifesta in una sequenza di suggestivi quadri naturali, godibili dalle sommità delle colline e dai numerosi percorsi che, districandosi da un vallone all'altro, consentono di apprezzare l'amenità dei luoghi. Si propongono allo sguardo fonti d'acqua, torrenti e fiumi, mentre una vegetazione varia e differenziata in dipendenza delle altimetrie, degli ecosistemi, della vicinanza ai borghi e ai nuclei abitativi (tamerici, frassini, giunchi, rovi, querce, etc.), sia in forma spontanea che nei coltivi, lascia percepire la vitalità di questo ambiente agreste, dove rimangono tangibili i trascorsi eventi storici e temporali.

Sull'Imera, nel territorio comunale di Castellana Sicula, sorgono le borgate storiche di Calcarelli, Nociazzi e Catalani, nonché una fitta catena di mulini ed abbeveratoi che origina un'immagine di acqua continuamente filtrante e rotante sul territorio, caduta giù dagli alti rilievi che lo chiudono a nord per scorrere nella profonda valle dove i borghi si susseguono in una maglia invisibile di antropizzazione diffusa.

Analogamente, ad est, si apre a ventaglio sul Salso la corona montuosa da dove esso scaturisce, arabescata di contrade e nuclei abitati direttamente legati allo scorrere del fiume, che è il motivo conduttore della vita di queste comunità.

La viabilità interna è costituita in massima parte da una rete secondaria di strade e trazzere che collegano le numerosissime frazioni, contrade, borgate e case sparse per tutta l'estensione del territorio.

Il paesaggio, prevalentemente agricolo, è caratterizzato da colture di tipo cerealicolo ed in particolare fave, frumento e foraggi; diffuso è l'allevamento di ovini, suini e bovini, sia nelle forme di grosse mandrie, che nella conduzione di aziende di tipo familiare.

La valle ha con l'altopiano un rapporto antico, che si apprezza nel perdurare della transumanza, quando, nella stagione delle "restucce", i vaccari delle valli ormai brulle si trasferiscono con le loro mandrie nelle valli più alte e più umide, dove l'erba assicura un buon pascolo. La spazialità dei campi, frazionati in un vasto mosaico le cui tessere corrispondono alle varie proprietà, viene accentrata dalla grande luminosità irradiata puntualmente e il cui cromatismo muta con il susseguirsi delle stagioni; così che le campagne si mostrano con un vivace colore porpora a maggio quando la pianta del fieno (sulla) è fiorita, per poi assumere un luminosissimo giallo oro nel periodo estivo, quando i campi sono ricchi di messi, e quindi svelare il colore della terra, disegnata dai solchi degli aratri dopo il raccolto, infine i campi si colorano di verde quando sono ricoperti di erba e ricomincia il ciclo stagionale della crescita del grano.

Il territorio preso in esame nella proposta di vincolo paesaggistico è racchiuso tra l'Imera Meridionale ed il Salso (Acqua Amara), i quali, riunendosi, si chiudono ad imbuto e delimitano due ampie vallate aventi caratteri omogenei e che possono essere considerate come l'impluvio delle cime madonite: esse costituiscono un'entità naturale, antropologica, storica, economica e sociale difficilmente scorporabile e scientificamente inscindibile.

Il fiume Salso, un tempo ricco di anguille, è lungo 144 Km.; esso nasce dalle Madonie, presso Portella dei Bifolchi a circa 1350 mt. di altitudine, con il nome di Fiume di Petralia, attraversa con un corso tortuoso la Piana di Licata e sfocia nel Mediterraneo a sud di Licata. Oltre ad essere il limite amministrativo di comuni e province, il Salso è sempre stato ed è ancora l'elemento geografico di confine tra la Sicilia, orientale e l'occidentale.

Il suo nome deriva dai terreni ricchi di salgemma in cui il fiume si addentra prima di giungere alle coste meridionali; esso era quindi la "via del sale" per le carovane arabe che seguendo il percorso del fiume lungo le trazzere parallele, andavano a rifornirsi nelle miniere di salgemma, e attraversato Raffo, punto obbligato di passaggio e di ristoro, giungevano dal "Passo della lettiga" nell'antichissima località detta "Pirina", oggi forse identificabile con la borgata di "Pira". Gli arabi hanno qui lasciato molte tracce della loro cultura come si può riscontrare nei manufatti, ma anche nel modo di vestire dei contadini, nel linguaggio, nel riserbo e nella sottomissione della donna all'uomo, nel modo di usare lo scialle e di pettinarsi, nei lamenti, nei canti e negli stessi nomi imposti alle terre dove essi si soffermavano.

Prima ancora, il fiume Salso era stato l'autostrada percorsa dai mercanti di ossidiana prima e dai Greci poi, che ne fecero uno dei principali strumenti per la loro penetrazione; e, in epoca più recente, anche i normanni, gli angioini e gli aragonesi hanno lasciato tangibili testimonianze del loro passaggio.

In particolare, si possono cogliere evidenti impronte della civiltà aragonese a Salici, a Addauro e a Principato (Petralia Soprana): lì antiche residenze nobiliari in pietra con cipressi posti quasi a loro sentinella, qui balconi con splendide inferriate in ferro battuto e fiori di ferro agli angoli.

Il Salso costituisce la massima emergenza paesaggistica dell'area presa in considerazione, cui fanno da sfondo naturale le alte e incombenti vette delle Madonie, che, con le loro candide cime innevate, creano nel periodo invernale uno straordinario e suggestivo scenario in conflitto con i verdissimi pascoli delle valli.

La zona delimitata, oltre ad avere una notevole importanza dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, anche per la presenza delle numerose balze che la caratterizzano, presenta numerose altre valenze di tipo architettonico e archeologico: sono infatti presenti numerosi siti archeologici, in parte evidenziati ed in parte ancora in fase di studio, specialmente nella zona più a sud, nel territorio di Alimena. Rilevante è inoltre l'interesse antropologico del territorio, soprattutto per la massiccia presenza di borgate e di case sparse, caratteristiche semplici abitazioni in pietra che fanno parte integrante di un territorio nel quale sembrano esistere da sempre.

Fanno parte del paesaggio anche i numerosi pozzi scavati nei campi e ricoperti in pietra ed i cumuli di pietre che denunziano la presenza continua dell'uomo che strappa alle zolle ogni centimetro per rendere la terra produttiva e trarne sostentamento, senza però alterare l'aspetto dei luoghi, così che il paesaggio, pur mutando continuamente, sembra sempre rimanere lo stesso, sereno e silente.

Anche i rapporti sociali ed economici rimangono legati strettamente alla fisicità della valle, che diviene "piazza", luogo d'incontro e di scambio, di rapporti interpersonali che si concretizzano nello spostamento da una contrada all'altra per la conduzione dei propri poderi, nel susseguirsi delle feste di borgata, a cui partecipano in massa tutte le altre, nella fitta rete di matrimoni che legano a catena un borgo con un altro e via di seguito fino a chiudere la maglia, così che ognuno sente come proprio l'intero territorio della valle. Gli stretti rapporti e scambi esistenti tra i vari centri, borghi e frazioni vengono istituzionalizzati appunto mediante i matrimoni, che tessono nel territorio una fitta rete di relazioni derivanti dagli interessi sorti per la cura dei poderi ereditati altrove e divenuti propri nella percezione visuale.

Tutte le antiche borgate avevano con il loro centro un rapporto di stile medievale: la parte dominante della società era accentrata nel paese, mentre i ceti più poveri, erano relegati nelle borgate in un rapporto di distinzione di qualità dei rapporti sociali.

La classe nobiliare ha legato storicamente a sé quella contadina in un rapporto apparentemente egualitario, ma di tipo funzionale, concedendo la possibilità di edificare e di potere fruire, anche in quantità minima, dei prodotti della terra.

E' questo, quindi, un ambiente naturale in cui affiorano le caratteristiche di una antica cultura contadina che, attivamente presente, mostra la sua laboriosità, la solidarietà, la generosità, la semplicità e le buone maniere, il rispetto per le persone, per le cose e per la natura, la condivisione dei sentimenti di gioia e di dolore, caratteristiche queste che la rapida trasformazione sociale, avvenuta in tempi relativamente recenti, tende a sopprimere e relegare al ruolo di arretratezza.

La valle del Salso e dell'Imera presenta inconfutabilmente un paesaggio luminoso e gradevole, fortemente caratterizzato e differenziato da altre zone brulle dell'entroterra siciliano: spazi e luci, vuoti e presenza umana, tracciano una mappa che il tempo non ha ancora modificato, grazie anche alla distanza e all'isolamento rispetto ad aree fortemente antropizzate e degradate.

Questo territorio merita, pertanto, un intervento di salvaguardia e tutela per il mantenimento di un'oasi naturale contrapposta al degrado generalizzato che minaccia inesorabilmente la storia, la tradizione e la cultura dei luoghi; tutela che tuttavia non deve risolversi nell'acritica ibernazione di tutto quanto il tempo e la storia hanno lasciato come loro testimonianza e di tutto quanto la naturale trasformazione ha determinato nella formazione della valle.

Scopo di questa, così come di ogni altra azione di salvaguardia ambientale, è principalmente quello di prevenire l'eventuale dilagare di costruzioni prive di qualità architettoniche, incompatibili con il notevole interesse paesaggistico del contesto ambientale perché non corrispondenti alle caratteristiche originali dei materiali, alle tecniche costruttive e alla cultura tradizionale dei luoghi, che tuttavia certamente e inevitabilmente subiranno delle trasformazioni per mano dell'uomo.

La futura trasformazione dell'ambiente dovrà quindi essere programmata, regolata e controllata in maniera congrua, evitando che le testimonianze storiche e le bellezze naturali possano subire quelle manomissioni irreversibili che hanno investito tante parti del territorio siciliano e in particolare, proprio i margini settentrionali, nei pressi del bivio Madonnuzza. Da qui, infatti, un insediamento dichiarato produttivo ha cominciato a dilagare nelle valli sottostanti, continuando a riproporre tipologie estranee al contesto e architettonicamente squalificate; e altre aree di espansione, seppure caratterizzate da volumetrie di proporzioni ridotte rispetto a quelle della sella di Madonnuzza, emergono purtroppo nel territorio sia per i materiali adottati che per il modo di rapportarsi coi nuclei storici preesistenti: si pensi all'espansione di Fasanò verso la valle di Saccù oppure ai recenti insediamenti periferici di Alimena.

Alcuni interventi costruttivi estranei alla cultura dei luoghi trovano ragione d'essere nella necessità di adeguare i vecchi fabbricati alle attuali esigenze funzionali e statiche: ma ciò sovente si traduce in opere del tutto inadeguate alla realtà del territorio. I paramenti murari vengono così sistematicamente sottoposti all'introduzione lacerante di cordoli in cemento armato di sopraelevazioni e di ampliamenti improntati alla massima approssimazione costruttiva, con l'effetto di squalificare i centri abitati, privati delle loro caratteristiche originarie;

Viste le opposizioni ritualmente avanzate avverso la suddetta proposta, e precisamente:

1) opposizione avanzata dall'ing. Giuseppe Marino, nella qualità di presidente e legale rappresentante della Soc. cons. a.r.l. diga di Blufi, che, con atto datato 4 ottobre 1996, premesso di essere affidataria dei lavori di costruzione della c.d. diga di Blufi e quindi legittimata a proporre opposizione avverso la proposta di vincolo paesaggistico di tale località, rileva il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la commissione proponente: essa infatti non ha considerato che, dall'inizio del 1991, è stato impiantato il cantiere per la costruzione della c.d. diga di Blufi, opere rilevantissime, che sono immediatamente visibili e che daranno vita, a seguito della costruzione della diga a una radicale modificazione dell'asta dell'Imera Meridionale, da Mulino Oliva sino alla confluenza del torrente Maimone, che verrà coperta dall'invaso.

La proposta è carente anche riguardo alle cave dalle quali è prevista l'estrazione del materiale necessario per la formazione dello sbarramento: viene infatti indicata solo quella in località Cozzo Celsi, in territorio di Petralia Sottana, mentre non sono menzionate altre cave dalle quali bisognerà approvvigionarsi del materiale per la diga;

2) opposizione avanzata con nota n. 4373 datata 4 ottobre 1996 dal sindaco di Blufi, il quale, premessa una ricostruzione delle competenze e delle funzioni esercitate nella Regione Siciliana in materia di tutela dell'ambiente, rileva che rimane ancora incompresa, anche a causa della frammentazione dei poteri, la "filosofia" dei beni culturali e ambientali, dalla cui gestione rimangono incomprensibilmente esclusi gli enti locali.

In particolare, la contestata proposta, che ha comportato il vincolo paesaggistico sull'intero territorio blufese senza alcun contatto preliminare con l'amministrazione comunale, sarebbe oltremodo lesiva degli interessi delle comunità interessate.

Risulterebbe infatti soggetto alle misure di salvaguardia della legge n. 1497/39 l'intero abitato di Blufi, privo in realtà di qualsiasi valore estetico o tradizionale, e comunque già oggetto di specifica considerazione da parte dell'amministrazione comunale, la quale, se consultata, sarebbe stata in grado di collaborare alla definizione delle aree meritevoli di tutela.

Queste, per il comune di Blufi, coinciderebbero con le zone territoriali omogenee "E" - verde agricolo, nonché con l'area circostante il complesso monumentale santuario Madonna dell'Olio, da proteggere come preminente emergenza architettonica e storico-religiosa delle Madonie.

Da rigettare è invece la proposta di tutela ai sensi della legge n. 1497/39 dell'intero territorio comunale, dalla quale debbono essere stralciate quelle aree degli agglomerati urbani costituenti le zone territoriali omogenee, come delimitate nelle previsioni dello strumento urbanistico ai sensi del D.M. n. 1444/68, in conformità a, quanto del resto disposto dal secondo comma dell'art. 1 della legge n. 431/85.

Il comune di Blufi, che chiede di essere sentito e di collaborare alla ridefinizione del perimetro del vincolo, fa presente di potere introdurre nelle norme di attuazione dello strumento urbanistico norme d'uso e di valorizzazione ambientale idonee a assicurare, in sede di rilascio della concessione ad edificare, il rispetto delle valenze paesaggistiche presenti nelle aree considerate;

3) osservazioni avanzate con nota n. 17380 del 4 ottobre 1996 dal prof. Vincenzo Liguori, nella qualità di commissario straordinario pro-tempore dell'Ente acquedotti siciliano, detentore per il demanio della Regione Siciliana dei siti occorrenti alla realizzazione della diga e del serbatoio di Blufi.

L'E.A.S. ha in avanzato corso di esecuzione la realizzazione del sistema acquedottistico di Blufi, interventi assai rilevanti e complessi.

In particolare, la costruzione della diga di Blufi è stata dichiarata opera di pubblica utilità urgente ed indifferibile con decreto lavori pubblici 29 marzo 1989, n. 360/6; la diga e l'acquedotto di Blufi sono stati dichiarati dalla Giunta regionale con delibera 9 agosto 1994, n. 369 opera strategica e priva di alternative per l'alimentazione idropotabile di una zona critica della Sicilia.

In questa veste, l'ente rileva preliminarmente che la commissione che ha formulato la proposta di vincolo risulta irregolarmente costituita, perché di essa dovevano far parte, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 1497/39, i sindaci dei comuni interessati, nonché i rappresentanti di particolari categorie professionali, soggetti istituzionali della cui presenza non vi è traccia nei verbali della presenza né di questi soggetti istituzionali, con la conseguente nullità della proposta adottata da tale organo.

Gli elementi del territorio da vincolare, così come elencati nelle relazioni allegate alla proposta contestata, non coincidono con quelli previsti dall'art. 1 della legge n. 1497/39: infatti, i beni archeologici e paleontologici sono tutelati dalla legge n. 1089/39, e così pure i bagli storici e i beni di interesse storico e artistico; mentre la geomorfologia e la idrografia sono protette dalla normativa sulla difesa del suolo, contenuta nella legge 18 maggio 1989, n. 183, che non attribuisce alcuna funzione alla commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche.

Anche la tutela geoambientale, sulla quale si diffonde la proposta contestata, sembra esulare dalle funzioni della protezione del paesaggio: in ogni caso, la descrizione dell'attività estrattiva assunta dalla commissione non corrisponde alla realtà dei fatti ed è quindi paradigmatica dell'inattendibilità degli accertamenti su cui si fonda la proposta di vincolo, la cui motivazione risulterebbe quindi retorica, ricca di argomenti tecnico-scientifici, che però non coincidono con gli elementi di notevole interesse pubblico richiesti dalla legge n. 1497/39 per l'apposizione di un vincolo di tutela.

La relazione risulterebbe tra l'altro quanto mai svincolata dallo stato dei luoghi: essa esalta la organizzazione arcadica della vita sociale ed economica all'interno della valle, ma tace della presenza dell'autostrada A19 che attraversa il territorio che si vuole tutelare e tace parimenti della disoccupazione, che avrebbe raggiunto valori superiori al 50% della forza lavoro.

Il vincolo, insieme alla disposizione contenuta nella legge regionale n. 24/91, che vieta il rilascio di autorizzazioni a cavare in siti ove è apposto il vincolo della legge n. 1497/39, renderebbe ineseguibile il completamento dell'acquedotto e della diga di Blufi e l'apertura delle cave occorrenti per la sua costruzione, opera di interesse generale, dichiarata di pubblica utilità e urgenza. Il pubblico interesse affermato dalla proposta si porrebbe così in aperta contraddizione con quello, altrettanto rilevante, all'esecuzione di tale importante infrastruttura dichiarata di valore strategico dal Governo regionale; e ciò in aperto dispregio dell'art. 13 della legge n. 1497/39;

4) opposizione avanzata dal sindaco di Bompietro con nota n. 5519 datata 7 ottobre 1996.

L'opponente rileva che tutti i comuni delle Madonie sono stati già interessati dal vastissimo vincolo pesaggistico precedentemente adottato e, in larga parte, essi sono ricompresi all'interno del Parco delle Madonie; i vincoli della c.d. legge Galasso e quelli urbanistici di protezione delle coste dei boschi concorrono a definire un vasto quadro di divieti, ai quali sia aggiunge la proposta di vincolo contestata, che, inopinatamente, contraddicendo il precedente vincolo paesistico delle Madonie, comprende anche il territorio di Bompietro.

La proposta di vincolo non corrisponderebbe ad alcun particolare carattere di pregio del paesaggio, spopolato da un'emigrazione massiccia, frutto della depressione dell'economia rurale, che mal può sopportare i costi indotti dalla tutela paesaggistica ai limitati, ma pur sempre necessari, interventi edilizi.

Il comune opponente osserva quindi che il vincolo d'insieme di cui al decreto assessoriale del 17 maggio 1989 aveva espressamente escluso un'isola formata dai territori dei comuni di Blufi, Bompietro, Alimena e dalle contigue cimose di terreni marginali di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Sottana; in tal modo veniva espresso, sostanzialmente, un giudizio di non esteticità di tali territori, che, al contrario vengano adesso dichiarati di pubblico interesse paesaggistico senza che la commissione abbia ritenuto di fornire un'ampia e dettagliata motivazione dei motivi di questa inversione di tendenza, decisamente contraddittoria e illogica rispetto agli atti precedenti.

La relazione storico-tecnica posta a fondamento della proposta, se illustrare i vari lineamenti del territorio, non dà conto delle modalità attraverso le quali il vincolo intende incidere positivamente su tali elementi di pregio, che la proposta si limita quindi a elencare.

Resta ad esempio inspiegato in che modo il vincolo paesaggistico possa incidere su un territorio che viene descritto in stato di diffuso dissesto, situazione questa che giustificherebbe l'intervento del competente ufficio del Genio civile, ma che rende viziata per sviamento di potere una proposta di vincolo così motivata.

Le due cave in esercizio, evocate nella relazione come concause del dissesto geologico, non giustificano la proposta di vincolo, perché la Soprintendenza sarebbe potuta intervenire comunque, anche senza apporre un vincolo di bellezza d'insieme, per arginare i dissesti creati da quelle attività estrattive (artt. 8 e 11 della legge n. 1497/39).

La citata relazione sarebbe poi carente di una scheda dalla quale poteva evincersi la critica realtà socio-economica del territorio da vincolare e, in particolare, l'assenza di una concreta attività edilizia o industriale e, quindi, l'insussistenza di possibili manomissioni del territorio agricolo.

Sotto questo profilo, la proposta di vincolo comporterebbe limiti esiziali alle attività economiche, che necessitano invece di incentivazioni e sostegni;

5) osservazioni avanzate dal sindaco di Alimena, che, con nota n. 6238 datata 7 ottobre 1996, ripete e ribadisce quanto rappresentato dal sindaco del comune di Bompietro;

6) opposizione avanzata dal sindaco di Petralia Soprana, che, con nota n. 10482 datata 4 ottobre 1996, afferma che l'apposizione di un vincolo indiscriminato su tutto il territorio si risolverebbe nell'istituzione di un centro di potere assolutamente sterile, e, riteniamo senza alcuna valenza di efficacia.

Secondo l'opponente, infatti, le comunità madonite sono le migliori garanti della conservazione del loro territorio, nel quale non si sono mai riscontrati grandi fenomeni di abusivismo; al contrario, sono state le grandi infrastrutture, realizzate dallo Stato o dalla Regione, ad arrecare danni gravissimi al paesaggio, ai quali nessun vincolo è mai stato in condizione di porre argine o rimedio.

In realtà, l'indiscriminato vincolo paesaggistico sarebbe quanto mai penalizzante per l'economia locale, incentiverebbe l'esodo che ha colpito la comunità di Petralia, che perde circa 70 residenti l'anno, e soprattutto costituirebbe una grave lesione dei poteri della amministrazione locale, delegata per legge alla pianificazione territoriale: infatti la Soprintendenza diverrebbe la pianificatrice dell'assetto territoriale comunale, mortificando con ritardi, pastoie e vessazioni le popolazioni madonite.

Viste le controdeduzioni della Soprintendenza di Palermo, prodotte con la nota n. 962 del 25 luglio 1997, dove tra l'altro è cenno di alcune istanze miranti alla salvaguardia paesaggistica o monumentale del territorio in argomento, e precisamente:

- nota prot. n. 264 del 25 ottobre 1993 del comune di Blufi, contenente la richiesta di apporre un vincolo ai sensi della legge n. 1089/39 sull'area in cui ricade il complesso monastico della Madonna dell'Olio;

- nota del 21 settembre 1993, con la quale l'associazione culturale Nuciforo di Alimena ha richiesto di apporre un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39 su una porzione del territorio di Alimena a ridosso del centro abitato, e successivi solleciti della stessa associazione;

- nota prot. n. 2711 del 2 marzo 1994, con la quale il comune di Castellana Sicula ha richiesto l'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497/39 su una porzione del territorio del suddetto comune che non era stata inglobata nel vincolo di cui al decreto n. 1489 del 9 novembre 1989;

Accertato che per la definizione della proposta di vincolo i tecnici della Soprintendenza hanno effettuato diversi sopralluoghi e acquisito molteplici studi del territorio, miranti alla conoscenza dei diversi aspetti del territorio, considerato dal punto di vista geomorfologico, naturalistico, etnoantropologico, storico-artistico e archeologico. Anche i componenti della commissione per la protezione delle bellezze naturali hanno effettuato una ricognizione dell'area da vincolare;

Ritenute infondate le argomentazioni e le censure alla proposta di vincolo palesate nelle suesposte opposizioni e osservazioni.

In particolare si rileva che:

A) come ebbe modo di osservare la Corte costituzionale con la nota decisione n. 15 del 1968, i provvedimenti dichiarativi del pubblico interesse paesaggistico di una data area non hanno natura espropriativa, perché rientrano tra gli atti con i quali la pubblica amministrazione, accertata una qualità insita in un determinato bene, che preesiste all'insorgere di qualsiasi pretesa giuridica sullo stesso, ne fa' discendere le conseguenze previste dall'ordinamento, che ha posto la protezione del paesaggio tra i principi fondamentali della Costituzione.

E le conseguenze del vincolo si risolvono, per legge, nella subordinazione degli interventi che possono modificare l'aspetto dei luoghi al preventivo nulla osta dell'autorità sovraordinata: non si tratta quindi di un divieto assoluto di edificazione, ma di un vincolo di controllo, che in linea di principio non impedisce la realizzazione di nessun tipo di progettualità, fermo restando che gli interventi sottoposti al parere della Sovraintendenza dovranno rispettare la qualità del paesaggio protetto, secondo quanto espresso dalle motivazioni della proposta di vincolo.

Nessun divieto impedisce, per le stesse ragioni, la prosecuzione delle opere e delle attività legittimamente intraprese prima dell'entrata in vigore del vincolo, siano esse di rilevante interesse pubblico o meno.

Ne discende che la circostanza che la descrizione del paesaggio effettuata nella proposta avanzata dalla Commissione non abbia adeguatamente considerato l'esistenza del cantiere di una grande opera infrastrutturale e di tutte le cave esistenti, attive o meno, non incide affatto sulla congruità e legittimità della proposta medesima.

Essa infatti costituisce uno strumento di analisi e di salvaguardia dei valori paesistici del territorio, che sussistono comunque, anche con la pur incombente presenza dell'invaso in fase di realizzazione e con la negativa incidenza di pesanti detrattori ambientali quali le cave esercite, che la proposta di vincolo non manca peraltro di sottolineare.

Essa, in particolare, dà conto dell'esistenza della cava in locali Cannatello Garrasia, autorizzata ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/80, previo parere favorevole rilasciato nel 1994 dalla Soprintendenza, e di recente in attività; di quella in località Serra S. Filippo, anch'essa a suo tempo regolarmente autorizzata ai sensi della legge regionale n. 127/80, ma da poco fuori esercizio; e infine della cava di sabbia da utilizzare per la costruzione della diga, ricadente in località Cozzo Gelsi ed esercita dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l., che è stata autorizzata dalla Soprintendenza, ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/80, con parere del 1994 e risulta in attività.

Altri progetti di coltivazione di cava, ricadenti nella valle dell'Imera e del Salso, sono stati a suo tempo rigettati dalla Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo, e in particolare quello destinato a incidere in località Fasanò nel comune di Petralia Soprana, predisposto dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l. e rigettato dalla Soprintendenza ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/80, con parere del 1991; e la cava prevista dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l. in località Balza Areddula nei comuni di Alimena e Bompietro, sulla quale la Soprintendenza si è espressa negativamente con parere del 1993. In sede di elaborazione della proposta di vincolo non si è tenuto conto di questi progetti, che non sono stati approvati, e neppure dell'intendimento frattanto manifestato dalla società diga di Blufi di aprire una cava di conglomerati in località Cozzo Serre Rosse nel comune di Castellana Sicula.

Non si sono parimenti considerate le attività estrattive esercitate abusivamente, e comunque senza il prescritto parere vincolante della Soprintendenza, tra le quali rileva quella ricadente in località Salaci. Al di là del riferimento ai vari progetti approvati o respinti, la pesante incidenza dell'attività estrattiva sul delicato assetto paesistico e geologico della valle è compiutamente valutata nella proposta di vincolo, che, in particolare, rileva come "le cave producono" inevitabilmente, effetti dequalificanti sull'ambiente; gli scavi spesso realizzati nella più assoluta noncuranza del valore estetico del paesaggio, deturpano versanti ben visibili". E' da ritenersi che il sopraggiungere del vincolo non mancherà di introdurre migliori forme di controllo tanto sulle cave in esercizio quanto su quelle non attive. E' noto, a questo riguardo, che la legge regionale n. 24/91 impedisce l'apertura di nuovi fronti di cava in aree dichiarate di interesse paesaggistico, fino all'approvazione del piano regionale dei materiali di cave, la cui predisposizione quella legge voleva presumibilmente sollecitare.

E' evidente peraltro che la potestà di dichiarare il notevole interesse pubblico del paesaggio di una determinata area non è e non può essere impedita né dal perdurante ritardo nella redazione del piano delle cave, né dalle conseguenze che ciò determina sulle attività estrattive, né, infine, dal collegamento tra l'apertura di nuove cave impedita dalla legge regionale n. 24/91 e la realizzazione della diga di Blufi.

Non sfugge la complessità di questo progetto, approvato nel 1987 dal C.T.A.R. ai sensi dell'art. 19 della legge regionale n. 21/85, la cui esecuzione, dichiarata di rilevante pubblico interesse, è rimasta peraltro a lungo sospesa, né tanto meno l'incidenza sul paesaggio dell'opera ultimata: ma gli opponenti non spiegano perché la preesistenza del cantiere di un'opera pubblica debba escludere l'adozione di misure di salvaguardia di quell'ambiente, esigenza che da questa e altre concomitanti situazioni riesce anzi rafforzata: una precedente situazione di degrado è stata infatti ritenuta (Cons. St. VI, 13 febbraio 1976, n. 87, Cons. St., VI, 11 giugno 1990, n. 600) circostanza che legittima, piuttosto che escludere, l'adozione di provvedimenti atti a porre fine a quella situazione di degrado (opposizioni sub 1 e 3);

B) la tutela paesistica del territorio regionale è espressamente conferita all'Assessorato dei beni culturali, mentre la disciplina urbanistica rimane nelle attribuzioni comunali.

Questo assunto scaturisce dall'esame delle disposizioni di legge intervenute nel tempo e che hanno comportato l'attribuzione al suddetto Assessorato della esclusiva competenza nel settore del paesaggio, e in particolare dell'art. 3 della legge regionale n. 80/77, che intesta tutte le attribuzioni della Regione nella materia dei beni culturali ed ambientali all'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione, il quale è titolare delle funzioni previste dal  D.P.R. 30 agosto 1975, n. 637. Con la legge regionale n. 80/77 è stato quindi individuato un ambito esclusivo di competenza, scelta questa che non appare casuale ed è funzionale al particolare grado di autonomia di cui gode la Regione Siciliana, nonché al rango di legge costituzionale dello Statuto, che, all'art. 14, lett. n), enuclea la disciplina del paesaggio tra le materie rimesse in via esclusiva al legislatore regionale.

La tutela del paesaggio è dunque demandata all'Assessorato e ai suoi organi periferici competenti per materia, le Soprintendenze per i beni culturali e ambientali, e, più precisamente, alle loro competenti articolazioni, e cioè le sezioni per i beni paesistici architettonici e ambientali (artt. 2 e 16 della legge regionale n. 116/80), le quali svolgono le funzioni attribuite alle soprintendenze dal D.P.R. n. 805/75. A questi uffici è dunque affidata (art. 31 D.P.R. n. 805/75) la tutela dei beni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e successive modificazioni, nonché di quelli contemplati da leggi speciali. Il primato dell'interesse pubblico alla conservazione dell'ambiente, fondato sull'art. 9 della Costituzione e specificatamente affermato dalla legge n. 431/85, comporta che alla tutela del paesaggio viene rimesso di determinare norme minime inderogabili per la gestione del territorio, con funzione di limite ed indirizzo rispetto ai piani urbanistici.

Il vincolo non impedisce tuttavia un successivo approfondimento e recepimento delle problematiche che esso pone da parte degli strumenti urbanistici, i quali sono peraltro del tutto autonomi, anche se la garanzia costituzionale apprestata all'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio conferisce priorità ed urgenza all'adeguamento della pianificazione urbanistica ai suesposti criteri; adempimento questo che non mancherà di essere colto da questa Amministrazione, il cui ufficio periferico manterrà evidentemente con gli enti locali interessati ogni possibile forma di collaborazione, ciò che non è in alcun modo impedito dal vincolo paesistico (opposizione sub 2);

C) la composizione della Commissione per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo, riunitasi nella seduta del 27 giugno 1996, è da ritenersi senza meno legittima, in quanto corrispondente ai soggetti che ne fanno parte ai sensi dell'art. 31 del D.P.R. n. 805/75, norma che è intervenuta, modificandola, sulla previgente disposizione contenuta nella legge n. 1497/39 (opposizione sub 3);

D) le motivazioni addotte nella relazione allegata alla proposta di vincolo, riferite agli aspetti etno-antropologici, e alle emergenze archeologiche o storico-architettoniche presenti nella valle non sono state le sole a determinare la necessità di tutelare l'ambiente in questione. La descrizione di quei valori infatti rappresenta soltanto una parte delle argomentazioni prese in esame al fine di motivare la validità della proposta.

La legge 8 agosto 1985, n. 431 ha sancito l'espresso superamento del concetto di "bellezza naturale" fatto proprio dalla legge 1497/39. Mentre la concezione sociale, essenzialmente statica, contenuta negli enunciati di quest'ultima legge, comportava una tutela espressa in giudizi di valore estetici e puntuali, e quindi quanto mai astratti e discrezionali, il concetto dinamico di paesaggio espresso dalla legge n. 431/85 determina un'azione di salvaguardia incentrata sulla pianificazione delle trasformazioni assentibili del territorio. Oggetto di tutela è il paesaggio, inteso come la forma del territorio creata dalla società umana che vi si è insediata, e quindi frutto della continua interazione tra la natura e l'uomo; valore dunque che comprende il fatto fisico, oggettivo, ma, al tempo stesso, richiama e postula il continuo processo creativo con il quale viene a configurarsi la percezione visibile del territorio. In tal modo la legge Galasso ha anche introdotto il principio che l'oggetto della tutela debba essere il territorio complessivamente considerato e non più unicamente le bellezze naturali ivi contenute,..."tenendo conto che l'insieme dei beni, oggetto del piano, costituisce un patrimonio non solo naturale, ma anche culturale e, come tale, meritevole di tutela e di valorizzazione congiuntamente intese" (circolare Ministero beni culturali ed ambientali n. 7472 del 31 agosto 1985, applicazione legge 8 agosto 1985, n. 431).

Ne discende che la tutela paesaggistica deve promuovere i valori ambientali del territorio, con la determinazione non solo di limiti di segno negativo ma anche di prescrizioni positive, di usi privilegiati dei beni. Essa tende quindi a risolversi nella regolamentazione delle scelte d'uso del territorio, considerato nella sua interezza e globalità sotto il profilo morfologico e strutturale. Il superamento del modello "statico-conservativo" che caratterizzava la legge del 1939 e la opzione della legge n. 431/85 per forme di salvaguardia gestionale-dinamica comporta l'evidente necessità di pervenire a una analisi complessiva dell'intero territorio protetto, del quale debbono enuclearsi tutte le componenti paesistiche con le loro interconnessioni e i loro reciproci condizionamenti, al fine di delineare una trama che consenta la effettiva valorizzazione dei beni ambientali. Si rende necessario a tal fine un completo monitoraggio di tipo ambientale-paesaggistico idoneo a indirizzare le scelte che dovranno incidere, direttamente, sulla preservazione e la riscoperta degli elementi strutturali del territorio meritevoli di tutela per il loro valore estetico-culturale, e, indirettamente, sulle opzioni di sviluppo economico e sociale. Per fare ciò occorre procedere il più possibile su vasta scala e per ambiti territoriali omogenei, con una considerazione dell'intero eco-sistema: flora, fauna, regime delle acque, elementi climatici e atmosferici, suolo e sottosuolo, ecc. (opposizione sub 3);

E) il precedente vincolo dell'area delle Madonie, approvato con decreto n. 2272 del 27 giugno 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 42 del 2 settembre 1989, non ha inglobato i territori di Blufi, Bompietro e Alimena, non perché essi furono ritenuti in quella sede non meritevoli di tutela e privi di elementi di pregio paesaggistico, ma probabilmente perché le caratteristiche ambientali e geomorfologiche di questi territori risultavano differenti da quelle presenti nel versante madonita, oggetto di quel provvedimento, caratterizzato da un ambiente montano più che collinare (opposizioni sub 4 e 5);

F) nell'analizzare il paesaggio e le sue trasformazioni le motivazioni del vincolo prendono in considerazione anche la realtà socio-economica della valle. Ma tale valutazione, in corrispondenza ai limiti del potere esercitato da questa Amministrazione, è incentrata sulle risorse naturali e culturali del territorio e sulle loro migliori utilizzazioni, che, trattandosi di beni infungibili, deve avere ad oggetto principale la conservazione delle caratteristiche essenziali dei beni stessi, senza disattendere tuttavia tutte le loro potenzialità.

Spetta ad altri e più specifici strumenti di programmazione indirizzare lo sviluppo socio-economico in modo compatibile con le realtà culturali e paesaggistiche, mediante studi, analisi e raffronti atti a specificare i dati economici del territorio in questione e a proporre concrete soluzioni per lo sviluppo della valle; ed è altrettanto chiaro che ciascun piano o programma deve obbedire alle funzioni che ad esso assegna l'ordinamento. Da questo punto di vista, la meticolosa elencazione degli studi economici dei quali difetterebbe la motivazione della proposta di vincolo, non corrisponde ad alcun criterio, né di legge, non essendo essi imposti da nessuna specifica normativa, né di logica, essendo detti studi del tutto inafferenti la causa del potere esercitato da questa Amministrazione, chiamata a definire l'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio e, quindi, tenuta a individuare secondo criteri scientifici tali risorse, la cui economicità, come beni infungibili di interesse pubblico, comporta la necessità di impedire la loro compromissione a causa di altre confliggenti considerazioni poste in essere da operatori pubblici o privati (opposizioni sub 4 e 5);

G) la necessità di salvaguardare la configurazione del territorio delle valli dell'Imera e del Salso emerge dalla relazione che accompagna la proposta di vincolo, dove è evidenziato l'alto interesse paesaggistico del contesto ambientale in argomento, che deve essere protetto da modificazioni incontrollate. La proposta, prendendo le mosse dall'analisi degli aspetti geologici, morfologici, vegetazionali e storico-testimoniali, nonché delle trasformazioni antropiche, definisce i corretti criteri tecnico-scientifici dello sviluppo compatibile di una zona a rischio dal punto di vista geomorfologico, il cui dissesto può essere evitato grazie ad un'azione di tutela preventiva che valga a impedire i rischi costituiti da un'eventuale ed incontrollata urbanizzazione.

I vizi motivazionali della proposta non hanno in realtà ragion d'essere: soccorre, sul punto, la sentenza del TAR di Palermo n. 9 del 16 gennaio 1998, dove tra l'altro si rileva che ". . . la motivazione non costituisce per l'ordinamento un valore in sé, ma solo uno strumento attraverso il quale è possibile perseguire il controllo dell'amministrazione tutte le volte in cui la medesima disponga di un potere di scelta più o meno ampio . . . l'obbligo della motivazione viene meno nei confronti degli atti normativi e di quelli a contenuto generale, con una disposizione che trova la sua ratio nell'intendimento di separare la regola posta da tale categoria di atti, astrattamente idonea a disciplinare una pluralità indefinita di casi, dalle ragioni storiche contingenti del soggetto emanante . . . non può essere revocato in dubbio che . . . un atto a contenuto generale (si sottrae) già solo per questo aspetto al generale obbligo di motivazione (T.G.A Trento, 14 dicembre 1992, n. 456; Cons. St., Sez. IV, 13 maggio 1992, n. 511). Peraltro . . . è possibile rinvenire  . . . una motivazione, la quale, nella specie, non è contenuta nel solo atto conclusivo del procedimento, ma può essere ricavata anche dagli elaborati tecnici che lo accompagnano" (opposizioni sub 4 e 5);

H) in conformità alle leggi n. 1497/39 e 431/85, dalla proposta di vincolo emergono le valenza paesaggistiche e ambientali del territorio, e, conseguentemente, le ragioni di una disciplina d'uso del territorio compatibile con il rispetto e la promozione di tali valori; che, nel rispetto delle norme anzidette non può essere lasciato alla capacità e alla sensibilità delle comunità locali, ma richiede l'intervento dell'autorità a ciò deputata, la quale non mancherà peraltro, durante la gestione del vincolo, di porre in essere utili momenti di confronto e di verifica con la popolazione e con gli enti locali.

A questo riguardo, è stato precisato che le disposizioni contenute nella legge n. 241/90 non conferiscono ai cittadini, come pure agli enti esponenziali, una indiscriminata facoltà di controllo sugli organi e sui procedimenti amministrativi (TAR Toscana, III, 30 giugno 1995, 167; TAR Lazio, II, 10 ottobre 1995, n. 1945): tali norme non sono applicabili nei casi in cui la disciplina dettata per particolari settori sia strutturata in modo da soddisfare diversamente le stesse specifiche esigenze avute di mira col modello procedimentale disegnato dalla legge medesima (TAR Milano, 3 giugno 1995, n. 778). Ciò vale con riferimento alla tutela del paesaggio e alle procedure per il suo esercizio (TAR Palermo, 16 gennaio 1998, n. 9): ma non significa che gli uffici di questa Amministrazione si sottrarranno all'obbligo generale di motivare adeguatamente gli atti che daranno attuazione al vincolo, e a quello, altrettanto rilevante, di assicurare concretamente il rispetto del principio di trasparenza  dell'azione di amministrativa (opposizione n. 6);

I) la proposta in esame non è lesiva dell'autonomia comunale, ma corrisponde alle funzioni proprie del vincolo-paesaggistico, che infatti serve a impedire usi pregiudizievoli della bellezza panoramica dei luoghi. Ciò comporta, evidentemente, che le prescrizioni dell'autorità sovraordinata si sovrappongono a quella comunale in tema di controllo urbanistico del territorio, ma ciò non è affatto arbitrario (Cons. St., II, 28 giugno 1995, n. 6195; Tar Puglia, I, 11 aprile 1990, n. 282; TAR Liguria, 26 ottobre 1993, n. 356; TAR Puglia, I, 17 novembre 1993, n. 845; TAR Trento, 27 maggio 1994, n. 212; TAR Calabria, 27 maggio 1996, n. 564) ma costituisce bensì l'applicazione delle disposizioni di legge che demandano alla Soprintendenza di individuare criteri di tutela delle aree di pubblico interesse paesaggistico (opposizione n. 6);

Rilevato che l'imposizione di un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39 non determina la imposizione di limiti, specifici alle proprietà, ma comporta soltanto l'obbligo di acquisire la preventiva autorizzazione soprintendentizia per le modificazioni che si intendano apportare all'aspetto esteriore dei beni protetti, indipendentemente dalla natura delle innovazioni stesse (T.A.R. Campania V, 17 maggio 1994, n. 197; T.A.R Calabria, 9 marzo 1994, n. 283, T.A.R Lombardia, 21 novembre 1988, n. 927; T.A.R Campania, V, 28 luglio 1992, n. 249);

Ritenuto, per quanto sopra esposto, di dovere approvare la proposta avanzata dalla Commissione per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo nella seduta del 27 giugno 1996 e di dichiarare il rilevante interesse pubblico, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge n. 1497/39, dell'area meglio perimetrata e descritta nel verbale della seduta anzidetta, che si allega al presente decreto sub 1;

Per questi motivi

Decreta:

 

Art. 1

 

Per le motivazioni di cui in premessa, al fine di garantire le migliori condizioni di tutela, è dichiarata di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1) nn. 3 e 4 della legge n. 29 giugno 1939, n. 1497, come bellezza di insieme e panoramica, l'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, meglio descritta nel verbale del 27 giugno 1996 della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo (allegato 1), all'interno del perimetro visualizzato nelle planimetrie denominate tavola I e tavola II (allegato 2), documenti ai quali si rimanda, quali parti integranti e sostanziali del presente decreto.

 

Art. 2

 

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, unitamente alla planimetria allegata, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 1497/39 e dell'art. 12 del R.D. 1357/40.

Una copia della Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, contenente il presente decreto, sarà trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite della competente Soprintendenza, ai comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, perché venga affissa per tre mesi naturali e consecutivi all'albo pretorio dei comuni stessi.

Altra copia della predetta Gazzetta, assieme agli allegati planimetrici delle zone vincolate, sarà depositata presso gli uffici dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, ove gli interessati potranno prenderne visione.

La Soprintendenza competente comunicherà a questo Assessorato la data dell'effettiva affissione del numero della Gazzetta sopracitata all'albo dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana.

 

Art. 3

 

Avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al Tribunale amministrativo regionale entro sessanta giorni dalla data di sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ovvero ricorso ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 della legge n. 1497/39 nel termine di sei mesi dalla data di pubblicazione all'albo comunale della copia di quella Gazzetta Ufficiale.

Palermo, 1 aprile 1998.

CROCE

 

Allegati

 

Planimetria - [non disponibile, vedasi G.U.R.S. 23 maggio 1998, n. 26].

 

Verbale della riunione del 27 giugno 1996

 

L'anno 1996, il giorno 27 del mese di giugno, presso i locali di via Ausonia, 122, si è riunita la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche della Provincia di Palermo, su invito del presidente dott.ssa C.A. Di Stefano, diramato con nota prot. n. 2283 del 21 giugno 1996 con il seguente ordine del giorno:

- apposizione vincolo sulla porzione di territorio a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie e ricadenti tra i fiumi Imera Meridionale Salso e comprendente i comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Petralia Soprana.

Alle ore 16,30 sono presenti i signori:

- dott.ssa C.A. Di Stefano, presidente;

- prof.ssa M. Giuffrè, componente;

- prof. S. Inzerillo, componente;

- dott. S. Garofalo capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, membro aggregato;

- dott. M.R. Camillo, segretario.

La commissione procede all'esame e alla verifica delle cartografie e delle relazioni storico-tecniche e tecnico-scientifiche predisposte dai dirigenti tecnici della Sezione beni PAU della Soprintendenza beni culturali ed ambientali di Palermo e relative ai territori nei quali apporre il vincolo di che trattasi.

Pertanto, le sopracitate cartografie e relazioni tecnico-scientifiche vengono qui di seguito riportate e diventano parte integrante del presente verbale.

 

STRALCIO DELLA RELAZIONE STORICO-TECNICA

 

PROPOSTA DI VINCOLO PAESAGGISTICO

 

LEGGE n. 1497 DEL 29 GIUGNO 1939

 

Comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula,

 

Petralia Sottana (porzione), Petralia Soprana (porzione)

 

Perimetrazione

Il territorio per il quale si propone il vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39, è compreso entro il confine che, partendo da Castellana Sicula, percorre, in senso orario, a nord, la linea ideale che dista 300 m. a valle della S.S. 120 e che coincide con una parte del confine della zona, delle Madonie, compresa tra i fiumi Imera e Pollina, vincolata ai sensi della legge n. 1497/39 con decreto n. 2272 del 17 maggio 1989, fino all'intersezione con il confine comunale di Geraci Siculo al Km. 72, segue quindi il confine comunale che separa: in un primo tratto Petralia Soprana e Geraci Siculo fino a quota 881, in un secondo tratto il comune di Petralia Soprana e Gangi fino a quota 798, in un terzo tratto il comune di Alimena da Gangi, fino a quota 831, ed infine in un ultimo tratto la frazione di Petralia Soprana da Gangi, fino all'intersezione col confine provinciale di Enna.

Prosegue ancora lungo il confine provinciale che separa la frazione di Petralia Soprana da Enna fino a quota 362, prosegue fino all'incrocio con il confine provinciale di Caltanissetta a quota 346 nelle vicinanze della Masseria Ficuzza, prosegue lungo il confine tra Caltanissetta e Alimena fino ad incontrare il limite tra Petralia Soprana e Caltanissetta.

All'altezza di Portella dell'Inferno lascia il confine provinciale di Caltanissetta per proseguire lungo la strada che attraversando il territorio di Petralia Sottana giunge fino alla contrada Portella del Morto, punto di intersezione con il confine comunale e provinciale che separa il comune di Resuttano dalla stessa Petralia Sottana, quindi la percorre interamente fino all'incrocio, a quota 506, con il vallone San Giorgio, per poi risalire lungo lo stesso vallone, prosegue per il torrente Avanella fino all'intersezione con la S.S. 120 (sorgente Frazucchi) che attraversa il territorio di Castellana Sicula fino a ricongiungersi con il punto di partenza.

 

Motivazione

La proposta di vincolo paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 dell'area precedentemente delimitata, nasce dalla necessità di tutelare un ambiente naturale, compatto ed omogeneo, in massima parte integro, non ancora aggredito dal fenomeno della cementificazione, che tutto ingloba e divora, distruggendo e modificando irreparabilmente l'aspetto originario dei luoghi.

Nella zona in esame ricadono interamente i territori di Alimena, Blufi, Bompietro ed in parte quelli di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana.

Il territorio comprende le valli dell'Alto Salso e dell'Imera ed è caratterizzato dai morbidi rilievi delle Madonie Meridionali, che degradano dolcemente verso il mare Mediterraneo.

La perimetrazione risulta dall'individuazione delle valli, che rappresentano un "unicum", non solo dal punto di vista geomorfologico, ma anche storico-antropologico, infatti tangibilmente le creste di chiusura dei valloni del braccio dell'Imera Meridionale e del Salso hanno avuto nei secoli sviluppo unitario e compatto al loro interno.

Il paesaggio riflette una sequenza di suggestivi quadri naturali, godibili dalle sommità delle colline e dei cocuzzoli, e dai numerosi percorsi che districandosi e passando da un vallone all'altro mostrano l'amenità dei luoghi.

Fonti d'acqua, torrenti e fiumi, e una vegetazione varia e differenziata (tamerici, frassini, giunchi, rovi, querce, etc.) sia nella sua spontaneità che nelle colture agrarie in dipendenza delle altimetrie, ecosistemi, vicinanza ai borghi e ai nuclei abitativi, si propongono allo sguardo dando la sensazione di un vitale ambiente agreste, in cui i trascorsi eventi storici e temporali sono autenticamente tangibili.

L'Imera accoglie le borgate storiche del comune di Castellana Sicula: Calcarelli, Nociazzi, Catalani ed una catena di mulini ed abbeveratoi così fitta da dare un'immagine di acqua continuamente filtrante e rotante sul territorio, caduta giù dalle alti valli che la chiudono a nord fino a scorrere nella profonda valle dove i borghi si susseguono su una maglia invisibile di antropizzazione diffusa.

Analogamente il Salso, ad est, si apre a ventaglio sulla corona che ne accoglie le origini, arabescate di contrade e nuclei abitati, direttamente legati allo scorrere del fiume.

E' quindi l'acqua il motivo conduttore della vita intesa in ogni suo aspetto.

La viabilità interna è costituita in massima parte da una rete secondaria di strade e trazzere, che collegano le numerosissime frazioni, contrade, borgate e case sparse per tutta l'estensione del territorio. (tav. V).

Il paesaggio, prevalentemente agricolo, è caratterizzato da colture di tipo cerealicolo ed in particolare fave, frumento e foraggi.

L'allevamento di ovini, suini e bovini è diffuso tradizionalmente, sia nelle forme di grosse mandrie, che nella conduzione di aziende di tipo familiare.

La valle ha con l'altipiano un rapporto storico, che ancora risulta tangibile con il perdurare del fenomeno della transumanza, quando cioè i vaccari delle valli ormai brulle, si trasferiscono con le loro mandrie, nel periodo detto delle "restucce", alle valli più alte, più umide, dove l'erba verde assicura un buon pascolo.

La spazialità dei campi, estremamente frazionati, in un vasto mosaico le cui tessere corrispondono alle varie proprietà, viene accentrata dalla grande luminosità irradiata puntualmente e caratterizzata nel suo cromatismo al susseguirsi delle stagioni.

Così che essi si mostrano con un vivace colore porpora nel periodo di maggio quando la pianta del fieno "la sulla" è fiorita, per poi mutarsi in un luminosissimo giallo oro nel periodo estivo, quando i campi sono ricchi di messi, per svelare il colore della terra, disegnata dai solchi degli aratri dopo il raccolto, infine si colorano di verde quando sono ricoperti di erba e quando ricomincia il ciclo stagionale della crescita del grano.

Il territorio preso in esame in questa proposta di vincolo paesaggistico è racchiuso tra i due importanti fiumi: l'Imera Meridionale ed il Salso (Acqua - Amara), i quali riunendosi, si chiudono ad imbuto, delimitando queste due ampie vallate che, per omogeneità caratteriali, possono essere rappresentate come un enorme impluvio delle cime madonite.

La sua delimitazione è data dall'entità naturale, antropologica, storica, economica e sociale che una valle rappresenta, difficilmente scorporabile e scientificamente inscindibile.

Il Salso, un tempo ricco di anguille, la cui lunghezza è di 144 Km., nasce dalle Madonie, presso Portella dei Bifolchi a circa 1.350 m. di altitudine, con il nome di Fiume di Petralia, attraversa con un corso tortuoso la Piana di Licata e sfocia nel Mediterraneo a sud di Licata.

Esso deve il suo nome ai terreni ricchi di salgemma, in cui si addentra prima di giungere alle coste meridionali, e oltre ad essere limite amministrativo tra comuni e province è sempre stato ed è ancora l'elemento geografico di confine tra la Sicilia Orientale e l'Occidentale, ben caratterizzate entrambe non solo a livello fisico, ma anche storico e culturale.

Il Salso era la così detta "via del sale" e la località di Raffo era probabilmente punto obbligato di passaggio e di ristoro per le carovane arabe che seguendo il percorso del fiume, lungo le trazzere parallele, andavano a rifornirsi nelle miniere di salgemma e da qui attraverso il Passo della lettiga giungevano nell'antichissima località detta Pirina, oggi forse identificabile con la borgata Pira.

Il popolo arabo ha lasciato molte tracce della sua cultura anche in questa zona del palermitano e lo si può riscontrare oltre che nei manufatti, anche nel modo di vestire dei contadini, nel linguaggio, nel riserbo e nella sottomissione della donna all'uomo, nel modo di usare lo scialle e di pettinarsi, nei lamenti, nei canti e negli stessi nomi imposti nelle terre dove essi si soffermavano.

Ma anche i normanni, i francesi, gli spagnoli hanno lasciato del loro passaggio tangibili testimonianze.

A Salici, Addauro, a Principato (Petralia Soprana) si possono notare le impronte della civiltà spagnola nelle costruzioni nobiliari in pietra e balconi con le splendide inferriate in ferro battuto, i fiori di ferro agli angoli e alle pance di queste e i cipressi posti quasi a sentinella di antiche residenze.

Il fiume Salso fu l'autostrada percorsa dai mercanti di ossidiana prima e dai Greci poi, che ne fecero uno dei principali strumenti per la penetrazione della loro civiltà all'interno dell'isola.

Questo fiume è quindi il grande protagonista dell'area presa in considerazione, nello scenario della quale fanno da sfondo naturale le alte e incombenti vette delle Madonie, che nel periodo invernale, con le loro candide cime innevate, creano uno straordinario e suggestivo scenario, in contrasto con i verdissimi pascoli delle valli.

Molto attive erano fino a poco tempo fa le carcare che ricavavano il gesso da una particolare pietra locale, specialmente nella zona di Acquamara (Petralia Soprana).

La zona delimitata, oltre ad avere una notevole importanza dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, anche per la presenza delle numerose balze che la caratterizzano, (Cap. I), presenta numerose altre valenze di tipo architettonico, (Cap. II), archeologico, (in essa infatti sono presenti numerosi siti archeologici, in parte evidenziati ed in parte ancora in corso di studi e ricerche, specialmente nella zona più a sud, nel territorio di Alimena), (Cap. IV) ed ancora essa presenta valenze antropologiche, per la massiccia presenza di borgate e case sparse, nuclei dalle caratteristiche semplici case in pietra, parte integrante del territorio nel quale sembrano esistere da sempre.

Fanno parte del paesaggio anche i numerosi pozzi scavati nei campi e ricoperti in pietra ed i cumuli di pietre che denunziano la presenza continua dell'uomo che strappa alle zolle ogni centimetro per renderla produttiva, per trarne sostentamento per sè e la famiglia, senza alterare l'aspetto dei luoghi e non infliggendo stravolgenti trasformazioni, così che il paesaggio, pur mutando continuamente sembra sempre rimanere lo stesso, sereno e silente, (Cap. III).

Anche i rapporti sociali ed economici permangono legati strettamente alla fisicità della valle che diviene piazza, intesa come possibilità d'incontro, scambio, rapporti interpersonali che si concretizzano, con lo spostamento da una contrada all'altra per la conduzione dei propri poderi, nel susseguirsi delle feste di borgata, a cui partecipano in massa tutte le altre, nella fitta rete di matrimoni che legano a catena un borgo con un altro e via di seguito fino a chiudere la maglia, così che ognuno senta proprio l'intero territorio della valle.

Questi stretti rapporti e scambi esistenti tra i vari centri, borghi e fazioni pervengono quindi ad una omeostatica istituzionalizzazione mediante appunto i matrimoni, che finiscono per tessere nel territorio una fitta rete di relazioni derivanti dagli interessi sorti per la cura dei poderi ereditati altrove e divenuti propri nelle percezioni visuali.

Tutte le antiche borgate avevano con il loro centro un rapporto di stile medievale, il paese accentrava la parte dominante della società escludendo gli elementi produttivi dei ceti più poveri, relegandoli nelle borgate, in un rapporto di distinzione di qualità dei rapporti sociali.

Qui, in particolare, la classe nobiliare ha legato storicamente a sè quella contadina in un rapporto apparentemente equalitario, ma di tipo funzionale, concedendo la possibilità di edificare e di potere fruire, anche in quantità minima, dei prodotti della terra, affidandogli "un fazzoletto" d'orto tutto per sè.

E' questo quindi un ambiente naturale in cui affiorano le caratteristiche di una antica cultura contadina che, attivamente presente, mostra la sua laboriosità, la solidarietà, la generosità, la semplicità e le buone maniere, il rispetto per le persone, per le cose e per la natura, la condivisione dei sentimenti di gioia e di dolore, caratteristiche queste che, la rapida trasformazione sociale, avvenuta in tempi relativamente recenti, tende a sopprimere e relegare al ruolo di "arretratezza".

La valle del Salso e dell'Imera presenta inconfutabilmente un paesaggio luminoso e gradevole, contrariamente ad altre zone brulle dell'entroterra siciliano, fortemente caratterizzato e differenziato da esse.

Qui, spazi e luci, vuoti e presenza umana tracciano una mappa che il tempo non ha ancora modificato, grazie anche alla distanza e all'isolamento rispetto ad aree fortemente antropizzate e degradate.

Pertanto essa merita un intervento di salvaguardia e tutela per il mantenimento di un'oasi naturale contrapposta alla cementificazione ed infrastutturazione massiccia che la minaccia inesorabilmente senza rispetto della storia, della tradizione e della cultura dei luoghi.

Si sottolinea comunque che lo scopo fondamentale della presente proposta di vincolo, non è tanto quello di conservare, quasi come ibernando tutto quanto il tempo e la storia hanno lasciato come testimonianza e tutto quanto la naturale trasformazione ha determinato nella formazione della valle, ma è principalmente quello di salvaguardare con un'azione di prevenzione, l'eventuale dilagare di costruzioni prive di qualità architettoniche ed estranee ai luoghi, che potrebbero compromettere l'aspetto attuale del paesaggio, il quale certamente e inevitabilmente subirà delle trasformazioni naturali e per mano dell'uomo, ma un'azione di tutela potrà permettere il rispetto di quei criteri e dei canoni che risultino più consoni all'essere dei luoghi.

L'eventuale trasformazione futura dell'ambiente, quindi potrà essere programmata, regolata e controllata in maniera congrua, evitando che testimonianze storiche e bellezze naturali, possano subire manomissioni irreversibili a danno dell'area oggetto della presente proposta di vincolo, così come è avvenuto in tante parti del nostro territorio isolano ed in particolare in quest'area proprio ai margini del confine a nord, nei pressi del bivio Madonnuzza, con la presenza di un insediamento dichiarato produttivo, che ha cominciato a dilagare nelle valli sottostanti, continuando a riproporre tipologie estranee al contesto e architettonicamente squalificate, nonchè in altre aree di espansione, caratterizzate da volumetrie che, di proporzioni ridotte rispetto a quelle precedentemente accennate per la sella di Madonnuzza, pur tuttavia emergono nel territorio sia per i materiali adottati che per il modo di rapportarsi col tessuto minuto dei nuclei storici preesistenti (si pensi all'espansione di Fasanò verso la valle di Saccù, oppure ai recenti insediamenti periferici di Alimena).

Per il resto, alcuni interventi estranei alla cultura dei luoghi trovano spazio e ragione d'essere per il dovere adeguare, in maniera inadeguata, i vecchi fabbricati alle esigenze funzionali e statiche.

Pertanto i paramenti murari vengono sottoposti sistematicamente all'introduzione lacerante di cordoli in c.a., sopraelevazioni ed ampliamenti improntati alla sommarietà e approssimatività costruttiva, con l'effetto squalificante di centri privati delle condizioni originarie e pur tuttavia privi di una loro connotazione specifica.

 

Capitolo I

 

INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOSTRUTTURALE

 

La storia geologica del territorio per il quale si propone il vincolo ai sensi della legge n. 1497/39 è strettamente connessa a quella dell'intero sistema madonita, interessante segmento della Catena Montuosa Siciliana che condensa sia i caratteri geologici e stratigrafico strutturali dell'estremo settore occidentale dell'Isola (Monti di Trapani e Monti di Palermo) che quelli della porzione orientale e meridionale (Nebrodi e Fossa di Caltanissetta).

L'assetto geostrutturale delle Madonie è legato alle vicissitudini tettoniche che a partire dal Mesozoico hanno coinvolto l'area mediterranea determinando la messa in posto dei corpi geologici che, oggi, rappresentano i rilievi siciliani.

Per caratterizzare dal punto di vista geologico il settore madonita non si può prescindere dall'inserirlo nel più vasto quadro geologico-strutturale della Sicilia schematizzabile, nelle linee generali, in una porzione meridionale, rappresentata dall'insieme Avanpaese-Avanfossa, e da una porzione settentrionale, caratterizzata da estesi corpi geologici che, vergenti verso sud, si sovrappongono gli uni sugli altri secondo uno stile tettonico denominato a falde di ricoprimento.

L'Avanpaese, coincidente con l'angolo sud-orientale della Sicilia (Altopiano Ibleo), è interrotto, ad Ovest, dall'Avanfossa (bacino di Caltanissetta ed Enna) nella quale si raccolgono potenti spessori di sedimenti tardo pliocenici e pleistocenici non deformati.

La Catena si sviluppa in senso est-ovest, essa è costituita dalla sovrapposizione di differenti corpi geologici, riconosciuti come unità stratigrafico strutturali, che hanno raggiunto gli attuali rapporti giaciturali in un intervallo di tempo compreso tra l'inizio del Miocene ed il Pliocene. Successivamente, per gli effetti della neotettonica quaternaria si verificò il sollevamento dell'edificio montuoso, con conseguenti smembramenti delle unità stratigrafico-strutturali e l'impostazione di estesi sistemi di faglie dirette a forte rigetto.

Le analisi delle facies e gli studi stratigrafici dei terreni della Sicilia centrosettentrionale identificano differenti ambienti paleogeografici nei quali, durante il Mesozoico, si depositarono i sedimenti dei rilievi; in particolare si distinguono ambienti deposizionali di mare profondo (bacino Imerese e bacino Sicano) da altri tipici di piattaforma carbonatica (Piattaforma Carbonatica Panormide, Piattaforma Carbonatica Trapanese, Piattaforma Carbonatica Saccense).

Il modello geologico-strutturale delle Madonie è rappresentato da una serie di unità tettoniche che, con complessi rapporti, si susseguono dal basso verso l'alto nel seguente ordine statigrafico:

 

Unità Monte Cervi

- costituita da terreni carbonatici e silico-carbonatici di età compresa fra il Trias medio sup. ed il Miocene, derivanti dalla deformazione del bacino Imerese;

 

Unità Monte Dipilo-Monte Mufara

- costituita da terreni carbonatici, più raramente marnosi, di età compresa fra il Trias sup. ed il Miocene, derivanti dalla deformazione della Piattaforma Carbonatica Panormide;

 

Unità del Flysch Numidico

- costituita da successioni terrigene distinguibili in varie facies: pelitica, arenacea, arenaceo-conglomeratica depositatesi prima della deformazione miocenica in un intervallo di tempo compreso fra l'Oligocene ed il Miocene;

 

Unità Sicilidi

- diffusamente rappresentate da depositi noti in letteratura geologica col nome di "argille variegate" per la loro caratteristica colorazione cangiante dal verde al rosso vinaccia. Queste argille affiorano in un areale molto esteso e sono ascrivibili al Cretaceo sup. Eocene sup.;

- calcari marnosi e marne bianche (formazione di Polizzi) dell'Eocene sup. Oligocene;

- Varenarie tufitiche (tufiti di Tusa) dell'Eocene sup. Oligocene.

 

Unità postorogene

- comprendente tutti i depositi depositatisi negli ultimi 12 milioni di anni in un intervallo di tempo compreso fra il Tortoniano sup. ed il Pleistocene. Tali depositi sono rappresentati da:

- argille, sabbie, conglomerati della formazione Terravecchia;

- calcareniti e calcari organogeni del Messiniano inf.;

- evaporiti del Messiniano;

- calcilutiti e marne bianche del Pliocene (trubi);

- calcareniti e sabbie calcaree con intercalazioni argillose del Pliocene sup. - Pleistocene;

- terrazzi marini, terrazzi fluviali, spiagge e depositi detritici recenti.

Ai fini di una più chiara visualizzazione di quanto esposto si allega al presente capitolo la carta geologico-strutturale della Sicilia. redatta dal prof. R. Catalano dell'Istituto di geologia - Università di Palermo.

 

LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI ED IDROGRAFICI

La porzione di territorio da sottoporre al vincolo paesaggistico ricade nel settore meridionale delle Madonie ed è prevalentemente rappresentato da terreni argillosi terziari e dai termini miocenici della gessoso-solfifera.

Il paesaggio è fortemente caratterizzato dalla presenza di due importanti elementi naturali: il fiume Imera Meridionale ed il fiume Salso o Acqua Amara che delimitano rispettivamente ad ovest e ad est il territorio di nostro interesse. Questi fiumi rivestono una fondamentale importanza per l'evoluzione geomorfologica del paesaggio, i loro bacini idrografici rappresentano, infatti, le due unità morfodinamiche di riferimento all'interno delle quali possono essere valutati i processi che modellano le forme del rilievo. Inoltre, questi corsi d'acqua hanno notevolmente influenzato lo sviluppo del territorio madonita costituendo, sin dall'antichità, due grosse arterie di comunicazione.

L'assetto geomorfologico del contesto in esame è riconducibile ad una morfogenesi recente ed alla combinazione di azioni tettoniche, compressive e distensive, responsabili del sollevamento dell'edificio strutturale e del sistema di faglie dirette a forte rigetto che in maniera articolata configura tutto il sistema madonita.

I processi morfogenetici hanno modellato il paesaggio agendo in maniera differenziata sulle diverse litologie affioranti. Si distinguono, infatti, forme diverse: da quelle collinari, ad andamento morbido e sinuoso in coincidenza delle formazioni plastiche a quelle più aspre ed acclivi in corrispondenza dei massicci lapidei (di natura calcarea, gessosa ed arenacea) che hanno opposto una maggiore resistenza all'aggressione degli agenti di degradazione.

Il paesaggio è nell'insieme caratterizzato da estese zone collinari intercalate ad ampie e poco profonde vallate; in forte contrasto morfologico si innalzano isolati rilievi rocciosi che, con le loro aspre forme, rappresentano caratteristici motivi morfologici nel generale contesto ondulato.

La rete idrografica si sviluppa sui terreni argillosi miocenici, sui termini della gessoso solfifera e sulle argille vari colori. Il territorio è solcato da numerose incisioni torrentizie connesse a linee di drenaggio ad andamento parallelo e/o di tipo "dendritico".

Il corso d'acqua più occidentale è il torrente Avanella che nasce dal versante sud-occidentale del complesso Monte S. Salvatore - Monte Cavallo, ad ovest dell'abitato di Castellana Sicula. A sud di Portella dei Mandarini si origina il fiume Imera Meridionale che, con asse idrografico disposto in direzione nord-sud, scorre al limite tra i depositi arenacei (in sinistra idraulica) e quelli argillosi (in destra idraulica) del Flysch Numidico. Il reticolo idrografico ha dunque uno sviluppo asimmetrico, con una organizzazione del drenaggio più marcatamente sub-dendritica sul versante destro. In prossimità delle Petralie il fiume attraversa i terreni evaporitici miocenici e deviando verso sud sud-ovest riceve sulla destra il vallone Pomo, sviluppato tributario che nasce sul versante sud-orientale di Monte Cavallo. Oltre alla confluenza col vallone Pomo l'Imera Meridionale perde i suoi caratteri di spiccata torrenzialità per scorrere su di un modesto letto alluvionale.

Il fiume Salso, o Acqua Amara, percorre la porzione più orientale del territorio in esame; esso nasce dalla dorsale interposta fra Pizzo Catarineci e Pizzo Corvo e con asse idrografico principale orientato all'incirca nord nord-est - sud sud-ovest scorre in testata sulle sequenze arenaceo-argillose del Flysch Numidico. Proseguendo il suo corso esso attraversa le argille vari colori ed i calcari evaporitici per poi deviare verso sud-ovest e ripercorrere i depositi argillosi miocenici.

Nell'insieme, il paesaggio riflette una immagine composta e tranquilla, poco disturbata dalla presenza dell'uomo, ma ad una più attenta osservazione non sfuggono i segni di un diffuso dissesto, soprattutto in coincidenza dei versanti argillosi ed argilloso-arenacei lungo i quali l'azione erosiva dei corsi d'acqua innesca processi di scalzamento al piede e conseguenti movimenti franosi che possono coinvolgere anche estese zone.

Movimenti in massa, perlopiù quiescenti e/o stabilizzati, sono frequenti lungo le testate degli affluenti dell'Imera Meridionale e non escludono i centri abitati (Castellana, Petralia Soprana e Petralia Sottana, Blufi) in prossimità dei quali, tali movimenti possono assumere toni particolarmente allarmanti. Le zone argillose più acclivi e sprovviste di copertura vegetale sono sottoposte ad un intenso dilavamento che provoca processi erosivi di incipiente o spinta calanchizzazione.

Fenomenologie carsiche interessano i depositi evaporitici miocenici; la dissoluzione chimica di tali rocce favorisce, infatti, tali processi morfogenetici che si manifestano sia con forme superficiali che con forme sotterranee a sviluppo orizzontale e/o verticale.

Tra le forme ipogeiche è da segnalare la "Grotta del Vecchiuzzo" (Petralia Sottana) che si sviluppa in una alternanza di conglomerati gessosi e gessareniti grossolane della Rocca delle Balate. Oltre che per i suoi importanti significati geomorfologici, idrogeologici e paleontologici, questa grotta assume anche un interesse archeologico per gli importanti giacimenti ivi rinvenuti negli anni passati.

Altre manifestazioni carsiche sono variamente dislocate nelle successioni evaporitiche, tra queste sono degne di nota il Gorgo di Venerosa, il Gorgo del Consiglio e la Dolina di Monte Acquasanta ricadenti nel territorio comunale di Alimena.

 

INTERESSI PALEONTOLOGICI

Oltre agli elementi geomorfologici che caratterizzano il paesaggio con forme suggestive e di pregio estetico, sono da segnalare, per il loro interesse scientifico, le seguenti emergenze paleontologiche:

 

Pizzo di Corvo, ad est delle Petralie:

- affioramento di calcari di scogliera del Messiniano inf., interessante per la presenza di colonie coralline del genere Porites che conservano le impalcature originarie;

- stazione paleontologica fra contrada Madonna delle Grazie ed il fiume Imera Meridionale (Petralia Sottana);

- stazione paleontologica in contrada Abbadia (Petralia Soprana);

 

Grotta del Vecchiuzzo (Petralia Sottana):

- giacimento di vertebrati fossili del Pleistocene medio sup.

 

ASPETTI RELATIVI ALLA TUTELA GEOAMBIENTALE

Un'ampia interpretazione culturale del paesaggio deve indiscutibilmente fondarsi su di una approfondita e complessiva analisi degli elementi, naturali e/o antropici, che lo compongono. In questa analisi trovano una significativa collocazione anche gli aspetti relativi ai caratteri fisici del territorio, sia che essi rappresentino, per vari aspetti, elementi di pregio che, invece, denuncino una fragilità geoambientale.

Al di là della quantità e della qualità delle emergenze geologico-ambientali presenti nel territorio in questione, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sui diffusi segni di dissesto ivi presenti, attribuibili, come già esposto, ai processi morfodinamici che interessano i versanti. L'evoluzione dei versanti è regolata da vari fattori interdipendenti come ad esempio: l'assetto strutturale, le caratteristiche litologiche degli affioramenti, il regime delle precipitazioni, l'assenza o meno di una copertura vegetale e non ultimo l'azione antropica.

Le problematiche relative ai dissesti coinvolgono dunque sia l'ambito prettamente geoambientale che quello socio-economico; tali manifestazioni appartengono al normale ciclo geomorfologico, la loro dinamica non può essere arrestata definitivamente, ma può essere controllata o ritardata. L'azione antropica spesso accelera i processi di modellamento del rilievo producendo effetti che alterano l'aspetto del paesaggio e destabilizzano l'equilibrio ambientale.

In Sicilia non mancano gli esempi di una scorretta utilizzazione del territorio (attività private non sufficientemente controllare, speculazioni edilizie, lottizzazioni su terreni non adatti all'edificazione, discariche abusive, irrazionale uso delle risorse idriche, intensa attività estrattiva. A quest'ultimo riguardo, si sottolinea che nel territorio in esame sono attualmente in esercicio le seguenti attività estrattive:

 

______________________________________________________________________

 

 

Comune            Località           Esercente           Posizione

______________________________________________________________________

 

 

Alimena             Cannatello          Seminara      Autorizzata ma non

                    Garrasia            Antonino      ancora in esercizio

Bompietro           Serra               Seminara      Autorizzata ed in eser-

                    Sanfilippo          Antonino       cizio

Castellana          Cozzo Gelsi       S.c.r.l. Diga   Autorizzata ed in eser-

 Sicula                                  di Blufi      cizio

 

Le cave producono, inevitabilmente, effetti dequalificanti sull'ambiente; gli scavi spesso realizzati nella più assoluta non curanza dei valori estetici del paesaggio, deturpano versanti ben visibili.

E' dunque evidente la necessità di esercitare un controllo sulle attività umane soprattutto in quei contesti che, come nel nostro caso, presentano una propensione al dissesto. Tracce di trascorse e recenti attività: sono, infatti, osservabili sul territorio in esame, esse si rivelano come profonde cicatrici che testimoniano un irreversibile danno ambientale. Sarebbe auspicabile, a tal proposito, che in futuro si provveda, con mirati progetti di recupero ambientale a riqualificare le aree manomesse al fine di reinserirle armoniosamente nel contesto generale del paesaggio.

Una corretta azione di tutela del paesaggio non può limitarsi esclusivamente alla salvaguardia del suo valore scenico e panoramico o a quella delle singole valenze individuabili, ma deve sorreggersi su di una più alta concezione, nella quale gli aspetti fisici, naturalistici, ambientali, estetici, storici, socio-economici del territorio siano fortemente connessi e inscindibili. Tra questi aspetti, assumono particolare e significativa importanza, quelli relativi ai caratteri fisici e naturalistici del territorio giacché sono proprio quelli che, immediatamente, trasmettono all'ossevatore l'immagine del paesaggio.

A garanzia dell'aspetto del paesaggio e dei suoi elementi di pregio occorre dunque tutelare la naturale dinamica evolutiva del contesto fisico in cui il paesaggio si configura.

Sulla base di questa concezione si è ritenuto opportuno estendere la proposta di vincolo ad un territorio che comprenda almeno le due unità morfodinamiche fondamentali, all'interno delle quali si esplicano i processi di modellamento del paesaggio naturale e ricadono gli elementi più rappresentativi dal punto di vista geomorfologico, idrografico ed idrogeologico.

Per quanto esposto si sottolinea la necessità di disciplinare l'utilizzazione del territorio in esame attraverso provvedimenti legislativi che non si limitino ad una tutela giuridica di mera formalità, ma che indirizzino effettivamente verso una consapevole ed organica gestione delle risorse naturali, nel rispetto del paesaggio e dei suoi valori ambientali, naturali ed estetici.

 

Capitolo II

 

CENNI STORICI SUI COMUNI

 

COMPRESI NELLA PROPOSTA DI VINCOLO,

 

EMERGENZE ARCHITETTONICHE E BORGATE

 

Petralia Soprana

Petralia Soprana sorge sul ciglio di un monte a 1147 m. di altitudine, nel cuore delle Madonie, e un piccolo centro con 32 borgate dislocate in un territorio di 56,86 Kmq., ad economia agricola, artigianale e terziaria, meta di un turismo legato alle numerose opere d'arte che esso gelosamente conserva, al tessuto urbano quasi intatto, alla suggestione del suo paesaggio montuoso e collinare, alla vicinanza con la stazione sciistica di Piano Battaglia, alla modesta distanza con il mare di Cefalù, all'agriturismo e al Parco delle Madonie in cui ricade parte del territorio.

E' il comune più alto della provincia di Palermo e per la sua posizione fu centro strategico fin dal tempo dei romani.

Si ritiene che Petralia Soprana si sia sviluppata attorno al posto in cui un tempo, gli uomini per meglio difendersi fondarono l'acropoli dell'antica Petra, tutto ciò lo fa supporre la posizione di dominio rispetto ad una intera vallata, ed anche i resti di un acquedotto forse medievale o romano, che doveva portare l'acqua nel centro abitato ed anche i ruderi delle fortificazioni normanne e vari ritrovamenti di monete greche, conservate in vari musei.

Petra passò dal dominio cartaginese a quello romano poiché si arrese ai consoli Aulo Attilio e Gneo Cornelio, fu città decumena e stipendiaria, dovendo rifornire Roma di grano.

Le notizie sul periodo medioevale sono poche, si sa però che il momento di massimo splendore lo si ebbe con il passaggio dalla dominazione araba a quella normanna.

Con gli arabi e poi con i normanni, fu la base militare per il controllo di una vasta regione circostante.

Nel 1062 il Conte Ruggero d'Altavilla ne ebbe possesso, ne fortificò le mura, costruì un secondo castello ed edificò la chiesa di S. Teodoro, rese al culto cristiano la moschea che sarà del S. Salvatore e vi rimase per circa cinque anni, prima di partire per l'assedio di Palermo.

Petralia Soprana divenne in seguito terra demaniale e nel 1258 passò alla contea dei Ventimiglia di Geraci, per staccarsene nel 1396 e passare alla contea di Collesano.

Nel 1600, sotto i Moncada, il territorio cominciò a smembrarsi e sorsero Alimena e Resuttano, per ridursi a meno di un terzo nel 1800, sotto i Borboni, quando furono cedute terre al nuovo comune di Bompietro e a Petralia Sottana.

Seguì poi l'adesione all'Italia unita e un feudalesimo baronale che perdurò fino alla caduta del fascismo, quando i grossi feudi furono scissi con la riforma agraria, per essere ceduti ai contadini.

Il centro abitato di Petralia Soprana (celebre anche perchè diede i natali a Frate Umile Pontorno da Petralia, appartenente al convento dei Padri Riformati scultore ligneo di Crocifissi sparsi in tutta la Sicilia e vissuto fino al 1639), che conserva numerosi beni di interesse storico artistico come: la Chiesa Madre dei S.S. Apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa del S.S. Salvatore, la Chiesa di S. Teodoro del XII sec., la Chiesa di S. Maria di Loreto, la Chiesa e il Convento di S. Maria di Gesù, la Chiesa della Pinta, la Chiesa di S. Lucia, la Chiesa della S.S. Trinità, Villa Sgadari del 1700-1750, i due palazzi Pottino, la Chiesa dei Riformati con facciata del 1712, etc., non è compreso nella nostra proposta di vincolo in quanto esso rientra nell'area del Vincolo delle Madonie, ma una buona porzione del suo territorio lo ritroviamo nella valle, oggetto della presente proposta di vincolo, con la quale i rapporti molto stretti non sono solo di natura amministrativa, ma sociale ed economica.

Notevole il belvedere di Petralia Soprana dal quale si gode una vista particolarmente ampia e spettacolare, che spazia dalla Rocca Busambra all'Etna e dal quale è possibile acquisire una visione di insieme della valle.

Da Petralia Soprana sono raggiungibili le trentadue borgate che ancora conservano intatte tradizioni ed usi dell'antico mondo contadino e ove si possono ancora trovare prodotti alimentari fatti secondo le antiche usanze.

Sono frazioni di Petralia Soprana: Cipampini, Fasanò, Madonnuzza, Naro, Pianello, Raffo, Saccù, San Giovanni, San Giovanni Sgadari, Santa Caterina, Lo Dico, Salinella, Acquamara, Bonicozzo, Borgo Verdi, Giotti, Girarello, Gulini, Lucia, Miranti, Peri, Principato, Pellizzara, Sabatini, Salici, SS. Trinità, Scarcini, Serra di Lio, Verdi I, Verdi II.

Fasanò, Pianello, Raffo e San Giovanni sono diventate dei piccoli ed evoluti centri, cresciuti anche in virtù di uno sviluppo creatosi attorno alla grande Miniera di salgemma di Raffo ed al centro artigianale e industriale di Madonnuzza.

La contrada Raffo, dista 2 Km. da Petralia Soprana, alla quale si giunge seguendo la vecchia trazzera per Bonicozzo a 12 Km. circa, seguendo la rotabile attuale.

Essa è situata su un pendio compreso tra i 700 e i 900 m. s.l.m., sulla sponda destra del fiume Salso.

Le strade in quest'area si snodano verso il bivio Madonnuzza in espansione a nord-ovest verso San Giovanni Verdi e Gangi a sud-est, verso la miniera di salgemma ad est e verso Pellizzara, Pianello e Fasanò a sud-ovest.

Il cav. dr. F. Ferruzza Sabatino scrive testualmente: "Antonio Ventimiglia con privilegio dato dallo stesso Re Martino a Catania il 9 luglio 1399 venne nominato Signore delle Saline site in Petralia Soprana, con la terra di Gurafi o forse "Torre di Gurafi" (di cui oggi restano soltanto le fondamenta circolari) ubicata sulla Balza che sovrasta le case Sgaderi = Ciafarri".

Fino al 1890 nel vecchio catasto fabbricati risultava col nome di Gurraffo, nel 1929 con l'impianto del N.C.F. è diventato Raffo.

Gurraffo è certamente un vocabolo di origine araba formato da Gur = sotto e dal nome Raffo = gradinata, stanza, scaffale, per altri il nome potrebbe derivare da Giarraf = caraffa che è un manufatto di argilla per contenere acqua.

In realtà osservando la conformazione fisica del villaggio si nota la sua forma oblunga, circoscritta dalle alture rocciose di Bovolito, Scaletta, Sgaderi, Macone, Bonicozzo e Cozzo che espongono la loro crosta aspera e dirupata ad anfiteatro poggiato a declivio sull'impluvio del Salso.

Raffo era comunque un punto obbligato di arrivo o di transito di gente in tutti i tempi.

A sud passava la regia trazzera della Zingara o dei Forestieri, densa di traffici commerciali che probabilmente ripercorreva un antico tracciato romano, considerato i ritrovamenti (pozzo a forma di capanna, in contrada Cozzo Fondaco, e un Sarcofago con lucerna, al bevaio di Pellizzaro) effettuati nella zona.

Raffo è stata anche denominata la Marina di Petralia Soprana  dove infatti svernano le greggi dei monti viciniori.

Essa era composta da tanti quartieri a breve distanza uno dall'altro: Scatozzi, Scarpella, Vizzini, Puma, Piano Vruchi, Ciuli, Cozzo, Lucia, Addauro, Casuzzi, Raffo Sgaderi, Acquamara, Casuzza, Macone, Principato e Bonicozzo.

Bonicozzo è sita a 1010 m. s.l.m. e dista da Petralia Soprana 1147 m., essa è posta nella trazzera selciata di comunicazione tra Raffo e Petralia Soprana.

Da qui lo sguardo può spaziare per valli e per monti fino ad Enna, all'Etna e alle Madonie, di essa si dice che sia stata terra di spiriti e folletti, tanto che il Barone Sabatini per tranquillizzare i passanti notturni fece porre a breve distanza l'una dall'altra una croce di ferro, una pietra scolpita raffigurante le anime del Purgatorio e una pietra raffigurante il Sacramento, simboli questi che testimoniano credenze religiose di una cultura contadina semplice e credente.

Verso sud-est di Raffo si trova la Serra della Zingara dove sorgono delle bianche casette, frutto degli interventi della riforma agraria, poste ad uguale distanza l'una dall'altra, in posizione quasi di vedetta a controllo di un lunghissimo tratto della regia trazzera della Zingara e dei Forestieri, da lì infatti si possono osservare 2 Km. circa di strada che va verso Catania e 6 Km. di trazzera che passa a sud di Raffo per S. Marina, Pellizzara, bivio Trinità, verso Palermo.

Nei pressi sono i resti "U Funnacu", a sinistra del Salso, nei pressi di Raffo e le grotte di "U Cuozzu u funnacu", nei pressi di Pellizzara, luogo di sosta di molta gente, in passato.

Qui vi erano sette Fontanelle (fosse in fila di circa mezzo metro cubo scavate nel terreno) che accoglievano l'acqua potabile di una piccola sorgente del luogo e lo scarico di un pozzo romano (a forma di campana appesa), questo doveva certamente essere punto di refrigerio e di riferimento.

La vicina zona rocciosa di Bovolito era ricca di selvaggina e di grotte e nascondigli per pastori e delinquenti.

Molto probabilmente il nome Serra che indica la zona superiore, spesso pianeggiante delle colline spartiacque, fu aggiunto a quello della Zingara verso la seconda metà dell'800.

Grande rilevanza ha rivestito nello sviluppo socio-economico della zona la presenza anche della Salina, sicuramente sfruttata da sempre, fino a non molti anni fa in modo manuale, oggi invece a livello industriale.

La grande importanza del sale è riconosciuta attraverso la storia, ed è risaputo che il sale, le spezie e l'incenso erano tra le principali necessità economiche del mondo antico.

Il convergere di tante trazzere verso la salina, è un'altra dimostrazione del valore che il minerale ha avuto e certamente avrà sempre.

Il feudo Verdi era diviso in tre parti, di cui una lavorata a grano, una a fave e l'altra ad erba per fieno e pascolo, nella rotazione agraria, al pascolo seguiva la coltura delle fave, alle fave quella del grano, la contemporaneità delle colture assicurava la presenza di tre prodotti fondamentali.

Una parte di terra "u bonificatu" era riservata a piantagioni di olivi, vigne, mandorli e frutti vari.

La terra, comprese le petraie, era assegnata agli inquilini che coltivavano solo la terra ed ai mitatèra che allevavano anche le vacche e le pecore.

Tra i borghi ricordiamo anche Borgo S. Lucia, che prende il nome dalla piccola chiesa che lo genera e che determina l'aggregarsi di unità abitative a schiera, l'origine del borgo è da collegare alla costruzione della chiesa dedicata a S. Lucia avvenuta attorno al 1647, a cui si sono aggiunte, in epoca più tarda le costruzioni ospitanti i contadini del fondo annesso.

Ed ancora il Borgo Miranti, il Borgo Peri, il Borgo Lo Dico che deve la sua quasi integrale modificazione ad una devastante frana, il Borgo Salinella.

Inoltre sono da segnalare anche Villa Sgadari, costruita nella prima metà del XVIII sec. da Don Matteo Sgadari;

le Case Ferracci, una piccola masseria caratterizzata da forme ben controllate, in pietra, arricchita da una raffinata chiesetta collegata alle case da un vialetto, bordato e ritmato da pilastrini in pietra da taglio;

le Case Fiscelli, sebbene non arricchite da particolari raffinati sono di buona fattura, costruite presumibilmente nella prima metà dell'800 e via via ampliate per gemmazione fino alla configurazione attuale, rappresentano la continuità con la tradizione costruttiva, pur nella sapiente conservazione di un vialetto segnato da filari di cipressi.

 

Petralia Sottana

Petralia Sottana, a 1.000 m. di altitudine, esiste come parte integrante di Petralia Soprana a partire dal trecento.

Il centro, lambito dalla Reginale 120 (Termini Imerese - Nicosia) è situato a 111 Km. da Palermo, nella regione orientale delle Madonie, nell'alto bacino del Fiume Imera Meridionale.

La sua storia è assimilabile a quella di Petralia Soprana, ed è la storia della Contea Ventimiliana di Geraci.

Precedente all'attuale centro, un primitivo insediamento arcaico permase, col nome di Petraea, fino al periodo romano di Antonino.

L'attuale centro ha origine attorno al Castello Ruggeriano del 1066, successivamente infeudato ai duchi di Ferrandina.

Il centro si espanse nel settecento con due nuovi quartieri e nel secolo successivo precisamente nel 1840, si staccò da Petralia Soprana per formare comune a sè stante con un vasto territorio sotto il suo controllo, acquisito da gran parte di quello di Petralia Soprana.

L'impianto urbanistico è di tipo medievale, in cui la disposizione dei comparti, per lo più con posti di case a schiera e a blocco, è condizionato dalle accidentalità naturali del sito orografico di giacitura, con fuochi di convergenza intorno alla Matrice e tra il complesso di S. Francesco e la Chiesa di S. Maria la Fontana.

Il centro storico coincide con l'intero centro abitato e mantiene i suoi caratteri di centralità rispetto alle funzioni abitative, civili e commerciali, numerosi sono gli edifici di interesse storico artistico presenti.

Il comune ha economia agricola e zootecnica integrata da forme artigianali e attività estrattive (calcari) ed è sorretta da iniziative turistiche, amministrative e sanitarie.

Le due Petralie sono unite dalla storia e vincolate tra loro non da un rapporto ibrido, ma da forti legami, sebbene la storia di Soprana la pone in posizione, non solo fisica di subordinazione.

Dai documenti risalenti al periodo dei Romani sì può evincere che sia Petralia Soprana che Petralia Sottana avevano di già un loro spessore politico-sociale-economico, ciò lo si può riscontrare anche a Petralia Sottana dall'esistenza di una moneta di bronzo coniata dai Petrini (Petre-in).

Certamente le Petralie subirono il dominio greco, romano e arabo.

Petralia Sottana, nel corso dei secoli, ha cambiato molti nomi: in età greca si chiamò Petrae-polis (Terre dell'abbondanza di pietre che la circondavano), in età romana si chiamò Petra, nel periodo della dominazione araba si chiamò Batraliah.

Successivamente prese il nome di Petralja, Petraglia, quindi Petra steria, poi Petra di Elia, Petra Heliae per i normanni (bolla di Eugenio II) ed infine Petralia.

Petra, sia in greco che in latino, significa pietra e così certamente è stata chiamata per la sua posizione sulla roccia e in un luogo ricco di pietre.

Tra i beni di interesse storico artistico, Petralia Sottana conserva: il Duomo dal portale gotico, ricostruito tra il 1633 e il 1681, la Chiesa di San Francesco, con opere di G. Salerno, la chiesa di S.M. della Fontana o della Vittoria, di gusto ispanizzante, la Chiesa dei Cappuccini, la chiesa della Badia, con icona gaginesca.

Fuori Petralia Sottana e dalla nostra perimetrazione è il Santuario della Madonna dell'Alto del sec. XIV.

Tra le frazioni e località di questo comune ritroviamo: Piano Battaglia (fuori dalla nostra perimetrazione di vincolo), Portella di Recattivo e Recattivo (feudo omonimo) (tav. V)

 

Castellana Sicula

Il centro di Castellana Sicula, raggiungibile dalla S.R. 117, a 103 Km. da Palermo, si presenta morfologicamente di tipo collinare.

La zona è ricca di siti archeologici, nel territorio infatti sono state rinvenute traccie di antiche forme di vita insediata (periodo romano e cristiano).

Il Borgo di origine seicentesco nasce come insediamento dello "ius populandi" e di questa tipologia conserva leggibile l'impianto urbano, accresciutosi nel XIX e XX sec., in maniera modesta, fu una frazione di Petralia Sottana fino al 1947, anno in cui acquistò la sua autonomia.

La sua fondazione è sicuramente da attribuire al Duca di Ferrandina da cui proviene il nome di Castellana, in quanto il Duca sposò Gemma di Castellana di Spagna.

Il suo impianto urbanistico si presenta a trama viaria regolare con ricorsi di tracciati rettilinei e paralleli e comparti ad andamento rettangolare allungato e disposizione modulare ripetitiva in direzione est ovest.

La fascia nord, attraversata dalla statale, presenta aggregazione più diradata, la sacca sud, viceversa, è occupata più fittamente.

Lo stato di conservazione è discreto, il centro conserva i caratteri di integrazione fra spazio costruito e qualità dell'ambiente naturale.

Nel centro di Castellana Sicula, degna di nota è la chiesa Madre, dedicata a San Francesco di Paola.

Il borgo ha economia prevalentemente agricola e zootecnica integrata da forme imprenditoriali di lavorazione dei vari prodotti di settore, da imprese artigianali e da iniziative turistiche di tipo stagionale.

Le borgate hanno origine più antica del centro abitato, Nociazzi, Calcarelli, Catalani, sono insediamenti di origine feudale con preesistenze archeologiche disseminate per i territori delle loro contrade.

I nuclei propulsori di queste borgate conservano ancora le caratteristiche minute architetture murali, gli spazi stretti e le volumetrie fitte e basse.

Sono puntellati da abbeveratoi e lavatoi in pietra che testimoniano una vita sociale collettiva che trasloca di continuo tra ambiente chiuso, privato e spazi aperti, comunitari.

Tra le numerose località interessate alle preesistenze storiche, ricordiamo la contrada Muratore, Passo l'Abide, Margi.

Il borgo di Nociazzi Superiore è un piccolo Borgo di Castellana Sicula abbarbicato deliziosamente su un terreno in forte pendio, distrutto in parte da una frana, ma che riesce ancora a rivelare la bellezza di un borgo madonita (tav. V).

 

Blufi

Blufi, un tempo denominato "Littorio", il più giovane dei comuni della provincia di Palermo eretto a comune il 7 marzo 1972, era anch'esso una frazione di Petralia Sottana.

Il centro è raggiungibile dalla trasversale madonita al bivio omonimo, lungo la strada comunale Vaccarella.

Esso sorge su terreni di argille sabbiose con lenti di salgemma e gesso in cristalli, ha modesta economia agricola e zootecnica integrata dal reddito degli addetti pendolari nel territorio e sorretta dalle rimesse degli emigrati.

Più prossimo al centro di Bompietro che a quello di appartenenza amministrativa, fa parte del sistema pede-montano delle Madonie, costituendone uno degli insediamenti minori emarginati, per lungo tempo il luogo era denominato "malpasso", poi nel 1428 e 1527, compaiono i nomi di Belufi e Balufi e infine nel 1752 Blufi, forse per dire fiume azzurro, in quanto vicino all'Imera.

Ha impianto urbanistico di tipo lineare, aggregativo di posti di casa a schiera, lungo un asse viario di attraversamento del territorio comunale e due modeste sacche edilizie all'inizio e alla fine dell'insediamento, le unità abitative si presentano in genere con fronte verso l'urbano costruito e l'altro fronte verso l'extraurbano della campagna circostante.

Esso è stato per secoli meta di pellegrinaggi, per la presenza del Santuario della Madonna dell'Olio, situato a circa Km. 2 dal centro abitato e che si adagia su una collina a 660 m. di altitudine, in una zona un tempo ricca di oliveti, nella cui pianura scorre il fiume Imera Meridionale e nei pressi del Santuario il torrente dell'Olio.

La sua fama è dovuta alla presenza di un liquido reputato miracoloso, che sgorga dalla Fontana dell'Olio, utilizzato per curare le malattie cutanee, che periodicamente veniva raccolto dai frati e dato ai fedeli.

Il complesso è costituito dalla Chiesa, di stile settecentesco, ma di più antiche origini, al suo fianco un campanile recentemente edificato, in quanto l'originario piccolo artistico campanile era stato colpito da un fulmine.

Davanti la chiesa è un ampio piazzale su cui si aprono il vecchio ed il nuovo convento.

A poca distanza dalla chiesa si trova un piccolo monumentale cimitero e alla base di un'altura, a quota 717 m., dove è situata la Croce, è la Fontana dell'Olio, probabilmente sede di uno dei tempietti sacri a Diana Fatalina.

Nel centro abitato è da rilevare la presenza della Chiesa Madre Cristo Re, risalente alla fine del sec. XIX.

Il territorio di Blufi vide certamente la presenza di differenti popolazioni, perchè anch'essa è ricca di tracce che denunziano più antichi insediamenti umani.

Ci sono infatti indizi che stimolano verso ricerche più approfondite soprattutto di carattere archeologico, in zone precise, come in contrada Reginese.

Esistono, quasi adiacenti al fiume Imera i resti di un ponte in pietra di età romana, come testimonianza dei trascorsi di questo comune, esso è immerso in una lussureggiante vegetazione ripariale, mentre in contrada Marabuto vi è una presunta zona archeologica che desta tutt'oggi interesse e curiosità.

Tra le sue frazioni e località sono: Firrarello e Nero (tav. V).

 

Bompietro

Il centro di Bompietro è raggiungibile dalla A19 (Palermo - Catania) all'uscita per Alimena, a 123 Km. da Palermo, esso sorge sui rilievi delle Madonie nel bacino del Salso.

Il borgo di fondazione feudale del XVIII sec. si accrebbe attorno ad un casale di poco più antico (sec. XVII).

Diveniva comune autonomo nel 1804, poichè fino ad allora era anch'esso Borgata di Petralia Soprana.

La sua formazione risale quindi al 1600, epoca nella quale il rapporto contado-città, istituzionalizzato dalla "ius populandi", era più stretto e i grandi proprietari terrieri attendevano più direttamente alla cura dell'amministrazione delle proprietà, allettati dalla possibile acquisizione di titoli nobiliari, epoca in cui alcuni di essi si interessarono a queste contrade.

Si trattò di un'attenzione determinata dalla salubrità del clima, oltre che dalla mitezza rispetto alle Petralie, il cui clima è molto più rigido durante i periodi invernali.

Questi signorotti si trasferirono in questa conca e attorno alle prime ville sorsero anche case coloniche che, in breve tempo, formarono un villaggio: il villaggio di Buon Pietro, su cui aleggiano numerose leggende.

L'impianto urbanistico si presenta ad aggregazioni irregolari di piccoli comparti fortemente articolati disposti attorno al fulcro centrale della Piazza Matrice e lungo i margini dell'asse mediano di crescita ad andamento curvilineo da ovest a sud, il centro mantiene integri i propri caratteri di centralità abitativa, commerciale e civile, anche nei riguardi delle fasce della recente espansione (a sud ovest del primo nucleo di impianto).

Tra i suoi beni di interesse storico artistico sono da ricordare: la Chiesa Madre e il Palazzo Gangi.

Il comune di Bompietro ha economia agricola e zootecnica retta da attività piccolo-industriali e dalle rimesse dei numerosi emigrati.

Sono frazioni di Bompietro: Locati e Galati.

Locati è un piccolo centro, sede un tempo di un carcere, in un luogo malsano e malarico, bonificato sembra, a poco a poco, dai familiari dei carcerati, che si stabilirono nelle vicinanze di quel carcere.

Tra le sue contrade sono da ricordare: Gangi, Guarraia, Librizzi, Piraino, Purgatorio, Salerina, Segneferi, Sanfilippo (tav. V).

 

Alimena

Il territorio di Alimena, che rientra interamente nella perimetrazione dell'area del vincolo proposto, è lontano dalla capitale e vicinissimo alle province di Enna e di Caltanissetta, esso è raggiungibile dalla A19 (Palermo-Catania) al bivio omonimo, a 120 Km. da Palermo.

Alimena, a 750 m. di altitudine è situata sulle propaggini delle Madonie, in mezzo a sterminate distese di grano, tra il Salso Settentrionale e l'Imera Meridionale.

Il centro di Alimena sorge quindi nella regione sud orientale delle Madonie, in prossimità della Balza di Areddula, sullo spartiacque fra i fiumi suddetti.

Il borgo rurale sorto per ragioni di prestigio feudale legato all'agricoltura, fu fondato nel 1603 ad opera di Pietro Alimena, a seguito della concessione del Re di Spagna Filippo IV, il 21 febbraio 1628 e comprendeva le zone di Portella Nuciforo, San Filippo, il fondo della Mazza e l'antica Imaccara (Garrosia e Bulfara), nel 1628 il successore Antonio ebbe il titolo di Marchese.

Il suo impianto urbanistico, da manuale, si presenta a schema pressocchè regolare, a trama viaria ortogonale e allineamenti lungo un asse principale che termina nel fuoco centrale a ridosso della fiancata est della Chiesa Madre, presenta tagli viari irregolari nelle aree di margine e tessuto edilizio adattato alle acclività del sito di giacitura.

Il centro mantiene tutt'oggi le sue funzioni residenziali e commerciali e presenta i segni di riuso edilizio con scarse sostituzioni, lo stato di conservazione è discreto.

Tra i suoi monumenti più notevoli sono: la Chiesa Madre, che conserva una statua dell'Immacolata di Francesco Sorgi; La Chiesa dell'ex Convento dei PP. Riformati, che conserva un Cristo spirante di autore ignoto del sec. XVII-XVIII, e la Chiesa delle Anime Sante.

Il comune ha modesta economia agricola e zootecnica, con piccole aziende di settore e presenta forte emigrazione.

Nelle sue campagne si producono in particolare, granaglie, mandorle, fave, olive e si producono vini.

Un tempo la zona era molto fertile sia per il clima che per la posizione tra quattro fiumi: Pellizzara, il Salso di Gangi, il Segnaferi e l'Imera Meridionale e per la presenza delle miniere di sale e zolfo.

Tra le sue contrade quella di "Bolfara" ha sicuramente origini più antiche.

Nella contrada "Burgarito", sita in aperta campagna, è una piccola abside costruita su una roccia a strapiombo su un torrente.

Nei pressi del santuario sono situate alcune grotte rupestri di notevole interesse e di altrettanto interesse è la chiesa dedicata a S. Alfonso De' Liguori, a pianta esagonale, che originariamente fu una torre posta a guardia di un territorio amplissimo comprendente, oltre alle propaggini meridionali delle Madonie, anche i monti Erei.

Altre contrade sono: Destri, Chiappara, Garrasia, Vaccarizzo, Celsi (tav. V).

Capitolo III

 

AMBIENTE ANTROPIZZATO

 

ED ASPETTI ETNO-ANTROPOLOGICI

 

Tutte le contrade presenti nell'area, oggetto della proposta di vincolo, sono percorse da innumerevoli sentieri, strade, trazzere e mulattiere e disseminate qua e là spiccano piccole costruzioni realizzate semplicemente in pietra, fattorie, antiche ville, casali, masserie e minuscoli borghi dove si respira un'aria campestre (tav. V).

Tali insediamenti abitativi e le sparse costruzioni, per le loro caratteristiche tipologiche ed il perfetto inserimento nel paesaggio, legano in mirabile sintesi i valori naturali e gli elementi costruiti e testimoniano una presenza dell'uomo in perfetta armonia con il territorio.

Si nota come l'uomo intrattiene con l'ambiente un rapporto che non è soltanto di territorio in cui vive, ma anche quello da cui trae i mezzi per vivere, esso pertanto rappresenta oltre che un quadro naturale anche un quadro di vita.

L'equilibrio tra ambiente naturale e antropizzato in quest'area si è mantenuto fino a che l'economia vigente di tipo agricolo ha imposto all'uomo una limitazione spontanea oltre la quale lo sfruttamento della terra si sarebbe trasmutato in danno.

Due sono gli elementi fondamentali di questa area: l'acqua e la pietra.

L'acqua è indispensabile alla vita domestica e per i campi, quindi, cisterne, lavatoi, abbeveratoi pozzi, fontanelle e pile non possono mancare nelle case rustiche.

L'acqua è anche l'energia dei mulini e, oltre a quelli in seguito elencati, tra i mulini ad acqua era di notevole importanza anche quello sito nel quartiere Scatozzi (disattivato nella seconda metà dell'800 e definitivamente nel 1935 da una frana scesa a V dal monte Bovolito, che riunendosi a valle ha interrotto il flusso d'acqua) ed un altro di fronte alla miniera di salgemma, di essi erano visibili, fino a pochi anni fa, i ruderi in pietra rifinita con la "mazzetta".

La pietra è invece il simbolo della proprietà, il segno tangibile della conquista della natura, ed il fulcro della famiglia.

La casa rurale in pietra si adagia mollemente sul territorio senza farle violenza, anzi collabora con il paesaggio, non sconvolgendo nè alterando il quadro d'insieme, quasi come se essa fosse sempre esistita in quei luoghi, le sue aperture si presentano in genere poche e strette per motivi di clima, di sicurezza, di economia e di spazio.

Le borgate rurali frutto di aggregazione per piccoli nuclei elementari, sono direttamente legate al sistema economico, basato sullo sfruttamento agricolo del territorio.

Numerose sono le contrade presenti in quest'area in cui si ritrovano organismi rurali polifunzionali.

In contrada Guarraia, ad esempio, incontriamo un nucleo di case contadine del sec. XIX - XX, costituito da costruzioni destinate a: residenza, attività agricole, allevamento bestiame.

Il nucleo edilizio si compone di semplici elementi (abitazione, stalla, fienile, pollaio, deposito attrezzi) organicamente giustapposti in relazione agli spazi minimi esterni, acciottolati, necessari al funzionamento dell'intero complesso che si sviluppa a tenaglia attorno al piccolo cortile.

Ogni singola unità si compone di un ambiente, di dimensioni standard di 6,00 x 4,00 m., delimitato dalle quattro mura perimetrali (spesso in comune con altri ambienti) che reggono la copertura a falda semplice in legno, canne e coppi.

Le murature costruttivamente sono caratterizzate dalla cosiddetta "doppia camicia" in cui si distingue un paramento esterno in pietra di natura calcarea, squadrata, dalle faccie perfettamente in aderenza ed un paramento interno costituito da pietrame informe legato da malta di calce mista a pietrisco di fiume e residui di cotto in granulometria fine.

Gli architravi delle aperture sono in legno a vista e gli infissi sempre in legno vengono verniciati per protezione.

Il manto superficiale di coppi, poggia su un sottofondo di canne legate insieme con cordame fino, (filamenti di zabara) secondo linee geometriche ordinate ed allineate, a costituire, nella funzionalità dell'abitazione, una coibentazione naturale.

Prive di documentazioni, le notizie storiche di questi manufatti sono generalmente legate alle vicende feudali ed al susseguirsi delle vicende storiche che hanno interessato l'area rurale dell'estremo versante meridionale delle Madonie, in maniera macroscopica sin dal XVIII sec.

Lo sviluppo demografico ed edilizio che ha caratterizzato e spesso generato le numerose borgate rurali della zona, ne ha mantenuto in pieno la vitalità produttiva fino a qualche decennio addietro.

Il mutarsi del tipo di economia, a cui gli abitanti sono dediti ha determinato il successivo spostamento delle unità lavorative verso grossi centri urbani ed i mutati standards di vita, (condizioni igienico-sanitarie richieste alle abitazioni) ha pure inibito notevolmente lo sviluppo delle borgate ancora oggi abitate, ma solamente nelle unità edilizie più grosse e più comode.

Le unità edilizie più semplici quando non siano crollate, sono utilizzate per il ricovero degli animali, di attrezzi agricoli o come fienile, quelle dirute diventano cave di materiale da costruzione.

Gli interventi architettonici recenti hanno, quasi sempre, carattere di manomissione dei sistemi costruttivi originari.

Questi manufatti sono collocati su declivi alto-collinari, in aree caratterizzate dallo sfruttamento estensivo e seminativo umido-asciutto (cereali e foraggio) con forme sparse di coltura promiscua (seminati, piante da frutto e da foglia).

Nella località di Raffo (Petralia Soprana), le case in genere si affacciavano su uno spazio comune "u ballu" o "bagghiu" (baglio), quasi a ferro di cavallo; l'acqua era convogliata a valle da una canaletta di circa un metro di larghezza, le pietre adoperate nelle costruzioni erano blocchi di tufo calcareo di formazione terziaria, di colore bianco giallastro, molto duro, cementati "ccu issu d'a carcara".

Quasi sempre le case erano composte o da un solo vano terra con al centro "u cufularu" (fossa scavata nel pavimento, rivestita di gesso e senza camino centrale, dove accendere la paglia per riscaldarsi in inverno, oppure da un piano terra (stalla, cantina, deposito attrezzi) e dal primo piano al quale si accedeva con una scala esterna anche a due rampe, più i pianerottoli (ànnati).

Il piano di abitazione era in genere composto da una stanza principale multiuso (granaio, sala da pranzo, etc.) e da un cucinino "ccu cufuni" di pietra sul quale si poggiavano le pentole di terracotta o la padella di ferro, o dalla "tannura", cucina a legna murata in cui venivano inserite le pentole di rame.

L'approvvigionamento d'acqua avveniva a spalla con i cosiddetti "bummila e lanceddi", o con animali carichi di "cufina" (ceste a forma di campana ove si mettevano i contenitori).

Nella zona di Raffo le fontane più frequentate erano quelle di S. Marina, Addauro, le fontane di Masi e Salaci e quella di Cicuta.

Caratteristicamente queste case presentavano, ove possibile, le aperture rivolte verso sud per permettere una migliore illuminazione e un migliore riscaldamento.

Il frazionamento delle proprietà fondiarie dovuto alle concessioni enfiteutiche a partire dalla seconda metà del sec. XIX e la divisione delle terre dopo i patti agrari e le lotte contadine qui vissute attivamente, hanno sottolineato la tendenza, nella popolazione rurale della zona presa in esame, ad abbandonare i grossi comuni montani, per insediarsi nei pressi delle terre da coltivare, in aggregati edilizi e borgate che hanno poi caratterizzato il paesaggio dei rialzi montuosi tra i fiumi Imera e Salso.

Lungo le strade, le trazzere, i viottoli si incontrano, di tanto in tanto, tabernacoli rustici, spesso in pietra con immagini scolpite.

Molte di queste edicole votive sono, a volte, munite di grate, esse sono meta di pellegrinaggi e a volte vengono innalzate in segno di ringraziamento per grazie ricevute.

Sono anche questi simboli puntuali sul territorio, pietre miliari, dove si soffermavano e ancor oggi si soffermano i contadini quando si avviavano al lavoro e al ritorno da esso.

Anche le masserie presenti o di cui rimangono i resti testimoniano un'attività agricola e pastorale prevalentemente dedita al frumento e all'allevamento delle pecore.

Particolare importanza rivestono anche i Palmenti, locali adibiti alla spremitura delle uve e successive fasi della lavorazione del vino, essi si presentano in genere come due ampie vasche di diversa profondità collegate tra loro in cui si pigia l'uva e si raccoglie il mosto.

 

Allegato A al Capitolo III

 

Si riportano qui di seguito gli elenchi dei beni di interesse etno-antropologico forniti dalla sezione etno-antropologica di questa Soprintendenza, per i quali detta sezione si è attivata a fine di effettuarne una verifica.

Le schede conoscitive relative ai singoli beni sono state redatte dalla cooperativa Agritour.

 

PALMENTI

 

1) Bene: Palmento.

Località: Fasanò.

Datazione: 1920.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: La struttura è in pietra a faccia vista, successivamente fu rivestito con malta cementizia, è costituito da una vasca (Pitatura) e dalla tina.

 

2) Bene: Palmento.

Località: Fasanò.

Datazione: 1950.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Il portone d'ingresso del Palmento, originariamente in legno, è stato sostituito con una saracinesca, le finestre sono invece rimaste allo stato originario, vi si trova una vasca rettangolare dove veniva pigiata l'uva, un'altra vasca più piccola serviva a raccogliere il mosto dove rimaneva 24 ore, prima di essere travasato nelle botti.

La vasca più ampia ha dimensioni 3,10 x 3,20 x 0,30 h., quella più piccola 2,83 x 1,90 x 1,25 h.

 

3) Bene: Palmento "Ramusa".

Località: Verdi, nel centro della borgata.

Datazione: 1930-36.

Proprietà: Privata.

Centri storici: Il Palmento si trova all'interno di un casolare. E' formato da due vasche comunicanti tramite una canaletta e vi è anche un torchio.

 

4) Bene: Palmento.

Località: Raffo, contrada Macuni.

Datazione: 1876.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova all'interno di una casa rurale oggi in disuso.

 

5) Bene: Palmento.

Località: Cipampini, via Massimo D'Azeglio (all'interno della borgata).

Datazione: metà '800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: La struttura è in conci di pietra squadrata e malta aerea (calce), fu fatto costruire da Vittorio Sabatino.

 

6) Bene: Palmento.

Località: Cipampini, nel centro abitato.

Datazione: 1889.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: La struttura è in pietra intagliata ed è rivestita da calce e cemento. Fu fatta costruire dal signor Sabatino Biagio.

 

7) Bene: Palmento.

Località: Girarello, in aperta campagna.

Datazione: 1700-1800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: La piattaforma del palmento è in pietra, di forma circolare, di 1,20 m. di diametro.

 

POZZI

 

1) Bene: Pozzo "Ragonese".

Località: Fasanò, in aperta campagna.

Datazione: 1940.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Il pozzo è in pietra a faccia vista, di forma circolare e a forma di ampolla, circondato da aste di ferro.

 

2) Bene: Pozzo

Località Fasanò, contrada Saccù, in aperta campagna.

Datazione: 1750 circa.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Il pozzo è realizzato in conci di pietra squadrata a secco, di forma circolare ricoperta da lastre di pietra in disuso.

 

3) Bene: Pozzo.

Località: Saccù, in aperta campagna.

Datazione: 1750.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Ha una forma circolare, è in disuso, ed è situato vicino ad una sorgente con accanto una pila per il bucato.

 

4) Bene: Pozzo.

Località: Saccù, via Montenero - via Canalotto.

Datazione: 1700.

Cenni storici: E' situato all'interno del centro abitato, presenta una struttura in pietra non squadrata, a forma cupoliforme, con apertura rettangolare.

 

5) Bene: Pozzo.

Località: Verdi.

Datazione: 1900.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova in aperta campagna, è di forma circolare, rivestito con malta cementizia.

 

6) Bene: Pozzo.

Località: Verdi.

Datazione: 1790.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova in aperta campagna, la parte incassata è costituita da pietre scolpite, la parte sottostante in pietre di tufo poste a forma circolare con una piccola apertura.

 

7) Bene: Pozzo.

Località: Verdi.

Datazione: 1790.

Cenni storici: Si trova in aperta campagna, "u stagnuni" è in pietra, nella parte frontale rettangolare c'è uno sportello in ferro ed accanto vi è uno scivo ricavato da una sola pietra, era la sorgente del bevaio che si trova nel centro della frazione. Anticamente dal pozzo si attingeva l'acqua che veniva versata nello scivo antistante per l'abbeveraggio degli animali.

 

8) Bene: Pozzo "Barnissa"

Località: Bonicozzo.

Datazione: 1882.

Proprietà: Privata.

Centri storici: Si trova all'interno della villa baronale, è di forma circolare, costruito in pietre murate con malta cementizia, coperto con pietre murate a forma di mezza cupola, apertura a forma rettangolare con a sinistra uno scivo a mezza luna ricavato in una sola pietra. Il pozzo apparteneva alla baronessa Sabatini, oggi è in disuso, ristrutturato e conservato come elemento caratteristico della villa.

 

9) Bene: Pozzo.

Località: San Giovanni.

Datazione: 1985.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova nel centro abitato di fronte l'unica chiesa, è realizzato in conci di pietra circolare, è situato all'esterno della villa ed è stato costruito per l'irrigazione delle piante. Ha un diametro di 1,10 x 2,10 di altezza.

 

10) Bene: Pozzo "A Funtana".

Località: Salinella.

Datazione: 1960.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova nel centro abitato, è di forma rettangolare con pietre grossolanamente squadrate legate con gesso, oggi in disuso.

 

11) Bene: Pozzo.

Località: Salinella.

Datazione: 1970.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Si trova nel centro abitato, è di forma circolare, con apertura rettangolare.

 

12) Bene: Pozzo.

Località: Serra di Lio.

Datazione: 1800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova in aperta campagna, è in pietra con apertura rettangolare.

 

13) Bene: Pozzo.

Località: Cipampini.

Datazione: 1700.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Si trova nella parte bassa della borgata, ha forma quadrata con la parte superiore a forma di cono, in pietra regolare, dà l'acqua a due bevai vicini (uno privato, l'altro comunale), nelle vicinanze c'erano due fontane ("Funtanazza" e "Pasqualiddi", la cui acqua è oggi inquinata.

 

14) Bene: Pozzo.

Località: Sabatino, contrada Cassaloro.

Datazione: 1800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: In aperta campagna, in pietra a forma cilindrica, oggi in disuso.

 

15) Bene: Pozzo.

Località: Gioiotti.

Datazione: 1800.

Proprietà: privata.

Cenni storici: Nel centro abitato, in pietra squadrata, con sabbia e gesso, oggi in disuso.

 

16) Bene: Pozzo.

Località: Gioiotti.

Datazione: 1903.

Proprietà: privata.

Centri storici: Centro abitato, è in pietra squadrata, la parte superiore è aperta per favorire l'accumulo di acqua piovana, oggi in disuso.

 

17) Bene: Pozzo "Casini"

Località: Pianello contrada Cascini.

Datazione: 1920.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Il pozzo è sito in una sorgente naturale, ha forma irregolare, in pietra, in disuso, l'acqua veniva incanalata in una gibbia.

 

18) Bene: Pozzo "Casceni"

Località: Pianello contrada Cascini.

Datazione: 1970.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: In aperta campagna, in disuso, attualmente l'acqua del pozzo alimenta un bevaio sottostante.

 

19) Bene. Pozzo.

Località: Pellizzara.

Datazione: 1800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Nel centro abitato, oggi in disuso.

 

BEVAI

 

1) Bene: Bevaio.

Località: Fasanò.

Datazione: 1923.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: La forma definitiva è del 1981.

 

2) Bene: Bevaio di Paola.

Località: Fasanò contrada Pozzillo.

Datazione: Circa cento anni fa.

Proprietà: Privata.

Cenni Storici: Presenta i cannoli in pietra scolpita in altorilievo, adoperato per l'irrigazione e uso potabile.

 

3) Bene: Bevaio.

Località: Fasanò, contrada Pozzillo.

Datazione: 1912.

Proprietà: privata.

Cenni storici: E' costituito da uno scivo ed una vasca collegati con canaletta.

 

4) Bene: Bevaio.

Località: Fasanò, contrada Saccù.

Datazione: 1860.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Ha forma rettangolare, è ancora attivo.

 

5) Bene: Bevaio.

Località: Saccù.

Datazione: 1956.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Si trova a valle della borgata.

 

6) Bene: Bevaio.

Località: Saccù.

Datazione: 1800 c.

Proprietà: privata.

Cenni storici: Costituita da due vasche una quadrata ed una rettangolare.

 

7) Bene: Bevaio.

Località: Verdi.

Datazione: 1960.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Caratteristico per la forma costituita da tre scivi ricavati in pietra dove l'acqua fluisce tramite feritoie.

 

8) Bene: Bevaio.

Località: Verdi.

Datazione: 1960.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Adoperato per l'irrigazione e l'abbeveraggio, l'acqua proviene dalla contrada Vaccarizzo.

 

9) Bene: Bevaio.

Località: Borgo Verdi.

Datazione: 1955.

Proprietà: ESA.

Cenni storici: E' realizzato in pietra con due vasche di altezza differenziata, più alta per le mucche, più bassa per gli ovini.

 

10) Bene: Bevaio.

Località: Verde, contrada Praino.

Datazione: 1921.

Proprietà: privata.

 

11) Bene: Bevaio Scifa.

Località: Verdi.

Datazione: oltre 100 anni

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Costituita da quattro vasche (scivi) rettangolari.

 

12) Bene: Bevaio.

Località: Borgo Pala.

Datazione: 1790.

Proprietà: comunale.

 

13) Bene: Bevaio.

Località: Borgo Pala.

Datazione: 1960.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: In cemento con due vasche per l'abbeveraggio e l'irrigazione.

 

14) Bene: Bevaio.

Località: Salaci (vicino la chiesa).

Datazione: 1950.

Proprietà: comunale.

 

15) Bene: Bevaio Cerami.

Località: Salaci (Quartiere Cerami).

Datazione: 1950.

Proprietà: Comunale.

 

16) Bene: Bevaio Chiano Salaci.

Località: Salaci.

Datazione: 1946.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costruito nel periodo della riforma agraria, usato per l'abbeveraggio degli animali.

 

17) Bene: Fontana a timpa.

Località: Salaci

Datazione: metà '700.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Oggi in disuso, era usata per l'abbeveraggio degli animali e per usi domestici.

 

18) Bene: Bevaio Gennaro.

Località: Salaci.

Datazione: 1965.

Proprietà: comunale.

 

19) Bene: Bevaio "Chiano Vruchi"

Località: Raffo.

Datazione: 1955.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: E' costituito da uno scivo e da un bevaio.

 

20) Bene: Bevaio "Gran Signora".

Località: Raffo.

Datazione: 1977.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da una vasca rettangolare, l'acqua proviene dalla sorgente Vaccarizzo. Intorno al 1950/52 era situato accanto alla chiesa.

 

21) Bene: Bevaio Ciuli.

Località: Raffo.

Datazione: 1952.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da un bevaio e da uno scivo.

 

22) Bene: Bevaio Sgadari.

Località: Raffo, contrada Sgadari.

Datazione: 1700.

Proprietà: Privata.

 

23) Bene: Bevaio.

Località: Raffo contrada Macuni.

Datazione: 1800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Costituito da un bevaio e da uno scivo.

 

24) Bene: Bevaio "a Valle"

Località: Raffo.

Datazione: 1981.

Proprietà: Comunale.

 

25) Bene: Scivi "Vucca a buffa"

Località: Raffo, contrada Acquamara.

Datazione: Risalente a circa 300 anni fa.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Usata per l'abbeveraggio degli animali.

 

26) Bene: Bevaio.

Località: Raffo, contrada Casuzza.

Datazione: 1950.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da un bevaio e da uno scivo.

 

27) Bene: Bevaio "Vizzini"

Località: Raffo.

Datazione: 1953 ristrutturata nel 1987.

Proprietà: Comunale.

 

28) Bene: Scivo.

Località: Raffo, contrada Raffo, contrada Lucia.

Datazione: 1879.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: In aperta campagna a forma semicircolare con pietra triangolare frontale, dove fuoriesce il cannolo per l'acqua.

 

29) Bene: Bevaio "o cannuolu".

Località: Raffo.

Datazione: Anni '50.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Situata più su del vecchio mulino della miniera vicino la fontana.

 

30) Bene: Bevaio.

Località: Raffo, contrada Lucia.

Datazione: 1878.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da due scivi.

 

31) Bene: Bevaio "Acqua mara".

Località: Raffo.

Datazione: 1945.

Cenni storici: Sito nel centro abitato.

 

32) Bene: Bevaio "Papassi".

Località: S. Giovanni, contrada Papassi.

Datazione: 1886.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Apparteneva alla Marchesa Pottino.

 

33) Bene: Bevaio "U cuozzu".

Località: S. Giovanni.

Datazione: 1956.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Sito nel centro della borgata, è costituito da una vasca e da uno scivo.

 

34) Bene: Bevaio.

Località: Salinella.

Datazione: 1972.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da una vasca rettangolare e da uno scivo.

 

35) Bene: Scivo e Mulino.

Località: Giaia.

Datazione: Ha circa 100 anni.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: In pietra scolpita a forma circolare, usato per l'abbeveraggio dei cavalli.

 

36) Bene: Bevaio.

Località: Cipampini.

Datazione: 1789 ricostruito nel 1971.

Proprietà: Comunale.

 

37) Bene: Bevaio "Gragano".

Località: Cipampini, contrada Gragano.

Datazione: 1760.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Il bevaio è interrato ed emerge solo il cannolo, presenta un buco nella pietra per legare gli animali.

 

38) Bene: Bevaio.

Località: Sabatini.

Datazione: 1930.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Ricavato da una sola pietra scolpita con un lato rotondeggiante.

 

39) Bene: Scivi.

Località: Cipampini, contrada Don Bosco.

Datazione: 1789.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Si trova in aperta campagna, sono in numero di tre, scolpiti in un'unica pietra, collegate da canalette, il primo a forma circolare, gli altri due rettangolari, la fontana è sita nelle vicinanze delle grotte della contrada Don Bobo, usate come rifugio durante la guerra.

 

40) Bene: Bevaio "Funtanedda".

Località: Girarello.

Datazione: 1872.

Proprietà: Comunale.

 

41) Bene Bevaio.

Località: Girarello.

Datazione: 1970.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Presenta una fronte triangolare e riquadro riportante la data di costruzione.

 

42) Bene: Bevaio.

Località: Girarello.

Datazione: 1935.

Proprietà: Comunale.

 

43) Bene: Bevaio.

Località: Pianello.

Datazione: 1973.

Proprietà: Privata.

 

44) Bene: Bevaio.

Località: Gioitti.

Datazione: 1940.

Proprietà: Comunale.

 

45) Bene: Bevaio.

Località: Pianello, contrada Cascini.

Datazione: 1980.

Proprietà: Privato.

 

46) Bene: Bevaio.

Località: Pianello.

Datazione: 1920.

Proprietà: comunale.

Ceni storici: realizzato in cemento su un preesistente bevaio usato dai primi abitanti della borgata Arsi.

 

47) Bene: Bevaio "Zà Annorfa".

Località: Pianello, contrada Casceni.

Datazione: 1930.

Proprietà: Privata.

 

48) Bene: Bevaio Gioiotti.

Località: Pianello, contrada Gioiotti.

Datazione: 1920.

Proprietà: comunale.

 

49) Bene: Bevaio.

Località: Scarcini.

Datazione: 1934.

Proprietà: Comunale.

 

50) Bene: Bevaio "S. Marina".

Datazione: 1868.

Proprietà: Privato.

Cenni storici: Della baronessa Messineo, è costituito da due vasche di cui quella più piccola usata come lavatoio.

 

51) Bene: Bevaio.

Località: Pellizzara, quartiere Scelfo.

Datazione: 1954.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Costituito da uno scivo a mezza luna ricavato da una sola pietra.

 

52) Bene: Bevaio.

Località: Pira.

Datazione: 1945.

Proprietà: comunale.

Cenni Storici: Alimentato dalla sorgente Tre Fontane.

 

53) Bene: Bevaio "Pira".

Località: Pira

Datazione: inizio '900.

Cenni storici: Usato per le mandrie.

 

54) Bene: Bevaio.

Località: Fiumicello.

Datazione: 1911.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Presenta una cornice ottagonale riportante lo stemma e la data finemente scolpite, con cannoli decorati.

 

55) Bene: Bevaio.

Località: S. Caterina, contrada Miranti.

Datazione: del 1884 ristrutturato nel 1952.

Proprietà: Comunale.

 

MULINI

 

1) Bene: Mulino.

Località: Saccù.

Datazione: Metà dell'800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: E' sito a valle del centro abitato, lungo il corso del fiume, attualmente è in parte diroccato, caratteristico è l'arco dove era situato la ruota in legno, che azionava il mulino.

 

2) Bene: Mulino "Casuzza".

Località: Raffo.

Datazione: 1750.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: si trova in aperta campagna, è un rudere in pietra, destinato alla macinazione del grano.

 

3) Bene: Mulino.

Località: Raffo.

Datazione: 1° impianto del 1974 - 2° impianto del 1960.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Realizzato in legno, con meccanismi in ferro, destinato alla macinazione del grano.

 

AZIENDE AGRICOLE

 

1) Azienda agricola, con stalle e mangiatoie.

Località: Pianello, contrada Pianello basso.

Datazione: 1930.

Proprietà: privata.

 

2) Azienda agricola, per allevamento ovini

Località: Pianello, contrada Stretti.

Datazione: 1960.

Proprietà: Privata.

 

3) Azienda agricola.

Località: Saccù sita nel centro abitato.

Datazione: 1985.

Proprietà: Privata.

 

BORGHI

 

1) Borgo Pala (alloggi per contadini).

Località: Borgo Pala in aperta campagna.

Datazione: 1949.

Cenni storici: Alloggi in muratura costruiti e assegnati assieme alle terre nel periodo della riforma agraria.

 

2) Borgo Mativitti.

Località: Cipampini, contrada Mativitti.

Datazione: 1700 c.

Cenni storici: sito in aperta campagna, inizialmente abitato dalla famiglia Sabatino, poi molti abitanti del borgo si trasferirono a Bompietro.

 

3) Borgo Arsi.

Località: Pianello.

Datazione: 1800.

Cenni storici: Precedentemente a monte di esso esistevano due borghi più piccoli: "Pauliddi" e "S. Michele", oggi inesistenti. Il borgo si chiamò Arsi a causa forse di un incendio, all'interno esistevano diversi cortili (balli) che servivano da ingresso a più famiglie.

 

CASE NOBILIARI

 

1) Bene: Casa Ragonese.

Località: Fasanò.

Datazione: Risalente a circa 100 anni fa.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: E' costruita in pietra, a tre piani, con tetto a falde, inferriate in ferro battuto del 1900/1910, era l'abitazione estiva degli Ragonesi.

 

2) Bene: Casa nobiliare della Baronessa Sabatini Carolina.

Località: S. Giovanni.

Datazione: 1797.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Apparteneva alla Baronessa Sabatini Carolina che la donò alla figlia sposatasi con il signor Cataliotti.

 

3) Bene: Casa nobiliare (Villa Messineo).

Località: S. Marina.

Datazione: primi del '900.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Costruita dal Barone Pottino Ernesto.

 

4) Bene: Casa nobiliare "Villa Lucietta".

Località: Serradama.

Datazione: Primi dell'800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Fatta costruire dal cav. Castrogiovanni dedicandola alla sorella Lucietta.

 

CASE RURALI

 

1) Bene: Casa rurale.

Località: Salici.

Datazione: 1800 circa.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Fatta costruire dalla famiglia Intrabartolo.

 

2) Bene: Casa rurale Macuni.

Località: Raffo.

Datazione: 1700

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Fatta costruire dal medico signor Gennaro.

 

3) Bene: Casa rurale Sgadari.

Località: Raffo.

Datazione: 1700.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: in origine costituita da abitazione, stalle, chiesa e palmento di cui esistono i ruderi.

 

EDICOLE VOTIVE

 

1) Bene: Edicola votiva.

Località: Fasanò.

Datazione: 1955.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Sita nel centro abitato, all'interno di una villetta, vi è posizionata la statua della Madonna di Fatima.

 

2) Bene: Edicola Maria SS. della Consolazione.

Località: Fasanò.

Datazione: 1959.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: E' sita all'interno del centro abitato, ha forma circolare su base di quattro colonne.

 

3) Bene: Edicola "San Giuseppe".

Località: Borgo Verdi.

Datazione: 1952

Proprietà: privata.

Cenni storici: E' sita all'interno del borgo, ha forma prismatica con tetto a falde.

 

4) Bene: Edicola Madonna di Fatima.

Località: Verdi.

Datazione: 1850.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Fu costruita perchè la borgata è priva di chiese.

 

5) Bene: Edicola votiva.

Località: Verdi.

Datazzione: 1954.

Proprietà: comunale.

Cenni storici: Ha la forma di parallelepipedo.

 

6) Bene: Edicola "S. Gemma Galgani".

Località: Raffo.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: E' situata nel centro abitato ed è posta in un muro.

 

7) Bene: Edicola "Madonna Immacolata".

Località: Raffo, contrada Acquamara.

Datazione: 1986.

Proprietà: Privata.

 

8) Bene: Edicola SS. Croce.

Località: Raffo.

Datazione: 1700.

Proprietà: Comunale.

 

9) Bene: Edicola SS. Sacramento.

Località: Raffo.

Datazione: 1959.

Proprietà: Comunale.

Cenni storici: Ha forma di parallelepipedo terminante a forma tronco conica, in pietra scolpita.

 

10) Bene: Edicola S.M. Carmelina.

Località: Raffo.

Datazione: 1970.

Proprietà: Comunale.

 

11) Bene: Edicola "Bedda Matiri".

Località: Raffo.

Datazione: fine 1700.

Proprietà: Comunale.

 

12) Bene: Edicola del Crocifisso.

Località: Raffo.

Datazione: 1979.

Proprietà: Privata.

 

13) Bene: Edicola S. Giuseppe.

Località: Raffo.

Datazione: 1960 rifatta nel 1990.

Proprietà: Privata.

 

14) Bene: Edicola Spirito Santo.

Località: Salinella.

Datazione: 1900.

Proprietà: Comunale.

 

15) Bene: Edicola "A Madonna".

Località: Salinella.

Datazione: 1950.

Proprietà: Privata.

 

16) Bene: Edicola San Giuseppe

Località: Cipampini.

Datazione: 1870.

Proprietà: Comunale.

 

17) Bene: Edicola San Giuseppe.

Località: Cipampini, contrada Sabatini.

Datazione: 1975.

Proprietà: Privata.

 

18) Bene: Edicola "Sacra Famiglia".

Località: Cipampini.

Datazione: 1926.

Proprietà: Privata.

 

19) Bene: Edicola San Giuseppe (rudere).

Località: Girarello.

Datazione: 1800.

Proprietà: Comunale.

 

20) Bene: Edicola SS. Sacramento.

Località: Pianello, contrada Stretti.

Datazione: Primi '800.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: E' in pietra scolpita ed è sita nel centro abitato.

 

21) Bene: Edicola Madonna della Lume.

Località: Stretti Pianello.

Datazione: 1880.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: Sita nel centro abitato.

 

22) Bene: Edicola Gesù Maria e Giuseppe.

Località: Pianello, contrada SS. Trinità.

Datazione: 1880.

Proprietà: Privata.

Cenni storici: sita nel centro abitato.

 

23) Bene: Edicola Madonna di Fatima.

Località: Mirandi.

Datazione: Recente.

 

CHIESE

 

1) Bene: Chiesa del Carmelo.

Località: Fasanò - Q.re Serra.

Datazione: 1981 su impianto primo '900.

Proprietà: Comunale.

 

2) Bene: Chiesa SS. Trinità.

Località: SS. Trinità.

Datazione: 1790.

Proprietà: Parrocchia SS. Trinità.

 

3) Bene: Chiesa M. SS. del Rosario di Tagliavia.

Località: Saccù.

Datazione: 1927.

Proprietà: Privata.

 

4) Bene: Chiesa Madonna della Scala.

Località: Salaci.

Datazione: Primo '800.

Proprietà: Parrocchia.

 

5) Bene: Chiesa Sacro Cuore di Gesù.

Località: Salaci.

Datazione: 1912

Proprietà: Parrocchia.

 

6) Bene: Chiesa Madonna Addolorata.

Località: Raffo.

Datazione: Ristrutturata nel 1980.

Proprietà: Parrocchia.

 

7) Bene: Chiesa Madonna del Ponte.

Località: Raffo.

Datazione: 1950.

Proprietà: Comunale.

 

8) Bene: Chiesa S. Rita.

Località: S. Giovanni, in aperta campagna.

Datazione: 1948.

Proprietà: Privata.

 

9) Bene: Chiesa S. Giovanni.

Località: S. Giovanni.

Datazione: 1991.

Proprietà: Comunale.

 

10) Bene: Chiesa S. Giuseppe.

Località: Salinella.

Datazione: 1900.

Proprietà: Privata.

 

11) Bene: Chiesa S. Giuseppe.

Località: Cipampini.

Datazione: 1988.

Proprietà: Comunale.

 

12) Bene: Chiesa SS. della Catena.

Località: Pianello.

Datazione: 1850.

Proprietà: Parrocchia.

 

13) Bene: Chiesa Nascaredda.

Località: Madonnuzza, contrada Nascaredda.

Datazione: 1900.

Proprietà: Privata.

 

14) Bene: Chiesa Madonna delle Grazie.

Località: Bivio Madonnuzza.

Datazione: 1930.

Proprietà: Privata.

 

15) Bene: Chiesa SS. Addolorata.

Località: S. Caterina.

Datazione: 1964.

Proprietà: Comunale.

 

16) Bene: Monastero di Saccù (diroccato).

Località: Saccù.

Datazione: 1800.

Proprietà: Privato.

 

24) Bene: Sacramento.

Località: Bonicozzo.

Datazione: 1987.

Proprietà: Comunale.

25) Bene: Croce Bonicozzo.

Località: Bonicozzo.

Datazione: 1935.

Proprietà: Comunale.

 

Capitolo IV

 

SITI ARCHEOLOGICI

 

L'area delimitata nella proposta di vincolo e quella circostante è disseminata di siti archeologici che testimoniano la presenza dell'uomo, in questa zona, in epoche molto remote (tav. VII).

In particolare sono da menzionare, anche se alcuni siti sono al di fuori dalla nostra perimetrazione le seguenti località:

 

Castellana Sicula

- in contrada Zara-Zarotta (17), fuori dalla nostra perimetrazione, sono state rinvenute tombe a lastroni del II-I sec. a.C.;

- in località Ponte Grande, al limite della perimetrazione, affiora invece, una colonna probabilmente del periodo romano (per questa zona si dovrebbe procedere a scavi più attenti);

- in località Cozzo Re (15) ed in quella di Rotola Vecchia (19) si trovano insediamenti archeologici indiziati e in particolare nella località Rotolo Vecchia sono stati recuperati grossi pithoi (grandi; giare per la conservazione dell'olio);

- in località Verde Muratore-Calcarelli (16), fuori dalla nostra perimetrazione è stato rinvenuto un insediamento romano con tracce di necropoli;

- in località Cozzo Morto (18) sono state rinvenute tombe a lastroni del periodo romano tardoantico;

- a Villa Padura sono stati rinvenuti pigiatoi scavati nella roccia, il tutto a dimostrazione che nella tarda antichità la zona era abitata.

 

Petralia Sottana

- in contrada Maimone Cozzo Celsi (1) è stato rinvenuto un insediamento indigeno ellenizzato e delle tombe a camera;

- in località Cipampini (2) è stato ritrovato un insediamento rupestre tardo antico alto-medievale;

- in contrada San Filippo (3), molto prossimo a Bompietro, è stato ritrovato un insediamento preistorico;

- al di fuori della perimetrazione proposta si trova anche la Grotta del Vecchiuzzo (20), di importante interesse preistorico, sita sul versante orientale della Rocca delle Balate, al centro di una vecchia cava di gesso, scoperta ed esplorata nel 1936.

 

Bompietro

- nella Balza di Areddula (9), già sottoposto a vincolo ai sensi della legge n. 1089/39, è stato rinvenuto un insediamento indigeno di età arcaica ellenizzato durante il secolo VI a.C., con reperti del IV secolo e ritrovamenti di età punica, e una necropoli ellenica, è stata rinvenuta ceramica corinzia;

- nella contrada Re Giovanni è stato invece rinvenuto un insediamento preistorico e medievale;

-  in contrada Alburchia (21) è stato rinvenuto un centro abitato di età greco romana;

- nell'area Sangallo o Gangallo.

 

Alimena

Nel territorio di Alimena sono stati rinvenuti resti di precedenti urbanizzazioni di età arcaica (rinvenimenti corinzi), da rimarcare sono le presenze dei seguenti siti archeologici:

- vicinale Balza (8) ove è stato rinvenuto un insediamento rurale di età arcaica - classica;

- contrada Macco (7) in cui è stato messo in luce un insediamento età arcaico- classica;

- contrada Destri (10) ove sono state ritrovate delle tombe a lastre ellenistiche;

- case Vaccarizzo (11) ove sono state scoperte grotte e tombe e ipogei;

- Serra Burgarito (5) con ritrovamenti dell'età del bronzo e del ferro;

- cozzo Celsa (6) con ritrovamenti dell'età del bronzo e tombe a grotticella;

- contrada Cannatello (12) con ritrovamenti dell'età del bronzo e dell'età classica (già vincolato);

- mulino Garrasia (13) XVII - XVIII;

- contrada Terravecchia (14).

 

Blufi

- contrada Marabuto (4) presunta zona archeologica.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Vito Amico - "Dizionario Topografico della Sicilia". Traduzioni e annotazioni di G. Di Marzo - Palermo 1853.

Nicotra - "Dizionario illustrato dei comuni Siciliani" - Soc. Ed. del dizionario dei comuni siciliani - Palermo 1909.

Domenico Portera - I comuni della provincia di Palermo.

Ente Parco delle Madonie - "Nel parco, la storia, la terra, le leggi, gli itinerari" - 1992.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Alimena.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Blufi.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Bompietro.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Castellana Sicula.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Geraci Siculo.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Petralia Soprana.

Scheda C.S.U. di Catalogo comune di Petralia Sottana.

Scheda A di Catalogo - Case contadine, contrada Guarraia - Bompietro.

Giorgio Valussi - "La casa rurale nella Sicilia occidentale" - Firenze 1968, vol. 24, pagg.125 e seg.

La provincia di Palermo - Guida Turistica - Istituto geografico De Agostini.

Comune di Petralia Soprana - "Petralia Soprana, Cenni Storici" - Grafiche Renna S.p.A. - Palermo.

Giuseppe La Placa - "Un mondo che scompare, Nel bacino dell'alto Salso" - Edizione a cura del comune di Petralia Soprana.

Guido Macaluso - "Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte" - Edizione a cura del comune di Petralia Soprana - Palermo 1986.

Francesco Ferruzza Sabatini - "Cenni storici su Petralia Soprana" - Arti Grafiche S. Pezzino e F. - Palermo 1983.

 

I componenti della Commissione ultimato l'esame e la verifica delle predette relazioni e cartografie determinano all'unanimità di apporre il vincolo paesaggistico sul territorio dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Petralia Soprana ai sensi della legge n. 1497/39 secondo il perimetro indicato nelle succitate relazioni così come descritto nell'allegata cartografia.

La seduta viene dichiarata chiusa alle ore 18,30.

Il presidente della commissione: Di Stefano

Componenti: Giuffrè: Inzerillo

Membro aggregato: Garofalo

Segretario: Camillo