DECRETO 1 aprile 1998
G.U.R.S. 23 maggio 1998, n.
26
ASSESSORATO
DEI BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI
E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Dichiarazione di notevole
interesse pubblico di un'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle
Madonie, ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula,
Petralia Soprana e Petralia Sottana.
L'ASSESSORE
PER I BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI
E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE
Visto lo Statuto della
Regione;
Visto il D.P.R 30 agosto
1975, n. 637;
Visto il T.U. delle leggi
sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione Siciliana,
approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70;
Vista la legge regionale 1
agosto 1977, n. 80;
Vista la legge regionale 7
novembre 1980, n. 116;
Vista la legge 29 giugno
1939, n. 1497;
Visto il R.D. 3 giugno 1940,
n. 1357;
Visto il D.P.R 805/75;
Vista la legge 8 agosto
1985, n. 431;
Visto il decreto n. 5436 del
20 marzo 1995, con il quale è stata ricostituita per il quadriennio 1995-99 la
commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di
Palermo;
Visto il verbale della
seduta del 27 giugno 1996, nella quale la commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo ha individuato come area di
notevole interesse paesaggistico ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, nn. 3
e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, una porzione di territorio a ridosso
della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente tra i fiumi Imera
Meridionale e Salso e comprendente i comuni di Alimena, Blufi, Bompietro,
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana;
Accertato che detto verbale
è stato pubblicato all'albo pretorio dei comuni di Alimena dall'8 luglio 1996
all'8 ottobre 1996; Blufi dal 10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Bompietro dal
10 luglio 1996 al 10 ottobre 1996; Castellana Sicula dal 9 luglio 1996 al 9
ottobre 1996; Petralia Soprana dal 9 luglio 1996 al 9 ottobre 1996; Petralia
Sottana dal 5 luglio 1996 al 3 ottobre 1996;
Considerato che con decreto
n. 1489 del 9 novembre 1989, è stato istituito, ai sensi della legge regionale
n. 6 maggio 1981, n. 98, e della legge regionale 9 agosto 1988, n. 14, il
"Parco regionale naturale delle Madonie";
Considerato che con decreto
n. 2272 del 17 maggio 1989 è stata vincolata, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4
della legge 29 giugno 1939, n. 1497, l'area delle Madonie compresa tra i fiumi
Imera e Pollina;
Considerato che con decreto
n. 5479 del 6 marzo 1996 è stata ugualmente dichiarata di notevole interesse
paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39, l'area limitrofa a sud-ovest al
Parco delle Madonie ricadente nei comuni di Caltavuturo, Castellana Sicula,
Petralia Sottana e Polizzi Generosa;
Considerato che l'area in
esame presenta emergenze naturali, paesaggistiche e floro-faunistiche di
eccezionale rilievo e che, pertanto, essa rimane assoggettata alle disposizioni
di cui all'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
Ritenuto che l'anzidetta
proposta assolve la funzione di uniformare dal punto di vista della tutela
ambientale territori aventi caratteristiche ambientali equivalenti, il cui
interesse pubblico paesaggistico viene dichiarato con modalità identiche.
In particolare, si intende
assicurare adeguata tutela a un ambiente naturale compatto ed omogeneo, che
ingloba gli interi territori comunali di Alimena, Blufi e Bompietro per intero
e parte dei comprensori di Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia
Sottana, dichiarando il pubblico interesse ai sensi della legge 29 giugno 1939,
n. 1497 della porzione di territorio adiacente al Parco delle Madonie, non
ancora aggredita da cospicui fenomeni di cementificazione, peraltro ben
possibili, che, se incontrollati determinerebbero un'irreparabile alterazione
dell'aspetto originario dei luoghi;
Ritenute oltremodo congrue
le motivazioni della proposta di vincolo, che comprende un'area che include il
limite sud orientale della provincia di Palermo, lungo il confine con le
provincie di Caltanissetta ed Enna.
In particolare, la
delimitazione del territorio in argomento, partendo da Castellana Sicula,
percorre in senso orario una linea ideale che si distacca per 300 m. a valle
della SS 120 e che coincide in parte con il confine della zona vincolata ai
sensi della legge n. 1497/39 con il citato decreto n. 2272/89. La
perimetrazione procede sino all'intersezione con il confine comunale di Geraci
Siculo al Km. 72 della S.S. 120 per seguire, quindi, il confine comunale che
separa Petralia Soprana da Geraci Siculo fino a quota 881, Petralia Soprana da
Gangi fino a quota 798, Alimena da Gangi fino a quota 831, e infine la frazione
di Petralia Soprana da Gangi, fino ad intersecare il confine provinciale di
Enna. Prosegue ancora lungo il confine provinciale che separa la frazione di
Petralia Soprana da Enna fino a quota 362, e da qui fino ad incrociare il
confine provinciale di Caltanissetta a quota 346, nei pressi della masseria
Ficuzza; quindi corre lungo il confine tra la provincia di Caltanissetta e il
comune di Alimena fino a raggiungere il confine tra Petralia Soprana e
Caltanissetta.
All'altezza di Portella
dell'Inferno la perimetrazione dell'area in questione abbandona il confine
provinciale di Caltanissetta e procede seguendo il tracciato della strada che
attraversa il territorio di Petralia Sottana per giungere in contrada Portella
del Morto, al confine tra Resuttano e Petralia Sottana; prosegue poi fino al
vallone San Giorgio a quota 506 e, risalito questo vallone lungo il corso del
torrente Avanella, interseca la S.S. 120 all'altezza della sorgente Frazucchi
nel territorio di Castellana Sicula fino a ricongiungersi con il punto di
partenza;
Considerato che la suddetta
perimetrazione corrisponde alle valli dell'Alto Salso e dell'Imera, le quali
rappresentano un unicum, non soltanto dal punto di vista geomorfologico, ma
anche da quello storico-antropologico: tangibilmente, infatti, le creste
montuose che chiudono i valloni dell'Imera Meridionale e del Salso hanno
conferito a detti territori uno sviluppo unitario, che nei secoli si è
connotato per la compattezza del tessuto sociale.
Il paesaggio è
caratterizzato dai rilievi delle Madonie meridionali, che degradano dolcemente
verso il Mare Mediterraneo: esso si manifesta in una sequenza di suggestivi
quadri naturali, godibili dalle sommità delle colline e dai numerosi percorsi
che, districandosi da un vallone all'altro, consentono di apprezzare l'amenità
dei luoghi. Si propongono allo sguardo fonti d'acqua, torrenti e fiumi, mentre
una vegetazione varia e differenziata in dipendenza delle altimetrie, degli
ecosistemi, della vicinanza ai borghi e ai nuclei abitativi (tamerici,
frassini, giunchi, rovi, querce, etc.), sia in forma spontanea che nei coltivi,
lascia percepire la vitalità di questo ambiente agreste, dove rimangono
tangibili i trascorsi eventi storici e temporali.
Sull'Imera, nel territorio
comunale di Castellana Sicula, sorgono le borgate storiche di Calcarelli,
Nociazzi e Catalani, nonché una fitta catena di mulini ed abbeveratoi che
origina un'immagine di acqua continuamente filtrante e rotante sul territorio,
caduta giù dagli alti rilievi che lo chiudono a nord per scorrere nella
profonda valle dove i borghi si susseguono in una maglia invisibile di
antropizzazione diffusa.
Analogamente, ad est, si
apre a ventaglio sul Salso la corona montuosa da dove esso scaturisce,
arabescata di contrade e nuclei abitati direttamente legati allo scorrere del
fiume, che è il motivo conduttore della vita di queste comunità.
La viabilità interna è
costituita in massima parte da una rete secondaria di strade e trazzere che
collegano le numerosissime frazioni, contrade, borgate e case sparse per tutta
l'estensione del territorio.
Il paesaggio,
prevalentemente agricolo, è caratterizzato da colture di tipo cerealicolo ed in
particolare fave, frumento e foraggi; diffuso è l'allevamento di ovini, suini e
bovini, sia nelle forme di grosse mandrie, che nella conduzione di aziende di
tipo familiare.
La valle ha con l'altopiano
un rapporto antico, che si apprezza nel perdurare della transumanza, quando,
nella stagione delle "restucce", i vaccari delle valli ormai brulle
si trasferiscono con le loro mandrie nelle valli più alte e più umide, dove
l'erba assicura un buon pascolo. La spazialità dei campi, frazionati in un
vasto mosaico le cui tessere corrispondono alle varie proprietà, viene
accentrata dalla grande luminosità irradiata puntualmente e il cui cromatismo
muta con il susseguirsi delle stagioni; così che le campagne si mostrano con un
vivace colore porpora a maggio quando la pianta del fieno (sulla) è fiorita,
per poi assumere un luminosissimo giallo oro nel periodo estivo, quando i campi
sono ricchi di messi, e quindi svelare il colore della terra, disegnata dai
solchi degli aratri dopo il raccolto, infine i campi si colorano di verde
quando sono ricoperti di erba e ricomincia il ciclo stagionale della crescita
del grano.
Il territorio preso in esame
nella proposta di vincolo paesaggistico è racchiuso tra l'Imera Meridionale ed
il Salso (Acqua Amara), i quali, riunendosi, si chiudono ad imbuto e delimitano
due ampie vallate aventi caratteri omogenei e che possono essere considerate
come l'impluvio delle cime madonite: esse costituiscono un'entità naturale,
antropologica, storica, economica e sociale difficilmente scorporabile e
scientificamente inscindibile.
Il fiume Salso, un tempo
ricco di anguille, è lungo 144 Km.; esso nasce dalle Madonie, presso Portella
dei Bifolchi a circa 1350 mt. di altitudine, con il nome di Fiume di Petralia,
attraversa con un corso tortuoso la Piana di Licata e sfocia nel Mediterraneo a
sud di Licata. Oltre ad essere il limite amministrativo di comuni e province,
il Salso è sempre stato ed è ancora l'elemento geografico di confine tra la
Sicilia, orientale e l'occidentale.
Il suo nome deriva dai
terreni ricchi di salgemma in cui il fiume si addentra prima di giungere alle
coste meridionali; esso era quindi la "via del sale" per le carovane
arabe che seguendo il percorso del fiume lungo le trazzere parallele, andavano
a rifornirsi nelle miniere di salgemma, e attraversato Raffo, punto obbligato
di passaggio e di ristoro, giungevano dal "Passo della lettiga"
nell'antichissima località detta "Pirina", oggi forse identificabile
con la borgata di "Pira". Gli arabi hanno qui lasciato molte tracce
della loro cultura come si può riscontrare nei manufatti, ma anche nel modo di
vestire dei contadini, nel linguaggio, nel riserbo e nella sottomissione della
donna all'uomo, nel modo di usare lo scialle e di pettinarsi, nei lamenti, nei
canti e negli stessi nomi imposti alle terre dove essi si soffermavano.
Prima ancora, il fiume Salso
era stato l'autostrada percorsa dai mercanti di ossidiana prima e dai Greci
poi, che ne fecero uno dei principali strumenti per la loro penetrazione; e, in
epoca più recente, anche i normanni, gli angioini e gli aragonesi hanno
lasciato tangibili testimonianze del loro passaggio.
In particolare, si possono
cogliere evidenti impronte della civiltà aragonese a Salici, a Addauro e a
Principato (Petralia Soprana): lì antiche residenze nobiliari in pietra con
cipressi posti quasi a loro sentinella, qui balconi con splendide inferriate in
ferro battuto e fiori di ferro agli angoli.
Il Salso costituisce la
massima emergenza paesaggistica dell'area presa in considerazione, cui fanno da
sfondo naturale le alte e incombenti vette delle Madonie, che, con le loro
candide cime innevate, creano nel periodo invernale uno straordinario e
suggestivo scenario in conflitto con i verdissimi pascoli delle valli.
La zona delimitata, oltre ad
avere una notevole importanza dal punto di vista paesaggistico e naturalistico,
anche per la presenza delle numerose balze che la caratterizzano, presenta
numerose altre valenze di tipo architettonico e archeologico: sono infatti
presenti numerosi siti archeologici, in parte evidenziati ed in parte ancora in
fase di studio, specialmente nella zona più a sud, nel territorio di Alimena.
Rilevante è inoltre l'interesse antropologico del territorio, soprattutto per
la massiccia presenza di borgate e di case sparse, caratteristiche semplici
abitazioni in pietra che fanno parte integrante di un territorio nel quale
sembrano esistere da sempre.
Fanno parte del paesaggio
anche i numerosi pozzi scavati nei campi e ricoperti in pietra ed i cumuli di
pietre che denunziano la presenza continua dell'uomo che strappa alle zolle
ogni centimetro per rendere la terra produttiva e trarne sostentamento, senza
però alterare l'aspetto dei luoghi, così che il paesaggio, pur mutando
continuamente, sembra sempre rimanere lo stesso, sereno e silente.
Anche i rapporti sociali ed
economici rimangono legati strettamente alla fisicità della valle, che diviene
"piazza", luogo d'incontro e di scambio, di rapporti interpersonali
che si concretizzano nello spostamento da una contrada all'altra per la
conduzione dei propri poderi, nel susseguirsi delle feste di borgata, a cui
partecipano in massa tutte le altre, nella fitta rete di matrimoni che legano a
catena un borgo con un altro e via di seguito fino a chiudere la maglia, così
che ognuno sente come proprio l'intero territorio della valle. Gli stretti
rapporti e scambi esistenti tra i vari centri, borghi e frazioni vengono
istituzionalizzati appunto mediante i matrimoni, che tessono nel territorio una
fitta rete di relazioni derivanti dagli interessi sorti per la cura dei poderi
ereditati altrove e divenuti propri nella percezione visuale.
Tutte le antiche borgate
avevano con il loro centro un rapporto di stile medievale: la parte dominante
della società era accentrata nel paese, mentre i ceti più poveri, erano
relegati nelle borgate in un rapporto di distinzione di qualità dei rapporti
sociali.
La classe nobiliare ha
legato storicamente a sé quella contadina in un rapporto apparentemente
egualitario, ma di tipo funzionale, concedendo la possibilità di edificare e di
potere fruire, anche in quantità minima, dei prodotti della terra.
E' questo, quindi, un
ambiente naturale in cui affiorano le caratteristiche di una antica cultura
contadina che, attivamente presente, mostra la sua laboriosità, la solidarietà,
la generosità, la semplicità e le buone maniere, il rispetto per le persone,
per le cose e per la natura, la condivisione dei sentimenti di gioia e di
dolore, caratteristiche queste che la rapida trasformazione sociale, avvenuta
in tempi relativamente recenti, tende a sopprimere e relegare al ruolo di
arretratezza.
La valle del Salso e
dell'Imera presenta inconfutabilmente un paesaggio luminoso e gradevole,
fortemente caratterizzato e differenziato da altre zone brulle dell'entroterra
siciliano: spazi e luci, vuoti e presenza umana, tracciano una mappa che il
tempo non ha ancora modificato, grazie anche alla distanza e all'isolamento
rispetto ad aree fortemente antropizzate e degradate.
Questo territorio merita,
pertanto, un intervento di salvaguardia e tutela per il mantenimento di un'oasi
naturale contrapposta al degrado generalizzato che minaccia inesorabilmente la
storia, la tradizione e la cultura dei luoghi; tutela che tuttavia non deve
risolversi nell'acritica ibernazione di tutto quanto il tempo e la storia hanno
lasciato come loro testimonianza e di tutto quanto la naturale trasformazione
ha determinato nella formazione della valle.
Scopo di questa, così come
di ogni altra azione di salvaguardia ambientale, è principalmente quello di
prevenire l'eventuale dilagare di costruzioni prive di qualità architettoniche,
incompatibili con il notevole interesse paesaggistico del contesto ambientale
perché non corrispondenti alle caratteristiche originali dei materiali, alle
tecniche costruttive e alla cultura tradizionale dei luoghi, che tuttavia
certamente e inevitabilmente subiranno delle trasformazioni per mano dell'uomo.
La futura trasformazione
dell'ambiente dovrà quindi essere programmata, regolata e controllata in
maniera congrua, evitando che le testimonianze storiche e le bellezze naturali
possano subire quelle manomissioni irreversibili che hanno investito tante
parti del territorio siciliano e in particolare, proprio i margini
settentrionali, nei pressi del bivio Madonnuzza. Da qui, infatti, un
insediamento dichiarato produttivo ha cominciato a dilagare nelle valli
sottostanti, continuando a riproporre tipologie estranee al contesto e
architettonicamente squalificate; e altre aree di espansione, seppure
caratterizzate da volumetrie di proporzioni ridotte rispetto a quelle della
sella di Madonnuzza, emergono purtroppo nel territorio sia per i materiali
adottati che per il modo di rapportarsi coi nuclei storici preesistenti: si
pensi all'espansione di Fasanò verso la valle di Saccù oppure ai recenti
insediamenti periferici di Alimena.
Alcuni interventi
costruttivi estranei alla cultura dei luoghi trovano ragione d'essere nella
necessità di adeguare i vecchi fabbricati alle attuali esigenze funzionali e
statiche: ma ciò sovente si traduce in opere del tutto inadeguate alla realtà
del territorio. I paramenti murari vengono così sistematicamente sottoposti
all'introduzione lacerante di cordoli in cemento armato di sopraelevazioni e di
ampliamenti improntati alla massima approssimazione costruttiva, con l'effetto
di squalificare i centri abitati, privati delle loro caratteristiche
originarie;
Viste le opposizioni
ritualmente avanzate avverso la suddetta proposta, e precisamente:
1) opposizione avanzata
dall'ing. Giuseppe Marino, nella qualità di presidente e legale rappresentante
della Soc. cons. a.r.l. diga di Blufi, che, con atto datato 4 ottobre 1996,
premesso di essere affidataria dei lavori di costruzione della c.d. diga di
Blufi e quindi legittimata a proporre opposizione avverso la proposta di
vincolo paesaggistico di tale località, rileva il travisamento dei fatti in cui
sarebbe incorsa la commissione proponente: essa infatti non ha considerato che,
dall'inizio del 1991, è stato impiantato il cantiere per la costruzione della
c.d. diga di Blufi, opere rilevantissime, che sono immediatamente visibili e
che daranno vita, a seguito della costruzione della diga a una radicale
modificazione dell'asta dell'Imera Meridionale, da Mulino Oliva sino alla
confluenza del torrente Maimone, che verrà coperta dall'invaso.
La proposta è carente anche
riguardo alle cave dalle quali è prevista l'estrazione del materiale necessario
per la formazione dello sbarramento: viene infatti indicata solo quella in
località Cozzo Celsi, in territorio di Petralia Sottana, mentre non sono
menzionate altre cave dalle quali bisognerà approvvigionarsi del materiale per
la diga;
2) opposizione avanzata con
nota n. 4373 datata 4 ottobre 1996 dal sindaco di Blufi, il quale, premessa una
ricostruzione delle competenze e delle funzioni esercitate nella Regione
Siciliana in materia di tutela dell'ambiente, rileva che rimane ancora incompresa,
anche a causa della frammentazione dei poteri, la "filosofia" dei
beni culturali e ambientali, dalla cui gestione rimangono incomprensibilmente
esclusi gli enti locali.
In particolare, la
contestata proposta, che ha comportato il vincolo paesaggistico sull'intero
territorio blufese senza alcun contatto preliminare con l'amministrazione
comunale, sarebbe oltremodo lesiva degli interessi delle comunità interessate.
Risulterebbe infatti
soggetto alle misure di salvaguardia della legge n. 1497/39 l'intero abitato di
Blufi, privo in realtà di qualsiasi valore estetico o tradizionale, e comunque
già oggetto di specifica considerazione da parte dell'amministrazione comunale,
la quale, se consultata, sarebbe stata in grado di collaborare alla definizione
delle aree meritevoli di tutela.
Queste, per il comune di
Blufi, coinciderebbero con le zone territoriali omogenee "E" - verde
agricolo, nonché con l'area circostante il complesso monumentale santuario
Madonna dell'Olio, da proteggere come preminente emergenza architettonica e
storico-religiosa delle Madonie.
Da rigettare è invece la
proposta di tutela ai sensi della legge n. 1497/39 dell'intero territorio
comunale, dalla quale debbono essere stralciate quelle aree degli agglomerati
urbani costituenti le zone territoriali omogenee, come delimitate nelle
previsioni dello strumento urbanistico ai sensi del D.M. n. 1444/68, in
conformità a, quanto del resto disposto dal secondo comma dell'art. 1 della
legge n. 431/85.
Il comune di Blufi, che
chiede di essere sentito e di collaborare alla ridefinizione del perimetro del
vincolo, fa presente di potere introdurre nelle norme di attuazione dello
strumento urbanistico norme d'uso e di valorizzazione ambientale idonee a
assicurare, in sede di rilascio della concessione ad edificare, il rispetto
delle valenze paesaggistiche presenti nelle aree considerate;
3) osservazioni avanzate con
nota n. 17380 del 4 ottobre 1996 dal prof. Vincenzo Liguori, nella qualità di
commissario straordinario pro-tempore dell'Ente acquedotti siciliano, detentore
per il demanio della Regione Siciliana dei siti occorrenti alla realizzazione
della diga e del serbatoio di Blufi.
L'E.A.S. ha in avanzato
corso di esecuzione la realizzazione del sistema acquedottistico di Blufi,
interventi assai rilevanti e complessi.
In particolare, la
costruzione della diga di Blufi è stata dichiarata opera di pubblica utilità
urgente ed indifferibile con decreto lavori pubblici 29 marzo 1989, n. 360/6;
la diga e l'acquedotto di Blufi sono stati dichiarati dalla Giunta regionale
con delibera 9 agosto 1994, n. 369 opera strategica e priva di alternative per
l'alimentazione idropotabile di una zona critica della Sicilia.
In questa veste, l'ente
rileva preliminarmente che la commissione che ha formulato la proposta di
vincolo risulta irregolarmente costituita, perché di essa dovevano far parte,
ai sensi dell'art. 2 della legge n. 1497/39, i sindaci dei comuni interessati,
nonché i rappresentanti di particolari categorie professionali, soggetti
istituzionali della cui presenza non vi è traccia nei verbali della presenza né
di questi soggetti istituzionali, con la conseguente nullità della proposta
adottata da tale organo.
Gli elementi del territorio
da vincolare, così come elencati nelle relazioni allegate alla proposta
contestata, non coincidono con quelli previsti dall'art. 1 della legge n.
1497/39: infatti, i beni archeologici e paleontologici sono tutelati dalla
legge n. 1089/39, e così pure i bagli storici e i beni di interesse storico e
artistico; mentre la geomorfologia e la idrografia sono protette dalla
normativa sulla difesa del suolo, contenuta nella legge 18 maggio 1989, n. 183,
che non attribuisce alcuna funzione alla commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche.
Anche la tutela geoambientale,
sulla quale si diffonde la proposta contestata, sembra esulare dalle funzioni
della protezione del paesaggio: in ogni caso, la descrizione dell'attività
estrattiva assunta dalla commissione non corrisponde alla realtà dei fatti ed è
quindi paradigmatica dell'inattendibilità degli accertamenti su cui si fonda la
proposta di vincolo, la cui motivazione risulterebbe quindi retorica, ricca di
argomenti tecnico-scientifici, che però non coincidono con gli elementi di
notevole interesse pubblico richiesti dalla legge n. 1497/39 per l'apposizione
di un vincolo di tutela.
La relazione risulterebbe
tra l'altro quanto mai svincolata dallo stato dei luoghi: essa esalta la
organizzazione arcadica della vita sociale ed economica all'interno della
valle, ma tace della presenza dell'autostrada A19 che attraversa il territorio
che si vuole tutelare e tace parimenti della disoccupazione, che avrebbe
raggiunto valori superiori al 50% della forza lavoro.
Il vincolo, insieme alla
disposizione contenuta nella legge regionale n. 24/91, che vieta il rilascio di
autorizzazioni a cavare in siti ove è apposto il vincolo della legge n.
1497/39, renderebbe ineseguibile il completamento dell'acquedotto e della diga
di Blufi e l'apertura delle cave occorrenti per la sua costruzione, opera di
interesse generale, dichiarata di pubblica utilità e urgenza. Il pubblico
interesse affermato dalla proposta si porrebbe così in aperta contraddizione
con quello, altrettanto rilevante, all'esecuzione di tale importante
infrastruttura dichiarata di valore strategico dal Governo regionale; e ciò in
aperto dispregio dell'art. 13 della legge n. 1497/39;
4) opposizione avanzata dal
sindaco di Bompietro con nota n. 5519 datata 7 ottobre 1996.
L'opponente rileva che tutti
i comuni delle Madonie sono stati già interessati dal vastissimo vincolo
pesaggistico precedentemente adottato e, in larga parte, essi sono ricompresi
all'interno del Parco delle Madonie; i vincoli della c.d. legge Galasso e
quelli urbanistici di protezione delle coste dei boschi concorrono a definire
un vasto quadro di divieti, ai quali sia aggiunge la proposta di vincolo
contestata, che, inopinatamente, contraddicendo il precedente vincolo
paesistico delle Madonie, comprende anche il territorio di Bompietro.
La proposta di vincolo non corrisponderebbe
ad alcun particolare carattere di pregio del paesaggio, spopolato da
un'emigrazione massiccia, frutto della depressione dell'economia rurale, che
mal può sopportare i costi indotti dalla tutela paesaggistica ai limitati, ma
pur sempre necessari, interventi edilizi.
Il comune opponente osserva
quindi che il vincolo d'insieme di cui al decreto assessoriale del 17 maggio
1989 aveva espressamente escluso un'isola formata dai territori dei comuni di
Blufi, Bompietro, Alimena e dalle contigue cimose di terreni marginali di
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Sottana; in tal modo veniva espresso,
sostanzialmente, un giudizio di non esteticità di tali territori, che, al
contrario vengano adesso dichiarati di pubblico interesse paesaggistico senza che
la commissione abbia ritenuto di fornire un'ampia e dettagliata motivazione dei
motivi di questa inversione di tendenza, decisamente contraddittoria e illogica
rispetto agli atti precedenti.
La relazione storico-tecnica
posta a fondamento della proposta, se illustrare i vari lineamenti del
territorio, non dà conto delle modalità attraverso le quali il vincolo intende
incidere positivamente su tali elementi di pregio, che la proposta si limita
quindi a elencare.
Resta ad esempio inspiegato
in che modo il vincolo paesaggistico possa incidere su un territorio che viene
descritto in stato di diffuso dissesto, situazione questa che giustificherebbe
l'intervento del competente ufficio del Genio civile, ma che rende viziata per
sviamento di potere una proposta di vincolo così motivata.
Le due cave in esercizio,
evocate nella relazione come concause del dissesto geologico, non giustificano
la proposta di vincolo, perché la Soprintendenza sarebbe potuta intervenire
comunque, anche senza apporre un vincolo di bellezza d'insieme, per arginare i
dissesti creati da quelle attività estrattive (artt. 8 e 11 della legge n.
1497/39).
La citata relazione sarebbe
poi carente di una scheda dalla quale poteva evincersi la critica realtà
socio-economica del territorio da vincolare e, in particolare, l'assenza di una
concreta attività edilizia o industriale e, quindi, l'insussistenza di
possibili manomissioni del territorio agricolo.
Sotto questo profilo, la
proposta di vincolo comporterebbe limiti esiziali alle attività economiche, che
necessitano invece di incentivazioni e sostegni;
5) osservazioni avanzate dal
sindaco di Alimena, che, con nota n. 6238 datata 7 ottobre 1996, ripete e
ribadisce quanto rappresentato dal sindaco del comune di Bompietro;
6) opposizione avanzata dal sindaco
di Petralia Soprana, che, con nota n. 10482 datata 4 ottobre 1996, afferma che
l'apposizione di un vincolo indiscriminato su tutto il territorio si
risolverebbe nell'istituzione di un centro di potere assolutamente sterile, e,
riteniamo senza alcuna valenza di efficacia.
Secondo l'opponente,
infatti, le comunità madonite sono le migliori garanti della conservazione del
loro territorio, nel quale non si sono mai riscontrati grandi fenomeni di
abusivismo; al contrario, sono state le grandi infrastrutture, realizzate dallo
Stato o dalla Regione, ad arrecare danni gravissimi al paesaggio, ai quali
nessun vincolo è mai stato in condizione di porre argine o rimedio.
In realtà, l'indiscriminato
vincolo paesaggistico sarebbe quanto mai penalizzante per l'economia locale,
incentiverebbe l'esodo che ha colpito la comunità di Petralia, che perde circa
70 residenti l'anno, e soprattutto costituirebbe una grave lesione dei poteri
della amministrazione locale, delegata per legge alla pianificazione
territoriale: infatti la Soprintendenza diverrebbe la pianificatrice
dell'assetto territoriale comunale, mortificando con ritardi, pastoie e
vessazioni le popolazioni madonite.
Viste le controdeduzioni
della Soprintendenza di Palermo, prodotte con la nota n. 962 del 25 luglio
1997, dove tra l'altro è cenno di alcune istanze miranti alla salvaguardia
paesaggistica o monumentale del territorio in argomento, e precisamente:
- nota prot. n. 264 del 25
ottobre 1993 del comune di Blufi, contenente la richiesta di apporre un vincolo
ai sensi della legge n. 1089/39 sull'area in cui ricade il complesso monastico
della Madonna dell'Olio;
- nota del 21 settembre
1993, con la quale l'associazione culturale Nuciforo di Alimena ha richiesto di
apporre un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39 su una
porzione del territorio di Alimena a ridosso del centro abitato, e successivi
solleciti della stessa associazione;
- nota prot. n. 2711 del 2
marzo 1994, con la quale il comune di Castellana Sicula ha richiesto
l'apposizione del vincolo paesaggistico di cui alla legge n. 1497/39 su una
porzione del territorio del suddetto comune che non era stata inglobata nel
vincolo di cui al decreto n. 1489 del 9 novembre 1989;
Accertato che per la
definizione della proposta di vincolo i tecnici della Soprintendenza hanno
effettuato diversi sopralluoghi e acquisito molteplici studi del territorio,
miranti alla conoscenza dei diversi aspetti del territorio, considerato dal
punto di vista geomorfologico, naturalistico, etnoantropologico, storico-artistico
e archeologico. Anche i componenti della commissione per la protezione delle
bellezze naturali hanno effettuato una ricognizione dell'area da vincolare;
Ritenute infondate le
argomentazioni e le censure alla proposta di vincolo palesate nelle suesposte
opposizioni e osservazioni.
In particolare si rileva
che:
A) come ebbe modo di
osservare la Corte costituzionale con la nota decisione n. 15 del 1968, i
provvedimenti dichiarativi del pubblico interesse paesaggistico di una data
area non hanno natura espropriativa, perché rientrano tra gli atti con i quali
la pubblica amministrazione, accertata una qualità insita in un determinato
bene, che preesiste all'insorgere di qualsiasi pretesa giuridica sullo stesso,
ne fa' discendere le conseguenze previste dall'ordinamento, che ha posto la
protezione del paesaggio tra i principi fondamentali della Costituzione.
E le conseguenze del vincolo
si risolvono, per legge, nella subordinazione degli interventi che possono
modificare l'aspetto dei luoghi al preventivo nulla osta dell'autorità
sovraordinata: non si tratta quindi di un divieto assoluto di edificazione, ma
di un vincolo di controllo, che in linea di principio non impedisce la
realizzazione di nessun tipo di progettualità, fermo restando che gli interventi
sottoposti al parere della Sovraintendenza dovranno rispettare la qualità del
paesaggio protetto, secondo quanto espresso dalle motivazioni della proposta di
vincolo.
Nessun divieto impedisce,
per le stesse ragioni, la prosecuzione delle opere e delle attività
legittimamente intraprese prima dell'entrata in vigore del vincolo, siano esse
di rilevante interesse pubblico o meno.
Ne discende che la
circostanza che la descrizione del paesaggio effettuata nella proposta avanzata
dalla Commissione non abbia adeguatamente considerato l'esistenza del cantiere
di una grande opera infrastrutturale e di tutte le cave esistenti, attive o
meno, non incide affatto sulla congruità e legittimità della proposta medesima.
Essa infatti costituisce uno
strumento di analisi e di salvaguardia dei valori paesistici del territorio,
che sussistono comunque, anche con la pur incombente presenza dell'invaso in
fase di realizzazione e con la negativa incidenza di pesanti detrattori
ambientali quali le cave esercite, che la proposta di vincolo non manca
peraltro di sottolineare.
Essa, in particolare, dà
conto dell'esistenza della cava in locali Cannatello Garrasia, autorizzata ai
sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 127/80, previo parere favorevole
rilasciato nel 1994 dalla Soprintendenza, e di recente in attività; di quella
in località Serra S. Filippo, anch'essa a suo tempo regolarmente autorizzata ai
sensi della legge regionale n. 127/80, ma da poco fuori esercizio; e infine
della cava di sabbia da utilizzare per la costruzione della diga, ricadente in
località Cozzo Gelsi ed esercita dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l., che è
stata autorizzata dalla Soprintendenza, ai sensi dell'art. 9 della legge
regionale n. 127/80, con parere del 1994 e risulta in attività.
Altri progetti di
coltivazione di cava, ricadenti nella valle dell'Imera e del Salso, sono stati
a suo tempo rigettati dalla Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di
Palermo, e in particolare quello destinato a incidere in località Fasanò nel
comune di Petralia Soprana, predisposto dalla diga di Blufi soc. cons. a r.l. e
rigettato dalla Soprintendenza ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n.
127/80, con parere del 1991; e la cava prevista dalla diga di Blufi soc. cons.
a r.l. in località Balza Areddula nei comuni di Alimena e Bompietro, sulla
quale la Soprintendenza si è espressa negativamente con parere del 1993. In
sede di elaborazione della proposta di vincolo non si è tenuto conto di questi
progetti, che non sono stati approvati, e neppure dell'intendimento frattanto
manifestato dalla società diga di Blufi di aprire una cava di conglomerati in
località Cozzo Serre Rosse nel comune di Castellana Sicula.
Non si sono parimenti
considerate le attività estrattive esercitate abusivamente, e comunque senza il
prescritto parere vincolante della Soprintendenza, tra le quali rileva quella
ricadente in località Salaci. Al di là del riferimento ai vari progetti
approvati o respinti, la pesante incidenza dell'attività estrattiva sul
delicato assetto paesistico e geologico della valle è compiutamente valutata
nella proposta di vincolo, che, in particolare, rileva come "le cave
producono" inevitabilmente, effetti dequalificanti sull'ambiente; gli
scavi spesso realizzati nella più assoluta noncuranza del valore estetico del
paesaggio, deturpano versanti ben visibili". E' da ritenersi che il
sopraggiungere del vincolo non mancherà di introdurre migliori forme di
controllo tanto sulle cave in esercizio quanto su quelle non attive. E' noto, a
questo riguardo, che la legge regionale n. 24/91 impedisce l'apertura di nuovi
fronti di cava in aree dichiarate di interesse paesaggistico, fino
all'approvazione del piano regionale dei materiali di cave, la cui
predisposizione quella legge voleva presumibilmente sollecitare.
E' evidente peraltro che la
potestà di dichiarare il notevole interesse pubblico del paesaggio di una
determinata area non è e non può essere impedita né dal perdurante ritardo
nella redazione del piano delle cave, né dalle conseguenze che ciò determina
sulle attività estrattive, né, infine, dal collegamento tra l'apertura di nuove
cave impedita dalla legge regionale n. 24/91 e la realizzazione della diga di
Blufi.
Non sfugge la complessità di
questo progetto, approvato nel 1987 dal C.T.A.R. ai sensi dell'art. 19 della legge
regionale n. 21/85, la cui esecuzione, dichiarata di rilevante pubblico
interesse, è rimasta peraltro a lungo sospesa, né tanto meno l'incidenza sul
paesaggio dell'opera ultimata: ma gli opponenti non spiegano perché la
preesistenza del cantiere di un'opera pubblica debba escludere l'adozione di
misure di salvaguardia di quell'ambiente, esigenza che da questa e altre
concomitanti situazioni riesce anzi rafforzata: una precedente situazione di
degrado è stata infatti ritenuta (Cons. St. VI, 13 febbraio 1976, n. 87, Cons.
St., VI, 11 giugno 1990, n. 600) circostanza che legittima, piuttosto che
escludere, l'adozione di provvedimenti atti a porre fine a quella situazione di
degrado (opposizioni sub 1 e 3);
B) la tutela paesistica del
territorio regionale è espressamente conferita all'Assessorato dei beni
culturali, mentre la disciplina urbanistica rimane nelle attribuzioni comunali.
Questo assunto scaturisce
dall'esame delle disposizioni di legge intervenute nel tempo e che hanno
comportato l'attribuzione al suddetto Assessorato della esclusiva competenza
nel settore del paesaggio, e in particolare dell'art. 3 della legge regionale
n. 80/77, che intesta tutte le attribuzioni della Regione nella materia dei
beni culturali ed ambientali all'Assessorato regionale dei beni culturali ed
ambientali e della pubblica istruzione, il quale è titolare delle funzioni
previste dal D.P.R. 30 agosto
1975, n. 637. Con la legge regionale n. 80/77 è stato quindi individuato un ambito
esclusivo di competenza, scelta questa che non appare casuale ed è funzionale
al particolare grado di autonomia di cui gode la Regione Siciliana, nonché al
rango di legge costituzionale dello Statuto, che, all'art. 14, lett. n),
enuclea la disciplina del paesaggio tra le materie rimesse in via esclusiva al
legislatore regionale.
La tutela del paesaggio è
dunque demandata all'Assessorato e ai suoi organi periferici competenti per
materia, le Soprintendenze per i beni culturali e ambientali, e, più
precisamente, alle loro competenti articolazioni, e cioè le sezioni per i beni
paesistici architettonici e ambientali (artt. 2 e 16 della legge regionale n.
116/80), le quali svolgono le funzioni attribuite alle soprintendenze dal
D.P.R. n. 805/75. A questi uffici è dunque affidata (art. 31 D.P.R. n. 805/75)
la tutela dei beni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e successive
modificazioni, nonché di quelli contemplati da leggi speciali. Il primato
dell'interesse pubblico alla conservazione dell'ambiente, fondato sull'art. 9
della Costituzione e specificatamente affermato dalla legge n. 431/85, comporta
che alla tutela del paesaggio viene rimesso di determinare norme minime
inderogabili per la gestione del territorio, con funzione di limite ed
indirizzo rispetto ai piani urbanistici.
Il vincolo non impedisce
tuttavia un successivo approfondimento e recepimento delle problematiche che
esso pone da parte degli strumenti urbanistici, i quali sono peraltro del tutto
autonomi, anche se la garanzia costituzionale apprestata all'interesse pubblico
alla conservazione del paesaggio conferisce priorità ed urgenza all'adeguamento
della pianificazione urbanistica ai suesposti criteri; adempimento questo che
non mancherà di essere colto da questa Amministrazione, il cui ufficio
periferico manterrà evidentemente con gli enti locali interessati ogni
possibile forma di collaborazione, ciò che non è in alcun modo impedito dal
vincolo paesistico (opposizione sub 2);
C) la composizione della
Commissione per la protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo,
riunitasi nella seduta del 27 giugno 1996, è da ritenersi senza meno legittima,
in quanto corrispondente ai soggetti che ne fanno parte ai sensi dell'art. 31
del D.P.R. n. 805/75, norma che è intervenuta, modificandola, sulla previgente
disposizione contenuta nella legge n. 1497/39 (opposizione sub 3);
D) le motivazioni addotte
nella relazione allegata alla proposta di vincolo, riferite agli aspetti
etno-antropologici, e alle emergenze archeologiche o storico-architettoniche
presenti nella valle non sono state le sole a determinare la necessità di
tutelare l'ambiente in questione. La descrizione di quei valori infatti
rappresenta soltanto una parte delle argomentazioni prese in esame al fine di
motivare la validità della proposta.
La legge 8 agosto 1985, n.
431 ha sancito l'espresso superamento del concetto di "bellezza
naturale" fatto proprio dalla legge 1497/39. Mentre la concezione sociale,
essenzialmente statica, contenuta negli enunciati di quest'ultima legge,
comportava una tutela espressa in giudizi di valore estetici e puntuali, e
quindi quanto mai astratti e discrezionali, il concetto dinamico di paesaggio
espresso dalla legge n. 431/85 determina un'azione di salvaguardia incentrata
sulla pianificazione delle trasformazioni assentibili del territorio. Oggetto
di tutela è il paesaggio, inteso come la forma del territorio creata dalla
società umana che vi si è insediata, e quindi frutto della continua interazione
tra la natura e l'uomo; valore dunque che comprende il fatto fisico, oggettivo,
ma, al tempo stesso, richiama e postula il continuo processo creativo con il
quale viene a configurarsi la percezione visibile del territorio. In tal modo
la legge Galasso ha anche introdotto il principio che l'oggetto della tutela
debba essere il territorio complessivamente considerato e non più unicamente le
bellezze naturali ivi contenute,..."tenendo conto che l'insieme dei beni,
oggetto del piano, costituisce un patrimonio non solo naturale, ma anche
culturale e, come tale, meritevole di tutela e di valorizzazione congiuntamente
intese" (circolare Ministero beni culturali ed ambientali n. 7472 del 31
agosto 1985, applicazione legge 8 agosto 1985, n. 431).
Ne discende che la tutela
paesaggistica deve promuovere i valori ambientali del territorio, con la
determinazione non solo di limiti di segno negativo ma anche di prescrizioni
positive, di usi privilegiati dei beni. Essa tende quindi a risolversi nella
regolamentazione delle scelte d'uso del territorio, considerato nella sua
interezza e globalità sotto il profilo morfologico e strutturale. Il
superamento del modello "statico-conservativo" che caratterizzava la
legge del 1939 e la opzione della legge n. 431/85 per forme di salvaguardia
gestionale-dinamica comporta l'evidente necessità di pervenire a una analisi
complessiva dell'intero territorio protetto, del quale debbono enuclearsi tutte
le componenti paesistiche con le loro interconnessioni e i loro reciproci
condizionamenti, al fine di delineare una trama che consenta la effettiva
valorizzazione dei beni ambientali. Si rende necessario a tal fine un completo
monitoraggio di tipo ambientale-paesaggistico idoneo a indirizzare le scelte
che dovranno incidere, direttamente, sulla preservazione e la riscoperta degli
elementi strutturali del territorio meritevoli di tutela per il loro valore
estetico-culturale, e, indirettamente, sulle opzioni di sviluppo economico e
sociale. Per fare ciò occorre procedere il più possibile su vasta scala e per
ambiti territoriali omogenei, con una considerazione dell'intero eco-sistema:
flora, fauna, regime delle acque, elementi climatici e atmosferici, suolo e
sottosuolo, ecc. (opposizione sub 3);
E) il precedente vincolo
dell'area delle Madonie, approvato con decreto n. 2272 del 27 giugno 1989,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 42 del 2
settembre 1989, non ha inglobato i territori di Blufi, Bompietro e Alimena, non
perché essi furono ritenuti in quella sede non meritevoli di tutela e privi di
elementi di pregio paesaggistico, ma probabilmente perché le caratteristiche
ambientali e geomorfologiche di questi territori risultavano differenti da
quelle presenti nel versante madonita, oggetto di quel provvedimento,
caratterizzato da un ambiente montano più che collinare (opposizioni sub 4 e
5);
F) nell'analizzare il paesaggio
e le sue trasformazioni le motivazioni del vincolo prendono in considerazione
anche la realtà socio-economica della valle. Ma tale valutazione, in
corrispondenza ai limiti del potere esercitato da questa Amministrazione, è
incentrata sulle risorse naturali e culturali del territorio e sulle loro
migliori utilizzazioni, che, trattandosi di beni infungibili, deve avere ad
oggetto principale la conservazione delle caratteristiche essenziali dei beni
stessi, senza disattendere tuttavia tutte le loro potenzialità.
Spetta ad altri e più
specifici strumenti di programmazione indirizzare lo sviluppo socio-economico
in modo compatibile con le realtà culturali e paesaggistiche, mediante studi,
analisi e raffronti atti a specificare i dati economici del territorio in
questione e a proporre concrete soluzioni per lo sviluppo della valle; ed è
altrettanto chiaro che ciascun piano o programma deve obbedire alle funzioni
che ad esso assegna l'ordinamento. Da questo punto di vista, la meticolosa
elencazione degli studi economici dei quali difetterebbe la motivazione della
proposta di vincolo, non corrisponde ad alcun criterio, né di legge, non
essendo essi imposti da nessuna specifica normativa, né di logica, essendo
detti studi del tutto inafferenti la causa del potere esercitato da questa
Amministrazione, chiamata a definire l'interesse pubblico alla conservazione
del paesaggio e, quindi, tenuta a individuare secondo criteri scientifici tali
risorse, la cui economicità, come beni infungibili di interesse pubblico, comporta
la necessità di impedire la loro compromissione a causa di altre confliggenti
considerazioni poste in essere da operatori pubblici o privati (opposizioni sub
4 e 5);
G) la necessità di
salvaguardare la configurazione del territorio delle valli dell'Imera e del
Salso emerge dalla relazione che accompagna la proposta di vincolo, dove è
evidenziato l'alto interesse paesaggistico del contesto ambientale in
argomento, che deve essere protetto da modificazioni incontrollate. La
proposta, prendendo le mosse dall'analisi degli aspetti geologici, morfologici,
vegetazionali e storico-testimoniali, nonché delle trasformazioni antropiche,
definisce i corretti criteri tecnico-scientifici dello sviluppo compatibile di
una zona a rischio dal punto di vista geomorfologico, il cui dissesto può
essere evitato grazie ad un'azione di tutela preventiva che valga a impedire i
rischi costituiti da un'eventuale ed incontrollata urbanizzazione.
I vizi motivazionali della
proposta non hanno in realtà ragion d'essere: soccorre, sul punto, la sentenza
del TAR di Palermo n. 9 del 16 gennaio 1998, dove tra l'altro si rileva che
". . . la motivazione non costituisce per l'ordinamento un valore in sé,
ma solo uno strumento attraverso il quale è possibile perseguire il controllo dell'amministrazione
tutte le volte in cui la medesima disponga di un potere di scelta più o meno
ampio . . . l'obbligo della motivazione viene meno nei confronti degli atti
normativi e di quelli a contenuto generale, con una disposizione che trova la
sua ratio nell'intendimento di separare la regola posta da tale categoria di
atti, astrattamente idonea a disciplinare una pluralità indefinita di casi,
dalle ragioni storiche contingenti del soggetto emanante . . . non può essere
revocato in dubbio che . . . un atto a contenuto generale (si sottrae) già solo
per questo aspetto al generale obbligo di motivazione (T.G.A Trento, 14
dicembre 1992, n. 456; Cons. St., Sez. IV, 13 maggio 1992, n. 511). Peraltro .
. . è possibile rinvenire . . .
una motivazione, la quale, nella specie, non è contenuta nel solo atto
conclusivo del procedimento, ma può essere ricavata anche dagli elaborati
tecnici che lo accompagnano" (opposizioni sub 4 e 5);
H) in conformità alle leggi
n. 1497/39 e 431/85, dalla proposta di vincolo emergono le valenza
paesaggistiche e ambientali del territorio, e, conseguentemente, le ragioni di
una disciplina d'uso del territorio compatibile con il rispetto e la promozione
di tali valori; che, nel rispetto delle norme anzidette non può essere lasciato
alla capacità e alla sensibilità delle comunità locali, ma richiede
l'intervento dell'autorità a ciò deputata, la quale non mancherà peraltro,
durante la gestione del vincolo, di porre in essere utili momenti di confronto
e di verifica con la popolazione e con gli enti locali.
A questo riguardo, è stato
precisato che le disposizioni contenute nella legge n. 241/90 non conferiscono
ai cittadini, come pure agli enti esponenziali, una indiscriminata facoltà di
controllo sugli organi e sui procedimenti amministrativi (TAR Toscana, III, 30
giugno 1995, 167; TAR Lazio, II, 10 ottobre 1995, n. 1945): tali norme non sono
applicabili nei casi in cui la disciplina dettata per particolari settori sia
strutturata in modo da soddisfare diversamente le stesse specifiche esigenze avute
di mira col modello procedimentale disegnato dalla legge medesima (TAR Milano,
3 giugno 1995, n. 778). Ciò vale con riferimento alla tutela del paesaggio e
alle procedure per il suo esercizio (TAR Palermo, 16 gennaio 1998, n. 9): ma
non significa che gli uffici di questa Amministrazione si sottrarranno
all'obbligo generale di motivare adeguatamente gli atti che daranno attuazione
al vincolo, e a quello, altrettanto rilevante, di assicurare concretamente il
rispetto del principio di trasparenza
dell'azione di amministrativa (opposizione n. 6);
I) la proposta in esame non
è lesiva dell'autonomia comunale, ma corrisponde alle funzioni proprie del
vincolo-paesaggistico, che infatti serve a impedire usi pregiudizievoli della
bellezza panoramica dei luoghi. Ciò comporta, evidentemente, che le
prescrizioni dell'autorità sovraordinata si sovrappongono a quella comunale in
tema di controllo urbanistico del territorio, ma ciò non è affatto arbitrario
(Cons. St., II, 28 giugno 1995, n. 6195; Tar Puglia, I, 11 aprile 1990, n. 282;
TAR Liguria, 26 ottobre 1993, n. 356; TAR Puglia, I, 17 novembre 1993, n. 845;
TAR Trento, 27 maggio 1994, n. 212; TAR Calabria, 27 maggio 1996, n. 564) ma
costituisce bensì l'applicazione delle disposizioni di legge che demandano alla
Soprintendenza di individuare criteri di tutela delle aree di pubblico
interesse paesaggistico (opposizione n. 6);
Rilevato che l'imposizione
di un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39 non determina la
imposizione di limiti, specifici alle proprietà, ma comporta soltanto l'obbligo
di acquisire la preventiva autorizzazione soprintendentizia per le
modificazioni che si intendano apportare all'aspetto esteriore dei beni
protetti, indipendentemente dalla natura delle innovazioni stesse (T.A.R. Campania
V, 17 maggio 1994, n. 197; T.A.R Calabria, 9 marzo 1994, n. 283, T.A.R
Lombardia, 21 novembre 1988, n. 927; T.A.R Campania, V, 28 luglio 1992, n.
249);
Ritenuto, per quanto sopra
esposto, di dovere approvare la proposta avanzata dalla Commissione per la
protezione delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo nella seduta del 27
giugno 1996 e di dichiarare il rilevante interesse pubblico, ai sensi dell'art.
1, nn. 3 e 4, della legge n. 1497/39, dell'area meglio perimetrata e descritta
nel verbale della seduta anzidetta, che si allega al presente decreto sub 1;
Per
questi motivi
Decreta:
Art. 1
Per le motivazioni di cui in
premessa, al fine di garantire le migliori condizioni di tutela, è dichiarata
di notevole interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1) nn. 3 e
4 della legge n. 29 giugno 1939, n. 1497, come bellezza di insieme e
panoramica, l'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie,
ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia
Soprana e Petralia Sottana, meglio descritta nel verbale del 27 giugno 1996
della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e
panoramiche di Palermo (allegato 1), all'interno del perimetro visualizzato
nelle planimetrie denominate tavola I e tavola II (allegato 2), documenti ai
quali si rimanda, quali parti integranti e sostanziali del presente decreto.
Art. 2
Il presente decreto sarà
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, unitamente alla
planimetria allegata, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 1497/39 e dell'art.
12 del R.D. 1357/40.
Una copia della Gazzetta
Ufficiale della Regione Siciliana, contenente il presente decreto, sarà
trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite
della competente Soprintendenza, ai comuni di Alimena, Blufi, Bompietro,
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, perché venga affissa
per tre mesi naturali e consecutivi all'albo pretorio dei comuni stessi.
Altra copia della predetta
Gazzetta, assieme agli allegati planimetrici delle zone vincolate, sarà
depositata presso gli uffici dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro,
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana, ove gli interessati
potranno prenderne visione.
La Soprintendenza competente
comunicherà a questo Assessorato la data dell'effettiva affissione del numero
della Gazzetta sopracitata all'albo dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro,
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana.
Art. 3
Avverso il presente
provvedimento è ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al Tribunale
amministrativo regionale entro sessanta giorni dalla data di sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale, ovvero ricorso ai sensi e per gli effetti dell'art. 3
della legge n. 1497/39 nel termine di sei mesi dalla data di pubblicazione
all'albo comunale della copia di quella Gazzetta Ufficiale.
Palermo, 1 aprile 1998.
CROCE
Allegati
Planimetria - [non
disponibile, vedasi G.U.R.S. 23 maggio 1998, n. 26].
Verbale della riunione del
27 giugno 1996
L'anno 1996, il giorno 27
del mese di giugno, presso i locali di via Ausonia, 122, si è riunita la
Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche
della Provincia di Palermo, su invito del presidente dott.ssa C.A. Di Stefano,
diramato con nota prot. n. 2283 del 21 giugno 1996 con il seguente ordine del
giorno:
- apposizione vincolo sulla
porzione di territorio a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie e
ricadenti tra i fiumi Imera Meridionale Salso e comprendente i comuni di
Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Petralia
Soprana.
Alle ore 16,30 sono presenti
i signori:
- dott.ssa C.A. Di Stefano,
presidente;
- prof.ssa M. Giuffrè,
componente;
- prof. S. Inzerillo,
componente;
- dott. S. Garofalo capo
dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, membro aggregato;
- dott. M.R. Camillo,
segretario.
La commissione procede
all'esame e alla verifica delle cartografie e delle relazioni storico-tecniche
e tecnico-scientifiche predisposte dai dirigenti tecnici della Sezione beni PAU
della Soprintendenza beni culturali ed ambientali di Palermo e relative ai
territori nei quali apporre il vincolo di che trattasi.
Pertanto, le sopracitate
cartografie e relazioni tecnico-scientifiche vengono qui di seguito riportate e
diventano parte integrante del presente verbale.
STRALCIO DELLA RELAZIONE
STORICO-TECNICA
PROPOSTA DI VINCOLO
PAESAGGISTICO
LEGGE n. 1497 DEL 29 GIUGNO
1939
Comuni di Alimena, Blufi,
Bompietro, Castellana Sicula,
Petralia Sottana (porzione),
Petralia Soprana (porzione)
Perimetrazione
Il territorio per il quale
si propone il vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497/39, è compreso
entro il confine che, partendo da Castellana Sicula, percorre, in senso orario,
a nord, la linea ideale che dista 300 m. a valle della S.S. 120 e che coincide
con una parte del confine della zona, delle Madonie, compresa tra i fiumi Imera
e Pollina, vincolata ai sensi della legge n. 1497/39 con decreto n. 2272 del 17
maggio 1989, fino all'intersezione con il confine comunale di Geraci Siculo al
Km. 72, segue quindi il confine comunale che separa: in un primo tratto
Petralia Soprana e Geraci Siculo fino a quota 881, in un secondo tratto il
comune di Petralia Soprana e Gangi fino a quota 798, in un terzo tratto il
comune di Alimena da Gangi, fino a quota 831, ed infine in un ultimo tratto la
frazione di Petralia Soprana da Gangi, fino all'intersezione col confine
provinciale di Enna.
Prosegue ancora lungo il
confine provinciale che separa la frazione di Petralia Soprana da Enna fino a
quota 362, prosegue fino all'incrocio con il confine provinciale di
Caltanissetta a quota 346 nelle vicinanze della Masseria Ficuzza, prosegue
lungo il confine tra Caltanissetta e Alimena fino ad incontrare il limite tra
Petralia Soprana e Caltanissetta.
All'altezza di Portella
dell'Inferno lascia il confine provinciale di Caltanissetta per proseguire
lungo la strada che attraversando il territorio di Petralia Sottana giunge fino
alla contrada Portella del Morto, punto di intersezione con il confine comunale
e provinciale che separa il comune di Resuttano dalla stessa Petralia Sottana,
quindi la percorre interamente fino all'incrocio, a quota 506, con il vallone
San Giorgio, per poi risalire lungo lo stesso vallone, prosegue per il torrente
Avanella fino all'intersezione con la S.S. 120 (sorgente Frazucchi) che
attraversa il territorio di Castellana Sicula fino a ricongiungersi con il
punto di partenza.
Motivazione
La proposta di vincolo
paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 dell'area precedentemente
delimitata, nasce dalla necessità di tutelare un ambiente naturale, compatto ed
omogeneo, in massima parte integro, non ancora aggredito dal fenomeno della
cementificazione, che tutto ingloba e divora, distruggendo e modificando
irreparabilmente l'aspetto originario dei luoghi.
Nella zona in esame ricadono
interamente i territori di Alimena, Blufi, Bompietro ed in parte quelli di
Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana.
Il territorio comprende le
valli dell'Alto Salso e dell'Imera ed è caratterizzato dai morbidi rilievi
delle Madonie Meridionali, che degradano dolcemente verso il mare Mediterraneo.
La perimetrazione risulta
dall'individuazione delle valli, che rappresentano un "unicum", non
solo dal punto di vista geomorfologico, ma anche storico-antropologico, infatti
tangibilmente le creste di chiusura dei valloni del braccio dell'Imera
Meridionale e del Salso hanno avuto nei secoli sviluppo unitario e compatto al
loro interno.
Il paesaggio riflette una
sequenza di suggestivi quadri naturali, godibili dalle sommità delle colline e
dei cocuzzoli, e dai numerosi percorsi che districandosi e passando da un
vallone all'altro mostrano l'amenità dei luoghi.
Fonti d'acqua, torrenti e
fiumi, e una vegetazione varia e differenziata (tamerici, frassini, giunchi,
rovi, querce, etc.) sia nella sua spontaneità che nelle colture agrarie in
dipendenza delle altimetrie, ecosistemi, vicinanza ai borghi e ai nuclei
abitativi, si propongono allo sguardo dando la sensazione di un vitale ambiente
agreste, in cui i trascorsi eventi storici e temporali sono autenticamente
tangibili.
L'Imera accoglie le borgate
storiche del comune di Castellana Sicula: Calcarelli, Nociazzi, Catalani ed una
catena di mulini ed abbeveratoi così fitta da dare un'immagine di acqua
continuamente filtrante e rotante sul territorio, caduta giù dalle alti valli
che la chiudono a nord fino a scorrere nella profonda valle dove i borghi si
susseguono su una maglia invisibile di antropizzazione diffusa.
Analogamente il Salso, ad
est, si apre a ventaglio sulla corona che ne accoglie le origini, arabescate di
contrade e nuclei abitati, direttamente legati allo scorrere del fiume.
E' quindi l'acqua il motivo
conduttore della vita intesa in ogni suo aspetto.
La viabilità interna è
costituita in massima parte da una rete secondaria di strade e trazzere, che
collegano le numerosissime frazioni, contrade, borgate e case sparse per tutta
l'estensione del territorio. (tav. V).
Il paesaggio,
prevalentemente agricolo, è caratterizzato da colture di tipo cerealicolo ed in
particolare fave, frumento e foraggi.
L'allevamento di ovini,
suini e bovini è diffuso tradizionalmente, sia nelle forme di grosse mandrie,
che nella conduzione di aziende di tipo familiare.
La valle ha con l'altipiano
un rapporto storico, che ancora risulta tangibile con il perdurare del fenomeno
della transumanza, quando cioè i vaccari delle valli ormai brulle, si
trasferiscono con le loro mandrie, nel periodo detto delle
"restucce", alle valli più alte, più umide, dove l'erba verde
assicura un buon pascolo.
La spazialità dei campi,
estremamente frazionati, in un vasto mosaico le cui tessere corrispondono alle
varie proprietà, viene accentrata dalla grande luminosità irradiata
puntualmente e caratterizzata nel suo cromatismo al susseguirsi delle stagioni.
Così che essi si mostrano
con un vivace colore porpora nel periodo di maggio quando la pianta del fieno
"la sulla" è fiorita, per poi mutarsi in un luminosissimo giallo oro
nel periodo estivo, quando i campi sono ricchi di messi, per svelare il colore
della terra, disegnata dai solchi degli aratri dopo il raccolto, infine si
colorano di verde quando sono ricoperti di erba e quando ricomincia il ciclo
stagionale della crescita del grano.
Il territorio preso in esame
in questa proposta di vincolo paesaggistico è racchiuso tra i due importanti
fiumi: l'Imera Meridionale ed il Salso (Acqua - Amara), i quali riunendosi, si
chiudono ad imbuto, delimitando queste due ampie vallate che, per omogeneità
caratteriali, possono essere rappresentate come un enorme impluvio delle cime
madonite.
La sua delimitazione è data
dall'entità naturale, antropologica, storica, economica e sociale che una valle
rappresenta, difficilmente scorporabile e scientificamente inscindibile.
Il Salso, un tempo ricco di
anguille, la cui lunghezza è di 144 Km., nasce dalle Madonie, presso Portella
dei Bifolchi a circa 1.350 m. di altitudine, con il nome di Fiume di Petralia,
attraversa con un corso tortuoso la Piana di Licata e sfocia nel Mediterraneo a
sud di Licata.
Esso deve il suo nome ai
terreni ricchi di salgemma, in cui si addentra prima di giungere alle coste
meridionali, e oltre ad essere limite amministrativo tra comuni e province è
sempre stato ed è ancora l'elemento geografico di confine tra la Sicilia
Orientale e l'Occidentale, ben caratterizzate entrambe non solo a livello
fisico, ma anche storico e culturale.
Il Salso era la così detta
"via del sale" e la località di Raffo era probabilmente punto
obbligato di passaggio e di ristoro per le carovane arabe che seguendo il
percorso del fiume, lungo le trazzere parallele, andavano a rifornirsi nelle
miniere di salgemma e da qui attraverso il Passo della lettiga giungevano
nell'antichissima località detta Pirina, oggi forse identificabile con la borgata
Pira.
Il popolo arabo ha lasciato
molte tracce della sua cultura anche in questa zona del palermitano e lo si può
riscontrare oltre che nei manufatti, anche nel modo di vestire dei contadini,
nel linguaggio, nel riserbo e nella sottomissione della donna all'uomo, nel
modo di usare lo scialle e di pettinarsi, nei lamenti, nei canti e negli stessi
nomi imposti nelle terre dove essi si soffermavano.
Ma anche i normanni, i
francesi, gli spagnoli hanno lasciato del loro passaggio tangibili
testimonianze.
A Salici, Addauro, a
Principato (Petralia Soprana) si possono notare le impronte della civiltà
spagnola nelle costruzioni nobiliari in pietra e balconi con le splendide
inferriate in ferro battuto, i fiori di ferro agli angoli e alle pance di
queste e i cipressi posti quasi a sentinella di antiche residenze.
Il fiume Salso fu
l'autostrada percorsa dai mercanti di ossidiana prima e dai Greci poi, che ne
fecero uno dei principali strumenti per la penetrazione della loro civiltà
all'interno dell'isola.
Questo fiume è quindi il
grande protagonista dell'area presa in considerazione, nello scenario della
quale fanno da sfondo naturale le alte e incombenti vette delle Madonie, che
nel periodo invernale, con le loro candide cime innevate, creano uno
straordinario e suggestivo scenario, in contrasto con i verdissimi pascoli
delle valli.
Molto attive erano fino a
poco tempo fa le carcare che ricavavano il gesso da una particolare pietra
locale, specialmente nella zona di Acquamara (Petralia Soprana).
La zona delimitata, oltre ad
avere una notevole importanza dal punto di vista paesaggistico e naturalistico,
anche per la presenza delle numerose balze che la caratterizzano, (Cap. I),
presenta numerose altre valenze di tipo architettonico, (Cap. II),
archeologico, (in essa infatti sono presenti numerosi siti archeologici, in
parte evidenziati ed in parte ancora in corso di studi e ricerche, specialmente
nella zona più a sud, nel territorio di Alimena), (Cap. IV) ed ancora essa
presenta valenze antropologiche, per la massiccia presenza di borgate e case
sparse, nuclei dalle caratteristiche semplici case in pietra, parte integrante
del territorio nel quale sembrano esistere da sempre.
Fanno parte del paesaggio
anche i numerosi pozzi scavati nei campi e ricoperti in pietra ed i cumuli di
pietre che denunziano la presenza continua dell'uomo che strappa alle zolle
ogni centimetro per renderla produttiva, per trarne sostentamento per sè e la
famiglia, senza alterare l'aspetto dei luoghi e non infliggendo stravolgenti
trasformazioni, così che il paesaggio, pur mutando continuamente sembra sempre
rimanere lo stesso, sereno e silente, (Cap. III).
Anche i rapporti sociali ed
economici permangono legati strettamente alla fisicità della valle che diviene
piazza, intesa come possibilità d'incontro, scambio, rapporti interpersonali
che si concretizzano, con lo spostamento da una contrada all'altra per la
conduzione dei propri poderi, nel susseguirsi delle feste di borgata, a cui
partecipano in massa tutte le altre, nella fitta rete di matrimoni che legano a
catena un borgo con un altro e via di seguito fino a chiudere la maglia, così
che ognuno senta proprio l'intero territorio della valle.
Questi stretti rapporti e
scambi esistenti tra i vari centri, borghi e fazioni pervengono quindi ad una
omeostatica istituzionalizzazione mediante appunto i matrimoni, che finiscono
per tessere nel territorio una fitta rete di relazioni derivanti dagli
interessi sorti per la cura dei poderi ereditati altrove e divenuti propri
nelle percezioni visuali.
Tutte le antiche borgate
avevano con il loro centro un rapporto di stile medievale, il paese accentrava
la parte dominante della società escludendo gli elementi produttivi dei ceti
più poveri, relegandoli nelle borgate, in un rapporto di distinzione di qualità
dei rapporti sociali.
Qui, in particolare, la
classe nobiliare ha legato storicamente a sè quella contadina in un rapporto
apparentemente equalitario, ma di tipo funzionale, concedendo la possibilità di
edificare e di potere fruire, anche in quantità minima, dei prodotti della
terra, affidandogli "un fazzoletto" d'orto tutto per sè.
E' questo quindi un ambiente
naturale in cui affiorano le caratteristiche di una antica cultura contadina
che, attivamente presente, mostra la sua laboriosità, la solidarietà, la generosità,
la semplicità e le buone maniere, il rispetto per le persone, per le cose e per
la natura, la condivisione dei sentimenti di gioia e di dolore, caratteristiche
queste che, la rapida trasformazione sociale, avvenuta in tempi relativamente
recenti, tende a sopprimere e relegare al ruolo di "arretratezza".
La valle del Salso e
dell'Imera presenta inconfutabilmente un paesaggio luminoso e gradevole,
contrariamente ad altre zone brulle dell'entroterra siciliano, fortemente
caratterizzato e differenziato da esse.
Qui, spazi e luci, vuoti e
presenza umana tracciano una mappa che il tempo non ha ancora modificato,
grazie anche alla distanza e all'isolamento rispetto ad aree fortemente
antropizzate e degradate.
Pertanto essa merita un
intervento di salvaguardia e tutela per il mantenimento di un'oasi naturale
contrapposta alla cementificazione ed infrastutturazione massiccia che la
minaccia inesorabilmente senza rispetto della storia, della tradizione e della
cultura dei luoghi.
Si sottolinea comunque che lo
scopo fondamentale della presente proposta di vincolo, non è tanto quello di
conservare, quasi come ibernando tutto quanto il tempo e la storia hanno
lasciato come testimonianza e tutto quanto la naturale trasformazione ha
determinato nella formazione della valle, ma è principalmente quello di
salvaguardare con un'azione di prevenzione, l'eventuale dilagare di costruzioni
prive di qualità architettoniche ed estranee ai luoghi, che potrebbero
compromettere l'aspetto attuale del paesaggio, il quale certamente e
inevitabilmente subirà delle trasformazioni naturali e per mano dell'uomo, ma
un'azione di tutela potrà permettere il rispetto di quei criteri e dei canoni
che risultino più consoni all'essere dei luoghi.
L'eventuale trasformazione
futura dell'ambiente, quindi potrà essere programmata, regolata e controllata
in maniera congrua, evitando che testimonianze storiche e bellezze naturali,
possano subire manomissioni irreversibili a danno dell'area oggetto della
presente proposta di vincolo, così come è avvenuto in tante parti del nostro
territorio isolano ed in particolare in quest'area proprio ai margini del
confine a nord, nei pressi del bivio Madonnuzza, con la presenza di un
insediamento dichiarato produttivo, che ha cominciato a dilagare nelle valli sottostanti,
continuando a riproporre tipologie estranee al contesto e architettonicamente
squalificate, nonchè in altre aree di espansione, caratterizzate da volumetrie
che, di proporzioni ridotte rispetto a quelle precedentemente accennate per la
sella di Madonnuzza, pur tuttavia emergono nel territorio sia per i materiali
adottati che per il modo di rapportarsi col tessuto minuto dei nuclei storici
preesistenti (si pensi all'espansione di Fasanò verso la valle di Saccù, oppure
ai recenti insediamenti periferici di Alimena).
Per il resto, alcuni
interventi estranei alla cultura dei luoghi trovano spazio e ragione d'essere
per il dovere adeguare, in maniera inadeguata, i vecchi fabbricati alle
esigenze funzionali e statiche.
Pertanto i paramenti murari
vengono sottoposti sistematicamente all'introduzione lacerante di cordoli in
c.a., sopraelevazioni ed ampliamenti improntati alla sommarietà e
approssimatività costruttiva, con l'effetto squalificante di centri privati
delle condizioni originarie e pur tuttavia privi di una loro connotazione
specifica.
Capitolo I
INQUADRAMENTO GEOLOGICO E
GEOSTRUTTURALE
La storia geologica del
territorio per il quale si propone il vincolo ai sensi della legge n. 1497/39 è
strettamente connessa a quella dell'intero sistema madonita, interessante
segmento della Catena Montuosa Siciliana che condensa sia i caratteri geologici
e stratigrafico strutturali dell'estremo settore occidentale dell'Isola (Monti
di Trapani e Monti di Palermo) che quelli della porzione orientale e meridionale
(Nebrodi e Fossa di Caltanissetta).
L'assetto geostrutturale
delle Madonie è legato alle vicissitudini tettoniche che a partire dal
Mesozoico hanno coinvolto l'area mediterranea determinando la messa in posto
dei corpi geologici che, oggi, rappresentano i rilievi siciliani.
Per caratterizzare dal punto
di vista geologico il settore madonita non si può prescindere dall'inserirlo
nel più vasto quadro geologico-strutturale della Sicilia schematizzabile, nelle
linee generali, in una porzione meridionale, rappresentata dall'insieme
Avanpaese-Avanfossa, e da una porzione settentrionale, caratterizzata da estesi
corpi geologici che, vergenti verso sud, si sovrappongono gli uni sugli altri
secondo uno stile tettonico denominato a falde di ricoprimento.
L'Avanpaese, coincidente con
l'angolo sud-orientale della Sicilia (Altopiano Ibleo), è interrotto, ad Ovest,
dall'Avanfossa (bacino di Caltanissetta ed Enna) nella quale si raccolgono
potenti spessori di sedimenti tardo pliocenici e pleistocenici non deformati.
La Catena si sviluppa in
senso est-ovest, essa è costituita dalla sovrapposizione di differenti corpi
geologici, riconosciuti come unità stratigrafico strutturali, che hanno
raggiunto gli attuali rapporti giaciturali in un intervallo di tempo compreso
tra l'inizio del Miocene ed il Pliocene. Successivamente, per gli effetti della
neotettonica quaternaria si verificò il sollevamento dell'edificio montuoso,
con conseguenti smembramenti delle unità stratigrafico-strutturali e
l'impostazione di estesi sistemi di faglie dirette a forte rigetto.
Le analisi delle facies e
gli studi stratigrafici dei terreni della Sicilia centrosettentrionale
identificano differenti ambienti paleogeografici nei quali, durante il
Mesozoico, si depositarono i sedimenti dei rilievi; in particolare si
distinguono ambienti deposizionali di mare profondo (bacino Imerese e bacino
Sicano) da altri tipici di piattaforma carbonatica (Piattaforma Carbonatica
Panormide, Piattaforma Carbonatica Trapanese, Piattaforma Carbonatica
Saccense).
Il modello geologico-strutturale
delle Madonie è rappresentato da una serie di unità tettoniche che, con
complessi rapporti, si susseguono dal basso verso l'alto nel seguente ordine
statigrafico:
Unità Monte Cervi
- costituita da terreni
carbonatici e silico-carbonatici di età compresa fra il Trias medio sup. ed il
Miocene, derivanti dalla deformazione del bacino Imerese;
Unità Monte Dipilo-Monte
Mufara
- costituita da terreni
carbonatici, più raramente marnosi, di età compresa fra il Trias sup. ed il
Miocene, derivanti dalla deformazione della Piattaforma Carbonatica Panormide;
Unità del Flysch Numidico
- costituita da successioni
terrigene distinguibili in varie facies: pelitica, arenacea,
arenaceo-conglomeratica depositatesi prima della deformazione miocenica in un
intervallo di tempo compreso fra l'Oligocene ed il Miocene;
Unità Sicilidi
- diffusamente rappresentate
da depositi noti in letteratura geologica col nome di "argille
variegate" per la loro caratteristica colorazione cangiante dal verde al
rosso vinaccia. Queste argille affiorano in un areale molto esteso e sono
ascrivibili al Cretaceo sup. Eocene sup.;
- calcari marnosi e marne
bianche (formazione di Polizzi) dell'Eocene sup. Oligocene;
- Varenarie tufitiche
(tufiti di Tusa) dell'Eocene sup. Oligocene.
Unità postorogene
- comprendente tutti i
depositi depositatisi negli ultimi 12 milioni di anni in un intervallo di tempo
compreso fra il Tortoniano sup. ed il Pleistocene. Tali depositi sono
rappresentati da:
- argille, sabbie,
conglomerati della formazione Terravecchia;
- calcareniti e calcari
organogeni del Messiniano inf.;
- evaporiti del Messiniano;
- calcilutiti e marne
bianche del Pliocene (trubi);
- calcareniti e sabbie
calcaree con intercalazioni argillose del Pliocene sup. - Pleistocene;
- terrazzi marini, terrazzi
fluviali, spiagge e depositi detritici recenti.
Ai fini di una più chiara
visualizzazione di quanto esposto si allega al presente capitolo la carta
geologico-strutturale della Sicilia. redatta dal prof. R. Catalano
dell'Istituto di geologia - Università di Palermo.
LINEAMENTI GEOMORFOLOGICI ED
IDROGRAFICI
La porzione di territorio da
sottoporre al vincolo paesaggistico ricade nel settore meridionale delle
Madonie ed è prevalentemente rappresentato da terreni argillosi terziari e dai
termini miocenici della gessoso-solfifera.
Il paesaggio è fortemente
caratterizzato dalla presenza di due importanti elementi naturali: il fiume
Imera Meridionale ed il fiume Salso o Acqua Amara che delimitano
rispettivamente ad ovest e ad est il territorio di nostro interesse. Questi
fiumi rivestono una fondamentale importanza per l'evoluzione geomorfologica del
paesaggio, i loro bacini idrografici rappresentano, infatti, le due unità
morfodinamiche di riferimento all'interno delle quali possono essere valutati i
processi che modellano le forme del rilievo. Inoltre, questi corsi d'acqua
hanno notevolmente influenzato lo sviluppo del territorio madonita costituendo,
sin dall'antichità, due grosse arterie di comunicazione.
L'assetto geomorfologico del
contesto in esame è riconducibile ad una morfogenesi recente ed alla
combinazione di azioni tettoniche, compressive e distensive, responsabili del
sollevamento dell'edificio strutturale e del sistema di faglie dirette a forte
rigetto che in maniera articolata configura tutto il sistema madonita.
I processi morfogenetici
hanno modellato il paesaggio agendo in maniera differenziata sulle diverse
litologie affioranti. Si distinguono, infatti, forme diverse: da quelle
collinari, ad andamento morbido e sinuoso in coincidenza delle formazioni
plastiche a quelle più aspre ed acclivi in corrispondenza dei massicci lapidei
(di natura calcarea, gessosa ed arenacea) che hanno opposto una maggiore
resistenza all'aggressione degli agenti di degradazione.
Il paesaggio è nell'insieme
caratterizzato da estese zone collinari intercalate ad ampie e poco profonde
vallate; in forte contrasto morfologico si innalzano isolati rilievi rocciosi
che, con le loro aspre forme, rappresentano caratteristici motivi morfologici
nel generale contesto ondulato.
La rete idrografica si
sviluppa sui terreni argillosi miocenici, sui termini della gessoso solfifera e
sulle argille vari colori. Il territorio è solcato da numerose incisioni
torrentizie connesse a linee di drenaggio ad andamento parallelo e/o di tipo
"dendritico".
Il corso d'acqua più
occidentale è il torrente Avanella che nasce dal versante sud-occidentale del
complesso Monte S. Salvatore - Monte Cavallo, ad ovest dell'abitato di
Castellana Sicula. A sud di Portella dei Mandarini si origina il fiume Imera
Meridionale che, con asse idrografico disposto in direzione nord-sud, scorre al
limite tra i depositi arenacei (in sinistra idraulica) e quelli argillosi (in
destra idraulica) del Flysch Numidico. Il reticolo idrografico ha dunque uno
sviluppo asimmetrico, con una organizzazione del drenaggio più marcatamente
sub-dendritica sul versante destro. In prossimità delle Petralie il fiume
attraversa i terreni evaporitici miocenici e deviando verso sud sud-ovest
riceve sulla destra il vallone Pomo, sviluppato tributario che nasce sul
versante sud-orientale di Monte Cavallo. Oltre alla confluenza col vallone Pomo
l'Imera Meridionale perde i suoi caratteri di spiccata torrenzialità per
scorrere su di un modesto letto alluvionale.
Il fiume Salso, o Acqua Amara,
percorre la porzione più orientale del territorio in esame; esso nasce dalla
dorsale interposta fra Pizzo Catarineci e Pizzo Corvo e con asse idrografico
principale orientato all'incirca nord nord-est - sud sud-ovest scorre in
testata sulle sequenze arenaceo-argillose del Flysch Numidico. Proseguendo il
suo corso esso attraversa le argille vari colori ed i calcari evaporitici per
poi deviare verso sud-ovest e ripercorrere i depositi argillosi miocenici.
Nell'insieme, il paesaggio
riflette una immagine composta e tranquilla, poco disturbata dalla presenza
dell'uomo, ma ad una più attenta osservazione non sfuggono i segni di un
diffuso dissesto, soprattutto in coincidenza dei versanti argillosi ed
argilloso-arenacei lungo i quali l'azione erosiva dei corsi d'acqua innesca
processi di scalzamento al piede e conseguenti movimenti franosi che possono
coinvolgere anche estese zone.
Movimenti in massa, perlopiù
quiescenti e/o stabilizzati, sono frequenti lungo le testate degli affluenti
dell'Imera Meridionale e non escludono i centri abitati (Castellana, Petralia
Soprana e Petralia Sottana, Blufi) in prossimità dei quali, tali movimenti
possono assumere toni particolarmente allarmanti. Le zone argillose più acclivi
e sprovviste di copertura vegetale sono sottoposte ad un intenso dilavamento
che provoca processi erosivi di incipiente o spinta calanchizzazione.
Fenomenologie carsiche
interessano i depositi evaporitici miocenici; la dissoluzione chimica di tali
rocce favorisce, infatti, tali processi morfogenetici che si manifestano sia
con forme superficiali che con forme sotterranee a sviluppo orizzontale e/o
verticale.
Tra le forme ipogeiche è da
segnalare la "Grotta del Vecchiuzzo" (Petralia Sottana) che si
sviluppa in una alternanza di conglomerati gessosi e gessareniti grossolane
della Rocca delle Balate. Oltre che per i suoi importanti significati
geomorfologici, idrogeologici e paleontologici, questa grotta assume anche un
interesse archeologico per gli importanti giacimenti ivi rinvenuti negli anni
passati.
Altre manifestazioni
carsiche sono variamente dislocate nelle successioni evaporitiche, tra queste
sono degne di nota il Gorgo di Venerosa, il Gorgo del Consiglio e la Dolina di
Monte Acquasanta ricadenti nel territorio comunale di Alimena.
INTERESSI PALEONTOLOGICI
Oltre agli elementi
geomorfologici che caratterizzano il paesaggio con forme suggestive e di pregio
estetico, sono da segnalare, per il loro interesse scientifico, le seguenti
emergenze paleontologiche:
Pizzo di Corvo, ad est delle
Petralie:
- affioramento di calcari di
scogliera del Messiniano inf., interessante per la presenza di colonie
coralline del genere Porites che conservano le impalcature originarie;
- stazione paleontologica
fra contrada Madonna delle Grazie ed il fiume Imera Meridionale (Petralia
Sottana);
- stazione paleontologica in
contrada Abbadia (Petralia Soprana);
Grotta del Vecchiuzzo
(Petralia Sottana):
- giacimento di vertebrati
fossili del Pleistocene medio sup.
ASPETTI RELATIVI ALLA TUTELA
GEOAMBIENTALE
Un'ampia interpretazione
culturale del paesaggio deve indiscutibilmente fondarsi su di una approfondita
e complessiva analisi degli elementi, naturali e/o antropici, che lo
compongono. In questa analisi trovano una significativa collocazione anche gli
aspetti relativi ai caratteri fisici del territorio, sia che essi
rappresentino, per vari aspetti, elementi di pregio che, invece, denuncino una
fragilità geoambientale.
Al di là della quantità e
della qualità delle emergenze geologico-ambientali presenti nel territorio in
questione, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sui diffusi segni di
dissesto ivi presenti, attribuibili, come già esposto, ai processi
morfodinamici che interessano i versanti. L'evoluzione dei versanti è regolata
da vari fattori interdipendenti come ad esempio: l'assetto strutturale, le
caratteristiche litologiche degli affioramenti, il regime delle precipitazioni,
l'assenza o meno di una copertura vegetale e non ultimo l'azione antropica.
Le problematiche relative ai
dissesti coinvolgono dunque sia l'ambito prettamente geoambientale che quello
socio-economico; tali manifestazioni appartengono al normale ciclo
geomorfologico, la loro dinamica non può essere arrestata definitivamente, ma
può essere controllata o ritardata. L'azione antropica spesso accelera i
processi di modellamento del rilievo producendo effetti che alterano l'aspetto
del paesaggio e destabilizzano l'equilibrio ambientale.
In Sicilia non mancano gli
esempi di una scorretta utilizzazione del territorio (attività private non
sufficientemente controllare, speculazioni edilizie, lottizzazioni su terreni
non adatti all'edificazione, discariche abusive, irrazionale uso delle risorse
idriche, intensa attività estrattiva. A quest'ultimo riguardo, si sottolinea
che nel territorio in esame sono attualmente in esercicio le seguenti attività
estrattive:
______________________________________________________________________
Comune
Località
Esercente
Posizione
______________________________________________________________________
Alimena
Cannatello Seminara Autorizzata ma
non
Garrasia
Antonino
ancora in esercizio
Bompietro
Serra
Seminara
Autorizzata ed in eser-
Sanfilippo
Antonino cizio
Castellana Cozzo
Gelsi
S.c.r.l. Diga
Autorizzata ed in eser-
Sicula
di Blufi
cizio
Le cave producono,
inevitabilmente, effetti dequalificanti sull'ambiente; gli scavi spesso
realizzati nella più assoluta non curanza dei valori estetici del paesaggio,
deturpano versanti ben visibili.
E' dunque evidente la
necessità di esercitare un controllo sulle attività umane soprattutto in quei
contesti che, come nel nostro caso, presentano una propensione al dissesto.
Tracce di trascorse e recenti attività: sono, infatti, osservabili sul
territorio in esame, esse si rivelano come profonde cicatrici che testimoniano
un irreversibile danno ambientale. Sarebbe auspicabile, a tal proposito, che in
futuro si provveda, con mirati progetti di recupero ambientale a riqualificare
le aree manomesse al fine di reinserirle armoniosamente nel contesto generale
del paesaggio.
Una corretta azione di
tutela del paesaggio non può limitarsi esclusivamente alla salvaguardia del suo
valore scenico e panoramico o a quella delle singole valenze individuabili, ma
deve sorreggersi su di una più alta concezione, nella quale gli aspetti fisici,
naturalistici, ambientali, estetici, storici, socio-economici del territorio
siano fortemente connessi e inscindibili. Tra questi aspetti, assumono
particolare e significativa importanza, quelli relativi ai caratteri fisici e
naturalistici del territorio giacché sono proprio quelli che, immediatamente,
trasmettono all'ossevatore l'immagine del paesaggio.
A garanzia dell'aspetto del
paesaggio e dei suoi elementi di pregio occorre dunque tutelare la naturale
dinamica evolutiva del contesto fisico in cui il paesaggio si configura.
Sulla base di questa
concezione si è ritenuto opportuno estendere la proposta di vincolo ad un
territorio che comprenda almeno le due unità morfodinamiche fondamentali,
all'interno delle quali si esplicano i processi di modellamento del paesaggio
naturale e ricadono gli elementi più rappresentativi dal punto di vista
geomorfologico, idrografico ed idrogeologico.
Per quanto esposto si
sottolinea la necessità di disciplinare l'utilizzazione del territorio in esame
attraverso provvedimenti legislativi che non si limitino ad una tutela giuridica
di mera formalità, ma che indirizzino effettivamente verso una consapevole ed
organica gestione delle risorse naturali, nel rispetto del paesaggio e dei suoi
valori ambientali, naturali ed estetici.
Capitolo II
CENNI STORICI SUI COMUNI
COMPRESI NELLA PROPOSTA DI
VINCOLO,
EMERGENZE ARCHITETTONICHE E
BORGATE
Petralia Soprana
Petralia Soprana sorge sul
ciglio di un monte a 1147 m. di altitudine, nel cuore delle Madonie, e un
piccolo centro con 32 borgate dislocate in un territorio di 56,86 Kmq., ad economia
agricola, artigianale e terziaria, meta di un turismo legato alle numerose
opere d'arte che esso gelosamente conserva, al tessuto urbano quasi intatto,
alla suggestione del suo paesaggio montuoso e collinare, alla vicinanza con la
stazione sciistica di Piano Battaglia, alla modesta distanza con il mare di
Cefalù, all'agriturismo e al Parco delle Madonie in cui ricade parte del
territorio.
E' il comune più alto della
provincia di Palermo e per la sua posizione fu centro strategico fin dal tempo
dei romani.
Si ritiene che Petralia
Soprana si sia sviluppata attorno al posto in cui un tempo, gli uomini per
meglio difendersi fondarono l'acropoli dell'antica Petra, tutto ciò lo fa
supporre la posizione di dominio rispetto ad una intera vallata, ed anche i resti
di un acquedotto forse medievale o romano, che doveva portare l'acqua nel
centro abitato ed anche i ruderi delle fortificazioni normanne e vari
ritrovamenti di monete greche, conservate in vari musei.
Petra passò dal dominio
cartaginese a quello romano poiché si arrese ai consoli Aulo Attilio e Gneo
Cornelio, fu città decumena e stipendiaria, dovendo rifornire Roma di grano.
Le notizie sul periodo
medioevale sono poche, si sa però che il momento di massimo splendore lo si
ebbe con il passaggio dalla dominazione araba a quella normanna.
Con gli arabi e poi con i
normanni, fu la base militare per il controllo di una vasta regione
circostante.
Nel 1062 il Conte Ruggero
d'Altavilla ne ebbe possesso, ne fortificò le mura, costruì un secondo castello
ed edificò la chiesa di S. Teodoro, rese al culto cristiano la moschea che sarà
del S. Salvatore e vi rimase per circa cinque anni, prima di partire per
l'assedio di Palermo.
Petralia Soprana divenne in
seguito terra demaniale e nel 1258 passò alla contea dei Ventimiglia di Geraci,
per staccarsene nel 1396 e passare alla contea di Collesano.
Nel 1600, sotto i Moncada,
il territorio cominciò a smembrarsi e sorsero Alimena e Resuttano, per ridursi
a meno di un terzo nel 1800, sotto i Borboni, quando furono cedute terre al
nuovo comune di Bompietro e a Petralia Sottana.
Seguì poi l'adesione
all'Italia unita e un feudalesimo baronale che perdurò fino alla caduta del
fascismo, quando i grossi feudi furono scissi con la riforma agraria, per
essere ceduti ai contadini.
Il centro abitato di
Petralia Soprana (celebre anche perchè diede i natali a Frate Umile Pontorno da
Petralia, appartenente al convento dei Padri Riformati scultore ligneo di
Crocifissi sparsi in tutta la Sicilia e vissuto fino al 1639), che conserva
numerosi beni di interesse storico artistico come: la Chiesa Madre dei S.S.
Apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa del S.S. Salvatore, la Chiesa di S. Teodoro
del XII sec., la Chiesa di S. Maria di Loreto, la Chiesa e il Convento di S.
Maria di Gesù, la Chiesa della Pinta, la Chiesa di S. Lucia, la Chiesa della
S.S. Trinità, Villa Sgadari del 1700-1750, i due palazzi Pottino, la Chiesa dei
Riformati con facciata del 1712, etc., non è compreso nella nostra proposta di
vincolo in quanto esso rientra nell'area del Vincolo delle Madonie, ma una
buona porzione del suo territorio lo ritroviamo nella valle, oggetto della
presente proposta di vincolo, con la quale i rapporti molto stretti non sono
solo di natura amministrativa, ma sociale ed economica.
Notevole il belvedere di
Petralia Soprana dal quale si gode una vista particolarmente ampia e
spettacolare, che spazia dalla Rocca Busambra all'Etna e dal quale è possibile
acquisire una visione di insieme della valle.
Da Petralia Soprana sono
raggiungibili le trentadue borgate che ancora conservano intatte tradizioni ed
usi dell'antico mondo contadino e ove si possono ancora trovare prodotti
alimentari fatti secondo le antiche usanze.
Sono frazioni di Petralia
Soprana: Cipampini, Fasanò, Madonnuzza, Naro, Pianello, Raffo, Saccù, San
Giovanni, San Giovanni Sgadari, Santa Caterina, Lo Dico, Salinella, Acquamara,
Bonicozzo, Borgo Verdi, Giotti, Girarello, Gulini, Lucia, Miranti, Peri,
Principato, Pellizzara, Sabatini, Salici, SS. Trinità, Scarcini, Serra di Lio,
Verdi I, Verdi II.
Fasanò, Pianello, Raffo e
San Giovanni sono diventate dei piccoli ed evoluti centri, cresciuti anche in
virtù di uno sviluppo creatosi attorno alla grande Miniera di salgemma di Raffo
ed al centro artigianale e industriale di Madonnuzza.
La contrada Raffo, dista 2
Km. da Petralia Soprana, alla quale si giunge seguendo la vecchia trazzera per
Bonicozzo a 12 Km. circa, seguendo la rotabile attuale.
Essa è situata su un pendio
compreso tra i 700 e i 900 m. s.l.m., sulla sponda destra del fiume Salso.
Le strade in quest'area si
snodano verso il bivio Madonnuzza in espansione a nord-ovest verso San Giovanni
Verdi e Gangi a sud-est, verso la miniera di salgemma ad est e verso
Pellizzara, Pianello e Fasanò a sud-ovest.
Il cav. dr. F. Ferruzza
Sabatino scrive testualmente: "Antonio Ventimiglia con privilegio dato
dallo stesso Re Martino a Catania il 9 luglio 1399 venne nominato Signore delle
Saline site in Petralia Soprana, con la terra di Gurafi o forse "Torre di
Gurafi" (di cui oggi restano soltanto le fondamenta circolari) ubicata
sulla Balza che sovrasta le case Sgaderi = Ciafarri".
Fino al 1890 nel vecchio
catasto fabbricati risultava col nome di Gurraffo, nel 1929 con l'impianto del
N.C.F. è diventato Raffo.
Gurraffo è certamente un
vocabolo di origine araba formato da Gur = sotto e dal nome Raffo = gradinata,
stanza, scaffale, per altri il nome potrebbe derivare da Giarraf = caraffa che
è un manufatto di argilla per contenere acqua.
In realtà osservando la
conformazione fisica del villaggio si nota la sua forma oblunga, circoscritta
dalle alture rocciose di Bovolito, Scaletta, Sgaderi, Macone, Bonicozzo e Cozzo
che espongono la loro crosta aspera e dirupata ad anfiteatro poggiato a
declivio sull'impluvio del Salso.
Raffo era comunque un punto
obbligato di arrivo o di transito di gente in tutti i tempi.
A sud passava la regia
trazzera della Zingara o dei Forestieri, densa di traffici commerciali che
probabilmente ripercorreva un antico tracciato romano, considerato i
ritrovamenti (pozzo a forma di capanna, in contrada Cozzo Fondaco, e un
Sarcofago con lucerna, al bevaio di Pellizzaro) effettuati nella zona.
Raffo è stata anche
denominata la Marina di Petralia Soprana
dove infatti svernano le greggi dei monti viciniori.
Essa era composta da tanti
quartieri a breve distanza uno dall'altro: Scatozzi, Scarpella, Vizzini, Puma,
Piano Vruchi, Ciuli, Cozzo, Lucia, Addauro, Casuzzi, Raffo Sgaderi, Acquamara,
Casuzza, Macone, Principato e Bonicozzo.
Bonicozzo è sita a 1010 m.
s.l.m. e dista da Petralia Soprana 1147 m., essa è posta nella trazzera
selciata di comunicazione tra Raffo e Petralia Soprana.
Da qui lo sguardo può
spaziare per valli e per monti fino ad Enna, all'Etna e alle Madonie, di essa
si dice che sia stata terra di spiriti e folletti, tanto che il Barone Sabatini
per tranquillizzare i passanti notturni fece porre a breve distanza l'una
dall'altra una croce di ferro, una pietra scolpita raffigurante le anime del
Purgatorio e una pietra raffigurante il Sacramento, simboli questi che
testimoniano credenze religiose di una cultura contadina semplice e credente.
Verso sud-est di Raffo si
trova la Serra della Zingara dove sorgono delle bianche casette, frutto degli
interventi della riforma agraria, poste ad uguale distanza l'una dall'altra, in
posizione quasi di vedetta a controllo di un lunghissimo tratto della regia
trazzera della Zingara e dei Forestieri, da lì infatti si possono osservare 2
Km. circa di strada che va verso Catania e 6 Km. di trazzera che passa a sud di
Raffo per S. Marina, Pellizzara, bivio Trinità, verso Palermo.
Nei pressi sono i resti
"U Funnacu", a sinistra del Salso, nei pressi di Raffo e le grotte di
"U Cuozzu u funnacu", nei pressi di Pellizzara, luogo di sosta di
molta gente, in passato.
Qui vi erano sette
Fontanelle (fosse in fila di circa mezzo metro cubo scavate nel terreno) che
accoglievano l'acqua potabile di una piccola sorgente del luogo e lo scarico di
un pozzo romano (a forma di campana appesa), questo doveva certamente essere
punto di refrigerio e di riferimento.
La vicina zona rocciosa di
Bovolito era ricca di selvaggina e di grotte e nascondigli per pastori e
delinquenti.
Molto probabilmente il nome
Serra che indica la zona superiore, spesso pianeggiante delle colline
spartiacque, fu aggiunto a quello della Zingara verso la seconda metà dell'800.
Grande rilevanza ha
rivestito nello sviluppo socio-economico della zona la presenza anche della
Salina, sicuramente sfruttata da sempre, fino a non molti anni fa in modo
manuale, oggi invece a livello industriale.
La grande importanza del
sale è riconosciuta attraverso la storia, ed è risaputo che il sale, le spezie
e l'incenso erano tra le principali necessità economiche del mondo antico.
Il convergere di tante
trazzere verso la salina, è un'altra dimostrazione del valore che il minerale
ha avuto e certamente avrà sempre.
Il feudo Verdi era diviso in
tre parti, di cui una lavorata a grano, una a fave e l'altra ad erba per fieno
e pascolo, nella rotazione agraria, al pascolo seguiva la coltura delle fave,
alle fave quella del grano, la contemporaneità delle colture assicurava la
presenza di tre prodotti fondamentali.
Una parte di terra "u
bonificatu" era riservata a piantagioni di olivi, vigne, mandorli e frutti
vari.
La terra, comprese le
petraie, era assegnata agli inquilini che coltivavano solo la terra ed ai
mitatèra che allevavano anche le vacche e le pecore.
Tra i borghi ricordiamo
anche Borgo S. Lucia, che prende il nome dalla piccola chiesa che lo genera e
che determina l'aggregarsi di unità abitative a schiera, l'origine del borgo è
da collegare alla costruzione della chiesa dedicata a S. Lucia avvenuta attorno
al 1647, a cui si sono aggiunte, in epoca più tarda le costruzioni ospitanti i
contadini del fondo annesso.
Ed ancora il Borgo Miranti,
il Borgo Peri, il Borgo Lo Dico che deve la sua quasi integrale modificazione
ad una devastante frana, il Borgo Salinella.
Inoltre sono da segnalare
anche Villa Sgadari, costruita nella prima metà del XVIII sec. da Don Matteo
Sgadari;
le Case Ferracci, una
piccola masseria caratterizzata da forme ben controllate, in pietra, arricchita
da una raffinata chiesetta collegata alle case da un vialetto, bordato e
ritmato da pilastrini in pietra da taglio;
le Case Fiscelli, sebbene
non arricchite da particolari raffinati sono di buona fattura, costruite presumibilmente
nella prima metà dell'800 e via via ampliate per gemmazione fino alla
configurazione attuale, rappresentano la continuità con la tradizione
costruttiva, pur nella sapiente conservazione di un vialetto segnato da filari
di cipressi.
Petralia Sottana
Petralia Sottana, a 1.000 m.
di altitudine, esiste come parte integrante di Petralia Soprana a partire dal
trecento.
Il centro, lambito dalla
Reginale 120 (Termini Imerese - Nicosia) è situato a 111 Km. da Palermo, nella
regione orientale delle Madonie, nell'alto bacino del Fiume Imera Meridionale.
La sua storia è assimilabile
a quella di Petralia Soprana, ed è la storia della Contea Ventimiliana di
Geraci.
Precedente all'attuale
centro, un primitivo insediamento arcaico permase, col nome di Petraea, fino al
periodo romano di Antonino.
L'attuale centro ha origine
attorno al Castello Ruggeriano del 1066, successivamente infeudato ai duchi di
Ferrandina.
Il centro si espanse nel
settecento con due nuovi quartieri e nel secolo successivo precisamente nel 1840,
si staccò da Petralia Soprana per formare comune a sè stante con un vasto
territorio sotto il suo controllo, acquisito da gran parte di quello di
Petralia Soprana.
L'impianto urbanistico è di
tipo medievale, in cui la disposizione dei comparti, per lo più con posti di
case a schiera e a blocco, è condizionato dalle accidentalità naturali del sito
orografico di giacitura, con fuochi di convergenza intorno alla Matrice e tra
il complesso di S. Francesco e la Chiesa di S. Maria la Fontana.
Il centro storico coincide
con l'intero centro abitato e mantiene i suoi caratteri di centralità rispetto
alle funzioni abitative, civili e commerciali, numerosi sono gli edifici di
interesse storico artistico presenti.
Il comune ha economia
agricola e zootecnica integrata da forme artigianali e attività estrattive
(calcari) ed è sorretta da iniziative turistiche, amministrative e sanitarie.
Le due Petralie sono unite
dalla storia e vincolate tra loro non da un rapporto ibrido, ma da forti
legami, sebbene la storia di Soprana la pone in posizione, non solo fisica di
subordinazione.
Dai documenti risalenti al
periodo dei Romani sì può evincere che sia Petralia Soprana che Petralia
Sottana avevano di già un loro spessore politico-sociale-economico, ciò lo si
può riscontrare anche a Petralia Sottana dall'esistenza di una moneta di bronzo
coniata dai Petrini (Petre-in).
Certamente le Petralie
subirono il dominio greco, romano e arabo.
Petralia Sottana, nel corso
dei secoli, ha cambiato molti nomi: in età greca si chiamò Petrae-polis (Terre
dell'abbondanza di pietre che la circondavano), in età romana si chiamò Petra,
nel periodo della dominazione araba si chiamò Batraliah.
Successivamente prese il
nome di Petralja, Petraglia, quindi Petra steria, poi Petra di Elia, Petra
Heliae per i normanni (bolla di Eugenio II) ed infine Petralia.
Petra, sia in greco che in
latino, significa pietra e così certamente è stata chiamata per la sua
posizione sulla roccia e in un luogo ricco di pietre.
Tra i beni di interesse
storico artistico, Petralia Sottana conserva: il Duomo dal portale gotico,
ricostruito tra il 1633 e il 1681, la Chiesa di San Francesco, con opere di G.
Salerno, la chiesa di S.M. della Fontana o della Vittoria, di gusto
ispanizzante, la Chiesa dei Cappuccini, la chiesa della Badia, con icona
gaginesca.
Fuori Petralia Sottana e
dalla nostra perimetrazione è il Santuario della Madonna dell'Alto del sec.
XIV.
Tra le frazioni e località
di questo comune ritroviamo: Piano Battaglia (fuori dalla nostra perimetrazione
di vincolo), Portella di Recattivo e Recattivo (feudo omonimo) (tav. V)
Castellana Sicula
Il centro di Castellana
Sicula, raggiungibile dalla S.R. 117, a 103 Km. da Palermo, si presenta
morfologicamente di tipo collinare.
La zona è ricca di siti
archeologici, nel territorio infatti sono state rinvenute traccie di antiche
forme di vita insediata (periodo romano e cristiano).
Il Borgo di origine
seicentesco nasce come insediamento dello "ius populandi" e di questa
tipologia conserva leggibile l'impianto urbano, accresciutosi nel XIX e XX
sec., in maniera modesta, fu una frazione di Petralia Sottana fino al 1947,
anno in cui acquistò la sua autonomia.
La sua fondazione è
sicuramente da attribuire al Duca di Ferrandina da cui proviene il nome di
Castellana, in quanto il Duca sposò Gemma di Castellana di Spagna.
Il suo impianto urbanistico
si presenta a trama viaria regolare con ricorsi di tracciati rettilinei e
paralleli e comparti ad andamento rettangolare allungato e disposizione
modulare ripetitiva in direzione est ovest.
La fascia nord, attraversata
dalla statale, presenta aggregazione più diradata, la sacca sud, viceversa, è
occupata più fittamente.
Lo stato di conservazione è
discreto, il centro conserva i caratteri di integrazione fra spazio costruito e
qualità dell'ambiente naturale.
Nel centro di Castellana
Sicula, degna di nota è la chiesa Madre, dedicata a San Francesco di Paola.
Il borgo ha economia
prevalentemente agricola e zootecnica integrata da forme imprenditoriali di
lavorazione dei vari prodotti di settore, da imprese artigianali e da
iniziative turistiche di tipo stagionale.
Le borgate hanno origine più
antica del centro abitato, Nociazzi, Calcarelli, Catalani, sono insediamenti di
origine feudale con preesistenze archeologiche disseminate per i territori delle
loro contrade.
I nuclei propulsori di
queste borgate conservano ancora le caratteristiche minute architetture murali,
gli spazi stretti e le volumetrie fitte e basse.
Sono puntellati da
abbeveratoi e lavatoi in pietra che testimoniano una vita sociale collettiva
che trasloca di continuo tra ambiente chiuso, privato e spazi aperti,
comunitari.
Tra le numerose località
interessate alle preesistenze storiche, ricordiamo la contrada Muratore, Passo
l'Abide, Margi.
Il borgo di Nociazzi
Superiore è un piccolo Borgo di Castellana Sicula abbarbicato deliziosamente su
un terreno in forte pendio, distrutto in parte da una frana, ma che riesce
ancora a rivelare la bellezza di un borgo madonita (tav. V).
Blufi
Blufi, un tempo denominato
"Littorio", il più giovane dei comuni della provincia di Palermo
eretto a comune il 7 marzo 1972, era anch'esso una frazione di Petralia
Sottana.
Il centro è raggiungibile
dalla trasversale madonita al bivio omonimo, lungo la strada comunale
Vaccarella.
Esso sorge su terreni di
argille sabbiose con lenti di salgemma e gesso in cristalli, ha modesta
economia agricola e zootecnica integrata dal reddito degli addetti pendolari
nel territorio e sorretta dalle rimesse degli emigrati.
Più prossimo al centro di
Bompietro che a quello di appartenenza amministrativa, fa parte del sistema
pede-montano delle Madonie, costituendone uno degli insediamenti minori
emarginati, per lungo tempo il luogo era denominato "malpasso", poi
nel 1428 e 1527, compaiono i nomi di Belufi e Balufi e infine nel 1752 Blufi,
forse per dire fiume azzurro, in quanto vicino all'Imera.
Ha impianto urbanistico di
tipo lineare, aggregativo di posti di casa a schiera, lungo un asse viario di
attraversamento del territorio comunale e due modeste sacche edilizie
all'inizio e alla fine dell'insediamento, le unità abitative si presentano in
genere con fronte verso l'urbano costruito e l'altro fronte verso l'extraurbano
della campagna circostante.
Esso è stato per secoli meta
di pellegrinaggi, per la presenza del Santuario della Madonna dell'Olio,
situato a circa Km. 2 dal centro abitato e che si adagia su una collina a 660
m. di altitudine, in una zona un tempo ricca di oliveti, nella cui pianura
scorre il fiume Imera Meridionale e nei pressi del Santuario il torrente
dell'Olio.
La sua fama è dovuta alla
presenza di un liquido reputato miracoloso, che sgorga dalla Fontana dell'Olio,
utilizzato per curare le malattie cutanee, che periodicamente veniva raccolto
dai frati e dato ai fedeli.
Il complesso è costituito
dalla Chiesa, di stile settecentesco, ma di più antiche origini, al suo fianco
un campanile recentemente edificato, in quanto l'originario piccolo artistico
campanile era stato colpito da un fulmine.
Davanti la chiesa è un ampio
piazzale su cui si aprono il vecchio ed il nuovo convento.
A poca distanza dalla chiesa
si trova un piccolo monumentale cimitero e alla base di un'altura, a quota 717
m., dove è situata la Croce, è la Fontana dell'Olio, probabilmente sede di uno
dei tempietti sacri a Diana Fatalina.
Nel centro abitato è da
rilevare la presenza della Chiesa Madre Cristo Re, risalente alla fine del sec.
XIX.
Il territorio di Blufi vide
certamente la presenza di differenti popolazioni, perchè anch'essa è ricca di
tracce che denunziano più antichi insediamenti umani.
Ci sono infatti indizi che
stimolano verso ricerche più approfondite soprattutto di carattere
archeologico, in zone precise, come in contrada Reginese.
Esistono, quasi adiacenti al
fiume Imera i resti di un ponte in pietra di età romana, come testimonianza dei
trascorsi di questo comune, esso è immerso in una lussureggiante vegetazione
ripariale, mentre in contrada Marabuto vi è una presunta zona archeologica che
desta tutt'oggi interesse e curiosità.
Tra le sue frazioni e
località sono: Firrarello e Nero (tav. V).
Bompietro
Il centro di Bompietro è
raggiungibile dalla A19 (Palermo - Catania) all'uscita per Alimena, a 123 Km.
da Palermo, esso sorge sui rilievi delle Madonie nel bacino del Salso.
Il borgo di fondazione
feudale del XVIII sec. si accrebbe attorno ad un casale di poco più antico
(sec. XVII).
Diveniva comune autonomo nel
1804, poichè fino ad allora era anch'esso Borgata di Petralia Soprana.
La sua formazione risale
quindi al 1600, epoca nella quale il rapporto contado-città, istituzionalizzato
dalla "ius populandi", era più stretto e i grandi proprietari
terrieri attendevano più direttamente alla cura dell'amministrazione delle
proprietà, allettati dalla possibile acquisizione di titoli nobiliari, epoca in
cui alcuni di essi si interessarono a queste contrade.
Si trattò di un'attenzione
determinata dalla salubrità del clima, oltre che dalla mitezza rispetto alle
Petralie, il cui clima è molto più rigido durante i periodi invernali.
Questi signorotti si
trasferirono in questa conca e attorno alle prime ville sorsero anche case
coloniche che, in breve tempo, formarono un villaggio: il villaggio di Buon
Pietro, su cui aleggiano numerose leggende.
L'impianto urbanistico si
presenta ad aggregazioni irregolari di piccoli comparti fortemente articolati
disposti attorno al fulcro centrale della Piazza Matrice e lungo i margini
dell'asse mediano di crescita ad andamento curvilineo da ovest a sud, il centro
mantiene integri i propri caratteri di centralità abitativa, commerciale e
civile, anche nei riguardi delle fasce della recente espansione (a sud ovest
del primo nucleo di impianto).
Tra i suoi beni di interesse
storico artistico sono da ricordare: la Chiesa Madre e il Palazzo Gangi.
Il comune di Bompietro ha
economia agricola e zootecnica retta da attività piccolo-industriali e dalle
rimesse dei numerosi emigrati.
Sono frazioni di Bompietro:
Locati e Galati.
Locati è un piccolo centro,
sede un tempo di un carcere, in un luogo malsano e malarico, bonificato sembra,
a poco a poco, dai familiari dei carcerati, che si stabilirono nelle vicinanze
di quel carcere.
Tra le sue contrade sono da
ricordare: Gangi, Guarraia, Librizzi, Piraino, Purgatorio, Salerina, Segneferi,
Sanfilippo (tav. V).
Alimena
Il territorio di Alimena,
che rientra interamente nella perimetrazione dell'area del vincolo proposto, è
lontano dalla capitale e vicinissimo alle province di Enna e di Caltanissetta,
esso è raggiungibile dalla A19 (Palermo-Catania) al bivio omonimo, a 120 Km. da
Palermo.
Alimena, a 750 m. di
altitudine è situata sulle propaggini delle Madonie, in mezzo a sterminate
distese di grano, tra il Salso Settentrionale e l'Imera Meridionale.
Il centro di Alimena sorge
quindi nella regione sud orientale delle Madonie, in prossimità della Balza di
Areddula, sullo spartiacque fra i fiumi suddetti.
Il borgo rurale sorto per
ragioni di prestigio feudale legato all'agricoltura, fu fondato nel 1603 ad
opera di Pietro Alimena, a seguito della concessione del Re di Spagna Filippo
IV, il 21 febbraio 1628 e comprendeva le zone di Portella Nuciforo, San
Filippo, il fondo della Mazza e l'antica Imaccara (Garrosia e Bulfara), nel
1628 il successore Antonio ebbe il titolo di Marchese.
Il suo impianto urbanistico,
da manuale, si presenta a schema pressocchè regolare, a trama viaria ortogonale
e allineamenti lungo un asse principale che termina nel fuoco centrale a
ridosso della fiancata est della Chiesa Madre, presenta tagli viari irregolari
nelle aree di margine e tessuto edilizio adattato alle acclività del sito di
giacitura.
Il centro mantiene tutt'oggi
le sue funzioni residenziali e commerciali e presenta i segni di riuso edilizio
con scarse sostituzioni, lo stato di conservazione è discreto.
Tra i suoi monumenti più
notevoli sono: la Chiesa Madre, che conserva una statua dell'Immacolata di
Francesco Sorgi; La Chiesa dell'ex Convento dei PP. Riformati, che conserva un
Cristo spirante di autore ignoto del sec. XVII-XVIII, e la Chiesa delle Anime
Sante.
Il comune ha modesta
economia agricola e zootecnica, con piccole aziende di settore e presenta forte
emigrazione.
Nelle sue campagne si
producono in particolare, granaglie, mandorle, fave, olive e si producono vini.
Un tempo la zona era molto
fertile sia per il clima che per la posizione tra quattro fiumi: Pellizzara, il
Salso di Gangi, il Segnaferi e l'Imera Meridionale e per la presenza delle
miniere di sale e zolfo.
Tra le sue contrade quella
di "Bolfara" ha sicuramente origini più antiche.
Nella contrada
"Burgarito", sita in aperta campagna, è una piccola abside costruita
su una roccia a strapiombo su un torrente.
Nei pressi del santuario
sono situate alcune grotte rupestri di notevole interesse e di altrettanto
interesse è la chiesa dedicata a S. Alfonso De' Liguori, a pianta esagonale,
che originariamente fu una torre posta a guardia di un territorio amplissimo
comprendente, oltre alle propaggini meridionali delle Madonie, anche i monti
Erei.
Altre
contrade sono: Destri, Chiappara, Garrasia, Vaccarizzo, Celsi (tav. V).
Capitolo III
AMBIENTE ANTROPIZZATO
ED ASPETTI
ETNO-ANTROPOLOGICI
Tutte le contrade presenti
nell'area, oggetto della proposta di vincolo, sono percorse da innumerevoli
sentieri, strade, trazzere e mulattiere e disseminate qua e là spiccano piccole
costruzioni realizzate semplicemente in pietra, fattorie, antiche ville,
casali, masserie e minuscoli borghi dove si respira un'aria campestre (tav. V).
Tali insediamenti abitativi
e le sparse costruzioni, per le loro caratteristiche tipologiche ed il perfetto
inserimento nel paesaggio, legano in mirabile sintesi i valori naturali e gli
elementi costruiti e testimoniano una presenza dell'uomo in perfetta armonia
con il territorio.
Si nota come l'uomo
intrattiene con l'ambiente un rapporto che non è soltanto di territorio in cui
vive, ma anche quello da cui trae i mezzi per vivere, esso pertanto rappresenta
oltre che un quadro naturale anche un quadro di vita.
L'equilibrio tra ambiente
naturale e antropizzato in quest'area si è mantenuto fino a che l'economia
vigente di tipo agricolo ha imposto all'uomo una limitazione spontanea oltre la
quale lo sfruttamento della terra si sarebbe trasmutato in danno.
Due sono gli elementi
fondamentali di questa area: l'acqua e la pietra.
L'acqua è indispensabile
alla vita domestica e per i campi, quindi, cisterne, lavatoi, abbeveratoi
pozzi, fontanelle e pile non possono mancare nelle case rustiche.
L'acqua è anche l'energia
dei mulini e, oltre a quelli in seguito elencati, tra i mulini ad acqua era di
notevole importanza anche quello sito nel quartiere Scatozzi (disattivato nella
seconda metà dell'800 e definitivamente nel 1935 da una frana scesa a V dal
monte Bovolito, che riunendosi a valle ha interrotto il flusso d'acqua) ed un
altro di fronte alla miniera di salgemma, di essi erano visibili, fino a pochi
anni fa, i ruderi in pietra rifinita con la "mazzetta".
La pietra è invece il
simbolo della proprietà, il segno tangibile della conquista della natura, ed il
fulcro della famiglia.
La casa rurale in pietra si
adagia mollemente sul territorio senza farle violenza, anzi collabora con il
paesaggio, non sconvolgendo nè alterando il quadro d'insieme, quasi come se
essa fosse sempre esistita in quei luoghi, le sue aperture si presentano in
genere poche e strette per motivi di clima, di sicurezza, di economia e di
spazio.
Le borgate rurali frutto di
aggregazione per piccoli nuclei elementari, sono direttamente legate al sistema
economico, basato sullo sfruttamento agricolo del territorio.
Numerose sono le contrade
presenti in quest'area in cui si ritrovano organismi rurali polifunzionali.
In contrada Guarraia, ad
esempio, incontriamo un nucleo di case contadine del sec. XIX - XX, costituito
da costruzioni destinate a: residenza, attività agricole, allevamento bestiame.
Il nucleo edilizio si
compone di semplici elementi (abitazione, stalla, fienile, pollaio, deposito
attrezzi) organicamente giustapposti in relazione agli spazi minimi esterni,
acciottolati, necessari al funzionamento dell'intero complesso che si sviluppa
a tenaglia attorno al piccolo cortile.
Ogni singola unità si
compone di un ambiente, di dimensioni standard di 6,00 x 4,00 m., delimitato
dalle quattro mura perimetrali (spesso in comune con altri ambienti) che
reggono la copertura a falda semplice in legno, canne e coppi.
Le murature costruttivamente
sono caratterizzate dalla cosiddetta "doppia camicia" in cui si
distingue un paramento esterno in pietra di natura calcarea, squadrata, dalle
faccie perfettamente in aderenza ed un paramento interno costituito da pietrame
informe legato da malta di calce mista a pietrisco di fiume e residui di cotto
in granulometria fine.
Gli architravi delle
aperture sono in legno a vista e gli infissi sempre in legno vengono verniciati
per protezione.
Il manto superficiale di
coppi, poggia su un sottofondo di canne legate insieme con cordame fino,
(filamenti di zabara) secondo linee geometriche ordinate ed allineate, a
costituire, nella funzionalità dell'abitazione, una coibentazione naturale.
Prive di documentazioni, le
notizie storiche di questi manufatti sono generalmente legate alle vicende
feudali ed al susseguirsi delle vicende storiche che hanno interessato l'area
rurale dell'estremo versante meridionale delle Madonie, in maniera macroscopica
sin dal XVIII sec.
Lo sviluppo demografico ed
edilizio che ha caratterizzato e spesso generato le numerose borgate rurali
della zona, ne ha mantenuto in pieno la vitalità produttiva fino a qualche
decennio addietro.
Il mutarsi del tipo di
economia, a cui gli abitanti sono dediti ha determinato il successivo
spostamento delle unità lavorative verso grossi centri urbani ed i mutati
standards di vita, (condizioni igienico-sanitarie richieste alle abitazioni) ha
pure inibito notevolmente lo sviluppo delle borgate ancora oggi abitate, ma
solamente nelle unità edilizie più grosse e più comode.
Le unità edilizie più
semplici quando non siano crollate, sono utilizzate per il ricovero degli
animali, di attrezzi agricoli o come fienile, quelle dirute diventano cave di
materiale da costruzione.
Gli interventi
architettonici recenti hanno, quasi sempre, carattere di manomissione dei
sistemi costruttivi originari.
Questi manufatti sono
collocati su declivi alto-collinari, in aree caratterizzate dallo sfruttamento
estensivo e seminativo umido-asciutto (cereali e foraggio) con forme sparse di
coltura promiscua (seminati, piante da frutto e da foglia).
Nella località di Raffo
(Petralia Soprana), le case in genere si affacciavano su uno spazio comune
"u ballu" o "bagghiu" (baglio), quasi a ferro di cavallo;
l'acqua era convogliata a valle da una canaletta di circa un metro di
larghezza, le pietre adoperate nelle costruzioni erano blocchi di tufo calcareo
di formazione terziaria, di colore bianco giallastro, molto duro, cementati
"ccu issu d'a carcara".
Quasi sempre le case erano
composte o da un solo vano terra con al centro "u cufularu" (fossa
scavata nel pavimento, rivestita di gesso e senza camino centrale, dove
accendere la paglia per riscaldarsi in inverno, oppure da un piano terra
(stalla, cantina, deposito attrezzi) e dal primo piano al quale si accedeva con
una scala esterna anche a due rampe, più i pianerottoli (ànnati).
Il piano di abitazione era
in genere composto da una stanza principale multiuso (granaio, sala da pranzo,
etc.) e da un cucinino "ccu cufuni" di pietra sul quale si poggiavano
le pentole di terracotta o la padella di ferro, o dalla "tannura",
cucina a legna murata in cui venivano inserite le pentole di rame.
L'approvvigionamento d'acqua
avveniva a spalla con i cosiddetti "bummila e lanceddi", o con
animali carichi di "cufina" (ceste a forma di campana ove si
mettevano i contenitori).
Nella zona di Raffo le
fontane più frequentate erano quelle di S. Marina, Addauro, le fontane di Masi
e Salaci e quella di Cicuta.
Caratteristicamente queste
case presentavano, ove possibile, le aperture rivolte verso sud per permettere
una migliore illuminazione e un migliore riscaldamento.
Il frazionamento delle
proprietà fondiarie dovuto alle concessioni enfiteutiche a partire dalla
seconda metà del sec. XIX e la divisione delle terre dopo i patti agrari e le
lotte contadine qui vissute attivamente, hanno sottolineato la tendenza, nella
popolazione rurale della zona presa in esame, ad abbandonare i grossi comuni
montani, per insediarsi nei pressi delle terre da coltivare, in aggregati
edilizi e borgate che hanno poi caratterizzato il paesaggio dei rialzi montuosi
tra i fiumi Imera e Salso.
Lungo le strade, le
trazzere, i viottoli si incontrano, di tanto in tanto, tabernacoli rustici,
spesso in pietra con immagini scolpite.
Molte di queste edicole
votive sono, a volte, munite di grate, esse sono meta di pellegrinaggi e a
volte vengono innalzate in segno di ringraziamento per grazie ricevute.
Sono anche questi simboli
puntuali sul territorio, pietre miliari, dove si soffermavano e ancor oggi si
soffermano i contadini quando si avviavano al lavoro e al ritorno da esso.
Anche le masserie presenti o
di cui rimangono i resti testimoniano un'attività agricola e pastorale
prevalentemente dedita al frumento e all'allevamento delle pecore.
Particolare importanza
rivestono anche i Palmenti, locali adibiti alla spremitura delle uve e
successive fasi della lavorazione del vino, essi si presentano in genere come
due ampie vasche di diversa profondità collegate tra loro in cui si pigia l'uva
e si raccoglie il mosto.
Allegato A al Capitolo III
Si riportano qui di seguito
gli elenchi dei beni di interesse etno-antropologico forniti dalla sezione
etno-antropologica di questa Soprintendenza, per i quali detta sezione si è
attivata a fine di effettuarne una verifica.
Le schede conoscitive
relative ai singoli beni sono state redatte dalla cooperativa Agritour.
PALMENTI
1) Bene: Palmento.
Località: Fasanò.
Datazione: 1920.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: La struttura
è in pietra a faccia vista, successivamente fu rivestito con malta cementizia,
è costituito da una vasca (Pitatura) e dalla tina.
2) Bene: Palmento.
Località: Fasanò.
Datazione: 1950.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Il portone
d'ingresso del Palmento, originariamente in legno, è stato sostituito con una
saracinesca, le finestre sono invece rimaste allo stato originario, vi si trova
una vasca rettangolare dove veniva pigiata l'uva, un'altra vasca più piccola
serviva a raccogliere il mosto dove rimaneva 24 ore, prima di essere travasato
nelle botti.
La vasca più ampia ha
dimensioni 3,10 x 3,20 x 0,30 h., quella più piccola 2,83 x 1,90 x 1,25 h.
3) Bene: Palmento
"Ramusa".
Località: Verdi, nel centro
della borgata.
Datazione: 1930-36.
Proprietà: Privata.
Centri storici: Il Palmento
si trova all'interno di un casolare. E' formato da due vasche comunicanti
tramite una canaletta e vi è anche un torchio.
4) Bene: Palmento.
Località: Raffo, contrada
Macuni.
Datazione: 1876.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova
all'interno di una casa rurale oggi in disuso.
5) Bene: Palmento.
Località: Cipampini, via
Massimo D'Azeglio (all'interno della borgata).
Datazione: metà '800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: La struttura
è in conci di pietra squadrata e malta aerea (calce), fu fatto costruire da
Vittorio Sabatino.
6) Bene: Palmento.
Località: Cipampini, nel
centro abitato.
Datazione: 1889.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: La struttura
è in pietra intagliata ed è rivestita da calce e cemento. Fu fatta costruire
dal signor Sabatino Biagio.
7) Bene: Palmento.
Località: Girarello, in
aperta campagna.
Datazione: 1700-1800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: La
piattaforma del palmento è in pietra, di forma circolare, di 1,20 m. di
diametro.
POZZI
1) Bene: Pozzo
"Ragonese".
Località: Fasanò, in aperta
campagna.
Datazione: 1940.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Il pozzo è in
pietra a faccia vista, di forma circolare e a forma di ampolla, circondato da
aste di ferro.
2) Bene: Pozzo
Località Fasanò, contrada
Saccù, in aperta campagna.
Datazione: 1750 circa.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Il pozzo è
realizzato in conci di pietra squadrata a secco, di forma circolare ricoperta
da lastre di pietra in disuso.
3) Bene: Pozzo.
Località: Saccù, in aperta
campagna.
Datazione: 1750.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Ha una forma
circolare, è in disuso, ed è situato vicino ad una sorgente con accanto una
pila per il bucato.
4) Bene: Pozzo.
Località: Saccù, via
Montenero - via Canalotto.
Datazione: 1700.
Cenni storici: E' situato
all'interno del centro abitato, presenta una struttura in pietra non squadrata,
a forma cupoliforme, con apertura rettangolare.
5) Bene: Pozzo.
Località: Verdi.
Datazione: 1900.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova in
aperta campagna, è di forma circolare, rivestito con malta cementizia.
6) Bene: Pozzo.
Località: Verdi.
Datazione: 1790.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova in
aperta campagna, la parte incassata è costituita da pietre scolpite, la parte
sottostante in pietre di tufo poste a forma circolare con una piccola apertura.
7) Bene: Pozzo.
Località: Verdi.
Datazione: 1790.
Cenni storici: Si trova in
aperta campagna, "u stagnuni" è in pietra, nella parte frontale
rettangolare c'è uno sportello in ferro ed accanto vi è uno scivo ricavato da
una sola pietra, era la sorgente del bevaio che si trova nel centro della
frazione. Anticamente dal pozzo si attingeva l'acqua che veniva versata nello
scivo antistante per l'abbeveraggio degli animali.
8) Bene: Pozzo
"Barnissa"
Località: Bonicozzo.
Datazione: 1882.
Proprietà: Privata.
Centri storici: Si trova
all'interno della villa baronale, è di forma circolare, costruito in pietre
murate con malta cementizia, coperto con pietre murate a forma di mezza cupola,
apertura a forma rettangolare con a sinistra uno scivo a mezza luna ricavato in
una sola pietra. Il pozzo apparteneva alla baronessa Sabatini, oggi è in
disuso, ristrutturato e conservato come elemento caratteristico della villa.
9) Bene: Pozzo.
Località: San Giovanni.
Datazione: 1985.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova nel
centro abitato di fronte l'unica chiesa, è realizzato in conci di pietra
circolare, è situato all'esterno della villa ed è stato costruito per
l'irrigazione delle piante. Ha un diametro di 1,10 x 2,10 di altezza.
10) Bene: Pozzo "A
Funtana".
Località: Salinella.
Datazione: 1960.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova nel
centro abitato, è di forma rettangolare con pietre grossolanamente squadrate
legate con gesso, oggi in disuso.
11) Bene: Pozzo.
Località: Salinella.
Datazione: 1970.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Si trova nel
centro abitato, è di forma circolare, con apertura rettangolare.
12) Bene: Pozzo.
Località: Serra di Lio.
Datazione: 1800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova in
aperta campagna, è in pietra con apertura rettangolare.
13) Bene: Pozzo.
Località: Cipampini.
Datazione: 1700.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Si trova
nella parte bassa della borgata, ha forma quadrata con la parte superiore a
forma di cono, in pietra regolare, dà l'acqua a due bevai vicini (uno privato,
l'altro comunale), nelle vicinanze c'erano due fontane ("Funtanazza"
e "Pasqualiddi", la cui acqua è oggi inquinata.
14) Bene: Pozzo.
Località: Sabatino, contrada
Cassaloro.
Datazione: 1800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: In aperta
campagna, in pietra a forma cilindrica, oggi in disuso.
15) Bene: Pozzo.
Località: Gioiotti.
Datazione: 1800.
Proprietà: privata.
Cenni storici: Nel centro
abitato, in pietra squadrata, con sabbia e gesso, oggi in disuso.
16) Bene: Pozzo.
Località: Gioiotti.
Datazione: 1903.
Proprietà: privata.
Centri storici: Centro
abitato, è in pietra squadrata, la parte superiore è aperta per favorire
l'accumulo di acqua piovana, oggi in disuso.
17) Bene: Pozzo
"Casini"
Località: Pianello contrada
Cascini.
Datazione: 1920.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Il pozzo è
sito in una sorgente naturale, ha forma irregolare, in pietra, in disuso,
l'acqua veniva incanalata in una gibbia.
18) Bene: Pozzo
"Casceni"
Località: Pianello contrada
Cascini.
Datazione: 1970.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: In aperta
campagna, in disuso, attualmente l'acqua del pozzo alimenta un bevaio
sottostante.
19) Bene. Pozzo.
Località: Pellizzara.
Datazione: 1800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Nel centro
abitato, oggi in disuso.
BEVAI
1) Bene: Bevaio.
Località: Fasanò.
Datazione: 1923.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: La forma
definitiva è del 1981.
2) Bene: Bevaio di Paola.
Località: Fasanò contrada
Pozzillo.
Datazione: Circa cento anni
fa.
Proprietà: Privata.
Cenni Storici: Presenta i
cannoli in pietra scolpita in altorilievo, adoperato per l'irrigazione e uso
potabile.
3) Bene: Bevaio.
Località: Fasanò, contrada
Pozzillo.
Datazione: 1912.
Proprietà: privata.
Cenni storici: E' costituito
da uno scivo ed una vasca collegati con canaletta.
4) Bene: Bevaio.
Località: Fasanò, contrada
Saccù.
Datazione: 1860.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Ha forma
rettangolare, è ancora attivo.
5) Bene: Bevaio.
Località: Saccù.
Datazione: 1956.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Si trova a
valle della borgata.
6) Bene: Bevaio.
Località: Saccù.
Datazione: 1800 c.
Proprietà: privata.
Cenni storici: Costituita da
due vasche una quadrata ed una rettangolare.
7) Bene: Bevaio.
Località: Verdi.
Datazione: 1960.
Proprietà: comunale.
Cenni storici:
Caratteristico per la forma costituita da tre scivi ricavati in pietra dove l'acqua
fluisce tramite feritoie.
8) Bene: Bevaio.
Località: Verdi.
Datazione: 1960.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Adoperato per
l'irrigazione e l'abbeveraggio, l'acqua proviene dalla contrada Vaccarizzo.
9) Bene: Bevaio.
Località: Borgo Verdi.
Datazione: 1955.
Proprietà: ESA.
Cenni storici: E' realizzato
in pietra con due vasche di altezza differenziata, più alta per le mucche, più
bassa per gli ovini.
10) Bene: Bevaio.
Località: Verde, contrada
Praino.
Datazione: 1921.
Proprietà: privata.
11) Bene: Bevaio Scifa.
Località: Verdi.
Datazione: oltre 100 anni
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Costituita da
quattro vasche (scivi) rettangolari.
12) Bene: Bevaio.
Località: Borgo Pala.
Datazione: 1790.
Proprietà: comunale.
13) Bene: Bevaio.
Località: Borgo Pala.
Datazione: 1960.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: In cemento
con due vasche per l'abbeveraggio e l'irrigazione.
14) Bene: Bevaio.
Località: Salaci (vicino la
chiesa).
Datazione: 1950.
Proprietà: comunale.
15) Bene: Bevaio Cerami.
Località: Salaci (Quartiere
Cerami).
Datazione: 1950.
Proprietà: Comunale.
16) Bene: Bevaio Chiano
Salaci.
Località: Salaci.
Datazione: 1946.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costruito nel
periodo della riforma agraria, usato per l'abbeveraggio degli animali.
17) Bene: Fontana a timpa.
Località: Salaci
Datazione: metà '700.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Oggi in
disuso, era usata per l'abbeveraggio degli animali e per usi domestici.
18) Bene: Bevaio Gennaro.
Località: Salaci.
Datazione: 1965.
Proprietà: comunale.
19) Bene: Bevaio
"Chiano Vruchi"
Località: Raffo.
Datazione: 1955.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: E' costituito
da uno scivo e da un bevaio.
20) Bene: Bevaio "Gran
Signora".
Località: Raffo.
Datazione: 1977.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
una vasca rettangolare, l'acqua proviene dalla sorgente Vaccarizzo. Intorno al
1950/52 era situato accanto alla chiesa.
21) Bene: Bevaio Ciuli.
Località: Raffo.
Datazione: 1952.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
un bevaio e da uno scivo.
22) Bene: Bevaio Sgadari.
Località: Raffo, contrada
Sgadari.
Datazione: 1700.
Proprietà: Privata.
23) Bene: Bevaio.
Località: Raffo contrada
Macuni.
Datazione: 1800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Costituito da
un bevaio e da uno scivo.
24) Bene: Bevaio "a
Valle"
Località: Raffo.
Datazione: 1981.
Proprietà: Comunale.
25) Bene: Scivi "Vucca
a buffa"
Località: Raffo, contrada
Acquamara.
Datazione: Risalente a circa
300 anni fa.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Usata per
l'abbeveraggio degli animali.
26) Bene: Bevaio.
Località: Raffo, contrada
Casuzza.
Datazione: 1950.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
un bevaio e da uno scivo.
27) Bene: Bevaio
"Vizzini"
Località: Raffo.
Datazione: 1953
ristrutturata nel 1987.
Proprietà: Comunale.
28) Bene: Scivo.
Località: Raffo, contrada
Raffo, contrada Lucia.
Datazione: 1879.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: In aperta
campagna a forma semicircolare con pietra triangolare frontale, dove fuoriesce
il cannolo per l'acqua.
29) Bene: Bevaio "o
cannuolu".
Località: Raffo.
Datazione: Anni '50.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Situata più
su del vecchio mulino della miniera vicino la fontana.
30) Bene: Bevaio.
Località: Raffo, contrada
Lucia.
Datazione: 1878.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
due scivi.
31) Bene: Bevaio "Acqua
mara".
Località: Raffo.
Datazione: 1945.
Cenni storici: Sito nel
centro abitato.
32) Bene: Bevaio
"Papassi".
Località: S. Giovanni,
contrada Papassi.
Datazione: 1886.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Apparteneva
alla Marchesa Pottino.
33) Bene: Bevaio "U
cuozzu".
Località: S. Giovanni.
Datazione: 1956.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Sito nel
centro della borgata, è costituito da una vasca e da uno scivo.
34) Bene: Bevaio.
Località: Salinella.
Datazione: 1972.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
una vasca rettangolare e da uno scivo.
35) Bene: Scivo e Mulino.
Località: Giaia.
Datazione: Ha circa 100
anni.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: In pietra
scolpita a forma circolare, usato per l'abbeveraggio dei cavalli.
36) Bene: Bevaio.
Località: Cipampini.
Datazione: 1789 ricostruito
nel 1971.
Proprietà: Comunale.
37) Bene: Bevaio
"Gragano".
Località: Cipampini,
contrada Gragano.
Datazione: 1760.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Il bevaio è
interrato ed emerge solo il cannolo, presenta un buco nella pietra per legare
gli animali.
38) Bene: Bevaio.
Località: Sabatini.
Datazione: 1930.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Ricavato da
una sola pietra scolpita con un lato rotondeggiante.
39) Bene: Scivi.
Località: Cipampini,
contrada Don Bosco.
Datazione: 1789.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Si trova in
aperta campagna, sono in numero di tre, scolpiti in un'unica pietra, collegate
da canalette, il primo a forma circolare, gli altri due rettangolari, la
fontana è sita nelle vicinanze delle grotte della contrada Don Bobo, usate come
rifugio durante la guerra.
40) Bene: Bevaio
"Funtanedda".
Località: Girarello.
Datazione: 1872.
Proprietà: Comunale.
41) Bene Bevaio.
Località: Girarello.
Datazione: 1970.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Presenta una
fronte triangolare e riquadro riportante la data di costruzione.
42) Bene: Bevaio.
Località: Girarello.
Datazione: 1935.
Proprietà: Comunale.
43) Bene: Bevaio.
Località: Pianello.
Datazione: 1973.
Proprietà: Privata.
44) Bene: Bevaio.
Località: Gioitti.
Datazione: 1940.
Proprietà: Comunale.
45) Bene: Bevaio.
Località: Pianello, contrada
Cascini.
Datazione: 1980.
Proprietà: Privato.
46) Bene: Bevaio.
Località: Pianello.
Datazione: 1920.
Proprietà: comunale.
Ceni storici: realizzato in
cemento su un preesistente bevaio usato dai primi abitanti della borgata Arsi.
47) Bene: Bevaio "Zà
Annorfa".
Località: Pianello, contrada
Casceni.
Datazione: 1930.
Proprietà: Privata.
48) Bene: Bevaio Gioiotti.
Località: Pianello, contrada
Gioiotti.
Datazione: 1920.
Proprietà: comunale.
49) Bene: Bevaio.
Località: Scarcini.
Datazione: 1934.
Proprietà: Comunale.
50) Bene: Bevaio "S.
Marina".
Datazione: 1868.
Proprietà: Privato.
Cenni storici: Della
baronessa Messineo, è costituito da due vasche di cui quella più piccola usata
come lavatoio.
51) Bene: Bevaio.
Località: Pellizzara,
quartiere Scelfo.
Datazione: 1954.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Costituito da
uno scivo a mezza luna ricavato da una sola pietra.
52) Bene: Bevaio.
Località: Pira.
Datazione: 1945.
Proprietà: comunale.
Cenni Storici: Alimentato
dalla sorgente Tre Fontane.
53) Bene: Bevaio
"Pira".
Località: Pira
Datazione: inizio '900.
Cenni storici: Usato per le
mandrie.
54) Bene: Bevaio.
Località: Fiumicello.
Datazione: 1911.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Presenta una
cornice ottagonale riportante lo stemma e la data finemente scolpite, con
cannoli decorati.
55) Bene: Bevaio.
Località: S. Caterina,
contrada Miranti.
Datazione: del 1884
ristrutturato nel 1952.
Proprietà: Comunale.
MULINI
1) Bene: Mulino.
Località: Saccù.
Datazione: Metà dell'800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: E' sito a
valle del centro abitato, lungo il corso del fiume, attualmente è in parte
diroccato, caratteristico è l'arco dove era situato la ruota in legno, che
azionava il mulino.
2) Bene: Mulino
"Casuzza".
Località: Raffo.
Datazione: 1750.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: si trova in
aperta campagna, è un rudere in pietra, destinato alla macinazione del grano.
3) Bene: Mulino.
Località: Raffo.
Datazione: 1° impianto del
1974 - 2° impianto del 1960.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Realizzato in
legno, con meccanismi in ferro, destinato alla macinazione del grano.
AZIENDE AGRICOLE
1) Azienda agricola, con
stalle e mangiatoie.
Località: Pianello, contrada
Pianello basso.
Datazione: 1930.
Proprietà: privata.
2) Azienda agricola, per
allevamento ovini
Località: Pianello, contrada
Stretti.
Datazione: 1960.
Proprietà: Privata.
3) Azienda agricola.
Località: Saccù sita nel
centro abitato.
Datazione: 1985.
Proprietà: Privata.
BORGHI
1) Borgo Pala (alloggi per
contadini).
Località: Borgo Pala in
aperta campagna.
Datazione: 1949.
Cenni storici: Alloggi in
muratura costruiti e assegnati assieme alle terre nel periodo della riforma
agraria.
2) Borgo Mativitti.
Località: Cipampini,
contrada Mativitti.
Datazione: 1700 c.
Cenni storici: sito in
aperta campagna, inizialmente abitato dalla famiglia Sabatino, poi molti
abitanti del borgo si trasferirono a Bompietro.
3) Borgo Arsi.
Località: Pianello.
Datazione: 1800.
Cenni storici:
Precedentemente a monte di esso esistevano due borghi più piccoli:
"Pauliddi" e "S. Michele", oggi inesistenti. Il borgo si
chiamò Arsi a causa forse di un incendio, all'interno esistevano diversi
cortili (balli) che servivano da ingresso a più famiglie.
CASE NOBILIARI
1) Bene: Casa Ragonese.
Località: Fasanò.
Datazione: Risalente a circa
100 anni fa.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: E' costruita
in pietra, a tre piani, con tetto a falde, inferriate in ferro battuto del
1900/1910, era l'abitazione estiva degli Ragonesi.
2) Bene: Casa nobiliare
della Baronessa Sabatini Carolina.
Località: S. Giovanni.
Datazione: 1797.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Apparteneva
alla Baronessa Sabatini Carolina che la donò alla figlia sposatasi con il
signor Cataliotti.
3) Bene: Casa nobiliare
(Villa Messineo).
Località: S. Marina.
Datazione: primi del '900.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Costruita dal
Barone Pottino Ernesto.
4) Bene: Casa nobiliare
"Villa Lucietta".
Località: Serradama.
Datazione: Primi dell'800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Fatta
costruire dal cav. Castrogiovanni dedicandola alla sorella Lucietta.
CASE RURALI
1) Bene: Casa rurale.
Località: Salici.
Datazione: 1800 circa.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Fatta
costruire dalla famiglia Intrabartolo.
2) Bene: Casa rurale Macuni.
Località: Raffo.
Datazione: 1700
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Fatta
costruire dal medico signor Gennaro.
3) Bene: Casa rurale Sgadari.
Località: Raffo.
Datazione: 1700.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: in origine
costituita da abitazione, stalle, chiesa e palmento di cui esistono i ruderi.
EDICOLE VOTIVE
1) Bene: Edicola votiva.
Località: Fasanò.
Datazione: 1955.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Sita nel
centro abitato, all'interno di una villetta, vi è posizionata la statua della
Madonna di Fatima.
2) Bene: Edicola Maria SS.
della Consolazione.
Località: Fasanò.
Datazione: 1959.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: E' sita
all'interno del centro abitato, ha forma circolare su base di quattro colonne.
3) Bene: Edicola "San
Giuseppe".
Località: Borgo Verdi.
Datazione: 1952
Proprietà: privata.
Cenni storici: E' sita
all'interno del borgo, ha forma prismatica con tetto a falde.
4) Bene: Edicola Madonna di
Fatima.
Località: Verdi.
Datazione: 1850.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Fu costruita
perchè la borgata è priva di chiese.
5) Bene: Edicola votiva.
Località: Verdi.
Datazzione: 1954.
Proprietà: comunale.
Cenni storici: Ha la forma
di parallelepipedo.
6) Bene: Edicola "S.
Gemma Galgani".
Località: Raffo.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: E' situata
nel centro abitato ed è posta in un muro.
7) Bene: Edicola
"Madonna Immacolata".
Località: Raffo, contrada
Acquamara.
Datazione: 1986.
Proprietà: Privata.
8) Bene: Edicola SS. Croce.
Località: Raffo.
Datazione: 1700.
Proprietà: Comunale.
9) Bene: Edicola SS.
Sacramento.
Località: Raffo.
Datazione: 1959.
Proprietà: Comunale.
Cenni storici: Ha forma di
parallelepipedo terminante a forma tronco conica, in pietra scolpita.
10) Bene: Edicola S.M.
Carmelina.
Località: Raffo.
Datazione: 1970.
Proprietà: Comunale.
11) Bene: Edicola
"Bedda Matiri".
Località: Raffo.
Datazione: fine 1700.
Proprietà: Comunale.
12) Bene: Edicola del Crocifisso.
Località: Raffo.
Datazione: 1979.
Proprietà: Privata.
13) Bene: Edicola S.
Giuseppe.
Località: Raffo.
Datazione: 1960 rifatta nel
1990.
Proprietà: Privata.
14) Bene: Edicola Spirito
Santo.
Località: Salinella.
Datazione: 1900.
Proprietà: Comunale.
15) Bene: Edicola "A
Madonna".
Località: Salinella.
Datazione: 1950.
Proprietà: Privata.
16) Bene: Edicola San
Giuseppe
Località: Cipampini.
Datazione: 1870.
Proprietà: Comunale.
17) Bene: Edicola San
Giuseppe.
Località: Cipampini,
contrada Sabatini.
Datazione: 1975.
Proprietà: Privata.
18) Bene: Edicola
"Sacra Famiglia".
Località: Cipampini.
Datazione: 1926.
Proprietà: Privata.
19) Bene: Edicola San
Giuseppe (rudere).
Località: Girarello.
Datazione: 1800.
Proprietà: Comunale.
20) Bene: Edicola SS.
Sacramento.
Località: Pianello, contrada
Stretti.
Datazione: Primi '800.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: E' in pietra
scolpita ed è sita nel centro abitato.
21) Bene: Edicola Madonna
della Lume.
Località: Stretti Pianello.
Datazione: 1880.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: Sita nel
centro abitato.
22) Bene: Edicola Gesù Maria
e Giuseppe.
Località: Pianello, contrada
SS. Trinità.
Datazione: 1880.
Proprietà: Privata.
Cenni storici: sita nel
centro abitato.
23) Bene: Edicola Madonna di
Fatima.
Località: Mirandi.
Datazione: Recente.
CHIESE
1) Bene: Chiesa del Carmelo.
Località: Fasanò - Q.re
Serra.
Datazione: 1981 su impianto
primo '900.
Proprietà: Comunale.
2) Bene: Chiesa SS. Trinità.
Località: SS. Trinità.
Datazione: 1790.
Proprietà: Parrocchia SS.
Trinità.
3) Bene: Chiesa M. SS. del
Rosario di Tagliavia.
Località: Saccù.
Datazione: 1927.
Proprietà: Privata.
4) Bene: Chiesa Madonna
della Scala.
Località: Salaci.
Datazione: Primo '800.
Proprietà: Parrocchia.
5) Bene: Chiesa Sacro Cuore
di Gesù.
Località: Salaci.
Datazione: 1912
Proprietà: Parrocchia.
6) Bene: Chiesa Madonna
Addolorata.
Località: Raffo.
Datazione: Ristrutturata nel
1980.
Proprietà: Parrocchia.
7) Bene: Chiesa Madonna del
Ponte.
Località: Raffo.
Datazione: 1950.
Proprietà: Comunale.
8) Bene: Chiesa S. Rita.
Località: S. Giovanni, in
aperta campagna.
Datazione: 1948.
Proprietà: Privata.
9) Bene: Chiesa S. Giovanni.
Località: S. Giovanni.
Datazione: 1991.
Proprietà: Comunale.
10) Bene: Chiesa S.
Giuseppe.
Località: Salinella.
Datazione: 1900.
Proprietà: Privata.
11) Bene: Chiesa S.
Giuseppe.
Località: Cipampini.
Datazione: 1988.
Proprietà: Comunale.
12) Bene: Chiesa SS. della
Catena.
Località: Pianello.
Datazione: 1850.
Proprietà: Parrocchia.
13) Bene: Chiesa Nascaredda.
Località: Madonnuzza,
contrada Nascaredda.
Datazione: 1900.
Proprietà: Privata.
14) Bene: Chiesa Madonna
delle Grazie.
Località: Bivio Madonnuzza.
Datazione: 1930.
Proprietà: Privata.
15) Bene: Chiesa SS.
Addolorata.
Località: S. Caterina.
Datazione: 1964.
Proprietà: Comunale.
16) Bene: Monastero di Saccù
(diroccato).
Località: Saccù.
Datazione: 1800.
Proprietà: Privato.
24) Bene: Sacramento.
Località: Bonicozzo.
Datazione: 1987.
Proprietà: Comunale.
25) Bene: Croce Bonicozzo.
Località: Bonicozzo.
Datazione: 1935.
Proprietà: Comunale.
Capitolo IV
SITI ARCHEOLOGICI
L'area delimitata nella
proposta di vincolo e quella circostante è disseminata di siti archeologici che
testimoniano la presenza dell'uomo, in questa zona, in epoche molto remote
(tav. VII).
In particolare sono da
menzionare, anche se alcuni siti sono al di fuori dalla nostra perimetrazione
le seguenti località:
Castellana Sicula
- in contrada Zara-Zarotta
(17), fuori dalla nostra perimetrazione, sono state rinvenute tombe a lastroni
del II-I sec. a.C.;
- in località Ponte Grande,
al limite della perimetrazione, affiora invece, una colonna probabilmente del
periodo romano (per questa zona si dovrebbe procedere a scavi più attenti);
- in località Cozzo Re (15)
ed in quella di Rotola Vecchia (19) si trovano insediamenti archeologici
indiziati e in particolare nella località Rotolo Vecchia sono stati recuperati
grossi pithoi (grandi; giare per la conservazione dell'olio);
- in località Verde
Muratore-Calcarelli (16), fuori dalla nostra perimetrazione è stato rinvenuto
un insediamento romano con tracce di necropoli;
- in località Cozzo Morto
(18) sono state rinvenute tombe a lastroni del periodo romano tardoantico;
- a Villa Padura sono stati
rinvenuti pigiatoi scavati nella roccia, il tutto a dimostrazione che nella
tarda antichità la zona era abitata.
Petralia Sottana
- in contrada Maimone Cozzo
Celsi (1) è stato rinvenuto un insediamento indigeno ellenizzato e delle tombe
a camera;
- in località Cipampini (2)
è stato ritrovato un insediamento rupestre tardo antico alto-medievale;
- in contrada San Filippo
(3), molto prossimo a Bompietro, è stato ritrovato un insediamento preistorico;
- al di fuori della
perimetrazione proposta si trova anche la Grotta del Vecchiuzzo (20), di
importante interesse preistorico, sita sul versante orientale della Rocca delle
Balate, al centro di una vecchia cava di gesso, scoperta ed esplorata nel 1936.
Bompietro
- nella Balza di Areddula
(9), già sottoposto a vincolo ai sensi della legge n. 1089/39, è stato
rinvenuto un insediamento indigeno di età arcaica ellenizzato durante il secolo
VI a.C., con reperti del IV secolo e ritrovamenti di età punica, e una
necropoli ellenica, è stata rinvenuta ceramica corinzia;
- nella contrada Re Giovanni
è stato invece rinvenuto un insediamento preistorico e medievale;
- in contrada Alburchia (21) è stato rinvenuto un centro
abitato di età greco romana;
- nell'area Sangallo o
Gangallo.
Alimena
Nel territorio di Alimena
sono stati rinvenuti resti di precedenti urbanizzazioni di età arcaica
(rinvenimenti corinzi), da rimarcare sono le presenze dei seguenti siti
archeologici:
- vicinale Balza (8) ove è
stato rinvenuto un insediamento rurale di età arcaica - classica;
- contrada Macco (7) in cui
è stato messo in luce un insediamento età arcaico- classica;
- contrada Destri (10) ove
sono state ritrovate delle tombe a lastre ellenistiche;
- case Vaccarizzo (11) ove
sono state scoperte grotte e tombe e ipogei;
- Serra Burgarito (5) con
ritrovamenti dell'età del bronzo e del ferro;
- cozzo Celsa (6) con
ritrovamenti dell'età del bronzo e tombe a grotticella;
- contrada Cannatello (12)
con ritrovamenti dell'età del bronzo e dell'età classica (già vincolato);
- mulino Garrasia (13) XVII
- XVIII;
- contrada Terravecchia
(14).
Blufi
- contrada Marabuto (4)
presunta zona archeologica.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Vito Amico -
"Dizionario Topografico della Sicilia". Traduzioni e annotazioni di
G. Di Marzo - Palermo 1853.
Nicotra - "Dizionario
illustrato dei comuni Siciliani" - Soc. Ed. del dizionario dei comuni
siciliani - Palermo 1909.
Domenico Portera - I comuni
della provincia di Palermo.
Ente Parco delle Madonie -
"Nel parco, la storia, la terra, le leggi, gli itinerari" - 1992.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Alimena.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Blufi.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Bompietro.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Castellana Sicula.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Geraci Siculo.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Petralia Soprana.
Scheda C.S.U. di Catalogo
comune di Petralia Sottana.
Scheda A di Catalogo - Case
contadine, contrada Guarraia - Bompietro.
Giorgio Valussi - "La
casa rurale nella Sicilia occidentale" - Firenze 1968, vol. 24, pagg.125 e
seg.
La provincia di Palermo -
Guida Turistica - Istituto geografico De Agostini.
Comune di Petralia Soprana -
"Petralia Soprana, Cenni Storici" - Grafiche Renna S.p.A. - Palermo.
Giuseppe La Placa - "Un
mondo che scompare, Nel bacino dell'alto Salso" - Edizione a cura del
comune di Petralia Soprana.
Guido Macaluso -
"Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte" - Edizione a cura
del comune di Petralia Soprana - Palermo 1986.
Francesco Ferruzza Sabatini
- "Cenni storici su Petralia Soprana" - Arti Grafiche S. Pezzino e F.
- Palermo 1983.
I componenti della
Commissione ultimato l'esame e la verifica delle predette relazioni e
cartografie determinano all'unanimità di apporre il vincolo paesaggistico sul
territorio dei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia
Sottana e Petralia Soprana ai sensi della legge n. 1497/39 secondo il perimetro
indicato nelle succitate relazioni così come descritto nell'allegata
cartografia.
La seduta viene dichiarata
chiusa alle ore 18,30.
Il presidente della
commissione: Di Stefano
Componenti: Giuffrè:
Inzerillo
Membro aggregato: Garofalo
Segretario:
Camillo