DECRETO 12 maggio 1998
G.U.R.S. 4 luglio 1998, n.
33
ASSESSORATO
DEI BENI CULTURALI ED
AMBIENTALI
E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Dichiarazione di notevole
interesse pubblico dell'Alta valle dell'Anapo, ricadente nei comuni di
Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino.
L'ASSESSORE PER I BENI
CULTURALI
ED AMBIENTALI E PER LA
PUBBLICA ISTRUZIONE
Visto lo Statuto della
Regione;
Visto il D.P.R. 30 agosto
1975, n. 637;
Visto il T.U. delle leggi
sull'ordinamento del Governo e dell'Amministrazione della Regione Siciliana,
approvato con D.P.Reg. 28 febbraio 1979, n. 70;
Vista la legge regionale 1
agosto 1977, n. 80;
Vista la legge regionale 7
novembre 1980, n. 116;
Vista la legge 29 giugno
1939, n. 1497;
Visto il R.D. 3 giugno 1940,
n. 1357;
Visto la legge 8 agosto
1985, n. 431;
Visto il decreto n. 5007 del
7 gennaio 1995 parzialmente modificato con decreto n. 6365 del 12 maggio 1995,
con il quale si è ricostituita per il quadriennio 1995-99 la commissione
provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa;
Visti i verbali del 18
aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996, 27 giugno 1996 e del 7 ottobre
1996, pubblicati all'albo pretorio dei comuni di Buccheri (dal 7 gennaio 1997
al 7 aprile 1997), Buscemi (dal 1 aprile 1997 al 1 luglio 1997), Carlentini
(dal 17 settembre 1997), Cassaro (dal 30 dicembre 1996 al 30 marzo 1997), Ferla
(dal 2 gennaio 1997 al 2 aprile 1997), Palazzolo Acreide (dal 10 gennaio 1997
al 10 aprile 1997), Sortino (dal 3 gennaio 1997), attraverso i quali la
commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di
Siracusa ha proposto di dichiarare il notevole interesse paesaggistico
dell'area della valle dell'Anapo, classificandola "territorio di notevole
interesse paesaggistico";
Visto il decreto n. 5475 del
24 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n.
22 del 7 maggio 1994, con il quale è stato imposto un vincolo di
immodificabilità temporanea, ex art. 5, legge regionale 30 aprile 1991, n. 15,
sulle aree dell'Alto Vulcanico monte S. Venere, adesso incluse nel perimetro
della presente proposta;
Vista la nota n. 2127 del 13
maggio 1997, con la quale, il Ministero delle Finanze ha attestato che
nell'area oggetto della proposta di vincolo paesaggistico non esistono zone che
interessano aziende patrimoniali dello Stato, nonché località riconosciute come
stazioni di soggiorno di cui all'art. 13 della legge n. 1497 del 1939;
Considerato che la valle
dell'Anapo va necessariamente tutelata per evitare trasformazioni tali che
potrebbero far venire meno, in maniera irreversibile, le caratteristiche
proprie di questo territorio.
E' stato effettuato l'esame,
presso la Sezione beni paesaggistici, architettonici ed urbanistici della
Soprintendenza di Siracusa, dei piani regolatori dei centri urbani inclusi
nella proposta di vincolo al fine di garantirne l'eventuale espansione edilizia
o produttiva.
Il centro urbano di
Palazzolo, poiché ben tutelato da un P.R.G. e da uno studio di piano
particolareggiato del centro storico, verrà escluso dalla proposta,
comprendendo invece il cimitero poiché ricco di significativi elementi
architettonici e storici da salvaguardare.
Per quanto concerne altri
centri rientranti nella zona da sottoporre a vincolo, Ferla è in possesso di
uno strumento urbanistico mentre invece Cassaro e Buscemi ne sono privi.
Il perimetro proposto
comprende a nord il monte S. Venera (m. 869) inseribile sia come bellezza
individua che panoramica, nonché sottoposto a vincolo biennale di immodificabilità
ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91.
Obiettivo del presente
vincolo è quello di sottoporre a tutela, secondo la normativa paesaggistica, la
sorgente e l'alto corso del fiume, a completamento delle misure di salvaguardia
già apposte su elementi del tutto identici.
Nel tener conto dei problemi
economici e sociali dei centri urbani che gravitano nella zona da sottoporre a
vincolo si è cercato di trovare una soluzione di compromesso tra le esigenze di
tutela del territorio e quella di sviluppo economico e sociale della zona.
Particolare considerazione è
stata rivolta alle attività produttive di cava, in quanto, una volta scaduta
nell'anno 2002 l'autorizzazione all'apertura delle cave, se la zona sarà tutta
sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39, quella attività, ai sensi
della legge regionale n. 24/91, non potrà più essere rinnovata con gravi
conseguenze dal punto di vista economico ed occupazionale.
A tal fine si è provveduto a
verificare quale sia l'attività produttiva effettivamente svolta dalle cave
esistenti nella zona e quali siano i processi produttivi in atto, anche se
l'estensione del territorio oggetto del presente vincolo e la sua natura
giuridica di atto generale non consentono di attenzionare aspetti troppo particolari.
La relazione
tecnico-scientifica chiarisce il perché della necessità di tutelare la zona,
anche perché accompagnata da specifiche osservazioni tematiche relative ai
singoli aspetti: geologico, archeologico, urbanistico-territoriale, etc.
Il vincolo della legge n.
1497/39, d'altra parte, non prescrive divieti assoluti ma cerca di dare delle
prescrizioni per la tutela dei valori paesaggistici dell'area da vincolare.
Scopo del vincolo è quello
di tutelare l'Alta valle dell'Anapo ed il suo bacino imbrifero, allargandolo
fino a comprendere monte S. Venere ed il torrente Calcinara, allo scopo di
evitare che l'area subisca stravolgimenti tali da compromettere le valenze
paesistiche della zona.
Il vincolo abbraccia una
vasta area che comprende anche quattro centri urbani e, quindi, si è provveduto
ad individuare i criteri di scelta delle aree urbane da inserire nel vincolo ed
i criteri da utilizzare per la perimetrazione, anche in considerazione del
fatto che bisogna scegliere dei capisaldi certi visto che in questa area corre
il limite tra le due provincie di Siracusa e Ragusa.
Alla luce di un'attenta
analisi del territorio e degli strumenti urbanistici già vigenti o in itinere,
si sono estrapolati dal vincolo i centri urbani di Palazzolo Acreide e Ferla, e
le loro periferie, per i quali sarebbe auspicabile che venisse proposto un
vincolo ad hoc come è stato fatto per Buscemi (decreto n. 7102 del 15 ottobre
1997).
Invece, in assenza di un
piano di sviluppo territoriale di coordinamento e di uno studio demografico del
territorio o di geografia antropica, ponendosi anche il problema della
salvaguardia degli ambiti urbani, si è scelto di includere nel vincolo il
centro urbano di Cassaro.
Infatti, per Buscemi esiste
il vincolo paesaggistico, per Palazzolo Acreide e Ferla risulta già vigente il
piano regolatore generale, per Cassaro esiste solo il piano di fabbricazione
mentre il P.R.G. è ancora in itinere e, quindi, l'inclusione di tale area
urbana nel vincolo paesaggistico ha un senso, in quanto è più esposta a processi,
già in atto, di cambiamento radicale repentini che tendono a stravolgere la
struttura urbanistica esistente.
Cassaro risulta, così, meno
tutelata rispetto agli altri centri e, proprio per questo, la sua inclusione
nel vincolo si rende necessaria, al fine di evitare che la struttura
urbanistica venga sovvertita totalmente con la demolizione delle costruzioni
già esistenti per crearne delle nuove, destinate ad una presunta vocazione
turistica della zona che di fatto non corrisponde alla realtà dei luoghi.
Ciò nel rispetto delle
esigenze di espansione dei centri urbani e di quelle di tutela e di controllo
del territorio, evitando che lo stesso venga alterato.
Considerato che l'area per
la quale si propone l'imposizione del vincolo è una delle più suggestive dal
punto di vista paesaggistico ed è molto ricca anche di elementi archeologici,
geologici e botanici.
Fra le emergenze botaniche
va rilevata la singolarità botanica costituita dal bosco di Ferla che insiste
sulle sponde del torrente Calcinara.
Infatti, mentre una sponda è
costituita da terreno di tipo calcarenitico, che favorisce la crescita di una
varietà di quercia (Quercus Ilex), sull'altra sponda è stato individuato un
diverso tipo di vegetazione caratterizzata dal Quercus Virgiliana, favorita dalla
presenza di terreni vulcanici.
Fra i segni antropici
storici più importanti presenti nell'Alta valle dell'Anapo vi è il tracciato
della vecchia linea ferrata Siracusa-Vizzini.
La qualità del territorio
attraversato dal fiume Anapo è testimoniata dalle numerose suggestive visioni
panoramiche che si possono godere da differenti punti di vista o
"belvedere".
Percorrendo la S.S.
Mare-Monti si giunge a Palazzolo Acreide e ci si ferma al belvedere nella zona
nord della città, dal quale si apprezza una visione panoramica di un'ampia
porzione della valle dell'Anapo.
Da questo punto è possibile
ammirare una delle zone paesaggisticamente meglio conservate della Sicilia
sud-orientale, nonostante le inevitabili trasformazioni ambientali e culturali
che ha subito.
A questo proposito si indica
l'elettrodotto che l'Enel aveva chiesto di ubicare proprio nella valle
dell'Anapo, attraversando il territorio compreso fra Palazzolo e Buscemi; tale
invasiva opera in atto è stata riprogettata proprio allo scopo di salvaguardare
il paesaggio dell'area in esame.
Ai margini della zona
archeologica di Akrai, in direzione di Buscemi, si ha modo di ammirare l'unicum
botanico rappresentato da un esemplare di Bagolaro che campeggia imponente in
pieno centro cittadino.
Costeggiando il fiume
Calcinara, che rappresenta quasi un limite naturale del vincolo, si scopre un
paesaggio morfologicamente di gran pregio, avvicinandosi all'emergenza di monte
S. Venere.
L'area compresa fra Buccheri
e monte S. Venere è di origine vulcanica e circa quindici milioni di anni fa la
zona era interessata da effusioni sottomarine, come è testimoniato dalla
presenza di lave a "cuscino", la cui forma è dovuta al fatto che le
lave risalivano in superficie in ambiente subacqueo, attraverso fratture del
terreno e, giunte in superficie, a causa della differenza di temperatura,
costituivano nuclei che erano caratterizzati da desquamazione cipollare.
In zona Contessa, nei pressi
di Buccheri, a margine della balza che delimita l'altro lato della valle si può
ugualmente ammirare un paesaggio così bello e spettacolare che giustifica
ampiamente la imposizione del vincolo.
Sul posto si può ammirare la
presenza di alcuni esemplari di rapaci che nidificano nella zona di alcune
essenze arboree particolari. Si tratta di agrifogli e querce, di tipo autoctono
della macchia mediterranea che si sono sviluppate proprio grazie all'azione
pioniera garantita dalle colture forestali impiantate da una ventina d'anni,
dall'Azienda regionale foreste nella zona, costituita da pini e abeti.
Attraverso la zona delle
"Neviere" di Buccheri, che, costruite in pietre a secco di forma
quadrata o circolare, costituiscono un esemplare unico di architettura nel
Mediterraneo, per una strada tortuosa, da dove si ammira un paesaggio
esaltante, si scende verso contrada Cuffari, dove si trova la fonte dell'Anapo.
Il punto da cui si diparte
il fiume Anapo è proprio sotto monte Lauro e lungo il crinale del monte corre
il limite del vincolo; altro limite del vincolo è il monte Erbesso, antico
terrazzo di abrasione marina, che in parte delimita naturalmente la valle.
Costeggiando, poi, il
torrente Calcinara, affluente dell'Anapo, percorrendo una zona
paesaggisticamente molto suggestiva, e che in quanto tale non poteva non essere
inclusa nel vincolo, si giunge a Cassaro, unico centro abitato che, come
risulta dal verbale di riunione della commissione del 30 giugno 1996, si vuole
includere nel perimetro del vincolo.
Visitando il centro urbano,
si nota come negli ultimi anni Cassaro abbia subito una notevole trasformazione
edilizia, che attraverso le demolizioni e ricostruzioni ex-novo di intere unità
edilizie, ha modificato buona parte del tessuto urbano antico. Ed un esempio di
ciò si ha modo di osservarlo in atto, infatti in un angolo della via
principale, quasi prospicente sulla piazza della chiesa Madre di S. Pietro, è
stato demolito un fabbricato, certamente per essere ricostruito in maniera più
moderna.
Il bordo urbano rivela la
presenza degli orti che si sviluppano attorno al paese, infatti Cassaro è uno
dei pochi paesi della provincia che ha conservato gli "orti di
margine" o suburbani.
L'inclusione di Cassaro nel
vincolo ha la funzione di indirizzare l'urbanistica del centro, proprio per
evitare che ai bordi del paese, dove adesso insistono questi orti, magari
vengano costruiti edifici a più piani. Si vuole evitare che venga stravolto
l'impianto settecentesco del centro, con gli allineamenti del grigliato
spagnolo, vicino a cui sono nate le prime case che hanno eliminato il senso
degli allineamenti.
Inoltre poiché la
popolazione del paese non è cresciuta rispetto al momento dell'impianto urbano
nel settecento, anzi è diminuita, non si giustifica questa esigenza di
espansione che, anzi, si deve cercare di arginare, magari attraverso una azione
di indirizzo urbanistico del P.R.G., prima che questo venga trasmesso al
Consiglio regionale urbanistica (CRU) per l'approvazione.
A Ferla, attraversando la
zona inclusa nel vincolo, il cui limite si attesta proprio a margine delle
case, si prosegue attraverso la riserva naturale dell'Anapo, nel suo tratto
mediano. Da qui percorrendo l'ex tracciato della Ferrovia che costeggia il
fiume, da dove si ammira uno dei siti naturali meglio conservati e
paesaggisticamente più coinvolgenti, si arriva a Case Specchi, "rifugio"
dell'Ispettorato forestale.
Tornando alle problematiche
sorte per l'inclusione nel vincolo del centro urbano di Cassaro, è importante
sottolineare che, dopo il terremoto del 1693, ci fu la volontà di non mantenere
l'impianto precedente e di ricostruire il paese su altro sito.
Diversa ed articolata appare
la problematica inerente il fenomeno delle cave presenti in agro di Cassaro,
che, con l'inclusione nel perimetro di vincolo vedrebbero tramontare la
possibilità di ottenere il rinnovo dell'autorizzazione, la cui scadenza -
prevista per il 2002 - potrebbe incidere sulle attività produttive della
comunità.
Si chiarisce comunque che,
anche in presenza del vincolo, se le cave non hanno esaurito il piano di
coltivazione per il quale erano state autorizzate, si può chiedere una proroga
fino a che la produzione stessa non sarà esaurita. In ogni caso, si deve
evidenziare che l'area della valle dell'Anapo, è sottoposta già a vincolo
paesaggistico ai sensi della legge n. 431/85, in quanto si trova tra i due
bracci del fiume.
La Commissione BB.NN.PP. ha
effettuato un sopralluogo delle cave di estrazione e frantumazione di calcare
che ha evidenziato come l'impianto di frantumazione con la cava annessa,
denominata "Montegrosso-Italia" sia fuori dal perimetro dell'area che
si vuole sottoporre a tutela con il vincolo paesaggistico.
L'altra cava, denominata
"Fontana del Signore-Italia", viceversa, insiste su una porzione di
territorio da risanare alla scadenza dell'autorizzazione, considerato che è ben
visibile anche da Palazzolo Acreide.
L'inclusione di quest'area
nel perimetro del vincolo è necessaria, proprio perché così si potrà esercitare
sulla stessa un'azione di tutela e di controllo del territorio, dopo che la
cava avrà cessato la sua attività. Il vincolo paesaggistico infatti può
perseguire anche finalità di successive azioni di recupero ambientale di aree
specifiche accidentalmente degradate e ad un reinserimento armonico delle
stesse nell'ambiente circostante.
In quest'area sono previsti,
da parte dell'Ispettorato forestale, progetti di forestazione sia lungo gli
argini dell'Anapo che dei suoi affluenti.
Si è inoltre evidenziato che
il previsto fronte di coltivazione della cava si estende in senso nord-est per
circa 180 metri e lateralmente per circa 80 metri ancora, secondo il limite di
coltivazione, essendo una cava a termine, anche per la conformazione naturale
del terreno; molto probabilmente la cava nel 2002, data di scadenza
dell'autorizzazione, non avrà esaurito le potenzialità estrattive autorizzate,
per cui potrà continuare ad operare, in regime di proroga.
Ai fini di un futuro
recupero ambientale dell'area, è auspicabile il suo inserimento nell'ambito del
vincolo: la Commissione ha quindi ritenuto doveroso, fatte tutte le opportune
valutazioni, inserire anche l'area de quo nel perimetro del vincolo
paesaggistico dell'Alta valle dell'Anapo.
Considerata l'analisi
paesaggistica effettuata sui territori dei comuni di Buccheri, Buscemi, Cassaro
e Ferla, e riportata nei verbali anzidetti, dalla quale è dato ricavare che
sottoporre a vincolo paesaggistico l'Alta valle dell'Anapo significa
riconoscere, in quanto valori collettivi di interesse pubblico, gli elementi
culturali e naturali presenti nel territorio compreso dal suo bacino
idrografico.
L'intero corso del fiume ed
i suoi affluenti principali e secondari risultano già sottoposti a vincolo
ope-legis, per gli effetti della legge n. 431/85, per una superficie pari a m.
150 dalle sponde; il tratto mediano, è dichiarato area di notevole interesse
naturalistico, ai sensi della legge regionale n. 14/88 sulle riserve naturali
regionali, in attesa di decreto, nonché proprietà demaniale dell'Azienda
regionale foreste; il tratto comprendente la necropoli di Pantalica, risulta
inoltre sottoposto sia a vincolo archeologico che paesaggistico ai sensi delle
normative n. 1497/39 e n. 1089/39; la sua foce risulta assoggettata al vincolo
paesaggistico del porto grande di Siracusa, di cui al decreto del 1988.
A proseguimento degli atti
di tutela fin qui espressi ed a conferma dell'unitarietà dei valori storici,
culturali, archeologici, geologici e naturalistici rappresentati nella valle,
appare necessario ed urgente completare la tutela del territorio sotteso al
bacino del Fiume.
L'Anapo, coprendo una
superficie di bacino pari a Kmq. 180 ed una lunghezza pari a Km. 52, per la sua
notevole disponibilità idrica, è stato da sempre influenzato dalla presenza
antropica, sia per la derivazione delle sue acque, che, per l'utilizzazione dei
fertili suoli alluvionali per scopi agricoli, fattore questo, che ha portato a
sostanziali alterazioni nella originaria vegetazione ripariale.
La captazione delle
sorgenti, la costruzione di bacini artificiali, la canalizzazione dei suoi
affluenti, le trivellazioni incontrollate della falda hanno causato la
riduzione delle sue portate medie ed estive; l'immissione a tutt'oggi prorogata
delle acque reflue di almeno cinque centri urbani limitrofi, comporta il
progressivo inquinamento e degrado specialmente nel tratto finale del fiume, in
corrispondenza della pianura di Siracusa.
Rispetto al panorama montano
delle colline della Sicilia interna, il massiccio ibleo, appare distaccarsi,
caratterizzando "la regione nella regione" dove si trova Pantalica.
Pur essendo composto da
calcari simili agli altri rilievi dell'isola, questa tipica conformazione
lievemente inclinata, quasi orizzontale, conferisce al rilievo una più marcata
dolcezza. Tale superficie viene tipicizzata ulteriormente per la presenza di
un'infinita serie di geometrie costituite da antichi muretti divisori costruiti
dalle fatiche secolari dei contadini iblei.
In stridente opposizione
all'armonia di questa superficie, si susseguono le tantissime valli dai pendii
tali da assumere l'aspetto di veri e propri canyons, definite cave.
I millenni hanno
profondamente scavato queste valli costituendo dei veri e propri drenaggi che
contribuiscono a rendere stabile l'agricoltura in asciutto delle balze iblee,
caratterizzate soprattutto dalle colture cerealicole, ma anche arboricole,
quali l'olivo e il mandorlo.
Nell'ottica di un bilancio
ecologico generale, le cave costituiscono dunque un grosso vantaggio per gli
Iblei; infatti, oltre a consentire il drenaggio necessario per i terreni
limitrofi, sono dei veri e propri serbatoi idrici perenni.
E' la stessa natura calcarea
degli Iblei che favorisce la penetrazione delle acque meteoriche attraverso gli
strati superficiali fortemente permeabili.
Le acque infatti,
incontrando strati più compatti interrompono, in parte o totalmente, la loro
penetrazione verticale e si incanalano in direzioni orizzontali, scivolando
sugli strati di arresto trovando spesso sfogo nelle cave, laddove la
stratificazione naturale è stata profondamente intaccata: dando luogo dunque,
alle numerose sorgenti di acqua fresca che rendono l'ambiente lussureggiante di
vegetazione sempre verde, oltre che contribuire alle risorse idriche dei centri
urbani montani. La forte dotazione idrica, oltre a costituire una notevole
attrazione per le civiltà che storicamente vi si insediarono, garantirono da
sempre, l'agricoltura, oltre a creare altresì, una notevole copertura arbustiva
e di conseguenza una ricca oasi di fauna selvatica.
Le cave, quindi,
costituirono e costituiscono degli ottimi ecosistemi storicizzati dalla
presenza dei vari insediamenti della civiltà siciliana.
L'area del massiccio Ibleo è
caratterizzata da una articolazione per cave e valloni che ne determina sia il
carattere morfologico che quello della presenza umana.
Le cave costituiscono il
tramite tra la cultura della costa e quella delle montagne e sono nello stesso
tempo margine e confine.
Anche storicamente due
culture si sono confrontate in questo territorio: quella rupestre,
sopravvissuta all'invasione greca e mantenutasi sino ad oggi in alcune forme di
insediamento; quella costiera, riccamente articolata nelle numerose colonie e
nella varietà di forme insediative.
Il massiccio ibleo risulta
quindi delimitato come area che non è costa né cave; la predominanza dei valori
storici, ambientali e culturali delle due altre aree che compongono la regione
sud orientale della Sicilia ha fatto a lungo perdere di vista i caratteri
propri dell'altopiano tabulare. Il riconoscimento di questa identità espressa
nei valori formali del reticolo dei muri delle chiuse dei pascoli e degli
spietramenti, dall'edilizia realizzata con muri a secco, dal paesaggio
dell'olivo e del carrubo e del pino daleppo, qui in gran parte endemico, del
paesaggio umano delle grandi distanze, dei paesi nascosti dietro creste o entro
valloni, costituisce la radice e il senso della individuazione dell'area
all'interno di un vero "parco degli Iblei".
La configurazione di questo
territorio spicca per un insieme di elementi geografici fortemente
caratterizzati: la costa è disegnata, attorno al massiccio ibleo, da siti
fortemente prominenti e da anditi fortemente ridossati; i promontori o le isole
si alternano alle grandiose insenature di cui il porto megarese e quello
Xifonio ad Augusta, il porto piccolo ed il porto grande a Siracusa, Vendicari
più a sud, Augusta, Ortigia, il Plemmirion, rappresentano gli elementi fisici
più significativi.
Questa particolare
configurazione si ribalta all'interno con la conformazione a terrazze del
sistema ibleo, solcato dalle cave, profonde e nascoste che si oppongono alla
solarità dell'altopiano.
La superficie interrotta
dalle piccole corrugazioni dei muri delle chiuse ed all'improvviso spezzata
nelle cave, racchiude il patrimonio delle due culture, la fascia costiera,
parte integrante di tale patrimonio, margine tra lo stesso ammasso
dell'altopiano e il mare, luogo della trasformazione della roccia in sabbia,
possiede una straordinaria articolazione morfologica che ne ha determinato la
ricchezza di ambienti e di forme dell'insediamento, è oggetto di ampia tutela
nonostante gli scempi perpetrati negli anni 60 e 70; il pedemonte ha visto
modificarsi le forme dell'insediamento che dalle forme drammatiche delle cave e
delle creste si è gradualmente evoluto in forme più stabili e distese, ma perde
man mano le ragioni del proprio esistere, privo di immediati riscontri economici
ed assiste ad un lento polarizzarsi della popolazione e delle attività verso
pochi centri, una volta interrotta la capacità di attrazione di Siracusa.
Le ragioni di una permanenza
nei centri minori e di possibilità di accesso ad una vita sicura e a livelli di
socialità che queste regioni non hanno conosciuto ed hanno perduto prima ancora
di sperimentarla, risiedono forse nelle forme di tutela dell'unico patrimonio
oggi costituito dall'identità iblea, espresso anche in aree ed oggetti
materiali, monumenti naturali ed artificiali e in quelle linee che attraverso i
secoli ne hanno costituito la continuità e rispettato le risorse, accrescendone
la dotazione naturalistica e di cultura.
La Valle dell'Anapo
costituisce all'interno del sistema Ibleo una unità ben definita, determinata
di particolari processi antropici, che hanno trovato in quell'asta fluviale una
collocazione e uno sviluppo, una concentrazione particolare.
La Valle dell'Anapo è il
luogo dei culti e nello stesso tempo la cultura in esso sviluppatasi è quella
del culto dei luoghi.
Rifugio delle genti sicule
schiacciate dall'invasione del popoli ellenici, probabilmente fu interessata
già da scambi culturali con i popoli del mediterraneo, micenei, prima della
colonizzazione greca.
Ciò che in altre regioni
della Sicilia si attesta attorno ai grandi santuari collocati sulle montagne,
caratteristiche della fascia settentrionale come Erice, Scopello, monte Gallo,
monte Pellegrino, monte Cofano, Cefalù sino a Gioiosa La guardia è qui esteso
all'interno dell'intera vallata. Gli insediamenti umani sono caratterizzati da
un oscillare tra la cresta del monte e le sue pendici, senza allontanarsi dal
sito originale, salvo i casi di drammatici abbandoni.
Le grotte e le cave sono
anche rifugio, officina, sepolcro, chiesa e l'acqua, che scorre abbondante
nella valle, attesta la ragione di tali insediamenti legati alle risorse
energetiche del fiume e del bosco al trasporto, alla poca agricoltura che si
può svolgere con difficoltà sui terrazzamenti che dovettero essere antichi, al
cibo che si trova nel fiume.
Agli insediamenti rupestri,
che hanno nell'Anapo una propria epopea ininterrotta dalla preistoria ad oggi,
si alternano insediamenti sommitali di vaste proporzioni come a Pantalica, ad
Erbesso ad Akrai per non citare gli insediamenti minori.
L'intero territorio appare,
ad una lettura diacronica, come completamente occupato da una estesa
organizzazione che alterna luoghi di culto all'abitazione, all'officina alle
necropoli, con strade di collegamento spesso incassate nella roccia, difese e
nascoste, come gli accessi a Pantalica, dove una architettura militare assai
antica raggiunge eccezionali risultati sia nelle opere di fortificazione
dell'isola abitata, sia nella struttura sommitale.
Altro carattere hanno gli
insediamenti greci, dotati di spazi pubblici collettivi, dedicati alla cultura,
ampie vie processionali, teatri, senati come il bouleuterion di Akrai.
Un lungo medioevo ricacciò
forse le popolazioni più antiche superstiti e quelle greche in insediamenti
ristretti ed isolati, spesso preda di razzie concluse dalla conquista
musulmana: non si trovano qui evidenti tracce delle colture agricole come la
manna, mentre abbondano i toponimi nella radice busul, bufal, rahal relativi
certamente ad insediamenti agricoli; mancano Kasr, gebel e fawarah. Vari feudi
del bacino dell'Anapo riportano il toponimo bufalefi, bufalemi.
Normanni e svevi dedicarono
maggiore attenzione al controllo e al ripopolamento della costa, mostrando come
evidentemente, la precedente condizione di insicurezza aveva portato allo
spopolamento della costa; a Federico II si intestano numerose fondazioni urbane
e il mantenimento dei casali e delle possenti attività economiche legate
all'allevamento del pesce, alla produzione del sale, all'uso delle paludi per
la produzione di torba ecc. ma la collocazione di certi castelli o palazzi fa
pensare ad una attenta politica di controllo delle foci di quei fiumi che erano
la via di accesso all'interno, l'Anapo appunto.
Il lungo periodo dell'età di
mezzo sembra come cancellato nella memoria collettiva dal terremoto del 1693;
solo oggi ricompaiono certi segnali di una presenza nobiliare che interessa
fortemente i centri degli Iblei, si ricostruisce una storia di infeudazioni,
baronie, lasciti, acquisti, espropri legata alle città baronali che quelle
demaniali sono qui rare. Il terremoto del 1693 costituisce e provoca una spinta
alla trasformazione del territorio che interessa più i modi di organizzazione
della città, sia fisica che politica che non l'insediamento agricolo, che sarà
stato oltre tutto più profondamente danneggiato proprio per la minore qualità
della costruzione agricola anche se padronale. Ma di tali situazioni restano
scarsi segnali: la cronaca e la storia si interessano dei grandi fatti urbani
spiegando con il numero dei morti i processi di trasformazione, attuatisi
invece grazie alla frattura e alla crisi indotta dal terremoto. Il sisma
scatena il contrasto tra le forze conservatrici e quelle innovatrici, favorisce
la speculazione edilizia, provocando la trasformazione generale dei tessuti
urbani.
E' però anche l'epoca
dell'oblio del passato in cui si perdono le tracce della struttura urbana
antica dell'agricoltura specializzata che viene sostituita da sistemi colturali
estensivi necessari a produrre grandi quantità di un unico genere alimentare,
utile a sfamare masse di popolazione sempre più numerose e diseredate.
I fenomeni sono qui non
diversi da quelli che interessano in generale il mezzogiorno, causati dalla
marginalità e dal mancato compimento della modernizzazione della economia
mercantile.
I processi che portano alla
creazione delle prime fabbriche per la trasformazione dei prodotti alimentari e
alla creazione della necessaria struttura di supporto di officine ecc. non
interessano l'interno dove si mantiene l'allevamento, caratterizzato
dall'adozione sempre più specifica di ovini e bovini a bassa necessità
nutrizionale e a ridotta resa; di scelte agricole estensive che distruggono la
copertura boschiva naturale e quella produttiva del carrubo.
Questi
processi permangono sino ai giorni presenti con l'abbandono progressivo dei
centri urbani, non più legati se non a fenomeni di sussistenza e sopravvivenza
e del territorio in cui la struttura agricola si degrada sempre più, provocano
la distruzione delle pendici.
I dati stessi delle attività
preminenti dimostrano per larga parte una economia di sussistenza legata ai
sussidi (a Buscemi il 38,2% della popolazione), mentre il 7,9% è impiegata e
solo il 3,4% salariata.
Penalizzati dalla grande
distanza dalle vie del traffico turistico, non hanno avuto né il tempo né le
risorse per costituire man mano una struttura ricettiva minima ma di qualità né
attrattive che non siano limitate alla festa patronale o manifestazioni estive.
Non esiste quindi
alternativa alla conservazione se non nel consumo progressivo delle risorse e
del patrimonio, che, solo permette piccoli investimenti delle rimesse, della
assistenza e dei sussidi.
E' così che il carattere
originario di luogo dei culti si è perso anche nel processo di attrazione verso
i poli industriali della costa e che al momento del crollo di questi il ritorno
al Centro interno si è rivelato difficile se non impossibile; nel corso della
espansione industriale questo territorio ha anche espresso una classe politica
e amministrativa che ha assunto ruoli rilevanti a livello regionale, ma i
processi attuali hanno ridotto la formazione di nuove elites dirigenti,
nonostante la facilità di accesso agli studi universitari: si risente la
mancata infrastrutturazione dell'istruzione, con scuole basate sul precariato,
assenza di biblioteche e circoli, crollo degli antichi istituti di istruzione
religiose.
Il patrimonio intellettuale
legato specificatamente alla cultura della Valle dell'Anapo si è così perso
senza rinnovarsi.
Il territorio è oggi
caratterizzato da una scarsissima dinamica.
Gli Iblei in generale sono
stati negli ultimi anni caratterizzati dai lenti processi di abbandono della
campagna e dei centri minori; la Valle dell'Anapo non è sfuggita a tale
carattere ma a ben guardare non è possibile generalizzare questa osservazione.
Accanto a fenomeni di
abbandono come a Buscemi, Cassaro, Ferla, vi sono centri di ripopolamento come
Palazzolo che costituiscono anche centri di attività turistiche limitate ma in
sviluppo, oltre che centri culturali di notevole fermento; vi è un abbandono di
certe aree agricole ma il concentrarsi di investimenti e insediamenti in altre
aree o in piccoli borghi; sono sorte strutture inutili o sovradimensionate ma
anche piccole strutture di agricoltura biologica e naturale, di agriturismo; si
è sviluppata una coscienza ambientale che ha permesso la creazione e lo
sviluppo di un'area di riserva di grandi dimensioni, di eccezionale consistenza
e valore, attrezzata e capace di offrire occasioni di lavoro e di accoglienza,
essendo ormai conosciuta ben al di fuori del confine provinciale.
In questo senso la rinascita
del territorio o la conservazione di valori eccezionali, naturali e paesistici
si è concentrata in due grandi incisioni, l'Anapo e il Cassibile e in una
fascia costiera, Vendicari che costituiscono modello e museo dell'assetto
corretto del territorio.
La riserva dell'Anapo e di
Pantalica costituisce poi anche il prototipo di quel confronto tra struttura
ambientale, paesistica e storica del territorio che con altre valenze si
affronta in città come Siracusa.
L'area iblea è rimasta
caratterizzata da una assenza di pianificazione urbanistica con la redazione
dei piani territoriali di coordinamento, con l'assenza del piano di sviluppo
economico e di programmazione della provincia di Siracusa e con una gravissima
carenza di pianificazione urbanistica locale.
Quest'area ha pesantemente
pagato anche lo scotto di una separazione in due provincie assolutamente
immotivata dal punto di vista geo-antropico. La creazione di due centri
capoluogo di provincia a scapito di alcuni centri di notevole peso
amministrativo, storico ed economico, come Noto e Modica, ha poi squilibrato la
dislocazione umana e degli interessi.
Solo recentemente un
processo di reidentificazione delle comunità dell'interno attraverso alcuni
fenomeni associativi come l'Associazione per la proposta del parco degli Iblei
e come l'U.T.R.A.S. (Unità territoriale di recupero ambientale e
storico-culturale) del bacino canicattinese, permette di intravedere la
prospettiva di uno sviluppo autocentrato.
La pianificazione
paesaggistica regionale, in corso di emanazione, riconosce nell'area caratteri
unitari separando solo la fascia costiera in ragione dei processi di
aggressione-trasformazione già accaduti e possibili.
La precedente pianificazione
di tutela ha già individuato nell'Anapo una unità territoriale estesa,
morfologicamente unitaria tutelata alla foce nel vincolo del Porto Grande,
delle Saline e del Ciane, costituenti anche riserva naturale orientata; nel
corso medio con il vincolo dei monti Climiti e della media valle dell'Anapo,
nel corso alto con il vincolo di Pantalica, con la riserva naturale orientata e
con la tutela paesaggistica dell'alta media valle.
Vi è però una evidente
controtendenza rappresentata da ipotesi di urbanizzazione presenti nelle
proposte di P.R.G. di Buscemi, Ferla e Cassaro, in parte già rigettate, ed
altri sistemi di comunicazione sicuramente sovradimensionati come la strada
provinciale mare-monti, le cui opere faraoniche sfigurano a tratti il paesaggio
dell'Anapo.
Più minutamente vi è una
tendenza a sfigurare i centri urbani minori ancora unitariamente intessuti, con
la sistematica sostituzione edilizia all'interno e con la costruzione di bordo,
secondo modelli di periferia urbana settentrionali, e con dimensioni ed
estensioni che fanno ben presagire come la popolazione stia abbandonando il
centro tradizionale per nuovi modelli di insediamento che non si staccano però
dall'aggregato centrale che costituisce comunque il riferimento amministrativo,
sociale, culturale, familiare (spesso quest'ultimo caratterizzato dalla
permanenza nei bassi di genitori o parenti anziani).
Le finalità della tutela
dovranno essere caratterizzate dal riconoscimento del valore culturale della
stratificazione antropica di caratteri originali i cui segni sono frequenti nel
territorio anche se non sempre riconoscibili nelle loro caratteristiche e nelle
loro relazioni e valenze; l'impossibilità di incidere sui processi economici
deve spingere però alla conservazione di questi segni anche oltre il loro
significato funzionale come semantica costituente in definitiva una risorsa
futura di ordine e di progetto del territorio.
Il rispetto dei materiali e
delle forme, la valorizzazione del patrimonio ambientale e naturalistico, la
conservazione del patrimonio monumentale, artistico e documentario elementi che
costituiscono il paesaggio dei segni materiali e dei significati immateriali,
deve indirizzare verso scelte di sviluppo e crescita che assegnino un diverso
valore alla centralità della cultura; i centri urbani potranno indirizzare la
crescita sia nella conservazione del patrimonio edilizio tradizionale, sia
verso la creazione di infrastrutture, oggi assenti, di nuova collocazione,
integrando la ridottissima strutturazione dei servizi, creando ampie aree di
distacco tra espansione e vecchio centro ed adottando tipologie edilizie adatte
al paesaggio, quindi meno ingombranti, morfologie dove possibile che siano
evoluzione della morfologia esistente per non spezzare la continuità tra
vecchio e nuovo, soprattutto nei centri minori, incentrando su queste scelte la
infrastrutturazione capace di offrire risorse ed occasioni che non sono state
realizzate nel corso del precedente ventennio.
La scelta della creazione di
aree urbane esterne al perimetro inteso come fatto paesaggistico, dedicate
soprattutto a quelle strutture irrealizzabili nel patrimonio edilizio esistente
e alla integrazione residenziale, dovrà essere il presupposto di ipotesi di
crescita turistica dedicata non ai grandi flussi, captati dalle fasce costiere
che offrono un obiettivo servizio e che posseggono maggiori attrattive
immediate.
Il paesaggio della
"villeggiatura" o l'esperienza dei paesi albergo capaci di offrire
una qualità del soggiorno superiore a qualsiasi altra allocazione, dovrà
integrarsi nello sviluppo delle economie locali, entro le quali le
trasformazioni colturali, infrastrutturali, residenziali, acquisteranno una
misura ed un significato diverso.
Viste le valenze
naturalistiche del paesaggio da vincolare, riportate negli anzidetti verbali,
dalle quali è dato rilevare che il notevole dinamismo proprio di un corso
d'acqua e del suo ambiente circostante e le rapide trasformazioni antropiche,
motivate dalla presenza dell'acqua, da sempre elemento essenziale degli
insediamenti urbani, rendono estremamente precario il mantenimento di quei
valori naturalistici, che invece vanno conservati, in quanto patrimonio relitto
di un paesaggio storicamente diffuso sull'altopiano ibleo.
I corsi d'acqua sono degli
ecosistemi aperti, che scambiano continuamente materia ed energia, con il resto
del bacino imbrifero di cui si possono considerare parte integrante. Le
biocenosi dei corsi d'acqua, come quelle più prettamente terrestri, sono
dominate dalla componente autotrofa, per la notevole biomassa presente,
costituita essenzialmente dalla vegetazione ripariale e sommersa,
caratterizzando in modo appariscente gli ambienti fluviali.
L'elevato valore
paesaggistico dell'Anapo è legato dunque alla presenza di specie vegetali molto
peculiari che solo qui si rinvengono.
In particolare è la
vegetazione golenale, che se attentamente studiata, corrisponde a determinare i
caratteri peculiari di un corso d'acqua.
La presenza di acque
correnti, per effetto della loro azione idrodinamica, condiziona una certa
parte del territorio, detta appunto golena, considerata come il prodotto di
questo dinamismo idrico di superficie, fisicamente compresa dalla zona di
contatto con le acque correnti fino a dove l'ambiente non risente più delle
piene massime del corso d'acqua.
La vegetazione golenale sia
arborea che arbustiva, periodicamente inondata, costituisce la ripisilva, che
assume caratteri di peculiarità propri per ciascun corso d'acqua.
L'altopiano ibleo occupa
l'estremo sud orientale della Sicilia, che culmina con il monte Lauro.
Caratteristica di quest'area
sono le cosiddette cave, rappresentate da strette e profonde valli fluviali,
che si dipartono a raggiera dal suddetto monte.
Dall'analisi dei dati
climatici, si evince che, se la Sicilia risulta compresa nella fascia climatica
del Mediterraneo, in base alla durata del periodo di aridità, Siracusa è
classificabile nell'area climatica relativa alla fascia costiera dell'isola,
presentando cinque mesi di aridità annui; in particolare, è compresa nella
fascia termometrica denominata Termomediterranea secca, secondo il sistema
Rivas-Martines o secondo Daget, nella fascia sub-umido calda. Questa
classificazione corrispondente alla fascia costiera del Siracusano, non si
adatta all'ambiente climatico dell'interno degli Iblei, in corrispondenza
dell'area oggetto del vincolo, che si differenzia per essere compresa in una
zona definita come Mesomediterranea sub-umida ed umida, per la presenza di
precipitazioni superiori ai 600 mm. di pioggia annui.
Rispetto poi alla rete
idrografica, nell'altopiano ibleo i fiumi sono poco ramificati e decorrono
radialmente alla vetta del monte Lauro, incassati in stretti valloni.
Le portate di questi corsi
d'acqua, tra i quali l'Anapo, sono piuttosto limitate ma senza eccessive
variazioni tra estate ed inverno. Tuttavia da rilevare è la portata minima
assoluta relativamente alta dell'Anapo (0,31 mc./sec.) nonostante una modesta
portata media, pari a 0,99 mc./sec.
Il regime delle acque è
comunque torrentizio, in quanto l'alimentazione oltre l'apporto della sorgente
perenne, è dovuta principalmente alle piogge che si concentrano solitamente nel
periodo invernale. Inoltre, la breve distanza tra l'origine e la fine delle
cave è spesso causa di inondazioni.
Le sorgenti ed il tratto
iniziale dell'Anapo, mantengono ancora quei caratteri naturalistici,
biogenetici e geomorfologici di notevole valenza paesaggistica, che attraverso
l'apposizione del vincolo, s'intende tutelare.
Le numerosissime sorgenti
individuabili nella carta idrogeologica, pur non caratterizzate da notevoli
portate, risultano captate per uso civile da una serie di acquedotti che
approvvigionano i centri di Ferla, Cassaro, Palazzolo Acreide e Buscemi.
Le sorgenti dell'Alta valle
dell'Anapo, si rinvengono sul monte Lauro e monte Contessa, e da esse si
dipartono due acquedotti principali: il Guffari che alimenta il centro di
Palazzolo Acreide (pari a circa 10 l/s, nel 1989 su 14 sorgenti) e l'acquedotto
Maiorana che dalle falde di monte Contessa arriva a Buscemi (pari a circa 2
l/s).
L'estrema suddivisione delle
acque in numerose polle sorgentizie è causa di una dispersione delle stesse che
infiltrandosi nel suolo agrario ed in generale nella porzione più superficiale
del terreno, risultano interessate dall'evapotraspirazione.
Tra le altri sorgenti vi
sono: Bibbinello, Adifalca e Pubella (captate ad uso di Palazzolo), Fontana del
Signore (captata da Cassaro), S. Pietro e S. Calogero (captate da Buscemi),
Buglia e S. Giorgio (captate da Cassaro) S. Giovanni, Grotte e Canalucci
(captate da Ferla).
Il ritorno delle acque
captate è dato al fiume attraverso i deflussi delle condotte fognarie. Questo
ritorno si aggira intorno all'80% in uscita dai centri abitati di Cassaro,
Ferla, Buscemi e Palazzolo Acreide. In particolare, mentre per Cassaro e Ferla
esistono condizioni di sufficiente capacità filtrante del ricettore, nel caso
di Palazzolo e Buscemi, essendo i torrenti ricettori più incisi, l'apporto è
più diretto. Tali apporti indiretti, in costante aumento nel tempo, influenzano
negativamente l'equilibrio del fiume, danneggiando soprattutto in prospettiva
di tempi lunghi, le biocenosi acquatiche presenti.
A questo proposito, uno
studio commissionato dall'ENEL nel 1991, ha tra l'altro eseguito un mappaggio
biologico del fiume Anapo, in prossimità della presa S. Nicola, che delimita
l'omonimo invaso utilizzato a fini idroelettrici; le conclusioni dello studio,
hanno evidenziato, che nell'arco di un solo anno di osservazione, che il fiume
sta subendo una costante pressione da parte dell'attività antropica che si
svolge nel suo bacino.
Poiché le attività agricole
e zootecniche presenti nella zona non sono intensive, le principali cause
d'inquinamento derivano principalmente dalle acque di dilavamento delle
discariche di rifiuti solidi urbani, soprattutto in periodo invernale.
A fronte di questo dato, vi
è comunque un quadro generale di ambiente fluviale ancora ben conservato con un
alveo non regimentato artificialmente, una vegetazione ripariale ben
sviluppata, che alimenta gli scambi di energia e di materia con il fiume e con
un substrato di trasporto, che crea una serie di microhabitat indispensabili
per l'insediamento delle comunità microbentoniche.
Ambiente dunque dalle grandi
potenzialità, sia nell'ospitare organismi viventi, tra cui numerose specie
terrestri animali e vegetali strettamente legate all'acqua per l'alimentazione
o la riproduzione, sia nella capacità di tamponare sollecitazioni esterne.
L'analisi svolta nel corso
del 1990-91, ha rilevato una situazione latente, di forte inquinamento nel
tratto medio-alto del fiume Anapo, imputabile ad una cattiva gestione
territoriale, e che il potere autodepurante del fiume non è sufficiente, a
migliorarne la classe di qualità.
A tale proposito viene
sottolineato e specificato l'alto valore ambientale costituito dal substrato a
massi e ciottoli caratteristico del fiume, che garantisce la sopravvivenza
delle comunità di invertebrati, fra i primi autori del processo di
autodepurazione dei corsi d'acqua.
Dallo studio condotto
dall'Università di Catania, a firma Brullo e Spampinato, (1990), si evince il
seguente quadro sinottico della vegetazione in atto osservabile lungo l'Anapo:
Querco-Fagetea
1. Populetalia Albae
1.1 Platanion Orientalis
I boschi ripari, sebbene
attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso ben tipizzati
soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde.
La ripisilva è composta da
alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di suoli umidi quasi in
tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente specializzate, costituenti
strette fasce di vegetazione sviluppantesi lungo le rive dei corsi d'acqua
perenni.
Le specie arboree ripali
presenti sull'Anapo sono: Salix pedicellata, Platanus orientalis, Salix alba,
Poputus nigra, Tamarix gallica, Ficus carica.
Il denso ed intricato
sottobosco presente è costituito da Rubus ulmifolius, Hypericum hircinum,
Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera helix, Crategus monogina, Rubia
perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis.
Fra le specie erbacee si
rinvengono: Brachypodium sylvaticum, Carex pendula, Symphytum tuberosum,
Equisetum ramosissimum, ecc.
Questa vegetazione,
localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni ottimali
occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua lungo il
corso dei fiumi. L'altezza dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m.
L'essenza caratterizzante il
corso dell'Anapo è costituita dal Platano (Platanus orientalis), il cui arcale
gravita principalmente sui territori del Mediterraneo nord-orientale ed ha in
Sicilia il suo limite occidentale.
Dimostra maggiori affinità
con il platano individuato nelle formazioni ripali descritte nei territori
mediterraneo-orientali che non con quelle del Mediterraneo occidentale.
In corrispondenza dell'alveo
fluviale, nelle stazioni sommerse tutto l'anno o buona parte di esso, si
impianta una tipica vegetazione igrofila erbacea, rappresentata in genere dalla
presenza di Cypereturn longi.
Nei tratti sempre sommersi è
sostituita dall'Helosciadietum, abbastanza frequente, mentre nei tratti di
basso fondale, la vegetazione sommersa rinvenuta è lo Zannichellietum
palustris.
La ripisilva è strettamente
connessa con i caratteri geomorfologici delle cosiddette cave, ossia ad
ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di valli più o meno profonde
e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema dell'Anapo, appartengono a
questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui prevale
l'azione di erosione delle acque correnti sui processi di sedimentazione dei
materiali trasportati. Queste valli assumendo il tipico aspetto a
"V", sono caratterizzate dallo ombreggiamento dei versanti e da
abbondanza di acqua nel suolo, creando quindi, le condizioni microclimatiche
nettamente più umide rispetto al territorio circostante, consentendo
l'insediamento delle fitocenosi igrofile dei Populetalia albae.
In questa situazione
orografica, il bosco ripale occupa tutto lo spazio golenale fluviale, lasciando
poco spazio ad altre fasce di vegetazione.
Al diminuire dell'umidità
edafica, la ripisilva viene sostituita da formazioni boschive, sia di tipo
xerofilo che mesofilo, appartenenti ai Quercetalia ilicis.
I boschi a Quercus ilex
rappresentano anch'essi uno degli aspetti più tipici e peculiari fra quelli
presenti nel bacino del mediterraneo, in Sicilia poco diffusi e localizzati;
formazioni relitte conservate in quanto ubicate in zone impervie e rocciose
pertanto poco interessate da trasformazioni antropiche oppure perché presenti
in stazioni montane quindi non idonee climaticamente allo sfruttamento
agricolo.
Rilevantissimo è comunque il
ruolo rivestito dalle leccete nello ambito del paesaggio naturale del
territorio.
La lecceta presente nel
territorio compreso dal bacino imbrifero dell'Anapo, rilevata da Barbagallo
(1979), è di tipo mesofilo circoscritta nelle fasce superiori delle incisioni
fluviali, poiché non ascrivibile ad altre associazioni, il Barbagallo la
inquadrò in una nuova associazione:
- Doronico-Quercetum ilicis,
comprendente le seguenti specie caratteristiche:
- Doronicum orientale,
individuata prima solo a quote superiori ai 1.000 m. frequente nei faggeti
dell'Italia meridionale e della Sicilia occidentale, nel siracusano è stata
individuata a quote comprese fra i 300 ed i 700 m.;
- Scutellaria rubicunda,
endemismo circoscritto alla Sicilia;
- Aristolochia longa var.
microphilla, endemismo della Sicilia sud-orientale.
Floristicamente si individua
l'associazione Doronico-Quercetum ilicis, che in condizioni di elevata umidità
edafica, prende contatto con il Platano-salicetum pedicellatae, ripisilva del
Platanion orientale.
Essendo la fascia
vegetazionale prossima ai suoli occupati dalle attività antropiche, viene
spesso distrutta, favorendo l'insediamento di una macchia molto peculiare,
rappresentata dal Salvio-Phlomides fruticosae, alla quale successivamente si
sostituisce, con il perdurare dei processi di degradazione, la prateria ad
Ampelodesmos mauritanicus. Di grande rilievo è stata la scoperta di una
associazione floristica, in precedenza nota solo per la Provenza, la Dalmazia e
l'Appennino centro-meridionale, denominata Ostryo-Quercetum ilicis. Si
localizza nei versanti settentrionali fluviali più ombreggiati e riparati, come
le aree di compluvio, dove vi corrisponde una maggiore umidità edafica.
A differenza delle altre
leccete calcicole, è stata individuata Ostrya carpinifolia, rilevata da
Bartolo, Brullo, Minissale e Spampinato, (1990), proprio nella valle
dell'Anapo.
Trattandosi di una
formazione prettamente mesofila, è presente in condizioni di ottimali
disponibilità idriche del suolo; la sua degradazione favorisce l'insediamento
di aspetti del Pruno-rubion ulmifolii, che costituisce dei densi ed intricati
arbusteti lianosi ai margini delle aree boschive.
A causa della sua
instabilità, questa associazione vegetale necessita di un'attenta ricognizione
e mantenimento del regime idrico dei suoli, per garantirne il suo mantenimento.
Ai margini delle formazioni
boschive più mesofilesi si rinviene una densa vegetazione arbustiva lianosa,
caratterizzata dalla presenza di Rubus ulmifolius, normalmente associato a
Clematis vitalba, Hedera helix, Calystegia sepium e Ficus carica.
Altra associazione legata
allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette spesso a disseccamento
estivo, risulta caratterizzata da diverse briofite igrofile, che formano un
tappeto più o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che
caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose che affiancano il
vecchio tracciato ferroviario della Siracusa-Pantalica.
Tale associazione denominata
Eucladio-Adianteum, particolarmente esigente, legata ad equilibri molto
precari, è specie ad alto rischio perché il prosciugamento della faida
freatica, ne causerebbe la rapida scomparsa.
Influenzata dalle
vicissitudini paleogeografiche, nonché dalla notevole varietà di substrati e
dalla topografia molto varia ed accidentata, le diversificate condizioni
climatiche del territorio siciliano, corrispondono nel territorio, ad una flora
abbastanza ricca e caratterizzata da numerose presenze endemiche. Da una
analisi fitogeologica condotta da Brullo, Minissale e Spampinato (1995), si
perviene ad una divisione per sottosettori e distretti, all'interno della quale
l'Anapo è compreso nel sottosettore meridionale, distretto ibleo.
Fra le specie localizzate in
quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali: Calendula suffruticosa,
Myosotis humilis, Urtica rupestris, Zelkova sicula.
Uno degli endemismi più rari
ed interessanti è rappresentato da Urtica rupestris, specie suffruticosa,
appartenente alla paleoflora terziaria: si rifugia in stazioni di sottobosco
umide e fresche, interessate da affioramenti calcarei, nelle leccete di
Doronico-Quercetum.
Altro endemismo di enorme
importanza scientifica, è dato dal rinvenimento della Zelkova sicula, specie
ritenuta ormai estinta; in questo vincolo, non si ritiene comunque di includere
il sito ove è ubicata perché appartenente ad un altro sistema imbrifero.
Esclusive di questo
distretto sono pure specie a più ampia distribuzione: Salvia fruticosa,
Sarcopoterium spinosum, Ferulago nodosa, ecc.
Nelle stazioni semirupestri
che orlano il fiume Anapo ed i suoi affluenti, è spesso frequente una gariga
ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla
valentina; essa si differenzia dalle altre associazioni, segnalate nel
mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens.
Il bosco di Ferla, noto
anche come foresta Calcinara, si estende per 44 ha. circa su entrambi i
versanti della cava percorsa da un ramo del fiume Calcinara, affluente
dell'Anapo.
L'area appartiene al comune
di Sortino, che ne ha affidato la gestione all'Ispettorato forestale di
Siracusa.
Il fiume Calcinara nasce ad
una quota prossima agli 800 metri s.l.m. in località Montagna, nelle vicinanze
di Ferla.
Si tratta di un piccolo
corso d'acqua perenne, suddiviso nel tratto iniziale in due rami, uno dei
quali, quello più a nord percorre la cava in oggetto.
Caratteristica dei suoli
della cava è di avere suoli bruni calcarei nel versante a nord, ed andosuoli,
di origine vulcanica, a sud.
Lo studio condotto da
Fichera, Furnari, Scelsi (1988) ha permesso di individuare che sul versante a
nord, costituito da calcari miocenici, lo strato arboreo è costituito da
Quercus ilex in prevalenza, costituente una lecceta a carattere mesofilo,
tipica dell'associazione Doronico-Quercetum ilicis.
Mentre nel versante esposto
a sud, limitatamente alle aree con affioramenti calcarei, nella parte più bassa
della cava, si rinviene una lecceta più termofila, con la presenza di Pistacia
lentiscus, che costituisce gran parte dello strato arbustivo. Infatti si
classifica questa associazione come Pistacio-Quercetum ilicis.
Nell'area occupata dalle
vulcaniti, sempre nel versante sud, si ritrova una formazione vegetale ben
differente da quella sopradescritta, caratterizzata da un bosco di querce
caducifolie: Quercus virgiliana e Quercus amplifolia, spesso associata a
Quercus ilex; ad esse si accompagnano numerose specie acidofile, costituendo
nell'insieme una singolarità botanica.
Inoltre la presenza di
Mespilus germanica conferisce rilevante importanza al sito, in quanto specie
ormai molto rara, rinvenibile solo sui versanti più impervi di monte Lauro.
Infine la presenza di Urtica
rupestris, raro endemismo ibleo, aggiunge un'altra peculiarità di enorme
interesse naturalistico a questo bosco.
Il fondo della cava percorso
da un corso d'acqua perenne, presenta una vegetazione ripale con predominanza
di Platanus orientalis e Salix pedicellata, accanto a Ficus carica, Popolus
nigra, Popolus alba e Fraxinus oxycarpa. Il bosco di Ferla rappresenta dunque
uno degli ambienti più interessanti di tutto il comprensorio ibleo, sia perché
contiene associazioni vegetali ormai rare sia perché costituisce un ambiente
relativamente integro; il maggiore rischio di degrado è rappresentato dal
pascolo, che deve sicuramente vietarsi nell'area.
Sussistono quindi le
motivazioni per una puntuale, specifica tutela del bosco di Ferla.
Da una disamina
dell'attività agricola nel tempo, è da evidenziare nell'area dell'Alta valle
dell'Anapo la mancanza del latifondo in senso classico pur esistendo vaste
estensioni di terra interrotte da colture arboree, ove esistevano medie e
piccole proprietà.
Mentre si consolidano nelle
aree interne della Sicilia gli immensi latifondi che nemmeno le leggi dei primi
dell'800 riescono a separare, per la ricomposizione dei poderi nelle mani di
pochi proprietari terrieri della nuova classe borghese; nel siracusano non
risulta esservi grande differenziazione tra grandi colture estensive quali
cereali, pascoli ed intensive, quali ortive e vigne, poiché i feudi baronali ed
ecclesiastici non raggiungono le grandi estensioni di quelli della Sicilia
centrale ed occidentale.
La forma di proprietà in
genere più diffusa era l'enfiteusi o la mezzadria data ai contadini, che davano
vita alle borgate, veri e propri centri agricoli, formati da piccole abitazioni
da uno o due piani unite fra loro.
Dal Balsamo si apprende che
nel 1808 la situazione fondiaria del siracusano era caratterizzata da una
elevata distribuzione di proprietari, che coltivavano con grande cura le
piccole proprietà.
Rinomate nei censimenti
borbonici, sono le maggiori produzioni delle aree collinari del siracusano,
ossia grano, orzo, olio, vino, noci (Ferla) e ghiande (Sortino, Palazzolo,
Cassaro).
Intorno
alla bassa falda degli Iblei, la razionale organizzazione di colture di
mandorli e viti irrigue ha consentito anche l'insediamento di masserie più
agili e diversificate.
Tali attività produttive non
risultavano però favorite dal sistema viario, che nel 1852, veniva
differenziato tra strade fra "rotabili costruite", "rotabili in
costruzione" e strade "per cavalli e pedoni", riscontrandosi
nella zona collinare solo quest'ultima tipologia, a testimonianza dell'arretratezza
sociale ed economica in cui versavano le popolazioni, peraltro molto esigue
numericamente (ad es. Cassaro contava 1.739 abitanti, Buscemi 3.093, Ferla
3.937 ecc.).
Alla fine del 1880, una
crisi agraria mondiale, che danneggiò soprattutto la Sicilia, provocando la
diminuzione dei prezzi del grano, modificò l'indirizzo produttivo prevalente
nella zona interna, a favore dell'incremento delle superfici occupate dalla
viticoltura; questa venne però a sua volta annientata dalla diffusione di una
patologia allora sconosciuta, il cui agente, la fillossera, distrusse ogni
produzione.
Solo alla fine del secolo,
con il trapianto della vite europea su quella americana, la viticoltura riprese
a produrre redditi.
La situazione odierna ha
mantenuto diffuso l'indirizzo produttivo tipico delle zone collinari, ossia la
frutticoltura asciutta senza intervento di mezzi meccanici, riscontrandosi
nella valle, oliveti, mandorleti e vigneti oltre alla cerealicoltura; di pregio
viene considerata la produzione di olio di Cassaro e Ferla.
Laddove invece risultano
eseguite trasformazioni fondiarie relative ad invasi per l'acqua di irrigazione
e sistemi automatici di irrigazione e lavorazioni meccanizzate, insistono
coltivazioni intensive o semintensive di agrumi e vite.
La vocazione forestale del
territorio dell'Alta valle dell'Anapo, è datata con precisione dalla proposta
di rimboschimento degli anni del fascismo. Infatti nel 1930, viene proposto il
rimboschimento del monte Lauro al fine di ottenere una bonifica
"integrale" della Sicilia sud-orientale, a partire dunque dal
complesso orografico dominante.
Consolidandone le pendici
con essenze boschive opportune, si sarebbe ottenuta "la stabilizzazione
della portata idrica dei torrenti che dal monte si dipartono" così si
esprimeva Gaetano Navarra Crimi sulla rivista della "Rassegna economica di
Siracusa" all'interno dell'iniziativa denominata "I boschi del
Littorio".
Il tentativo fu però
contrastato da taluni proprietari delle parti pianeggianti dell'acrocoro che
temevano la compromissione delle rendite derivanti dalla coltivazione delle
graminacee, a causa del rimboschimento.
Il Navarra Crimi sottolinea
l'interesse per il monte Lauro nel suo insieme, nella sua portata
oroidrografica e nella sua potenzialità agronomica, nella convinzione che tale
intervento avrebbe senz'altro regolarizzato le portate dei fiumi che a valle,
erano indispensabili per le colture irrigue di piano, quali il cotone della
vasta piana di Gela, unico centro produttivo italiano.
Lo studioso teorizzò la
costituzione di un consorzio obbligatorio che in virtù di leggi speciali,
nell'arco di 30 anni avrebbe acquisito tutte le pendici incolte da rimboschire,
oltre a realizzarvi una strada panoramica turistica, ed una "borgata
alpestre" rifornita di acqua potabile.
Ciò che veniva allora auspicato
è oggi realtà: in pochi anni l'Azienda regionale delle foreste ha impiantato
nel territorio più di 2.396 ha. di bosco esclusivamente a fini idrogeologici.
La forestazione viene favorita dal processo di crisi del settore agricolo
montano, determinato sia dall'abbandono delle colture cerealicole, sia dal
mancato adeguamento degli assetti produttivi, alle moderne tecnologie. La
necessità di una migliore tutela dell'ambiente e del paesaggio attraverso la
salvaguardia e la valorizzazione delle sue componenti naturali è ormai
riconosciuta come valore nella zona. Il rimboschimento con essenze resinose, il
bosco monofita che ha finora modificato l'antico aspetto del paesaggio agricolo
e naturale della valle, si va sostituendo con impianti polifiti disetanei, ossia
boschi formati da diverse specie di varia età che restituiranno negli anni, gli
antichi equilibri all'ecosistema, come già esemplificato nella riserva di
Pantalica.
La dimensione grave e
imponente del fenomeno dell'emigrazione ha caratterizzato le popolazioni dei
centri urbani dell'Alta valle dell'Anapo.
L'emigrazione ha inoltre
prodotto un accentuato invecchiamento demografico, con aumento dell'età media e
riduzione della natalità. Di conseguenza si è verificato una diminuzione della
forza lavoro con conseguente compromissione del futuro demografico ed economico
della zona.
Ciò ha comportato
l'accentuarsi della dipendenza dalle risorse esterne; tra esse occupano un
posto di primo piano, le rimesse degli emigrati che, tuttavia, in presenza di
un uso consumistico delle proprie rendite, non hanno saputo sostenere stabili
processi di sviluppo.
La maggior parte delle
risorse esterne perviene dai sussidi nei settori produttivi, specie quello
agricolo, ove però il processo di senilizzazione ha accentuato le condizioni di
sub-marginalità delle risorse interne produttive.
In questo senso,
l'esperienza negativa dalla Comunità montana Iblea, comprendente i comuni di
Buccheri, Buscemi, Ferla, Cassaro, Giarratana, Monterosso, Carlentini,
Chiaramonte, Sortino, Palazzolo, Vizzini, Licodia, Ragusa, costituita a partire
dal 1972, ma il cui esercizio finanziario si è limitato a pochi anni, compresi
dal 1975 al 1983, ha fortemente caratterizzato il mancato rilancio
socio-economico dell'area montana.
Se infatti un tentativo di
organizzazione dei comuni montani, motivato dall'autonomia gestionale e
finanziaria era stato avviato, con la soppressione delle comunità montane nella
Regione Siciliana a favore del potenziamento delle funzioni dell'ente
intermedio, ossia la provincia regionale, si è determinato il fallimento di una
possibile ripresa economica nell'area.
Viste le valenze geologiche,
geomorfologiche, idrogeologiche del territorio della valle dell'Anapo,
riportate nei verbali della commissione sopra menzionati, che hanno evidenziato
come la proposta di vincolo trae spunto dalla considerazione delle indubbie
valenze paesaggistiche dei luoghi che dalla necessità della loro tutela, in
quanto costituenti una vasta area dell'entroterra siracusano rimasta, sotto
molti aspetti, ancora integra. Qui è possibile riconoscere quelle che sono le
sorgenti del maggiore corso d'acqua degli Iblei, l'Anapo, e dei suoi principali
affluenti, ma anche individuare i luoghi dove nascono gli altri due principali
corsi d'acqua iblei, che sono l'Irminio ed il Tellaro; sono ancora
identificabili forme di paesaggio, che non hanno subito obliterazioni di sorta,
risultando collocate dove gli eventi naturali ne hanno previsto la sede. E'
possibile ancora osservare i resti del vulcanismo ibleo degli ultimi 25 milioni
di anni, riconoscendo, fra l'altro, il paleocono vulcanico di monte S. Venere e
tutte quelle forme minori (pillows, colate laviche, depositi ialoclastitici)
testimoni di un vulcanismo sia subacqueo che subaereo che si è evoluto nel
tempo.
Il fiume Anapo è il maggiore
dei numerosi corsi d'acqua che solcano l'Altopiano Ibleo e, per caratteristiche
paesaggistiche, è probabilmente il più interessante e ricco.
In una suddivisione della
Sicilia in settori oro-geografici l'area montana del siracusano si colloca,
unitamente ai rilievi ragusani, nel cosiddetto "Avanpaese Ibleo",
vasta area terrazzata, attraversata da una fitta rete di faglie e fratture. Nel
corso delle fasi orogeniche terziarie, ovvero quell'insieme di movimenti che a
causa dello scontro fra la placca crostale africana e quella europea hanno
portato in Sicilia alla formazione delle catene montuose dei Peloritani, delle
Madonie e dei Nebrodi e nel resto d'Italia alle catene Alpina ed Appenninica,
suddetta area fu interessata esclusivamente da processi dinamici di tipo
disgiuntivo, ancor oggi responsabili di una sensibile attività sismica, che
hanno prodotto profonde incisioni secondo direttrici principali nord-est -
sud-ovest e secondarie nord-nord-est - sud-sud-ovest, nord-nord-ovest - sud-sud-est
ed est-ovest. Lungo tali linee tettoniche si sviluppa oggi l'intero reticolo
idrografico dell'area Iblea.
E' possibile operare una
individuazione di due distinti settori:
- un settore orientale o
"Siracusano", caratterizzato da una successione litostrafica tipica
di un ambiente deposizionale di mare poco profondo e spesso interessato da
fenomeni vulcanici di varia natura;
- un settore occidentale o
"Ragusano" contrassegnato da sedimenti di mare aperto.
La regione iblea è
interessata nella sua fascia settentrionale da estesi affioramenti di vulcaniti
basiche, risultato di una intensa attività magmatica che ha coinvolto
l'Altopiano dal Miocene al Quaternario, e che risulta strettamente legata alla
tettonica distensiva ed alle dislocazioni da essa create.
I caratteri deposizionali e
giaciturati della regione iblea presentano sia manifestazioni sottomarine che
subaeree, variamente intercalate ad episodi sedimentari di età da
supramiocenica a pleistocenica. Il vulcanismo del Miocene superiore si
distingue da quello Plio-pleisticenico per avere uno spiccato carattere
esplosivo. Verso sud e sud-est l'area in cui si ritrovano gli affioramenti di
vulcaniti passa piuttosto bruscamente al tavolato carbonatico dell'Altopiano
Ibleo propriamente detto, di età da cretacica a miocenica, attraverso il
reticolato di faglie prima menzionato.
La descrizione stratigrafica
del territorio illustra il quadro litologico presente nell'area, partendo dai
complessi più profondi e procedendo verso quelli più superficiali. Essa comprende
terreni sedimentari e vulcanici di età compresa fra il Miocene medio e
l'Olocene, appartenenti ai due settori precedentemente illustrati.
Dall'alto verso il basso si
distinguono:
- formazione Ragusa
(Aquitaniano-Langhiano);
- formazione Tellaro (Langhiano-Messiniano);
- formazione Palazzolo
(Serravalliano-Tortoniano);
- formazione dei Monti
Climiti (Miocene medio-superiore);
- calcari a Clypeaster e
molluschi (Tortoniano);
- marne siltose (Pliocene
inferiore);
- vulcaniti (Pleistocene
medio-superiore);
- alluvioni terrazzate
(Pleistocene sup.- Olocene)
- alluvioni recenti ed
attuali (Pleistocene superiore - Olocene)
- detriti di falda.
Successione occidentale:
Le facies Mioceniche del
settore centrale ed occidentale del plateaux ibleo consistono in sedimenti
carbonatici di ambiente pelagico. Dal basso verso l'alto si distinguono:
1) formazione Ragusa
(Aquitaniano-Langhiano): si tratta di depositi di shelf carbonatico con
materiale parzialmente risedimentato dalle aree orientate, come dimostrano
alcuni corpi canalizzati e la stratificazione incrociata dei livelli
grossolani. La formazione interessa soltanto marginalmente l'area di studio nei
limitati affioramenti di contrada S. Margherita e lungo l'incisione del Fosso
Mastica nell'estremo settore sud occidentale della carta;
2) formazione Tellaro
(Langhiano inferiore - Messiniano): in continuità di sedimentazione
sull'alternanza calcareo-calcarenitico-marnosa si sovrappone la formazione
Tellaro. Si tratta di un complesso marnoso caratterizzato da un tipico colore
grigio-azzurro sulla superficie di erosione. Le marne della Tellaro sono
presenti in affioramento nel settore sud-occidentale dell'area in argomento, ma
si estendono verso est incuneandosi tra le formazioni calcaree più antiche
(formazione Ragusa) e quelle più recenti (formazione Palazzolo), per poi
sfumare per eteropia di facies con queste ultime. Il loro spessore va da
200-300 metri fino a zero nella media valle dell'Anapo.
Alla sommità delle marne
calcaree della formazione Tellaro nelle aree centrali e nord-occidentali del
plateaux ibleo sono intercalate delle grosse lenti di brecce vulcanoclastiche o
sporadici corpi lavici sottomarini basici di spessore tra zero e 100 metri.
Sono inoltre presenti sottili corpi lentiformi di brecce con pillows, interi od
in frammenti, a testimonianza di una attività vulcanica subacquea di età
miocenica. Tali vulcaniti affiorano nel settore nord-occidentale dell'area in
descrizione alle pendici di monte Lauro, monte Erbesso e monte Chiusa Grande;
3) formazione Palazzolo
(Serravalliano-Langhiano): successione prevalentemente calcarenitica al cui
interno sono state distinte due litofacies: una costituita da un'alternanza di
calcari marnosi teneri, l'altra caratterizzata da calcareniti spesso in grandi
bancate.
Suddetto litotipo ha uno
spessore variabile da 0 a 250 metri, per effetto di etropia con la formazione
Tellaro, ad ovest, e con la successione miocenica orientale. Affiora nel
settore centrale dell'area di studio, interessando gli abitati di Palazzolo
Acreide, Buscemi, Cassaro e Ferla.
Successione orientale:
In contrapposizione alle
aree del settore centrale ed occidentale dell'altopiano Ibleo la successione
orientale è caratterizzata da una sequenza stratigrafica, spesso lacunosa, di
facies marine di acque poco profonde, alla quale si intercalano due orizzonti
di vulcaniti basiche.
Dal basso verso l'alto si
distinguono:
1) formazione dei Monti
Climiti (Miocene medio-superiore): è suddivisa nei membri di Melilli in basso e
dei Calcari di Siracusa in alto.
Nell'area in argomento è
presente in affioramento soltanto il membro superiore dei Calcari di Siracusa,
che è rappresentato da una sequenza di calcareniti e calciruditi algali del
Miocene inferiore e medio, spesso carsificate. La pendenza generale, debole, è
verso est-sud-est, con una giacitura monoclinalica disturbata da un'intensa
tettonica distensiva. Nel settore orientale dell'Alta valle dell'Anapo
affiorano estesi lembi della suddetta formazione a piano Bibbinello ed in
contrada Giambra;
2) Calcari a Clypeaster e
molluschi (Tortoniano): orizzonte calcareo costituito da calcareniti e
calciruditi di colore bianco-grigiastro, caratterizzato da un'abbondante
macrofauna con individui che raggiungono talvolta dimensioni vistose. Più
frequenti sono le alghe calcaree ed i Clypeaster cui si associano Pecten ed
altri Lamellibranchi. La giacitura è in strati di circa mezzo metro, lo
spessore è variabile da 10 a 50 metri. Affiorano ad est dell'abitato di Ferla
ed in contrada Giambra e Vallefame, nell'estremo settore orientale del
territorio in trattazione. Al di sopra della successione dei terreni
appartenenti ai settori occidentale ed orientale dell'altopiano Ibleo, si
vengono a sovrapporre depositi sedimentari di vulcaniti di età compresa tra il
Pliocene ed il Quaternario;
3) marne siltose giallastre
(Pliocene inferiore): si tratta di una varietà della facies dei Trubi, che
risultano invece essere presenti lungo tratti della costa siracusana. Se ne
rinvengono sporadici lembi limitati al margine occidentale dell'area in questione
ed in particolare nel versante occidentale del monte Erbesso ed in quello
meridionale di monte Chiusa Grande, ove risultano associate a sovrastanti
calcareniti, appartenenti allo stesso ciclo sedimentario. Contengono una
microfauna che denota un ambiente deposizionale di mare aperto, raramente
costiero;
4) vulcaniti (Pliocene
medio-superiore-Pleistocene): potente successione di espandimenti basaltici sia
subaerei che sottomarini. I prodotti sottomarini sono dati da brecce a pillows
immerse in una matrice ialoclastitica ocracea per alterazione e sono
distribuiti prevalentemente alla base delle coperture laviche di monte Lauro.
Quelli subaerei sono costituiti da prevalenti colate basaltiche a fessurazione
colonnare e spesso con vistose desquamazioni globulari, di colore nero
antracite (alcalibasalti) o grigiastri (tholeiti). Affiorano a sud di Buccheri
e ad est fino a monte S. Venere; quest'ultimo riveste un particolare interesse
geologico in quanto risulta essere un antico centro eruttivo subaereo a carattere
prevalentemente effusivo. I prodotti vulcanici ivi presenti hanno dapprima
caratteristiche di ialoclastiti e lave a pillows, tipici prodotti di ambiente
subacqueo, mentre, successivamente, l'accumularsi dei suddetti materiali ne ha
provocato un progressivo ampliamento che ne ha comportato l'inevitabile
emersione. Da questo momento le vulcaniti presentano gli aspetti tipici delle
effusioni laviche subaeree con colate basaltiche compatte ed a fessurazione
colonnare.
Una caratteristica del
vulcanismo degli Iblei è data dalla mancanza di grandi edifici centrali, mentre
è riconoscibile la presenza del piccolo edificio vulcanico di monte Santa
Venere, allineato secondo le direttrici nord-est - sud-ovest del sistema
principale di faglie dell'Avanpaese Ibleo.
I successivi episodi
litostratigrafici rivestono scarso interesse.
Nella successione
stratigrafica descritta si può distinguere una parte inferiore, una media ed
una superiore a seconda del loro comportamento tettonico. La parte inferiore
comprende le marne della Tellaro, che, avendo un comportamento plastico,
generano strutture sinclinali ed anticlinali a prevalente direzione nord-est -
sud-ovest. La parte intermedia comprende la serie calcarea ed affiora in
corrispondenza della parte centro-orientale dell'area in argomento; è
caratterizzata, da un punto di vista tettonico, da un comportamento rigido, che
determina la formazione di una serie di faglie orientate in prevalenza da
nord-est verso sud-ovest. Le vulcaniti soprastanti, che costituiscono la parte
superiore della sere, hanno giacitura tabulare e si sviluppano lungo estese
monoclinali nella parte nord-occidentale dell'area trattata, quest'ultima è
caratterizzata da una tettonica di tipo disgiuntivo le cui direttrici
prevalenti sono nord-ovest - sud-est e loro coniugate.
L'età delle faglie è
post-miocenica, appartenendo a questo periodo geologico i terreni interessati
dalle suddette discontinuità alcune di esse hanno probabilmente subito una
ripresa di attività in età pliopleistocenica, avendo le stesse dislocato
terreni appena più antichi. Suddetta fase tettonica, a prevalente direzione
nord-est - sud-ovest, ha difatti interessato le coperture basaltiche,
conferendo loro ampi rigetti.
La natura e le
caratteristiche intrinseche dei terreni, unitamente agli effetti prodotti sia
dalla tettonica che dagli agenti atmosferici sono i principali elementi
responsabili delle forme del territorio e delle loro variazioni nel tempo. Di
solito gli effetti dell'antropizzazione possono generare modifiche anche
rilevanti alla morfologia dei luoghi; si pensi alle grandi trasformazioni
agricole, ai disboscamenti, alle bonifiche, alle cave ed ai grossi insediamenti
urbani o industriali.
Per una serie di fortunate
concause l'Alta valle dell'Anapo non ha subito la pressione demografica, e gli
effetti ad essa legati, che invece si è sviluppata lungo la fascia costiera
siracusana. L'entroterra della provincia di Siracusa, di cui l'area in
trattazione costituisce il cuore, conserva pertanto quasi per intero le
caratteristiche geomorfologiche dell'altopiano Ibleo, oggi perfettamente
riconoscibili nei profondi canyons che solcano il tavolato carbonatico
miocenico, perfettamente allineati a quelle che sono le principali linee
tettoniche regionali che li hanno generati, nelle forme aspre, versanti ripidi,
scarpate subverticali, che assumono invece profili morbidi ove la stratigrafia
contempla la presenza di rocce tenere ed erodibili.
Occorre sottolineare che in
quest'area della Sicilia le profonde incisioni fluviali scavate dall'azione delle
acque all'interno del tavolato calcareo, attraverso le principali linee di
discontinuità regionale, assumono il nome di cave, mentre cugni vengono
denominate quelle testate collinari che si incuneano in un sistema vallivo (di
solito in corrispondenza di una confluenza di due corsi d'acqua); con il
termine fosso si intende una cava particolarmente stretta e profonda.
Procedendo da nord verso
sud, le cave più importanti individuate sono: cava della Montagna, cava
Caviglia, fosso S. Giorgio, fosso S. Rosalia, cava Lordieri, fosso Nocilla,
fosso Fiumarola, cava Cugnarelli, cava Goncaro, cava del Mulino, oltre a cava
Grande (o torrente Calcinara), importante affluente dell'Anapo.
La profondità che
contraddistingue questi valloni dal tipico aspetto a canyon la relativa scarsa
presenza di terrazzi fluviali fa pensare ad un sollevamento rapido di tutta la
zona, fenomeno questo del tutto coerente con le vicissitudini tettoniche subite
dall'altopiano Ibleo da Pliocene in poi.
Il bacino dell'Anapo
costituisce una precisa unità geomorfologica ad ampia scala, ben definita e
confinata dagli spartiacque naturali che la cingono. L'area totale del bacino
idrografico misura 302,2 kmq. e comprende i territori amministrativi dei comuni
di Buccheri, Palazzolo Acreide, Buscemi, Ferla, Cassaro, Sortino, Solarino,
Floridia e Siracusa.
La presente proposta di
vincolo si riferisce però solo al territorio dei primi cinque comuni, in quanto
i tratti rispettivamente mediano e parte del terminale dell'Anapo sono già
stati precedentemente sottoposti a tutela paesaggistica, con separati
procedimenti, negli anni passati.
Lo sviluppo altimetrico è
compreso fra quota 986 metri (monte Lauro) e la quota 362 metri (a sud
dell'abitato di Cassaro), mentre le alture che delimitano il bacino sono: monte
Lauro (986 m.), Cozzo Buscica (946 m.), monte Erbesso (821 m.), Cozzo San
Sebastiano (726 m.), monte Neviera (723 m.), monte Casale (910 m.), monte Ebro
(821 m.) e più a nord, monte S. Venere (870 m.).
Il fenomeno carsico,
peraltro influenzato dai lineamenti tettonici della zona e dai caratteri
giaciturali e stratigrafici delle rocce, è caratterizzato dall'associazione di
tre principali categorie di forme:
1) forme di superficie
(campi carreggiati, lapiez, doline, ecc.);
2) forme sotterranee
(caverne, inghiottitoi, cunicoli, ecc.);
3) forme fluviali subaeree
(sorgenti carsiche).
In zona si possono osservare
forme di primo tipo (cavità carsiche interstratali) soprattutto lungo i
fondovalle sia dell'Anapo che degli affluenti principali, in corrispondenza di
rocce carbonatiche tenere e stratificate, quali le marne calcaree alternate
alle calcareniti della F.ne Palazzolo (membro inferiore) e della F.ne Ragusa;
ove le rocce si presentano più dure e resistenti, ma contestualmente più
fratturate, sono riscontrabili forme carsiche denominate "di
frattura" e ciò avviene di solito nella parte alta della valle dell'Anapo
e lungo gli impluvi che presentano profili tipici di un reticolo fluviale
giovane; ove invece la genesi delle cavità carsiche risulta essere attribuibile
ad un concorso di fattori stratigrafici e dislocativi, si può parlare di forme
"composte", come per esempio è possibile osservare lungo cava di
pietra e fosso Nocilla. Si evidenziano inoltre numerose altre forme carsiche,
quali cavità attribuibili a carsismo fossile, cavità vadose, freatiche, miste,
policicliche, o anche docce, lapiez, campi solcati, e campi carreggiati, ecc.,
molto diffusi nella zona.
Il fiume Anapo nasce dalle
falde del massiccio vulcanico di monte Lauro e nei 52 chilometri del suo corso
riceve da destra e a sinistra vari affluenti a regime torrentizio e con
deflussi limitati alla stagione piovosa. Il sistema idrografico risulta
caratterizzato oltre che dai principali fiumi, anche da una serie di affluenti
minori che scendono a ventaglio, lungo le incisioni dei rilievi circostanti.
Le unità idrografiche
principali comprese nella zona, o che comunque interessano la delimitazione in
bacini idrografici, sono:
- cava della Montagna, cava
Caviglia e torrente Ferla, che interessano la zona settentrionale dell'area e
vanno a confluire nell'Anapo;
- fosso S. Giorgio, fosso
Rosalia, cava Lardieri e confluenti, nella zona centro orientale dell'area, nel
fosso Nocilla che, a sud dell'abitato di Cassaro, si immette nell'Anapo;
- cava dei Molini, cava
Goncaro, cava Cugnarelli, confluenti, nella zona sud orientale, nel fiume
Anapo.
Le incisioni secondarie ed i
tratti montani dell'alveo principale dell'Anapo sono profondamente incassati
nella struttura morfologica tabulare dell'altopiano Ibleo e sono delimitati da
fianchi molto ripidi ed accidentati; la rete idrografica si presenta abbastanza
matura con segmenti uniformemente distribuiti e ben spaziati: non indifferente
è stata, inoltre, la tettonica, se si considera che lo stesso corso principale
risulta su una linea di faglia che passa per monte Lauro.
Considerato che il complesso
panorama archeologico che fa della valle dell'Anapo nel suo insieme un punto
nodale della storia dell'insediamento umano nel territorio siracusano è
radicato in alcune peculiarità geomorfologiche che possono essere così
sintetizzate:
1) habitat che offre
condizioni di vita ed ampie possibilità di sussistenza a gruppi umani
dall'economia basata esclusivamente dalle risorse agricole e naturali offerte
dal territorio, il che determina l'antropizzazione fin dall'età preistorica,
con un addensamento dell'occupazione nella prima età del bronzo (grotta Masella
a Buscemi, necropoli castellucciana di S. Martino presso Ferla) e lo
stanziamento diffuso, di carattere agricolo, dall'età greca fino a quella
bizantina (contrada Pantano a Palazzolo Acreide, Boscorotondo, Piano di Fata e
monte S. Nicolò a Buscemi; contrada Campanino a Ferla);
2) naturale via di
penetrazione e di comunicazione fra costa ed entroterra, come tale usato
soprattutto durante il bronzo medio e tardo e in età greca, fin dal primo
impianto di Siracusa (Akrai, Kasmene) che non a caso ripercorre la via già
segnata dalla penetrazione dei materiali micenei durante il bronzo medio
(contrada Maiorana a Buscemi);
3) condizioni difensive
ottimali con possibilità di sopravvivenza in economia chiusa, il che fa della
valle un luogo privilegiato nei periodi storici più turbolenti, quando maggiore
è la necessità di sicurezza di isolamento dalla costa troppo aperta.
Ciò si riscontra in modo
particolare durante l'età di Pantalica nord (contrade Calcinara e Calanca a
Ferla) e soprattutto in età tardo-romana e bizantina, quando si registra un
incremento di piccoli stanziamenti in posizioni riparate, con prevalente uso
del modello insediativo rupestre, che spesso si reimpiantano, dopo un
lunghissimo hiatus, sugli stessi siti degli insediamenti preistorici (vallone
Arancio e S. Martino a Ferla; Bidiclo - Casacce a Palazzolo; Madonna del Bosco,
Boscorotondo, S. Pietro, cave S. Rosalia e S. Giorgio a Buscemi, Cozzo Bianco e
Cozzo Nitta a Cassaro).
Rilevato che, come esposto
nei verbali di cui sopra, un rapido esame della carta degli insediamenti e dei
resti finora accertati (peraltro estremamente parziale, perché a tutt'oggi la
valle non è mai stata fatta oggetto di una ricognizione sistematica) permette
di evidenziare le modalità di occupazione nei vari periodi e di individuarne le
ragioni in relazione alle condizioni storiche.
La prima fase di cui si
possieda una evidenza archeologica significativa è rappresentata, come nella
maggior parte del territorio siracusano, dalla prima metà del bronzo, durante
la quale una serie di insediamenti a carattere diffuso si scagliona lungo il
ciglio montuoso che sovrasta il limite settentrionale della valle. Si tratta di
nuclei di cultura castellucciana, di modesta entità demografica, attestati da
gruppi di tombe a grotticella scavati nei fianchi dell'altopiano: il più
cospicuo è quello di S. Martino presso Ferla.
Più frequenti sono le
testimonianze relative agli insediamenti della media e tarda età del bronzo.
Nel primo caso, la valle fu utilizzata come accadrà più tardi, quale via di
accesso verso il territorio interno e quindi in funzione di scambi e commerci,
in un periodo di attivi traffici transmarini, come attestano i manufatti di
importazione micenea rinvenuti in contrada Maiorana a Buscemi, che
costituiscono la proiezione più interna di quel fiorire di centri costieri di
cultura thapsiana scaglionata intorno alla foce dell'Anapo.
Durante la tarda età del
bronzo (contrade Calanca e Calcinara), prevalente è l'intento difensivo, che
perdura durante la successiva età del Ferro. Di questa, poco si conosce: ma la
densità di occupazione è testimoniata dai numerosi gruppi di tombe a forno che
non solo accompagnano in ogni caso i gruppi necropolari della fase precedente
ma che si rinvengono anche in aree precedentemente non occupate, è il caso
della poco nota necropoli di M. Pavone, che annovera molte tombe a grotticella
con camera a pianta rettangolare, e che corrispondeva probabilmente ad un
insediamento di notevole entità.
La valle è intimamente
legata alla storia della colonia greca di Siracusa fin dal suo primo impianto;
ed anzi ne condiziona e ne determina la modalità della penetrazione e la forma
dei rapporti con l'entroterra. Come già in età preistorica, il corso del fiume,
che dal fondo del porto grande si apre allo sguardo di chi si approssima dal
mare alla spiaggia falcata con la sua larga foce sabbiosa e riparata che invita
all'approdo e le acque lente che scintillano fino ai monti sull'orizzonte,
costituisce la naturale via d'accesso verso la regione interna; e non a caso
uno del più antichi templi ne presidia la parte terminale del corso, conferendo
sicurezza e sacralità a un lembo di territorio extraurbano rivolto alla terra
degli indigeni, area privilegiata di scambio e di incontro, come già nei secoli
precedenti.
Lungo il corso dell'Anapo i
nuovi coloni risalgono fino all'interno, fino al massiccio del Lauro, nel cuore
del dominio dei Siculi, e alle radici di questa valle che rappresenta l'arteria
principale nel corpo del territorio conquistato impiantano due capisaldi, Akrai
(664 a.C.) e Kasmene (644 a.C.), destinati ad assicurare, da terra, il possesso
del triangolo di regione compresa tra Siracusa, Eloro e il Lauro. La vita di
Kasmene, sulla sommità di monte Casale, è relativamente breve; nella seconda
metà del IV sec. a.C., essa non più funzionale alle ragioni strategiche, che ne
hanno determinato la nascita, scompare; ma ne restano, eccezionali testimonianze
proprio perché del tutto indisturbate nei secoli, l'abitato, le mura di
fortificazione, le aree sacre e le necropoli. Solo in minima parte esplorata,
Kasmene è oggi per larga parte acquisita al demanio regionale, e destinata a
divenire uno dei più ricchi ed estesi parchi archeologici della regione. Lo
stato di azione, che promette agli studiosi un'eccezionale messe di dati, e la
suggestiva posizione di dominio su un succedersi ininterrotto di valli e
montagne fanno della piccola città militare ancora sepolta uno dei punti focali
su cui dovranno appuntarsi, nei prossimi anni, la ricerca e gli interventi di
valorizzazione.
Più conosciuta, e ormai
inserita nel circuito corrente della fruizione archeologica l'antica Acre,
sulla sommità dell'Acremonte alle spalle dell'odierna Palazzolo Acreide, è
nondimeno, anch'essa, quasi tutta da mettere in luce; anche qui, gli interventi
di acquisizione hanno oculatamente preceduto quelli di scavo, per assicurare la
necessaria conservazione al patrimonio ancora esistente.
La vita della valle, in età
greca, gravita intorno ai due centri principali; i rinvenimenti di superficie
attestano una confusa occupazione a scopo agricolo dei lembi di terreno
maggiormente pianeggianti e più atti alle coltivazioni. Resti di piccole
fattorie, spesso attestate soltanto da gruppi di tombe a fossa su di una
spianata rocciosa accanto a qualche vecchia fattoria e da frammenti di tegole e
vasellame d'uso comune sparsi nei campi, costellano i pianori sulle due sponde
del fiume, così come le campagne del comprensorio fra Palazzolo e Noto. Tali
sono probabilmente gli insediamenti cui si riferiscono le tracce individuate in
località Campanino, presso Ferla, e a contrada Pantano, presso Palazzolo; ma
non mancano indizi di insediamenti più cospicui, sotto il profilo
dell'estensione e densità demografica, altrimenti del tutto ignoti. E' il caso
dell'ancora inesplorato insediamento di Boscorotondo, presso Buscemi, nel quale
ricognizioni di superficie hanno accertato la presenza, per largo tratto, di
lembi di mura pertinenti a diverse abitazioni.
In questo territorio abitato
e coltivato, fioriscono anche luoghi di culto, legati alla terra ed alle
divinità protettrici delle forze della natura e della feracità.
Uno di questi, il più famoso
per la sua singolarità, è il c.d. santuario di Anna e delle Paides, dedicato
alle ninfe: a mezza costa sul fianco impervio del monte S. Nicolò, impendenti
sulla vallata del fiume, una serie di grotte a pianta squadrata, comunicanti,
conservano iscrizioni e graffiti. L'unica esplorazione condottavi è stata
quella, parziale, di P. Orsi; allo stato attuale, il tetto semicrollato di una
delle grotte e la quasi totale scomparsa del sentiero d'accesso proteggono
questo che è uno del più interessanti monumenti dell'architettura religiosa
coloniale, ancora da studiare compiutamente.
Nel complesso, poco
rappresentati appaiono, a livello insediativo, l'età ellenistico-romana e i
primi secoli dell'impero, anche a tener conto dell'episodicità della ricerca,
suscettibile di delineare un quadro parziale della realtà storica.
Evidentemente,
l'utilizzazione agricola ha prevalso sugli insediamenti storici; le fattorie
disseminate sul territorio si dislocano per la maggior parte infatti nelle
fasce più agevoli e aperte dell'altopiano, evitando le aree scoscese delle cave
intono al fiume e ai suoi affluenti.
La situazione muta
radicalmente negli ultimi due secoli dell'impero e nella prima età bizantina.
L'occupazione diffusa si intensifica e si assiste, soprattutto, ad un ritorno
insediativo negli stessi luoghi, non di rado appartati e di difficile accesso,
che erano stati sede di stanziamenti preistorici, prevalentemente situati sul
ciglio e lungo i fianchi della valle. Appare evidente l'intento definitivo,
quello di evitare contatti troppo immediati con la costa e con le più battute
vie di collegamento interno. Soprattutto dopo il VI sec. d.C., gli insediamenti
in posizioni aperte (come quello, accentrato intorno ad una piccola chiesa e
ancora da sottoporre ad indagine, di Piano di Fata presso Buscemi, o la
fattoria sulla sommità di M. S. Nicolò, attestata da una piccola necropoli di
tombe a fossa) vengono preferiti gli abitati in grotta scaglionati lungo le
cave (cava S. Giorgio, cava S. Rosalia presso Buscemi).
Uno dei più cospicui, successivamente
rimasto in uso fino all'età moderna, è quello di Madonna del Bosco, che diverrà
l'odierna Buscemi, in gran parte conservato e già sottoposto a tutela.
Spesso i nuclei insediativi
sono attestati soltanto da gruppi di tombe, più o meno numerose, che danno vita
a quel suggestivo panorama di escavazioni che articola i fianchi delle cave:
ampie fosse sub divo dalla caratteristica forma campanata, arcosoli monosomi o
bisomi, ipogei cruciformi o a galleria longitudinale, catacombe, talora anche
di grandi dimensioni, intimamente articolate intorno ad uno o più sepolcri a
baldacchino, tipologia ricorrente ed esclusiva delle catacombe rurali. Non di
rado si riutilizzano, per gli arcosoli isolati, le grotticelle preistoriche,
opportunamente modificate (S. Pietro di Buscemi, vallone Arancio e S. Martino a
Ferla).
Una
delle più cospicue fra le necropoli di questo periodo è quella di S. Anna a
Ferla, recentemente rimessa in luce e rilevata, che annovera numerosi arcosoli
ed una piccola catacomba con cinque sepolcri a baldacchino: qui si conserva una
delle rarissime iscrizioni finora rinvenute (il panorama dell'architettura
funeraria rurale del territorio siracusano è pressoché anepigrafe) menzionante
un Dionisio presbitero della chiesa erghitana, che costituisce uno dei primi
dati storici sull'assetto delle chiese in età paleocristiana.
L'architettura religiosa
rupestre mostra lungo la valle, diversi esempi di grotte (S. Anna, con
affreschi; Madonna del Bosco; S. Rosalia) e, soprattutto, uno dei monumenti più
noti e più significativi, la chiesa di S. Pietro a Buscemi. Scoperta da P. Orsi
durante l'esplorazione di un sepolcreto castellucciano nelle vicinanze, e
situata a mezza costa nel punto di confluenza fra la cava S. Giorgio e la cava
S. Rosalia; costituita da un vasto ambiente rettangolare tripartito da due
coppie di pilastri sostenenti archeggiature, conservava, oggi molto deteriorati
e in parte distrutti, un altare a mensa ed una cattedra ricavati nella roccia,
con le pareti decorate da un ciclo di affreschi di diverse epoche. La tipologia
anomala della ripartizione dello spazio interno fa di questo monumento uno dei
più discussi nel pur variegato panorama dell'architettura religiosa rupestre,
probabilmente ispirato a prototipi di area siriaco palestinese.
Recentemente e solo
parzialmente scavato è l'insediamento bizantino di Giarranauti, uno dei
pochissimi siti che ha conservato strutture pertinenti all'abitato di questa
età, e che riveste quindi un interesse del tutto particolare per la quantità di
dati che può fornire in ordine all'assetto abitativo, alla tipologia dello
strumentario, al vasellame di produzione locale, agli scambi ed alle risorse
economiche.
E' stato messo in luce un
vicus costituito da poco più di una decina di case, dislocate intorno ad una
piccola chiesa mononave. Le case presentano un'organizzazione molto semplice,
basata su un modulo comprendente due vani, affiancati o disposti l'uno di
seguito all'altro; il vano principale ospita il forno ed un piccolo fornello,
mentre quello secondario era utilizzato per attività agricole (in uno è stato
localizzato un rudimentale palmento scavato nel banco roccioso) o per deposito.
Probabili soppalchi lignei nel vano principale costituivano gli spazi per la
notte. Tra le varie case, disposte senza alcun criterio preordinato di
distribuzione degli spazi, si articolano vari recinti chiusi da muretti,
probabilmente per il ricovero del bestiame, e cortiletti che assolvono alla
funzione di viabilità interna. A circa 500 m. dal villaggio, e forse ad esso
pertinente, presso una profonda cisterna scavata nella roccia, ancora oggi
utilizzata e alimentata da una complessa rete di canalette di drenaggio
dell'acqua piovana, è stata rinvenuta una serie di vasche rettangolari,
anch'esse scavate nella roccia, disposte su due livelli lungo le pendici del
colle, larghe, basse e comunicanti, collegate a canalette e a lunghe teorie di
fossette.
Si tratta forse, più che di
un semplice abbeveratoio o di un lavatoio, di un impianto per la lavorazione di
qualche prodotto (una conceria ?).
Monete e materiali ceramici
collocano l'ultima fase di vita del villaggio al VI sec. d.C., in significativa
coincidenza con il sorgere degli insediamenti rupestri della vicina Pantalica,
prova evidente di sopraggiunte necessità difensive.
Considerato che nel
territorio dell'Alta valle dell'Anapo la trasformazione del sistema
insediativo, connota i nuovi caratteri del patrimonio edilizio.
Nel territorio dell'Alta
valle dell'Anapo, le trasformazioni più evidenti, sono quelle che stanno
avvenendo nelle zone periferiche ai margini degli insediamenti urbani che si
affacciano verso la valle. Una parte di queste trasformazioni riguarda le
seconde case, ma il grosso dell'attività edilizia riguarda le espansioni vere e
proprie cioè quelle con più marcato carattere urbano. Il problema più grave per
ciò che riguarda gli aspetti paesaggistici è determinato dalle periferie
urbane, le quali si affacciano direttamente sulle aree di maggiore pregio, come
nei comuni di Cassaro, Ferla e Palazzolo.
Lo squallore di queste
periferie è tale che non si può immaginare un vero futuro della zona senza
mettere in essere radicali interventi di restauro urbano e territoriale.
Questi intenti sono
possibili attraverso una totale revisione degli strumenti urbanistici locali i
quali dovranno essere tutti connotati da una forte attenzione verso i problemi
del controllo della morfologia urbana nei processi di trasformazione, oltre che
verso i problemi della tutela dell'ambiente territoriale. Per ciò che riguarda
i caseggiati storici, si ritiene che questi siano inseriti attraverso uno
studio specifico e puntuale nelle previsioni degli strumenti urbanistici, i
quali attraverso una normatizzazione li tutelino e li valorizzino.
Il sistema storico dei
caseggiati agricoli assieme al paesaggio urbano dei centri dell'Alta valle
dell'Anapo, costituisce senza dubbio, una ricchezza economica da valorizzare e
salvaguardare per lo sviluppo della zona stessa.
Lo studio delle carte
storiche, le più antiche risalenti agli inizi dell'800, ha permesso di
individuare le masserie storiche (quelle appunto presenti nel territorio agli
inizi dell'800) ed ancora oggi esistenti anche se abbandonate o semiutilizzate.
Trattasi di edifici con
tipologia articolata, costruiti probabilmente nel periodo che va tra la fine
del '700 e gli inizi dell'800, appartenenti originariamente ai feudi della
nobiltà siracusana.
Si incontrano continuamente,
nelle mappe analizzate i nomi delle grandi famiglie gentilizie come: Specchi,
Caetani, Judica, Politi ed i nomi dei grandi feudi come quello di Baulì o delle
contrade famose da cui prendono il nome molte ville gentilizie come Bibbia S.
Alfano. Le tipologie più ricorrenti sono quelle a corte chiusa e a corte
aperta, per i caseggiati più importanti, e quelle ad elementi giustapposti, per
quelle meno importanti.
Le prime sono composte da
una serie di alloggi fra cui spesso anche quello del proprietario, ed una serie
di locali di servizio quali magazzini, stalle, cantine. Negli organismi più
importanti e complessi è sempre presente una piccola chiesetta.
Le seconde, di
organizzazione più semplice, sono comprese in un'area recintata, nella quale
possono trovarsi anche stalle ed ovili, e contengono un alloggio ed alcuni
locali di servizio.
L'organismo, per il
particolare movimento dei tetti e l'articolazione delle masse, rivela un
indubbio interesse dal punto di vista architettonico, risultando, nella sua
configurazione formale, di grande attualità.
I problemi che emergono
riguardo lo stato del patrimonio edilizio rurale sono chiaramente legati alle
trasformazioni dell'economia del territorio e al grado di cultura della
popolazione locale. Da un lato, un'agricoltura sempre più in stato di crisi,
con gli addetti che abbandonano campi e case per trasferirsi in città (da qui
il continuo processo di degrado che alla fine determina l'inagibilità degli
edifici per mancanza di manutenzione), dall'altro lato un rapporto con
l'edificio da parte dei nuovi proprietari o affittuari dei caseggiati con
utilizzazione degli stessi solo per gli aspetti funzionali e quindi senza
quella necessaria attenzione che le strutture e la sua tipologia e la sua
storia richiederebbero.
In sostanza l'assenza di
consapevolezza da parte delle nuove gestioni, unitamente alla loro capacità di
determinare trasformazioni violente in tempi brevi che fa si che questi edifici
o sono abbandonati al loro degrado o sono sottoposti ad interventi di
manutenzione o di trasformazione e di ampliamento impropri e devastanti.
Quindi, anche se il
territorio in esame non è sottoposto a pesanti pressioni di carattere edilizio,
gli interventi capillari sul costruito, in assenza di una normativa idonea a
governare le trasformazioni, possono provocare grave danno al patrimonio
edilizio rurale storico e di conseguenza all'ambiente di cui ormai sono parte
integrante.
Intensi studi sono stati
dedicati di recente alle dimore rurali anche sotto l'aspetto tipologico, tanto
che oggi esiste una discreta letteratura sul tema che consente di conoscere
tutti i tentativi di catalogazione e tipizzazione fatti da vari autori per
molte aree geografiche italiane.
La masseria può essere
identificata nelle tipologie più comuni in una serie di corpi di fabbrica per
lo più disposti a quadrilatero, articolati da spazi recintati, innestati in una
viabilità irregolare e da terreni coltivati.
E' certo che il fulcro di
questo organismo architettonico è rappresentato dal cortile centrale denominato
in letteratura "corte rurale": uno spazio parzialmente o totalmente
chiuso che svolge una funzione centrale nell'organismo sia sotto l'aspetto
funzionale distributivo che sotto l'aspetto morfologico configurativo.
Gli elementi della masseria
della valle dell'Anapo sono costituiti:
1) dal recinto, costituito
da un muro a secco che delimita l'ambito di pertinenza del caseggiato;
2) dal cortile (baglio o
bagghiu): uno spazio centrale pavimentato nel quale venivano realizzati la
cisterna o il pozzo, adornato da un grande albero posizionato al centro o
marginalmente intorno al quale ruotava tutto il sistema funzionale della
masseria;
3) dalla casina padronale
che era l'abitazione temporanea del padrone utilizzata durante il periodo del
raccolto o per il periodo delle vacanze della famiglia;
4) da magazzini di
conservazione, cantine, granaio, ecc;
5) dal trappeto, locale per
la lavorazione dell'olio;
6) dal palmento, locale per
la lavorazione del vino;
7) dal fumeri, locale per
l'accumulo del concime organico;
8) dal pagghiaru, locale per
l'accumulo della paglia;
9) dalla cisterna o pozzo,
in genere posizionata al centro della corte;
10) dalle stalle, ovili o
"mannara";
11) dalla gebbia dell'acqua
per irrigazione.
Rilevato che, come esposto
nei verbali della Commissione sopra cennati, il territorio dell'altopiano
ibleo, in ragione delle antiche origini della sua popolazione, è ricco di
testimonianze storico - antiche che se non rappresentano dei capolavori
costituiscono tuttavia un'ampia e insostituibile documentazione del passato.
Capanni antichi, nevai, arcate di antichi acquedotti, muri di terrazzamento,
fontanili ecc. sono i documenti di un passato ingiustamente dimenticato e
abbandonato. Su questi monumenti di campagna, spesso veri e propri gioielli dal
punto di vista tecnico-strutturale, non è mai stato tentato uno studio che
avesse come obiettivo la loro valorizzazione e conservazione. Ora che la
tecnologia del cemento armato ha sostituito i materiali da costruzione
tradizionali, forse si guarda alle pietre vissute dell'architettura contadina
con senso di distacco dimenticando e/o sottovalutando i valori umani e storici
che essi racchiudono, valori che vanno prontamente recuperati prima che sia
troppo tardi.
Un tempo, quando nelle case
e nei bar non c'erano i frigoriferi si faceva uso di un ingegnoso quanto
rustico refrigeratore: la neviera. Le neviere oramai sono tutte in disuso ma,
in quel contesto, erano di grande importanza e fornivano neve per tutto l'anno
a tutti i comuni della zona.
La neve veniva sistemata
dentro la neviera a solai misti a strati di paglia in modo da avere lastre
facilmente estraibili. La neviera, di cui esistono diversi esemplari nella
zona, veniva realizzata in due modi: 1) incassata nella roccia di forma
circolare e con copertura a capanno; 2) incassata nella roccia, di forma
quadrata o rettangolare con conci squadrati di pietra bianca disposta a
ventaglio.
Del primo tipo si ha un
esempio ancora quasi intatto sopra il quartiere nord di Buccheri a ridosso
della strada che conduce al bivio di Palazzolo Acreide - Ferla - Giarratana.
Lo schema costruttivo, nelle
strutture di elevazione e nella copertura, ricorda il capanno pastorale di
questi monti.
Il secondo tipo è
maggiormente diffuso e se ne hanno buoni esempi a Buccheri, Buscemi e a
Palazzolo Acreide (nella zona archeologica dell'antica Akrai).
Altro caratteristico
elemento puntuale dell'architettura contadina della valle dell'Anapo è il
Capanno dei pastori.
Il territorio che si estende
a sud-ovest di Buccheri va elevandosi fino a raggiungere quote superiori 900
metri s.l.m. Data l'altitudine e considerata la sterilità del terreno, l'unica
vocazione possibile nel territorio sembra essere quella pastorale. Tale è stata
infatti nel passato.
In certi punti del
territorio il mondo pastorale è ancora vivo anche se molte abitudini sono
cambiate. Tuttavia alcune testimonianze del mondo pastorale della zona sono
ancora oggi presenti.
Il capanno pastorale arcaico
a pianta rotonda della piana di Buccheri è un esempio di tipologia
architettonica riscontrabile in altre zone della Sicilia.
Il tipo consiste in una
forma cilindrica leggermente imbutiforme ottenuta con filari concentrici di
blocchi grossolanamente sbozzati disposti secondo un principio statico
antichissimo (mensola sporgente autoportante).
La copertura è ottenuta con
lastre di pietra disposte ad anello e bloccate da una lastra centrale che ha
inoltre la funzione di chiudere costruttivamente il capanno.
Le lastre di copertura hanno
una lieve pendenza verso l'esterno e ciò per consentire lo smaltimento delle
acque piovane. L'interno è di pochi metri quadrati e spesso presenta anche
delle nicchiette.
L'ingresso è di limitate
dimensioni e non presenta tracce di incardinature di eventuale chiusino.
Altra evidente testimonianza
della cultura tradizionale di valore antropico, residente lungo la valle
dell'Anapo, è la ferrovia Siracusa - Vizzini.
In epoca remota, in una fase
databile tra il 1270 ed il 1000 a.C., la valle era abitata da popolazioni che,
abbandonate le piane costiere, si rifugiarono nelle zone interne sulle impervie
montagne, come testimoniano le vaste necropoli di grotticelle artificiali di
Pantalica e gli importanti resti archeologici tuttora visibili che dimostrano
l'esistenza di centri urbani abbastanza popolosi. Oggi i centri urbani
esistenti nella zona non sono più importanti né popolosi.
Un lungo sentiero bianco che
percorre l'intera valle a mezza costa ora da un lato ora dall'altro ci ricorda
che anche in un passato recente il sistema insediativo della valle era
importante nel contesto dell'economia del tavolato Ibleo: questo sentiero
corrisponde al vecchio tracciato della linea ferrata Siracusa - Ragusa - Vizzini.
Lungo il suo percorso, dopo
la stazione di Sortino, la valle assume valori morfologici paesaggistici e
naturalistici eccezionali.
La lingua scorre
serpeggiante sugli stretti argini. Fiancheggiati sempre da pareti a picco che
sospendono sul capo la minaccia di grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per
miracoli di statica.
Inaugurata il 19 luglio
1915, dopo oltre trent'anni di accese discussioni (il primo progetto di massima
redatto da Mauceri è del 1884), la linea ferrata raggiunse il culmine della notorietà
nel 1933 quando il re V. Emanuele III si recò, facendo uso del
"trenino" alla Necropoli di Pantalica.
Dopo oltre quarant'anni di
attività alle ore 9,30 del 30 giugno 1956 l'ultimo treno, cedendo il passo ai
mezzi di trasporto su strada, giunse alla stazione di Simma Nuova: furono
smontate e portate via tutte le traversine di legno, i binari, i bulloni, e
rimase solo quel lungo sentiero bianco, acquistato successivamente dalla
Azienda delle foreste demaniali della Regione Siciliana.
Interamente percorribile in
automobile, anche se con grosse difficoltà, offre la possibilità di immergersi
in un ambiente ancora integro che ha bisogno però di essere necessariamente
tutelato e salvaguardato.
Gli edifici che ospitavano
le stazioni sono stati trasformati e adattati ai diverse usi, e, qui e lì,
lungo l'antico tracciato, vecchi caselli affiorano come fantasmi a testimoniare
di una storia che è già leggenda.
Poco oltre sorge Cassaro,
che, nel tardo medioevo, era un piccolo borgo chiuso dentro le mura del suo castello.
L'edificazione extra moenia
iniziò nel sec. XIV in seguito ad un incremento demografico che comportò la
nascita di un quartiere attaccato alle mura esterne del vecchio maniero. Alla
fine del sec. XVI Cassaro si presentava composta da tre quartieri: il primo era
attaccato al castello; il secondo era chiamato quartiere di sopra e si trovava
nella parte inferiore dell'attuale abitato, nei pressi della chiesa Madre; il
terzo era chiamato quartiere di mezzo.
Nel 1598 nel quartiere di
sopra, era in costruzione la chiesa San Pietro in Vincoli.
Nel sec. XVII il paese tende
ad estendersi nella parte inferiore dell'attuale abitato, cioè nel quartiere di
sopra. Contemporaneamente sorgono altre chiese e alla vigilia del disastroso
terremoto del 1693 nel piccolo centro se ne contano sette: tre più antiche
erano ubicate nelle vicinanze del castello, quelle più recenti erano situate
negli stessi luoghi in cui sorgono ancora oggi.
Nella stessa età il castello
era ancora frequentato dai principi di Cassaro ed era perfettamente
funzionante. Ciò si evince da un bando del 3 settembre 1656.
Il terremoto causò enormi
danni ma i morti non furono tanti (15 ne annota il Boccone).
La ricostruzione delle case
e delle chiese fu sollecita ed impegnò maestranze locali ed esterne per circa
cinquanta anni.
Cassaro si spostò dal nucleo
originario sorto intorno al castello e si sviluppò in un area pianeggiante
intorno ad alcune chiese già esistenti nello stesso sito.
Il settore più
rappresentativo fu progettato intorno alla chiesa Madre; da esso si dipartono
le direttrici viarie principali del nuovo assetto urbanistico.
Invece di ricostruire il
paese sui vecchi allineamenti si preferì cancellare ogni segno precedente
eliminando tutte le macerie; ciò per dare vita ad un impianto regolare a
scacchiera caratterizzato da un ampio asse orientale a nord-est e collegare le
due vie d'accesso principali.
La composizione urbanistica
dell'abitato prevista non si è mai conclusa, sia ad ovest che a sud sembra
infatti aperta ad ulteriori sviluppi. Tale smagliatura deriva certamente da una
previsione di espansione pensata agli inizi del settecento. Il piano di
edificazione non fu mai completato perché il centro urbano nell'arco
dell'ottocento non superò il contorno perimetrale settecentesco.
La nuova architettura del
sec. XIX invece di aggiungersi a quella antica la sostituì secondo quello
stesso discutibile principio in base al quale oggi tetri volumi in cemento
armato sostituiscono le graziose abitazioni neoclassiche e liberty.
Si è voluto includere il
centro di Cassaro nella perimetrazione del vincolo dell'Alta valle dell'Anapo
al fine di scongiurare il ricorso alla "sostituzione edilizia",
favorita da una strumentazione urbanistica vigente obsoleta (piano di
fabbricazione) e non in grado di indirizzare gli interventi edilizi verso la
conservazione e valorizzazione di quei beni, che le civiltà del passato ci
hanno tramandato.
Il comune di Cassaro è
dotato di un programma di fabbricazione ancora operante.
In data 18 settembre 1995 il
consiglio comunale ha adottato la nuova previsione del P.R.G.
In data 22 marzo 1996 il
P.R.G. è stato trasmesso all'Assessorato regionale del territorio e
dell'ambiente, ma a tutt'oggi non è stato ancora approvato.
Il modello di crescita delle
periferie dei centri urbani che insistono nell'area interessata è in realtà
quanto mai opinabile: per scongiurarlo, si ritiene imprescindibile una
programmazione urbanistica ragionata, finalizzata ad un maggiore controllo
della qualità edilizia per i nuovi interventi e ad un restauro per quanto
possibile dell'ambiente urbano delle aree di margine prospicienti la valle.
Infatti se il metodo della "sostituzione edilizia" dovesse estendersi
all'intero patrimonio presente, si rischierebbe di perdere preziose
testimonianze della storia del territorio e della sua popolazione, ancora prima
di averne potuto effettuare un'analisi conoscitiva ed esauriente, necessaria
altresì, a fronte del degrado e dell'abbandono che minacciano alcune emergenze
storiche sparse in tutto il territorio.
Viste le opposizioni alla
proposta di vincolo paesaggistico dell'Alta valle dell'Anapo, che sono
pervenute nei termini, e precisamente:
1) consiglio comunale di
Palazzolo Acreide, che, con nota n. 4621 del 17 aprile 1997 osserva che: la
proposta di vincolo della commissione blocca ogni iniziativa produttiva
immobilizzando tutte le attività su un'area di 180 Km quadrati.
Il consiglio comunale
esprime le proprie preoccupazioni per un modello di pianificazione, imposto
autoritativamente dall'alto, di dubbia costituzionalità e fondato su leggi che
risalgono al 1939 e che determinano un vincolo assoluto, statico, che non tiene
conto della presenza dell'uomo nell'ambiente.
I vincoli devono tener conto
delle caratteristiche dell'ambiente ed essere conseguenti a studi approfonditi
sull'aspetto antropico e naturalistico dei luoghi.
L'antitesi all'idea del
vincolo è l'idea del Parco che tiene conto delle decisioni delle popolazioni e
scaturisce dallo studio del territorio e dalle vocazioni naturali del
territorio siano esse agricole, artigianali o altro.
Viene citato all'uopo un
parere del professor Bruno Ragonese che vede nell'idea del Parco degli Iblei lo
strumento amministrativo più idoneo per la rifondazione di una civiltà perduta
che aveva saputo ottimizzare il rapporto uomo-natura, e per superare (in
maniera democratica e consentendo alla comunità locale di individuare il tipo
di sviluppo dell'area) precedenti carenze di normazione che si riflettono in
alcuni piani di lottizzazione, legali ma non pienamente condivisibili.
Il vincolo proposto dalla
commissione non va rigettato in toto ma va trasformato da impedimento a
processo di sviluppo. Per realizzare ciò occorrono idee-guida e studi che
consentano di conoscere e valorizzare il territorio.
Viene sottolineato che il
comune di Cassaro ha rilevato come la commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa abbia usato una carta del
1966, naturalmente non corrispondente alla realtà della zona, non tenendo conto
di altra carta aggiornata esistente all'Università di Catania. Ciò a riprova
che la proposta di vincolo è inesatta, intimamente contraddittoria e priva di
studi di supporto accurati ed approfonditi.
Mentre nella sua parte
introduttiva la proposta prevede l'esclusione del vincolo sulle zone urbane dei
centri dotati di P.R.G., la parte deliberativa include nel vincolo anche le
zone urbane di Palazzolo.
Il vincolo imposto rischia
di mutilare le intenzioni dell'imprenditoria e le potenzialità turistiche del
territorio, meglio valorizzabili attraverso un Parco, strumento questo che
viene ritenuto preferibile per la tutela delle realtà agricole già esistenti.
Il consiglio comunale di
Palazzolo Acreide manifesta di non essere contrario al rispetto di regole e di
norme cautelari, e quindi propone non di rigettare il vincolo sic et
simpliciter, bensì di avviare l'istituzione di un Parco, che consentirebbe ai
residenti di diventare protagonisti dello sviluppo della zona, mettendo in moto
diversi meccanismi di finanziamento.
Il sindaco concorda con il consiglio
nel sostenere che il vincolo è una pianificazione del territorio imposta
dall'alto. Invita ad approfittare dell'occasione per proporre una
pianificazione che venga dal basso. Proponendo l'istituzione del Parco,
Palazzolo potrebbe costituire un esempio trainante, uno stimolo per gli altri
sindaci interessati. Conclusivamente, il consiglio comunale di Palazzolo
Acreide, nell'esprimere l'apprezzamento per l'intento di pianificazione
territoriale manifestato dall'Amministrazione regionale, ed anzi, auspicando
l'attivazione di un piano paesistico con precise strategie mirate al rilancio
dell'economia del territorio ibleo, rileva che il territorio di Palazzolo
Acreide è dotato di P.R.G. fin dal 1989 ed è tutelato da uno studio di piano
particolareggiato del centro storico, e quindi rigetta il vincolo così come
proposto dalla commissione provinciale in quanto appare come principio di
rigida conservazione che non tiene conto dei normali sviluppi socio-economici
di una comunità. Propone altresì l'istituzione di un'area naturale protetta
così come recita la legge n. 394/91 fondata sulla "zonizzazione", che
scaturisca da uno studio analitico del territorio.
Formula voti al governo
regionale affinché, attui un intervento finalizzato allo sviluppo economico
degli Iblei e sottolinea che la proposta di vincolo non è rispettosa del
diritto alla democrazia alla partecipazione dei cittadini;
2) consiglieri comunali di
Buccheri, i quali, con nota n. 3200 del 10 aprile 1997, ricorrono avverso la
perimetrazione riguardante il territorio comunale di Buccheri per i seguenti
motivi:
a) parte del territorio
comunale di Buccheri incluso nella delimitazione ed in particolar modo la parte
che va dalla strada Sortino-Buccheri dal Km. 13,500 fino al confine provinciale
Siracusa-Ragusa non tiene conto dell'esistenza di una serie di complessi
edilizi già realizzati ed in fase di realizzazione a seguito di una serie di
lottizzazioni private già approvate;
b) tale area è fornita di
una serie di opere di urbanizzazione (rete idrica, fognaria, illuminazione)
eseguite dal comune di Buccheri;
c) da una attenta lettura
dei resoconti delle riunioni della commissione provinciale per la tutela della
valle dell'Anapo, non si evince che essa abbia preso visione degli strumenti
urbanistici del comune di Buccheri, così come invece ha fatto per tutti gli
altri comuni ricadenti nel comprensorio della valle dell'Anapo;
d) l'area di cui sopra non
interessa né direttamente né indirettamente il bacino imbrifero della valle
dell'Anapo, in quanto si trova in posizione marginale rispetto alla
perimetrazione individuata.
e) il confine individuato
sembra essere dettato più dalla praticità di individuare un confine certo - la
strada -, che dalla effettiva esigenza di delimitare una bellezza naturale da
proteggere.
La commissione provinciale
non avrebbe tenuto conto che l'area di cui si propone il vincolo risulta
interessata da numerose lottizzazioni convenzionate già eseguita da privati o
in via di esecuzione, nonché da numerose costruzioni edili.
L'estensione dell'area che
la commissione provinciale propone di sottoporre a vincolo appare
sproporzionata rispetto al bene tutelato, atteso che la zona urbanizzata di
contrada Piana non risulta minimamente interessata dal bacino ibrifero della
valle dell'Anapo.
L'arbitraria delimitazione
dell'area da sottoporre a vincolo è gravemente pregiudizievole delle legittime
aspettative dei proprietari delle zone suindicate, nonché in stridente
contrasto con tutte le delimitazioni adottate nel corso degli anni
dall'amministrazione comunale.
Il P.R.G. in itinere,
prevedendo in detta zona di espansione le aree destinate a servizi e ad
insediamenti artigianali ed industriali, sarebbe completamente stravolto
dall'imposizione del vincolo, misura sostanzialmente indiscriminata ed ingiustificata,
ancorata a giudizi empirici ed emotivi come quelli espressi nella relazione
posta a fondamento della proposta dai componenti della commissione provinciale;
3) 44 cittadini di Buccheri,
con nota dell'11 marzo 1997, premettono che nella proposta di vincolo traspare
l'intenzione di vincolare il comune di Cassaro in quanto privo di P.R.G.:
l'inclusione dell'area urbana nel vincolo paesaggistico avrebbe il senso di
fare fronte all'insufficiente livello di tutela apprestato sul programma di
fabbricazione vigente.
Partendo dalla premessa che
identica è la situazione di Buccheri, quanto allo strumento urbanistico vigente
(piano di fabbricazione), non si capisce e soprattutto non si condivide la
reticenza nei lavori della commissione provinciale per la tutela delle bellezze
naturali e panoramiche di Siracusa rispetto alla situazione predetta. Infatti
in data 27 febbraio 1997 il consiglio comunale di Buccheri è stato convocato
dal Presidente con all'ordine del giorno la adozione dello strumento
urbanistico Generale che è in itinere.
Detta situazione, che
preoccupa la commissione per il comune di Cassaro, non sembra preoccupare
altrettanto per Buccheri, ove attualmente vige il piano di fabbricazione del
1979, del tutto carente di misure atte a tutelare l'assetto urbanistico
pre-esistente e del centro urbano in particolare, che non è normato da un piano
particolareggiato, previsto invece per la zona di espansione in contrada
Pozzanghera ricompresa nella proposta di vincolo.
La commissione BB.NN.PP. si
sarebbe preoccupata di tutelare e vincolare una parte del territorio di
Buccheri, già urbanizzata come zona di espansione e interessata da alcune
micro-lottizzazioni, ma non si sarebbe curata di tutelare il territorio urbano
di Buccheri, ove l'assalto alle bellezze naturali è in atto, posto il nutrito
campionario di ditte di Buccheri abusive e/o non autorizzate, che, con i loro
interventi, hanno arrecato grave danno al paesaggio.
La proposta di vincolo in
quanto strumento organico di tutela che non potrebbe ignorare quella parte di
territorio che dista appena 500 m. dalla delimitazione della proposta di
vincolo, e che invece è quella che andrebbe realmente tutelata.
Proprio in quell'area, il
piano regolatore in itinere, avrebbe individuato le zone relative a servizi e
ad insediamenti artigianali-industriali.
I sottoscrittori invitano a
riconsiderare l'area da sottoporre a vincolo paesaggistico, valutando meglio i
rapporti e le relazioni con gli strumenti di pianificazione territoriale, come
lo strumento urbanistico che è assolutamente in disarmonia con quello che è
possibile leggere dal carteggio e dalle planimetrie della proposta di vincolo.
Viste le controdeduzioni
rese dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, che,
con nota n. 5001 del 24 giugno 1997 ha rilevato che:
- la perimetrazione del
vincolo interessa i territori comunali di Buccheri, Palazzolo Acreide, Ferla,
Cassaro, Buscemi e Sortino e lo scopo della proposta è quello di tutelare
un'area paesaggisticamente omogenea, che riveste caratteristiche peculiari sia
sotto il profilo geomorfologico che sotto quello naturalistico e del paesaggio
degli Iblei, così come ampiamente rappresentato nella relazione generale
contenuta negli atti del verbale della commissione provinciale BB.NN. Quanto agli
specifici rilievi mossi dagli opponenti, e in particolare alle perplessità
mosse da alcuni componenti del consiglio comunale di Palazzolo Acreide, circa
il paventato blocco delle attività produttive della zona, la Soprintendenza di
Siracusa sottolinea che la natura giuridica del vincolo di legge n. 1497/39 è
tale che esso non pregiudica né inibisce a priori le attività produttive
pubbliche e/o private esistenti nel territorio, né quelle di nuova formazione,
trattandosi di vincolo paesaggistico e non di immodificabilità.
Le indubbie valenze
paesaggistiche e naturalistiche della zona interessata sono riconosciute da
parte degli stessi consiglieri comunali, i quali ritengono che la stessa area
sia "ideale per l'istituzione di un Parco degli Iblei" o per essere
classificata come un'area naturale protetta.
Il centro urbano di
Palazzolo Acreide, ricade fuori dalla perimetrazione del vincolo, fatta
eccezione per alcune aree periferiche a margine di località paesaggisticamente
rilevanti, come ad esempio la zona archeologica di "Serra Palazzo".
Viene sottolineato che le
iniziative comunali e/o intercomunali di valorizzazione dell'area in
trattazione (istituzione di parchi urbani, di aree protette ecc.) potranno
trovare luogo nella formazione o revisione degli strumenti di pianificazione
urbanistica (P.R.G. comunali o intercomunali). In considerazione di quanto
sopra rappresentato, si può asserire che l'imposizione del vincolo
paesaggistico non pregiudica né inibisce le iniziative produttive della zona,
ma segue, di concerto con la pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed
urbanistica (P.R.G.), lo sviluppo e la valorizzazione di ambiti territoriali di
particolare pregio paesaggistico meritevoli di essere maggiormente attenzionati
e salvaguardati.
Circa le opposizioni
promosse dai cittadini di Buccheri in ordine all'imposizione del vincolo ex
legge n. 1497/39, relativo all'Alta valle dell'Anapo, in territorio comunale
di: Buccheri, Palazzolo Acreide, Ferla, Cassaro, Buscemi e Sortino, la
Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa, premesso che
scopo del vincolo è quello di tutelare un'area paesaggisticamente omogenea, che
riveste caratteristiche peculiari sia sotto il profilo geomorfologico e
naturalistico sia nell'ambito del paesaggio rurale degli Iblei, così come del
resto ampiamente rappresentato nella relazione generale contenuta negli atti
del verbale della Commissione Provinciale BB.NN., rappresenta che, sia il
centro urbano di Palazzolo A. che quello di Buccheri risultano fuori dalla perimetrazione
del vincolo in argomento, fatta eccezione per alcune aree periferiche a margine
di località paesaggisticamente rilevanti, che a Palazzolo alcune aree si
trovano in prossimità della zona archeologica di "Serra Palazzo",
mentre a Buccheri le stesse ricadono nelle vicinanze delle perimetrazioni del
demanio forestale di "monte Contessa" e della Piana di Buccheri.
In ordine alle obiezioni
mosse sui criteri di perimetrazione del settore nord occidentale del vincolo,
nella fattispecie l'area di C.d.a. Piana, occorre precisare che sebbene in
questo caso il perimetro non coincide perfettamente con lo spartiacque
superficiale del bacino idrografico, è anche vero che la scelta di attestare lo
stesso lungo la strada provinciale, viene giustificato da un lato dalla
necessità di includere le ampie superfici boscate che si affacciano
direttamente sulla valle dell'Anapo e localizzate soprattutto a coronamento
della contrada menzionata, (peraltro già comprese nel demanio forestale e
pertanto vincolate ai sensi della legge regionale n. 16/96), dall'altro
dall'opportunità che la strada offre a chi la percorre ponendosi come naturale
raccordo tra il suo tratto più orientale e quello più occidentale, sicuramente
con caratteristiche più marcatamente panoramiche.
Parte di quest'area risulta
già in regime di vincolo forestale, nonché nella fascia di rispetto di
quest'ultimo (zona di immodificabilità, ex legge regionale n. 15/91, di 200
metri dal confine del vincolo forestale).
Il vincolo paesaggistico ha
sinteticamente dato omogeneità a quanto illustrato sinora, ponendo maggiore
attenzione a quelle aree periferiche dei centri urbani che si affacciano in
prossimità del perimetro, tanto è vero che in tutto il territorio dell'Alta
valle dell'Anapo le trasformazioni più evidenti sono quelle nelle zone di
margine, nelle quali necessitano sostanziali interventi di restauro urbano e
territoriale.
La perimetrazione proposta
in alternativa dal comune di Buccheri appare se non altro strumentale, in
quanto taglia fuori praticamente dal vincolo tutto il territorio comunale.
In relazione a quanto
rilevato circa l'opportunità di estendere il vincolo alle restanti porzioni del
territorio comunale di Buccheri meritevoli di tutela paesaggistica, occorre
precisare che oggetto della proposta di vincolo della commissione BB.NN. era
l'Alta valle dell'Anapo; gli studi e la proposta di vincolo riguardavano solo
tutto ciò che è omogeneamente afferente al suddetto bacino e le sue immediate
vicinanze, sotto i vari aspetti (geomorfologico, idrogeologico, vegetazionale,
architettonico, rurale, ecc.); il territorio comunale edificato di Buccheri
ricade solo in parte nel suddetto perimetro.
Inoltre, atteso che risulta
in itinere la predisposizione del P.R.G. del comune di Buccheri, nulla vieta
che la stessa amministrazione comunale possa porre maggiore attenzione in
quella sede all'opportunità della salvaguardia delle valenze storiche,
culturali e paesaggistiche del territorio comunale.
Non appare superfluo
ricordare che l'imposizione di un vincolo paesaggistico non pregiudica affatto
la possibilità di edificazione ma segue la finalità di guidare e indirizzare di
concerto con la pianificazione paesaggistica (piani paesistici) ed urbanistica
(P.R.G.), lo sviluppo e la valorizzazione di aree sicuramente meritevoli di una
attenzione particolare.
Visto il perimetro del
vincolo, che si diparte dalla S.S. n. 287 denominata "Maremonti"
all'altezza del bivio con la S.S. 124 "Siracusana", percorre
quest'ultima verso nord-est, per imboccare sulla sinistra, poco prima del Km.
91, il bivio per Cassaro e Ferla, percorre la strada provinciale n. 59 e, dal
Km 1+500 circa, coincidendo con il preesistente vincolo della Media valle
dell'Anapo, ne ricalca il perimetro e, fra il Km. 2 ed il Km. 3, devia sulla
destra seguendo un sentiero, avente direzione ovest-est, che, scendendo
progressivamente di quota, riprende di nuovo la suddetta provinciale poco prima
del ponte sul fiume Anapo e la percorre fin oltre il ponte medesimo; da qui
devia sulla destra in direzione di Ferla per circa un chilometro, gira ancora a
destra e segue un sentiero che corrisponde con il confine comunale di Ferla,
fino a che questi non si innesta nella S.P. Ferla-Sortino in prossimità del Km.
4; segue questa strada fin poco oltre il Km. 8, per deviare in coincidenza
della linea dell'alta tensione dell'ENEL in direzione nord-nord-est, al punto
in cui la suddetta linea incrocia un sentiero in contrada Prita, nei pressi di
case S. Antonio. Il perimetro devia sulla sinistra, abbandonando il tracciato
del predetto vincolo della Media valle dell'Anapo, percorrendo il sentiero
citato fino a contrada Cugni e si innesta a sinistra sulla S.P.
Sortino-Buccheri; segue questa strada fino al Km. 11 circa, dove gira intorno
al monte Santo Venere deviando sulla destra in prossimità di case Taruddu, in
direzione nord, lungo la strada per Pedagaggi-Francofonte, per quasi 1
chilometro e mezzo circa. Il perimetro imbocca un sentiero sulla sinistra, che
arriva a case Ceusa e da qui, percorrendo un altro sentiero che segue le linee
di livello, passa sotto Costa Castagna e Cozzo Castagna, si reinnesta sulla
S.P. Sortino-Buccheri, all'altezza del Km. 13+500 circa e percorre questa
strada in direzione Buccheri fino all'incrocio con la "Maremonti",
oltrepassa quest'ultima in direzione Giarratana fino a poco oltre il Km. 4,
sotto il monte Lauro, dove la suddetta strada incrocia il confine provinciale
Siracusa-Ragusa. Il perimetro segue in direzione Sud sino a toccare nuovamente
la strada Buccheri-Giarratana poco oltre il Km. 9, in contrada Liequa, e,
seguendo una linea retta ideale avente direzione sud-est, incontra un sentiero,
un tempo sede della ferrovia per Vizzini, e lo segue fino alla strada
Palazzolo-Garratana, poco oltre il Km. 1; segue quest'ultima verso nord-est e,
poco prima che questa si innesti sulla Maremonti, gira a destra lungo un
sentiero che la raccorda con la vecchia strada Palazzolo-Noto; arriva a
quest'ultima, devia sulla sinistra fino a raccordarsi con la Maremonti, che
percorre sino all'incrocio con la S.S. n. 124.
Dalla presente
perimetrazione restano escluse le aree urbane di Ferla e Buscemi e le aree di
espansione di questi ultimi e di Cassaro, così come definite dagli strumenti
urbanistici in vigore e/o in itinere ed individuate nell'allegata planimetria e
nella planimetria tematica allegata al verbale della commissione BB.NN.PP. di
Siracusa del 7 ottobre 1996, facente parte integrante e sostanziale del
presente provvedimento.
Ritenuto che la imposizione
di un vincolo di paesaggio ai sensi della legge n. 1497/39, non determina la
imposizione di limiti specifici se non per quanto riguarda i criteri generali
del mantenimento delle caratteristiche originali, dei materiali e delle
tecniche costruttive e, in questo caso, della cultura materiale.
Ritenuto sulla scorta degli
atti anzidetti, delle motivazioni della proposta avanzata dalla commissione
provinciale BB.NN.PP. di Siracusa, delle controdeduzioni rese dalla
Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa avverso le
opposizioni prodotte contro la proposta medesima, di dovere respingere, in
quanto infondate, dette opposizioni e di dovere quindi ratificare la
dichiarazione di notevole interesse paesaggistico, ai sensi dell'art. 1, nn. 3
e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sussistendone i presupposti, del territorio
dell'Alta valle dell'Anapo, descritto e delimitato come nei verbali della
commissione provinciale anzidetta, che si allegano al presente atto, unitamente
alla cartografia, quale parte integrante e sostanziale.
Per quanto sopra esposto;
Decreta:
Art. 1
Al fine di garantire le
migliori condizioni di tutela, sono dichiarate di notevole interesse pubblico,
ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge 29 giugno 1939,
n. 1497, come bellezze di insieme e panoramiche, la porzione di territorio
comprendente i comuni di Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla,
Palazzolo Acreide e Sortino, ricadente all'interno del perimetro visualizzato
nell'allegata cartografia: carta d'Italia dell'I.G.M. scala 1:25.000 (allegato
1), secondo i limiti descritti in premessa, per le motivazioni anche riportate
nei verbali delle sedute del 18 aprile 1996, 30 maggio 1996, 11 giugno 1996, 27
giugno 1996 e del 7 ottobre 1996 della commissione provinciale per la tutela
delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa (allegato 2), che si allegano
al presente atto come parte integrante, rigettata, sulla scorta delle
controdeduzioni rese dalla Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di
Siracusa, ogni opposizione presentata avverso detto vincolo paesaggistico.
Art. 2
Il presente decreto sarà
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, unitamente alle
planimetrie, allegate, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 1497/39 e dell'art.
12 del R.D. n. 1357/40.
Una copia della Gazzetta
Ufficiale della Regione Siciliana, contenente il presente decreto, sarà
trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite
della competente Soprintendenza, ai comuni di Buccheri, Buscemi, Carlentini,
Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino perchè venga affissa per tre mesi
naturali e consecutivi all'albo pretorio dei comuni stessi.
Altra copia della predetta
Gazzetta, assieme agli allegati planimetrici delle zone vincolate, sarà
depositata presso gli uffici degli stessi comuni, ove gli interessati potranno
prenderne visione.
La Soprintendenza competente
comunicherà a questo Assessorato la data dell'effettiva affissione del numero
della Gazzetta sopracitata all'albo del comuni di Buccheri, Buscemi,
Carlentini, Cassaro, Ferla, Palazzolo Acreide e Sortino.
Art. 3
Avverso il presente
provvedimento è esperibile ricorso innanzi al giudice amministrativo entro 60
giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana del provvedimento medesimo, ovvero, ricorso gerarchico, ai sensi
dell'art. 4, u.c., della legge n. 1497 del 1939.
Palermo, 12 maggio 1998.
CROCE
Allegato 1 - [non
disponibile, vedasi G.U.R.S. 4 luglio 1998, n. 33].
Allegato 2
COMMISSIONE PROVINCIALE PER
LA TUTELA
DELLE BELLEZZE NATURALI E
PANORAMICHE DI SIRACUSA
Verbale della Commissione
provinciale BB.NN.PP. di Siracusa
redatto nella seduta del 18
aprile 1996
L'anno
millenovecentonovantasei il giorno 18 del mese di aprile, alle ore 9,30 si è
riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza per i beni
culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la Commissione
BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995
parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995,
così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal presidente
dott. Giuseppe Voza con nota racc. n. di prot. 6452/Amm. del 3 aprile 1996,
inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono intervenuti alla
riunione i seguenti componenti la commissione:
1) dott. prof. Giuseppe
Voza, soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della
circoscrizione di Siracusa, presidente;
2) prof. Salvatore Russo,
componente;
3) ing. Gaetano Capodicasa,
componente;
4) ing. Gaetano Maltese, in
rappresentanza del distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art.
2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 (delega prot. n. 3763 del
12 aprile 1996), membro aggregato;
5) signora Lidia La Ferla,
assistente amministrativo della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali,
segretario.
Assistono alla riunione,
nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la
Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco
Santalucia, direttore f.f. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S.
Cancemi, dott. A. Mamo, dirigenti tecnici della medesima sezione, per eventuali
chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il presidente fa rilevare
che la commissione, pur in assenza del rappresentante dell'Ispettorato
ripartimentale delle foreste, convocato come membro aggregato ai sensi
dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995, è regolarmente
costituita ai sensi dell'art. 5, 2° comma del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 ore
10,00, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare all'esame
dell'ordine del giorno che, al primo punto, prevede la delibera di ratifica del
vincolo del porto piccolo di Siracusa, la cui proposta è stata già ampiamente
esaminata nelle precedenti sedute, rispettivamente del 12 dicembre 1995, del 10
febbraio 1996 e del 7 marzo 1996.
Prima di procedere alla
delibera il presidente dà lettura delle relazioni tecniche che costituiscono il
presupposto per la proposta di emanazione del presente vincolo e sono parte
integrante del presente verbale. Copia di esse verrà anche depositata presso
gli uffici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa,
per l'eventuale consultazione da parte di coloro che ne abbiano interesse.
A conclusione della suddetta
lettura, l'arch. Santalucia, la dott.ssa Trigilia, il dott. Mamo, l'arch.
Cancemi, si allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla
votazione del vincolo ed alla delimitazione dell'area da tutelare che sarà la
seguente:
(Omissis)
Si passa alla discussione
sul secondo punto all'ordine del giorno relativo alla presentazione della
proposta di vincolo dell'alta valle dell'Anapo. Si comincia con la proiezione
di un filmato riguardante il perimetro proposto per l'area da sottoporre a
vincolo, al fine di agevolare il dibattito.
Il presidente dà avvio alla
discussione dichiarando che la valle dell'Anapo va necessariamente tutelata per
evitare trasformazioni tali che potrebbero far venire meno, in maniera
irreversibile, le caratteristiche proprie di questo territorio.
E' in corso l'esame, presso
la sezione beni paesaggistici, architettonici ed urbanistici della
Soprintendenza di Siracusa, per la verifica dei piani regolatori dei centri
urbani inclusi nella proposta di vincolo al fine di garantirne l'eventuale
espansione edilizia o produttiva.
Il centro urbano di
Palazzolo, poiché ben tutelato da un P.R.G. e da uno studio di piano
particolareggiato del centro storico, verrà escluso dalla proposta,
comprendendo invece il cimitero poiché ricco di significativi elementi
architettonici e storici da salvaguardare.
Per quanto concerne altri
centri rientranti nella zona da sottoporre a vincolo, Ferla è in possesso di
uno strumento urbanistico mentre invece Cassaro e Buscemi ne sono privi.
Il perimetro proposto
comprende a nord il Monte S. Venera (m. 869) inseribile sia come bellezza
individua che panoramica, già sottoposto a vincolo biennale di immodificabilità
ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91.
Si propone il raffronto
sulla cartografia dell'intero corso dell'Anapo sia nel tratto mediano che nella
foce, mentre obiettivo del presente vincolo è quello di sottoporre a tutela,
secondo la normativa paesaggistica, la sorgente e l'alto corso del fiume, a
completamento ed omogeneità di salvaguardia di valori ed elementi del tutto
identici ai tratti già vincolati.
L'ing. Maltese sostiene che
bisogna tener conto dei problemi economici e sociali dei centri urbani che
gravitano nella zona da sottoporre a vincolo; bisognerebbe dunque trovare una
soluzione di compromesso tra l'esigenza di tutela del territorio e quella di
sviluppo economico e sociale della zona. Per questo motivo l'ing. Maltese vuole
avere delle certezze sulla perimetrazione della zona da sottoporre a vincolo.
L'ing. Capodicasa dice che
l'apposizione del vincolo non significa chiusura delle due cave esistenti nella
zona.
L'ing. Maltese esprime
preoccupazione per l'applicazione della legge regionale n. 24/91 in quanto, una
volta scaduta nell'anno 2002 l'autorizzazione all'apertura della cava, se la
zona sarà tutta sottoposta a vincolo ai sensi della legge n. 1497/39, la stessa
non verrà più rinnovata con gravi conseguenze dal punto di vista economico ed
occupazionale.
A tal proposito il
presidente propone all'ing. Maltese di verificare quale sia l'attività
produttiva effettivamente svolta dalle cave esistenti nella zona e quali siano
i processi produttivi in atto, anche se è del parere che il territorio in
oggetto, poiché di vaste dimensioni, non consente di attenzionare aspetti
troppo particolari, in questa prima fase.
Secondo il presidente il
primo elemento fondamentale è quello di redigere una relazione introduttiva che
faccia capire il perché della necessità di tutelare la zona; tale relazione
dovrà poi essere accompagnata da specifiche relazioni tematiche relative ai
singoli aspetti: geologico, archeologico etc.
Il vincolo della legge n.
1497/39, d'altra parte, non prescrive divieti assoluti ma cerca di dare delle
prescrizioni per la tutela dei valori paesaggistici dell'area da vincolare.
Il presidente propone infine
di fissare un sopralluogo da parte della commissione con un elicottero messo a
disposizione dai militari, previa richiesta.
Secondo l'ing. Capodicasa
non è necessario effettuare tale sopralluogo in elicottero basterebbe
stabilire, una volta fissata la perimetrazione, alcuni punti di belvedere
raggiungibili anche in automobile.
La commissione conclude che
entrambi i sopralluoghi sarebbero necessari per avere una visione completa
della proposta di vincolo.
Alle ore 13,45 la riunione
viene chiusa.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER
LA TUTELA
DELLE BELLEZZE NATURALI E
PANORAMICHE DI SIRACUSA
Riapertura verbale della
Commissione provinciale BB.NN.PP.
di Siracusa redatto nella seduta
del 18 aprile 1996
e ripreso nella successiva
seduta del 30 maggio 1996
relativo alla proposta di
vincolo dell'alta valle dell'Anapo
L'anno
millenovecentonovantasei il giorno 30 del mese di maggio, alle ore 9,30 si è
riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza per i beni
culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione
BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 novembre
1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio
1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal
presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot. 9199/amm. del
18 maggio 1996, inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono intervenuti alla
riunione i seguenti componenti la commissione:
1) dott. prof. Giuseppe Voza
- Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della
circoscrizione di Siracusa - presidente;
2) prof. Salvatore Russo -
componente;
3) ing. Gaetano Capodicasa -
componente;
4) ing. Gaetano Maltese - in
rappresentanza del distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art.
2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 (delega prot. 5448 del 29
maggio 1996) - membro aggregato;
5) ing. Domenico Turibio -
in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste - membro
aggregato;
6) signora Lidia La Ferla -
assistente amministrativo della Soprintendenza per i beni culturali ed
ambientali - segretario.
Assistono alla riunione,
nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la
Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco
Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S.
Cancemi, dott. A. Mamo, dirigenti tecnici della medesima sezione, per eventuali
chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il presidente dichiara
aperta la seduta e, dopo aver dato lettura del verbale della riunione
precedente, invita la commissione a passare all'esame dell'ordine del giorno
che riguarda la presentazione del vincolo dell'alta valle dell'Anapo e
l'illustrazione delle motivazioni che hanno indotto alla proposta del vincolo.
Scopo del vincolo è quello
di tutelare l'alta valle dell'Anapo ed il suo bacino imbrifero, allargandolo
fino a comprendere monte S. Venera ed il torrente Calcinara, allo scopo di
evitare che tale area subisca ad opera dell'uomo degli stravolgimenti tali da
compromettere le valenze paesistiche della zona.
Il vincolo abbraccia una
vasta area che comprende anche quattro centri urbani e, quindi, il presidente
fa rilevare che si pone il problema di individuare i criteri di scelta delle
aree urbane da inserire nel vincolo ed i criteri da utilizzare per la
perimetrazione, anche in considerazione del fatto che bisogna scegliere dei
capisaldi certi visto che in questa area corre il limite tra le due provincie
di Siracusa e Ragusa.
Alla luce di un'attenta
analisi del territorio e degli strumenti urbanistici già vigenti o in itinere,
il presidente propone di estrapolare dal vincolo i centri urbani e le loro
periferie, per i quali sarebbe auspicabile che venisse proposto un vincolo ad
hoc come si è fatto per Buscemi, in particolare il centro urbano di Palazzolo
Acreide, Ferla, Buscemi.
Tuttavia, in assenza di un
piano di sviluppo territoriale di coordinamento e di uno studio demografico del
territorio o di geografia antropica, ponendosi anche il problema della
salvaguardia degli ambiti urbani, il presidente propone di includere nel
vincolo il centro urbano di Cassaro.
Infatti, mentre per Buscemi
esiste già il vincolo paesaggistico, per Palazzolo Acreide e Ferla è già
vigente il piano regolatore generale, per Cassaro esiste solo il piano di
fabbricazione mentre il P.R.G. è ancora in itinere e, quindi, l'inclusione di
tale area urbana nel vincolo paesaggistico ha un senso, in quanto è più esposta
a processi, già in atto, di cambiamento radicali e repentini che tendono a
stravolgere la struttura urbanistica esistente.
Cassaro risulta, così, meno
tutelata rispetto agli altri centri e, proprio per questo, la sua inclusione
nel vincolo si rende necessaria, al fine di evitare che la struttura
urbanistica venga sovvertita totalmente con la demolizione delle costruzioni
già esistenti per crearne delle nuove, destinate ad una presunta vocazione
turistica della zona che di fatto non corrisponde alla realtà dei luoghi.
La commissione concorda con
la proposta del presidente ritenendo che essa sia abbastanza ragionevole ed
idonea a contemperare da una parte le esigenze di espansione dei centri urbani
e dall'altra le esigenze di tutela e di controllo del territorio, evitando che
lo stesso venga alterato.
L'area per la quale si
propone l'imposizione del vincolo è una delle più suggestive dal punto di vista
paesaggistico ed è molto ricca anche di elementi archeologici, geologici e
botanici.
Fra le emergenze botaniche
va rilevata la singolarità botanica costituita dal bosco di Ferla che insiste
sulle sponde del torrente Calcinara per cui sarebbe opportuno sottoporre quest'area
ad una tutela particolare.
Infatti, mentre una sponda é
costituita da terreno di tipo calcarenitico, che favorisce la crescita di una
varietà di quercia (Quercus Ilex), sull'altra sponda è stato individuato un
diverso tipo di vegetazione caratterizzata dal Quercus Virgiliana, favorita
dalla presenza di terreni vulcanici.
Fra i segni antropici
storici più importanti presenti nell'alta valle dell'Anapo vi é il tracciato
della vecchia linea ferrata Siracusa - Vizzini, ed a questo proposito viene
richiesta la disponibilità al prof. Russo per elaborare, preparare una
relazione da inserire fra gli atti istruttori del vincolo.
Allo scopo di verificare dal
vivo, in maniera consapevole, l'esigenza di sottoporre quest'area a vincolo
paesaggistico, il presidente propone di effettuare un sopralluogo, con tappa
Buscemi, Ferla, Cassaro e a Case Specchi a Pantalica.
L'ing. Maltese propone,
allora, di eseguire un sopralluogo anche presso le cave esistenti in territorio
di Cassaro, in cui si svolge e si concentra tutta l'attività industriale della
zona che rientra nel perimetro del vincolo o nelle zone limitrofe, perché la
commissione possa rendersi conto della situazione socio-economica ed
occupazionale della zona.
Il presidente propone che il
sopralluogo venga fissato per il giorno 7 giugno 1996, con partenza alle ore
8,00 dalla sede dell'Ispettorato forestale di Siracusa.
Alle ore 11,30 il presidente
dichiara chiusa la seduta.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER
LA TUTELA
DELLE BELLEZZE NATURALI E
PANORAMICHE DI SIRACUSA
Verbale di sopralluogo della
commissione BB.NN. di Siracusa
in data 11 giugno 1996
nell'area dell'alta valle dell'Anapo,
per la quale è stata fatta
proposta di inserimento nell'elenco
delle bellezze naturali e
panoramiche della provincia di Siracusa
Oggi 11 giugno 1996, alle
ore 8,00 presso l'Ispettorato forestale di Siracusa in piazza S. Giovanni 7, a
seguito di convocazione di sopralluogo da parte del presidente della
commissione BB.NN. per la provincia di Siracusa, Soprintendente dott. Giuseppe
Voza, con telegramma prot. 9938/Amm. dell'1 giugno 1996 e successivo telegramma
prot. 10164/Amm. del 5 giugno 1996, si sono riuniti i seguenti membri della
commissione:
- dott. Giuseppe Voza -
presidente;
- prof. Salvatore Russo -
componente;
- ing. Gaetano Capodicasa -
componente;
- ing. Domenico Turibio -
rappresentante Ispettorato forestale di Siracusa - membro aggregato;
- ing. Gaetano Maltese -
rappresentante Distretto minerario di Catania - membro aggregato;
- sig.ra La Ferla Lidia -
segretario.
Per effettuare il
sopralluogo nella zona per la quale è stato proposto il vincolo paesaggistico.
Partecipano al sopralluogo anche i sottonotati dirigenti tecnici della
Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa per fornire alla
commissione, ciascuno per quanto di sua competenza, chiarimenti, delucidazioni
ed approfondimenti sui vari elementi archeologici, architettonico-urbanistici,
geologici, botanici, paesaggistici presenti nella zona da vincolare:
- dott.ssa Alessandra
Trigilia - dirigente tecnico agronomo;
- arch. Francesco Santalucia
- direttore F.F. della Sezione P.A.U.;
- arch. Salvatore Cancemi -
dirigente tecnico architetto;
- dott. Mamo Antonio -
dirigente tecnico geologo;
- dott.ssa Beatrice Basile -
dirigente tecnico archeologo.
Alle ore 8,30, a bordo di un
pulmino messo a disposizione dell'Ispettorato forestale tutti i presenti, come
sopra specificati, partono per il sopralluogo.
Percorrendo il tratto di
strada statale denominato "Mare - Monti" si giunge a Palazzolo
Acreide e si fa una prima sosta al belvedere sito nella zona nord della città,
dal quale si apprezza una visione panoramica dell'area da sottoporre a vincolo
e che costituisce altresì confine dell'area, come evidenziata nella cartografia
in scala 1:25.000.
Da questo punto si ammira un
vasto tratto della valle dell'Anapo, una delle zone paesaggisticamente meglio
conservate della Sicilia sud-orientale, nonostante le inevitabili
trasformazioni ambientali e culturali che ha subito. A questo proposito si
indica ai commissari, il tracciato dell'elettrodotto a Kw 380 che nella prima
proposta dell'ENEL, interessava proprio l'alta valle dell'Anapo, attraversando
il territorio compreso fra i due centri abitati di Palazzolo e Buscemi; tale
invasiva opera in atto è stata riprogettata proprio allo scopo di salvaguardare
il paesaggio dell'area oggi in esame.
I membri della commissione
convengono sull'assoluta necessità ed urgenza dell'imposizione del vincolo.
Ci si sposta, quindi, ai
margini della zona archeologica di Akrai e proseguendosi arriva a Buscemi, dove
si ha modo, tra l'altro, di visitare l'"unicum" botanico
rappresentato da un esemplare di Bagolaro che campeggia imponente in pieno
centro cittadino.
Si continua il percorso
costeggiando il fiume Calcinara, che rappresenta quasi un limite naturale del
vincolo. L'area, compresa fra Buccheri e monte S. Venere, è di origine
vulcanica; spiega il geologo Mamo che circa quindici milioni di anni fa la zona
era interessata da effusioni sottomarine, come è testimoniato dalla presenza di
lave a "cuscino", la cui forma è dovuta al fatto che le lave
risalivano in superficie in ambiente subacqueo, attraverso fratture del terreno
e giunte in superficie, a causa della differenza di temperatura, costituivano
nuclei che erano caratterizzati da "desquamazione cipollare".
Continuando il percorso si
giunge in zona Contessa, nei pressi di Buccheri, a margine della balza che
delimita l'altro lato della valle.
Alla vista di un paesaggio
così bello e spettacolare il presidente della commissione dichiara ancora più
motivata la imposizione del vincolo e tutti sono coralmente d'accordo con lui.
Sul posto si può ammirare la
presenza di alcuni esemplari di rapaci che nidificano nella zona di alcune
essenze arboree particolari. Come illustra la dott.ssa Trigilia, si tratta di
agrifogli e querce, essenze di tipo autoctono della macchia mediterranea che si
sono sviluppate proprio grazie all'azione pioniera garantita dalle colture
forestali impiantate da una ventina di anni, dall'Azienda regionale delle
foreste nella zona, costituita da pini e abeti.
Attraverso la zona delle
"Neviere" di Buccheri, che, costruite in pietre a secco di forma
quadrata o circolare, costituiscono un esemplare unico di architettura nel
Mediterraneo, per una strada tortuosa, da dove si ammira un paesaggio
esaltante, si scende verso contrada Cuffari, dove si trova la fonte dell'Anapo.
Il punto da cui si diparte
il fiume Anapo è proprio sotto monte Lauro e lungo il crinale del monte corre
il limite del vincolo, altro limite del vincolo è il monte Erbesso, antico
terrazzo di abrasione marina, che in parte delimita naturalmente la valle.
Costeggiando, poi, il
torrente Calcinara, affluente dell'Anapo, percorrendo una zona
paesaggisticamente molto suggestiva, e che in quanto tale non poteva non essere
inclusa nel vincolo, si giunge a Cassaro, unico centro abitato che, come
risulta dal verbale di riunione della commissione del 30 giugno 1996, si vuole
includere nel perimetro del vincolo.
Visitando il centro urbano,
si nota come negli ultimi anni Cassaro abbia subito una notevole trasformazione
edilizia, che attraverso le demolizioni e ricostruzioni ex novo di intere unità
edilizie, ha modificato buona parte del tessuto urbano antico. Ed un esempio di
ciò si ha modo di osservarlo in atto, infatti in un angolo della via
principale, quasi prospicente sulla piazza della chiesa Madre di S. Pietro, è
stato demolito un fabbricato, certamente per essere ricostruito in maniera più
moderna.
L'arch. Santalucia, arrivati
al bordo urbano, fa ammirare la presenza degli orti che si sviluppano attorno
al paese, infatti Cassaro è uno dei pochi paesi della provincia che ha
conservato gli "orti di margine" o suburbani. Egli fa rilevare che
l'inclusione di Cassaro nel vincolo ha la funzione di indirizzare l'urbanistica
del centro, proprio per evitare che ai bordi del paese, dove adesso insistono
quegli orti, magari vengano costruiti edifici a più piani. Si vuole, cioè,
evitare che venga stravolto l'impianto settecentesco del centro, con gli
allineamenti del grigliato spagnolo, vicino a cui sono nate le prime case che
hanno eliminato il senso degli allineamenti.
Inoltre poiché la
popolazione del paese non è cresciuta rispetto al momento dell'impianto urbano
nel settecento, anzi è diminuita, non si giustifica questa esigenza di espansione
che, anzi, si deve cercare di arginare, magari attraverso un'azione di
indirizzo urbanistico del P.R.G., prima che questo venga trasmesso al Consiglio
regionale urbanistica (C.R.U.) per l'approvazione.
Continuando il giro si
arriva a Ferla attraversando la zona da includere nel vincolo, il cui limite si
attesta proprio a margine delle case, e si prosegue attraverso la riserva
naturale dell'Anapo, nel suo tratto mediano. Da qui percorrendo l'ex tracciato
della ferrovia che costeggia il fiume, da dove si ammira uno dei siti naturali
meglio conservati e paesaggisticamente più coinvolgenti, si arriva quindi, a
Case Specchi, "rifugio" dell'Ispettorato forestale, dove la
commissione ha la possibilità di fare sosta, anche per fare il punto della situazione.
Viene presa in esame
innanzitutto la situazione di Cassaro e la commissione conviene
sull'opportunità di inserire Cassaro nel perimetro del vincolo per i motivi già
esposti. A tal proposito il presidente fa rilevare che sarebbe utile acquisire
maggiori dati, relativamente al piano regolatore da inserire nel vincolo, per
poi trasmettere il vincolo stesso al CRU che ne potrà tenere conto in sede di
discussione del P.R.G.
Si dà, quindi, lettura della
relazione preparata dall'arch. Cancemi su Cassaro, dalla quale si evince che ci
fu la volontà di non mantenere l'impianto precedente dopo il terremoto del
1693, e di ricostruire il paese su altro sito.
Il prof. Russo aggiunge che
per Cassaro è ancora in corso l'indagine per accertare se questo spostamento, a
seguito di processo, avvenne per volontà popolare o del potere centrale.
Il presidente dispone che
tale relazione venga acquisita agli atti ed invita la commissione a passare
all'esame della posizione delle Cave di estrazione esistenti in territorio di
Cassaro e a valutarne la presenza nell'ambito del vincolo.
L'ing. Maltese esprime la
preoccupazione che, qualora l'area delle cave venisse inclusa nel perimetro del
vincolo, nel 2002, data di scadenza dell'autorizzazione, le stesse sarebbero
costrette a chiudere, in quanto non verrebbe rinnovata l'autorizzazione.
Si chiarisce all'ing.
Maltese che, comunque, anche in presenza del vincolo, se l'impianto non ha
esaurito le potenzialità produttive per le quali era stato autorizzato, si può
chiedere una proroga fino a che la produzione stessa non sarà esaurita, e che,
in ogni caso, l'area, a prescindere dal fatto che venga inserita nel perimetro
del vincolo paesaggistico della valle dell'Anapo, è sottoposta già a vincolo ai
sensi della legge Galasso (legge n. 431/85), in quanto si trova tra i due
bracci del fiume.
L'ing. Maltese fa rilevare
che una parte dell'area delle cave si sviluppa oltre il limite del vincolo dei
150 metri operante ai sensi della legge n. 431/85 e che, quindi, sarebbe
opportuno fare una delimitazione molto precisa del vincolo paesaggistico in
questa zona.
Il presidente dott. Voza,
per comporre le divergenze di opinione, propone di fare un dettagliato
sopralluogo nella zona in questione, perché la commissione possa rendersi conto
"de visu" della dislocazione dell'area e meglio valutarne il peso
che, nell'ambito delle valenze paesaggistiche, bisogna attribuire alla stessa.
Considerando che si prevede
che in giornata non si riesca ad effettuare il sopralluogo nell'area delle cave
e completare la visita dell'alta valle dell'Anapo, il presidente, alle ore
16,00, d'accordo con i membri della commissione, rinvia il seguito del
sopralluogo dell'area da vincolare ad un giorno della settimana successiva.
Quindi, si fa ritorno a Siracusa.
Alle ore 17.00 il presidente
congeda i membri della commissione ed i funzionari della Soprintendenza di
Siracusa che hanno partecipato al sopralluogo.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER
LA TUTELA
DELLE BELLEZZE NATURALI E
PANORAMICHE DI SIRACUSA
Verbale di sopralluogo della
commissione BB.NN. di Siracusa
in data 27 giugno 1996
nell'area dell'alta valle dell'Anapo,
per la quale è stata fatta
proposta di inserimento nell'elenco
delle bellezze naturali e
panoramiche della provincia di Siracusa
Oggi 27 giugno 1996, alle
ore 8,00 presso l'Ispettorato forestale di Siracusa in piazza S. Giovanni 7, a
seguito di convocazione di sopralluogo da parte del presidente della
commissione BB.NN. per la provincia di Siracusa, soprintendente dott. Giuseppe
Voza, con telegramma prot. 10696/10697/10698/10699/Amm. del 15 giugno 1996 e
successivo telegramma prot. 10858/10859/10860/10861/Amm. del 19 giugno 1996, si
sono riuniti i seguenti membri della Commissione:
- dott. Giuseppe Voza -
presidente;
- prof. Salvatore Russo -
componente;
- ing. Gaetano Capodicasa -
componente;
- ing. Domenico Turibio -
rappresentante Ispettorato forestale di Siracusa - membro aggregato;
- ing. Gaetano Maltese -
rappresentante Distretto minerario di Catania - membro aggregato;
- sig.ra La Ferla Lidia -
segretario.
Per effettuare ed ultimare
il sopralluogo nell'area dell'alta valle dell'Anapo, in particolare in
territorio di Cassaro dove sono ubicate le due cave, di estrazione e
frantumazione di calcare, così come stabilito e come risulta dal verbale di
sopralluogo della commissione in data 11 giugno 1996, effettuato nell'area per
la quale è stato proposto il vincolo paesaggistico. Partecipano al sopralluogo
anche i sottonotati dirigenti tecnici della Soprintendenza per i beni culturali
ed ambientali di Siracusa per fornire alla commissione, ciascuno per quanto di
sua competenza, chiarimenti, delucidazioni ed approfondimenti:
- arch. Francesco Santalucia
- direttore F.F. della sezione P.A.U.;
- arch. Salvatore Cancemi -
dirigente tecnico architetto;
- dott. Mamo Antonio -
dirigente tecnico geologo;
- dott.ssa Alessandra
Trigilia - dirigente tecnico agronomo.
Alle ore 8,30, a bordo di un
pulmino messo a disposizione dell'Ispettorato forestale tutti i presenti, come
sopra specificati, partono per il sopralluogo.
Percorrendo la strada statale
Floridia-Solarino-Ferla si arriva nell'area delle cave, in territorio del
comune di Cassaro.
Si passa a valutare, innanzi
tutto, la posizione dell'impianto di frantumazione, in contrada Giardinelli; a
seguito di attenta valutazione dei luoghi e di ubicazione della zona sulla
mappa I.G.M. 1:25.000, si può rilevare che l'impianto di frantumazione con la
cava annessa, denominata "Montegrosso-Italia", è fuori dal perimetro
dell'area che si vuole sottoporre a tutela con il vincolo paesaggistico.
Si prosegue, quindi, il
percorso fino a raggiungere l'altra cava, denominata "Fontana del Signore
- Italia".
Ai fini di una corretta
considerazione della presenza della cava nell'ambito del vincolo, il presidente
della commissione chiede all'ing. Maltese, rappresentante del distretto
minerario di Catania, di conoscere il piano di coltivazione della stessa, anche
per valutare come si possa, alla scadenza dell'autorizzazione, nel 2002,
risanare questo ambiente nella maniera più "naturale", considerato
che è ben visibile anche da Palazzolo Acreide.
L'ing. Maltese chiarisce
alla commissione che, al momento in cui fa richiesta di autorizzazione
all'esercizio della cava, la ditta presenta un progetto di massima, che viene
sottoposto anche all'approvazione da parte della Soprintendenza, e annualmente,
poi, presenta un piano di lavoro.
Il controllo esercitato dal
distretto minerario ha la funzione di vigilare affinché non venga superato il
limite di estrazione autorizzato.
Inoltre, l'ing. Maltese fa
rilevare che il fronte di sviluppo della cava è orientato in senso opposto alla
direzione in cui si trova il fiume, allontanandosi quindi dall'area vincolata
ope legis, in quanto rientrante nei 150 metri previsti dalla legge n. 431/85, e
che, pertanto, quest'area potrebbe essere esclusa dal vincolo. L'ing. Maltese
fa anche notare la presenza, altrettanto visibile, di un insediamento
zootecnico costituito da un allevamento di conigli, posto ad ovest nelle
vicinanze in contrada Giambra. Il presidente precisa che per il predetto insediamento
è stato attivato l'iter sanzionatorio ai sensi di legge, trattandosi di
intervento non autorizzato.
Il presidente prosegue
affermando che l'inclusione di quest'area nel perimetro del vincolo è
necessaria, proprio perché così si potrà esercitare sulla stessa un'azione di
tutela, di controllo del territorio, dopo che la cava avrà cessato la sua
attività. Cioè, spiega il dott. Voza, l'inclusione nel vincolo è finalizzato ad
una successiva azione di recupero ambientale dell'area e ad un suo reinserimento
armonico nell'ambiente circostante.
A tal proposito si fa
presente, e l'ing. Capodicasa concorda, che una buona armonizzazione di
quest'area con l'ambiente circostante si potrebbe conseguire con un
livellamento della quota più alta della cava, in modo da evitare la formazione
di una barriera dal punto di vista visivo ed un rimodellamento del declivio
mediante la realizzazione di gradoni o mediante una ondulazione del terreno su
cui impiantare essenze arboree. Ma tutto questo è possibile solo inserendo l'area
nel perimetro del vincolo, in maniera tale che la Soprintendenza possa
intervenire nell'area nell'esercizio dell'azione di indirizzo e di tutela che è
di sua competenza.
Il presidente, a tal fine,
si informa con l'ing. Turibio per conoscere se in quest'area sono previsti, da
parte dell'Ispettorato forestale, progetti di forestazione e questi assicura
che sia l'Anapo che i suoi affluenti sono interessati a progetti di
riforestazione.
A conclusione del
sopralluogo,
- considerato che il fronte
di coltivazione della cava si estenderà in senso nord-est per circa 180 metri e
lateralmente per circa 80 metri ancora, secondo il limite di coltivazione,
essendo una cava a termine, anche per la conformazione naturale del terreno;
- considerato che, dal
sopralluogo e dalla verifica sulla planimetria in cui è indicato il limite di
coltivazione della cava, risulta che molto probabilmente la cava nel 2002, data
di scadenza dell'autorizzazione, non avrà esaurito le potenzialità estrattive
autorizzate, per cui potrà continuare ad operare, in regime di proroga;
- considerato che, ai fini
di un futuro recupero ambientale dell'area, è auspicabile il suo inserimento
nell'ambito del vincolo;
- la commissione ritiene
doveroso, fatte tutte le opportune valutazioni, inserire anche l'area nel
perimetro del vincolo paesaggistico dell'alta valle dell'Anapo.
Ultimato il sopralluogo, si
fa ritorno a Siracusa.
Il presidente, alle ore
11,30, saluta i membri della commissione ed i funzionari della Soprintendenza
intervenuti al sopralluogo.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER
LA TUTELA
DELLE BELLEZZE NATURALI E
PANORAMICHE DI SIRACUSA
Riapertura verbale della
commissione provinciale BB.NN.PP.
di Siracusa redatto nella
seduta del 18 aprile 1996
e ripreso nella successiva
seduta del 30 maggio 1996
relativo alla proposta di
vincolo dell'alta valle dell'Anapo
L'anno
millenovecentonovantasei il giorno 7 del mese di ottobre, alle ore 9,30 si è
riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni
culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione
BB.NN. di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995
parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995,
così come ricostituita per il quadriennio 1995-99, convocata dal presidente
dott. Giuseppe Voza con nota racc. n. di prot. 15259/Amm. del 19 settembre
1996, inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono intervenuti alla
riunione i seguenti componenti la commissione:
1) dott. prof. Giuseppe Voza
- Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della
circoscrizione di Siracusa - presidente;
2) prof. Salvatore Russo -
componente;
3) ing. Gaetano Capodicasa -
componente;
4) ing. Gaetano Maltese - in
rappresentanza del distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art.
2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 novembre 1995 (delega prot. n. 9158
del 3 ottobre 1996) - membro aggregato
5) ing. Domenico Turibio -
in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste - membro aggregato;
6) sig.ra Lidia La Ferla -
assistente amministrativo della Soprintendenza per i beni culturali ed
ambientali - segretario.
Assistono alla riunione,
nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la
Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco
Santalucia - direttore F.F. della Sezione P.A.U.; dott.ssa A. Trigilia, arch.
S. Cancemi, Dott. A. Mamo - dirigenti tecnici della medesima sezione, per
eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla
commissione.
Il presidente dichiara
aperta la seduta invitando la commissione all'esame dell'ordine del giorno che,
al primo punto, prevede la delibera di approvazione del vincolo relativo
all'alta valle dell'Anapo, la cui proposta è stata ampiamente dibattuta nelle
precedenti sedute della commissione, nonché verificata attraverso le visite di
sopralluogo in data 11 e 27 del mese di giugno 1996.
Il presidente, prima di
procedere alla delibera, dà lettura delle relazioni tecniche che costituiscono
il presupposto per la proposta di emanazione del presente vincolo e sono parte
integrante del presente verbale. Copia di esse verrà anche depositata presso
gli uffici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa,
per l'eventuale consultazione da parte di coloro che ne abbiano interesse.
Inquadramento geografico
regionale e locale
L'area del massiccio ibleo è
caratterizzata da una articolazione per cave e valloni che ne determina sia il
carattere morfologico che quello della presenza umana.
Le cave costituiscono il
tramite tra la cultura della costa e quella delle montagne e sono nello stesso
tempo margine e confine.
Anche storicamente due
culture si sono confrontate in questo territorio: quella rupestre,
sopravvissuta all'invasione greca e mantenutasi sino ad oggi in alcune forme di
insediamento; quella costiera, riccamente articolata nelle numerose colonie e
nella varietà di forme insediative.
Il massiccio ibleo ne
risulta quindi delimitato come area che non è costa nè cave; la predominanza
dei valori storici, ambientali e culturali delle due altre aree che compongono
la regione sud orientale della Sicilia, ha fatto a lungo perdere di vista i
caratteri propri dell'altopiano tabulare.
Il riconoscimento di questa
identità, espressa nei valori formali del reticolo dei muri delle chiuse dei
pascoli e degli spietramenti, dall'edilizia realizzata con muri a secco, dal
paesaggio dell'olivo e del carrubo e del pino d'aleppo, qui in gran parte
endemico, del paesaggio umano delle grandi distanze, dei paesi nascosti dietro
creste o entro valloni, costituisce la radice e il senso della individuazione
dell'area, all'interno di un vero "parco degli Iblei". (1)
La configurazione di questo
territorio spicca per un insieme di elementi geografici fortemente
caratterizzati: la costa è intieramente disegnata, attorno al massiccio ibleo,
da siti fortemente prominenti e da anditi fortemente ridossati; i promontori o
le isole si alternano alle grandiose insenature di cui il porto megarese e quello
Xifonio ad Augusta, il porto piccolo ed il porto grande a Siracusa, Vendicari
più a sud, Augusta, Ortigia, il Plemmirion, rappresentano gli elementi fisici
più significativi.
Questa particolare
configurazione si ribalta all'interno con la conformazione a terrazze del
sistema ibleo, solcato dalle cave, profonde e nascoste che si oppongono alla
solarità dell'altopiano.
Il corso e l'intero bacino
dell'Anapo
La superficie interrotta
dalle piccole corrugazioni dei muri delle chiuse ed all'improvviso spezzata
nelle cave, racchiude il patrimonio delle due culture; la fascia costiera,
parte integrante di tale patrimonio, margine tra lo stesso ammasso
dell'altopiano e il mare, luogo della trasformazione della roccia in sabbia,
possiede una straordinaria articolazione morfologica che ne ha determinato la
ricchezza di ambienti e di forme dell'insediamento, è oggetto di ampia tutela
nonostante gli scempi perpetrati negli anni 60 e 70; il pedemonte ha visto
modificarsi le forme dell'insediamento che dalle forme drammatiche delle cave e
delle creste si è man mano evoluto in forme più stabili e distese, ma perde man
mano le ragioni del proprio esistere, privo di immediati riscontri economici ed
assiste ad un lento polarizzarsi della popolazione e delle attività verso pochi
centri, una volta interrotta la capacità di attrazione di Siracusa.
Le ragioni di una permanenza
nei centri minori e di possibilità di accesso ad una vita sicura e a livelli di
socialità che queste regioni non hanno conosciuto ed hanno perduto prima ancora
di sperimentarla, risiedono forse nelle forme di tutela dell'unico patrimonio
oggi costituito dall'identità iblea, espresso anche in aree ed oggetti
materiali, monumenti naturali ed artificiali e in quelle linee che attraverso i
secoli ne hanno costituito la continuità e rispettato le risorse, accrescendone
la dote di cultura.
I caratteri originali e la
stratificazione antropica
La valle dell'Anapo
costituisce all'interno del sistema Ibleo una unità ben definita, determinata
da particolari processi antropici, che hanno trovato in quell'asta fluviale una
collocazione e uno sviluppo, una concentrazione particolare.
La valle dell'Anapo è il
luogo dei culti e nello stesso tempo la cultura in esso sviluppatasi è quella
del culto dei luoghi.
Rifugio delle genti sicule
scacciate dall'invasione dei popoli ellenici, probabilmente fu interessata già
da scambi culturali con i popoli del mediterraneo, micenei, prima della
colonizzazione greca (2).
Ciò che in altre regioni
della Sicilia si attesta attorno ai grandi santuari collocati sulle montagne,
caratteristiche della fascia settentrionale come Erice, Scopello, monte Gallo,
monte Pellegrino, monte Cofano, Cefalù sino a Gioiosa la guardia, è qui esteso
all'interno dell'intiera vallata.
Gli insediamenti umani sono
caratterizzati da un oscillare tra la cresta del monte e le sue pendici, senza
allontanarsi dal sito originale, salvo i casi di drammatici abbandoni.
Le grotte e le cave sono
anche rifugio, officina, sepolcro, chiesa e l'acqua, che scorre abbondante
nella valle, attesta la ragione di tali insediamenti legati alle risorse
energetiche del fiume e del bosco al trasporto, alla poca agricoltura che si
può svolgere con difficoltà sui terrazzamenti che dovettero essere antichi, al
cibo che si trova nel fiume.
Agli insediamenti rupestri,
che hanno nell'Anapo una propria epopea ininterrotta dalla preistoria ad oggi,
si alternano insediamenti sommitali di vaste proporzioni come a Pantalica, ad
Erbesso ad Akrai per non citare gli insediamenti minori.
L'intiero territorio appare,
ad una lettura diacronica come completamente occupato da una estesa
organizzazione che alterna luoghi di culto all'abitazione, all'officina alle
necropoli, con strade di collegamento spesso incassate nella roccia, difese e
nascoste, come gli accessi a Pantalica, dove una architettura militare assai
antica raggiunge eccezionali risultati sia nelle opere di fortificazione
dell'isola abitata, sia nella struttura sommitale, (palazzo castello ?).
Altro carattere hanno gli
insediamenti greci, dotati di spazi pubblici collettivi, dedicati alla cultura
ampie vie processionali, teatri, senati come il bouleuterion di Akrai.
Un lungo medioevo ricacciò
forse le popolazioni più antiche superstiti e quelle greche in insediamenti
ristretti ed isolati, spesso preda di razzie concluse dalla conquista
musulmana: non si trovano qui tracce evidenti delle colture agricole come la
manna, mentre abbondano i toponimi nella radice busul, bufal, rahal relativi
certamente ad insediamenti agricoli; mancano Kasr, gebel e fawarah, del bacino
dell'Anapo vari feudi riportano il toponimo bufalefi, bufalemi.
Normanni e svevi dedicarono
maggiore attenzione al controllo e al ripopolamento della costa, mostrando come
evidentemente, la precedente condizione di insicurezza aveva portato allo
spopolamento della costa; a Federico II si intestano numerose fondazioni urbane
e il mantenimento dei casali e delle possenti attività economiche legate
all'allevamento dei pesci, alla produzione del sale, all'uso delle paludi per
la produzione di torba ecc. ma la collocazione di certi castelli o palazzi fa
pensare ad una attenta politica di controllo delle foci di quei fiumi che erano
la via di accesso all'interno, l'Anapo appunto.
Il lungo periodo dell'età di
mezzo sembra come cancellato nella memoria collettiva, dal terremoto del 1693;
solo oggi ricompaiono certi segnali di una presenza nobiliare che interessa
fortemente i centri degli Iblei, si ricostruisce una storia di infeudazioni,
baronie, lasciti, acquisti, espropri legata alle città baronali che quelle
demaniali sono qui rare. Il terremoto del 1693 costituisce e provoca una spinta
alla trasformazione del territorio che interessa più i modi di organizzazione
della città, sia fisica che politica che non l'insediamento agricolo, che sarà
stato oltre tutto più profondamente danneggiato proprio per la minore qualità
della costruzione agricola anche se padronale. Ma di tali situazioni restano
scarsi segnali: la cronaca e la storia si interessano dei grandi fatti urbani
spiegando con il numero dei morti i processi di trasformazione, attuatisi
invece grazie alla frattura e alla crisi indotta dal terremoto.
Il sisma scatena il
contrasto tra le forze conservatrici e quelle innovatrici, favorisce la
speculazione edilizia, provocando la trasformazione generale dei tessuti
urbani.
E' però anche l'epoca
dell'oblio del passato in cui si perdono le tracce della struttura urbana
antica dell'agricoltura specializzata che viene sostituita da sistemi colturali
estensivi necessari a produrre grandi quantità di un unico genere alimentare,
utile a sfamare masse di popolazione sempre più numerose e diseredate.
I fenomeni sono qui non
diversi da quelli che interessano in generale il mezzogiorno, causati dalla
marginalità e dal mancato compimento della modernizzazione della economia
mercantile.
I processi che portano alla
creazione delle prime fabbriche per la trasformazione dei prodotti alimentari e
alla creazione della necessaria struttura di supporto di officine ecc. non
interessano l'interno dove si mantiene l'allevamento, caratterizzato
dall'adozione sempre più specifica di ovini e bovini a bassa necessità
nutrizionale e a ridotta resa; di scelte agricole estensive che distruggono la
copertura boschiva naturale e quella produttiva del carrubo.
Questi processi permangono sino
ai giorni presenti con l'abbandono progressivo dei centri urbani, non più
legati se non a fenomeni di sussistenza e sopravvivenza e del territorio in cui
la struttura agricola si degrada sempre più provocando la distruzione delle
pendici.
I dati stessi delle attività
preminenti dimostrano per larga parte una economia di sussistenza legata ai
sussidi (a Buscemi il 38,2% della popolazione), mentre il 7,9% è impiegata e
solo il 3,4% salariata.
Penalizzati dalla grande
distanza dalle vie del traffico turistico, non hanno avuto nè il tempo nè le
risorse per costituire man mano una struttura ricettiva minima ma di qualità nè
attrattive che non siano limitate alla festa patronale o manifestazioni estive.
Non esiste quindi
alternativa alla conservazione se non nel consumo progressivo delle risorse e
del patrimonio, che, solo permette piccoli investimenti delle rimesse, della
assistenza e dei sussidi.
E' così che il carattere
originario di luogo dei culti si è perso anche nel processo di attrazione verso
i poli industriali della costa e che al momento del crollo di questi il ritorno
al centro interno si è rivelato difficile se non impossibile; nel corso della
espansione industriale questo territorio ha anche espresso una classe politica
e amministrativa che ha assunto ruoli rilevanti a livello regionale, ma i
processi attuali hanno ridotto la formazione di nuove elitès dirigenti,
nonostante la facilità di accesso agli studi universitari: si risente la
mancata infrastrutturazione dell'istruzione, con scuole basate sul precariato,
assenza di biblioteche e circoli, crollo degli antichi istituti di istruzione
religiosa.
Il patrimonio di
intellettuali legati specificatamente alla cultura della valle dell'Anapo, si è
così perso senza rinnovarsi.
______________
(1) Qui la connotazione del
parco deve intendersi come ricerca di identità e di storia e non come
esclusione; come sul piano operativo, ricerca di elementi e di linee di
sviluppo che permettano di non distruggere tale identità, di preservare entro
una cornice, biotopi ed ambienti di pregio, sino ad ora poco riconosciuti, di
escludere azioni che si rilevino nel tempo, tali da distruggere le linee di
crescita naturali e tradizionali. La proposizione di una simile volontà nasce
dall'espressione che le stesse amministrazioni comunali hanno affermato,
riconoscendo la necessità di ritrovare, riaffermare e rappresentare
all'esterno, i caratteri comuni, il patrimonio naturale e storico, alla ricerca
di ragioni di identificazione comune e di unità di azione.
(2) vedi L.B. Brea "Il
crepuscolo di re hyblon" in "La parola del passato" - fascicolo
CXX Napoli 1968.
I processi in corso
Il territorio è oggi
caratterizzato da una scarsissima dinamica.
Gli Iblei in generale sono
stati negli ultimi anni caratterizzati dai lenti processi di abbandono della
campagna e dei centri minori; la valle dell'Anapo non è sfuggita a tale
carattere ma a ben guardare non è possibile generalizzare questa osservazione.
Accanto a fenomeni di
abbandono come a Buscemi, Cassaro, Ferla, vi sono centri di ripopolamento come
Palazzolo che costituiscono anche centri di attività turistiche limitate ma in
sviluppo, oltre che centri culturali di notevole fermento; vi è un abbandono di
certe aree agricole ma il concentrarsi di investimenti e insediamenti in altre
aree o in piccoli borghi; sono sorte strutture inutili o sovradimensionate ma
anche piccole strutture di agricoltura biologica e naturale, di agriturismo; si
è sviluppata una coscienza ambientale che ha permesso la creazione e lo
sviluppo di un'area di riserva di grandi dimensioni, di eccezionale consistenza
e valore, attrezzata e capace di offrire occasioni di lavoro e di accoglienza,
essendo ormai conosciuta ben al di fuori del confine provinciale.
In questo senso la rinascita
del territorio o la conservazione di valori eccezionali, naturali e paesistici
si è concentrata in due grandi incisioni, l'Anapo e il Cassibile e in una
fascia costiera, Vendicari che costituiscono modello e museo dell'assetto
corretto del territorio.
La riserva dell'Anapo e di
Pantalica costituisce poi anche il prototipo di quel confronto tra struttura
ambientale, paesistica e storica del territorio che con altre valenze si
affronta in città come Siracusa.
Linee di tendenza e
possibili scenari
L'area iblea è rimasta
caratterizzata da una assenza di pianificazione urbanistica con la redazione
dei piani territoriali di coordinamento, con l'assenza del piano di sviluppo
economico e di programmazione della provincia di Siracusa e con una gravissima
carenza di pianificazione urbanistica locale.
Quest'area ha pesantemente
pagato anche lo scotto di una separazione in due provincie assolutamente
immotivata dal punto di vista geo-antropico. La creazione di due centri
capoluogo di provincia a scapito di alcuni centri di notevole peso
amministrativo, storico ed economico, come Noto e Modica, ha poi squilibrato la
dislocazione umana e degli interessi.
Solo recentemente un
processo di reidentificazione delle comunità dell'interno attraverso alcuni
fenomeni associativi come l'Associazione per la proposta del parco degli Iblei,
come l'U.T.R.A.S. (Unità territoriale di recupero ambientale e
storico-culturale) del bacino canicattinese, permette di intravedere la
prospettiva di uno sviluppo autocentrato.
La pianificazione
paesaggistica regionale, in corso di emanazione, riconosce nell'area caratteri
unitari separando solo la fascia costiera in ragione dei processi di
aggressione-trasformazione già accaduti e possibili.
La precedente pianificazione
di tutela ha già individuato nell'Anapo una unità territoriale estesa,
morfologicamente unitaria, tutelata alla foce nel vincolo del porto grande,
delle saline e del Ciane, costituenti anche riserva naturale orientata; nel
corso medio con il vincolo dei monti Climiti e della media valle dell'Anapo,
nel corso alto con il vincolo di Pantalica, con la riserva naturale orientata e
con la tutela paesaggistica dell'alta media valle.
Ragioni e urgenza della
tutela
Vi è però una evidente
controtendenza rappresentata da ipotesi di urbanizzazione presenti nelle
proposte di P.R.G. di Buscemi, Ferla e Cassaro, in parte già rigettate dallo
stesso sistemi di comunicazione sicuramente sovradimensionati come la strada
provinciale mare-monti, le cui opere faraoniche sfigurano a tratti il paesaggio
dell'Anapo, (vedi muri sotto la rocca di Palazzolo, viadotto sull'Anapo alla
base del ventaglio morenico delle sorgenti, progetto della strada
Poi-Giarratana; ed ancora i progetti di elettrificazione di altissima tensione
che avrebbero dovuto percorrere l'intiera valle, sfigurandone il profilo e
l'assetto ancora unitario).
Più minutamente vi è una
tendenza a sfigurare i centri urbani minori ancora unitariamente intessuti, con
la sistematica sostituzione edilizia all'interno e con la costruzione di bordo,
secondo modelli di periferia urbana settentrionali, e con dimensioni ed
estensioni che fanno ben presagire come la popolazione stia abbandonando il
centro tradizionale per nuovi modelli di insediamento che non si staccano però
dall'aggregato centrale che costituisce comunque il riferimento amministrativo,
sociale, culturale, familiare, (spesso quest'ultimo caratterizzato dalla
permanenza nei bassi di genitori o parenti anziani).
Le finalità della tutela
dovranno essere caratterizzate dal riconoscimento del valore culturale della
stratificazione antropica di caratteri originali i cui segni sono frequenti nel
territorio anche se non sempre riconoscibili nelle loro caratteristiche e nelle
loro relazioni e valenze; l'impossibilità di incidere sui processi economici
deve spingere però alla conservazione di questi segni anche oltre il loro
significato funzionale come semantica costituente in definitiva una risorsa
futura di ordine e di progetto del territorio.
Il rispetto dei materiali e
delle forme, la valorizzazione del patrimonio ambientale e naturalistico, la
conservazione del patrimonio monumentale, artistico e documentario, elementi
che costituiscono il paesaggio dei segni materiali e dei significati
immateriali, deve indirizzare verso scelte di sviluppo e crescita che assegnino
un diverso valore alla centralità della cultura; i centri urbani potranno
indirizzare la crescita sia nella conservazione del patrimonio edilizio
tradizionale, sia verso la creazione di infrastrutture, oggi assenti, di nuova
collocazione, integrando la ridottissima strutturazione dei servizi, creando
ampie aree di distacco tra espansione e vecchio centro ed adottando tipologie
edilizie adatte al paesaggio, quindi meno ingombranti, morfologie dove
possibile che siano evoluzione della morfologia esistente per non spezzare la continuità
tra vecchio e nuovo, soprattutto nei centri minori, incentrando su queste
scelte la infrastrutturazione capace di offrire risorse ed occasioni che non
sono state realizzate nel corso del precedente ventennio.
La scelta della creazione di
aree urbane esterne al perimetro inteso come fatto paesaggistico, dedicate
soprattutto a quelle strutture irrealizzabili nel patrimonio edilizio esistente
e alla integrazione residenziale, dovrà essere il presupposto di ipotesi di
crescita turistica dedicata non ai grandi flussi, captati dalle fasce costiere
che offrono un obiettivo servizio e che posseggono maggiori attrattive
immediate.
Il
paesaggio della "villeggiatura" o l'esperienza dei paesi albergo
capaci di offrire una qualità del soggiorno superiore a qualsiasi altra
allocazione, dovrà integrarsi nello sviluppo delle economie locali, entro le
quali le trasformazioni, colturali, infrastrutturali, residenziali,
acquisteranno una misura ed un significato diverso.
Analisi di paesaggio
COMUNI DI BUCCHERI, BUSCEMI,
CASSARO, FERLA
Vincoli di tutela del
patrimonio
Sottoporre a vincolo
paesaggistico l'alta valle dell'Anapo, significa riconoscere in quanto valori
collettivi di interesse pubblico, gli elementi culturali e naturali presenti
nel territorio compreso dal suo bacino idrografico.
L'intero corso del fiume ed
i suoi affluenti principali e secondari risultano già sottoposti a vincolo
ope-legis, per gli effetti della legge n. 431/85, per una superficie pari a m.
150 dalle sponde; il tratto mediano, è dichiarato area di notevole interesse
naturalistico, ai sensi della legge regionale n. 14/88 sulle riserve naturali
regionali, in attesa di decreto, nonché proprietà demaniale dell'Azienda
regionale delle foreste; il tratto comprendente la necropoli di Pantalica, risulta
inoltre sottoposto sia a vincolo archeologico che paesaggistico ai sensi delle
normative n. 1497/39 e n. 1089/39; la sua foce, risulta assoggettata al vincolo
paesaggistico del porto grande di Siracusa, di cui al decreto assessoriale del
1988.
A proseguimento degli atti
di tutela fin qui espressi ed a conferma dell'unitarietà dei valori storici,
culturali, archeologici, geologici e naturalistici rappresentati nella valle,
appare necessario ed urgente completare la tutela del territorio sotteso al bacino
del fiume.
Il paesaggio
L'Anapo, coprendo una
superficie di bacino pari a Kmq. 180 ed una lunghezza pari a Km. 52, per la sua
notevole disponibilità idrica, è stato da sempre influenzato dalla presenza
antropica, sia per la derivazione delle sue acque, che, per l'utilizzazione dei
fertili suoli alluvionali per scopi agricoli, fattore questo, che ha portato a
sostanziali alterazioni nella originaria vegetazione ripariale.
La captazione delle
sorgenti, la costruzione di bacini artificiali, la canalizzazione dei suoi
affluenti, le trivellazioni incontrollate della falda, hanno causato la
riduzione delle sue portate medie ed estive; l'immissione a tutt'oggi prorogata
delle acque reflue di almeno cinque centri urbani limitrofi, comporta il
progressivo inquinamento e degrado specialmente nel tratto finale del fiume, in
corrispondenza della pianura di Siracusa.
Rispetto al panorama montano
delle colline della Sicilia interna, il massiccio ibleo, appare distaccarsi,
caratterizzando "la regione nella regione" dove si trova Pantalica.
Pur essendo composto da
calcari simili agli altri rilievi dell'isola, questa tipica conformazione
lievemente inclinata, quasi orizzontale, conferisce al rilievo una più marcata
dolcezza.
Tale superficie viene
tipicizzata ulteriormente per la presenza di un'infinita serie di geometrie
costruite da antichi muretti divisori costruiti dalle fatiche secolari dei
contadini iblei.
In stridente opposizione
all'armonia di questa superficie, si susseguono le tantissime valli dai pendii
tali da assumere l'aspetto di vari e propri canyons, definite cave.
I millenni hanno
profondamente scavato queste valli costituendo dei veri e propri drenaggi che
contribuiscono a rendere stabile l'agricoltura in asciutto delle balze iblee,
caratterizzate soprattutto dalle colture cerealicole, ma anche arboricole,
quali l'olivo e il mandorlo.
Nell'ottica di un bilancio
ecologico generale, le cave costituiscono dunque, un grosso vantaggio per gli
Iblei; infatti, oltre a consentire il drenaggio necessario per i terreni
limitrofi, sono dei veri e propri serbatoi idrici perenni.
E' la stessa natura calcarea
degli Iblei che favorisce la penetrazione delle acque meteoriche attraverso gli
strati superficiali fortemente permeabili.
Le acque infatti,
incontrando strati più compatti interrompono, in parte o totalmente, la loro
penetrazione verticale e si incanalano in direzioni orizzontali, scivolando
sugli strati di arresto, trovando spesso sfogo nelle cave, laddove la
stratificazione naturale è stata profondamente intaccata dando luogo dunque,
alle numerose sorgenti di acqua fresca che rendono l'ambiente lussureggiante di
vegetazione sempre verde, oltre che contribuire alle risorse idriche dei centri
urbani montani.
La forte dotazione idrica,
oltre a costituire una notevole attrazione per le civiltà che storicamente vi
si insediarono, garantirono da sempre, l'agricoltura, oltre a creare altresì,
una notevole copertura arbustiva e di conseguenza una ricca oasi di fauna
selvatica.
Le cave, quindi,
costituirono e costituiscono degli ottimi ecosistemi storicizzati dalla
presenza di vari insediamenti della civiltà siciliana.
ASPETTI NATURALI DEL
PAESAGGIO
L'ecosistema Anapo
Il notevole dinamismo
proprio di un corso d'acqua e del suo ambiente circostante e le rapide
trasformazioni antropiche, motivate dalla presenza dell'acqua, da sempre
elemento essenziale insediamenti urbani, rendono estremamente precario il
mantenimento di quei valori naturalistici, che invece vanno conservati, in
quanto patrimonio relitto di un paesaggio storicamente diffuso sullo altopiano
ibleo.
I corsi d'acqua sono degli
ecosistemi aperti, che scambiano continuamente materia ed energia, con il resto
del bacino imbrifero di cui si possono considerare parte integrante. Le
biocenosi dei corsi d'acqua, come quelle più prettamente terrestri, sono
dominate dalla componente autotrofa, per la notevole biomassa presente,
costituita essenzialmente dalla vegetazione ripariale e sommersa,
caratterizzando in modo appariscente gli ambienti fluviali.
L'elevato valore paesaggistico
dell'Anapo è legato dunque alla presenza di specie vegetali molto peculiari che
solo qui si rinvengono.
In particolare è la
vegetazione golenale, che se attentamente studiata, corrisponde a determinare i
caratteri peculiari di un corso d'acqua.
La presenza di acque
correnti, per effetto della loro azione idrodinamica, condiziona una certa
parte del territorio, detta appunta golena, considerata come il prodotto di
questo dinamismo idrico di superficie, fisicamente compresa dalla zona di
contatto con le acque correnti fino a dove l'ambiente non risente più delle
piene massime del corso d'acqua.
La vegetazione golenale sia
arborea che arbustiva, periodicamente inondata, costituisce la ripisilva, che
assume caratteri di peculiarità propri per ciascun corso d'acqua.
Classificazione bioclimatica
L'altopiano ibleo occupa
l'estremo sud orientale della Sicilia, che culmina con il monte Lauro.
Caratteristica di quest'area sono le cosiddette cave, rappresentate da strette
e profonde valli fluviali, che si dipartono a raggiera dal suddetto monte.
Dall'analisi dei dati
climatici, si evince che, se la Sicilia risulta compresa nella fascia climatica
del Mediterraneo, in base alla durata del periodo di aridità, Siracusa è
classificabile nell'area climatica relativa alla fascia costiera dell'isola,
presentando cinque mesi di aridità annui; in particolare è compresa nella
fascia termometrica denominata Termomediterranea secca, secondo il sistema
Rivas-Martines o secondo Daget, nella fascia sub-umido calda.
Questa classificazione
corrispondente alla fascia costiera del siracusano, non si adatta all'ambiente
climatico dell'interno degli Iblei, in corrispondenza dell'area oggetto del
vincolo, che si differenzia per essere compresa in una zona definita come
Mesomediterranea sub-umida ed umida, per la presenza di precipitazioni
superiori ai 600 mm. di pioggia annui.
Rispetto poi alla rete
idrografica, nell'altopiano ibleo i fiumi sono poco ramificati e decorrono
radialmente alla vetta del monte Lauro, incassati in stretti valloni.
Le portate di questi corsi
d'acqua, tra i quali l'Anapo, sono piuttosto limitate, ma senza eccessive
variazioni tra estate ed inverno. Tuttavia da rilevare è la portata minima
assoluta relativamente alta dell'Anapo (0,31 mc./sec.) nonostante una modesta portata
media, pari a 0,99 mc./sec.
Il regime delle acque è
comunque torrentizio, in quanto l'alimentazione oltre l'apporto della sorgente
perenne, è dovuta principalmente alle piogge che si concentrano solitamente nel
periodo invernale.
Inoltre, la breve distanza
tra l'origine e la fine delle cave è spesso causa di inondazioni.
Sorgenti
Le sorgenti ed il tratto
iniziale dell'Anapo, mantengono ancora quei caratteri naturalistici,
biogenetici e geomorfologici di notevole valenza paesaggistica, che attraverso
l'apposizione del vincolo, s'intende tutelare.
Le numerosissime sorgenti
individuabili nella carta idrogeologica, pur non caratterizzate da notevoli
portate, risultano captate per uso civile da una serie di acquedotti che
approvvigionano i centri di Ferla, Cassaro, Palazzolo Acreide e Buscemi.
Le sorgenti dell'alta valle
dell'Anapo, si rinvengono sul monte Lauro e monte Contessa, e da esse si
dipartono due acquedotti principali: il Guffari che alimenta il centro di
Palazzolo Acreide (pari a circa 10 l/s, nel 1989 su 14 sorgenti) e l'acquedotto
Maiorana che dalle falde di monte Contessa arriva a Buscemi (pari a circa 2
l/s).
L'estrema suddivisione delle
acque in numerose polle sorgentizie è causa di una dispersione delle stesse che
infiltrandosi nel suolo agrario ed in generale nella porzione più superficiale
del terreno, risultano interessate dall'evapotraspirazione.
Tra le altri sorgenti vi
sono: Bibbinello, Adifalca e Pubella (captate ad uso di Palazzolo), Fontana del
Signore, (captata da Cassaro) S. Pietro e S. Calogero (captate da Buscemi),
Buglia e S. Giorgio (captate da Cassaro) S. Giovanni, Grottale e Canalucci
(captate da Ferla).
Rilasci
Il ritorno delle acque
captate è dato al fiume attraverso i deflussi delle condotte fognarie. Questo
ritorno si aggira intorno all'80% in uscita dai centri abitati di Cassaro,
Ferla, Buscemi e Palazzolo Acreide.
In particolare, mentre per
Cassaro e Ferla, esistono condizioni di sufficiente capacità filtrante del
ricettore, nel caso di Palazzolo e Buscemi, essendo i torrenti ricettori più
incisi, l'apporto è più diretto. Tali apporti indiretti, in costante aumento
nel tempo, influenzano negativamente l'equilibrio del fiume, danneggiando
soprattutto in prospettiva di tempi lunghi, le biocenosi acquatiche presenti.
A questo proposito, uno
studio commissionato dall'ENEL nel 1991, ha tra l'altro eseguito mappaggio
biologico del fiume Anapo, in prossimità della presa S. Nicola, che delimita
l'omonimo invaso utilizzato a fini idroelettrici; le conclusioni dello studio,
hanno evidenziato, che nell'arco di un solo anno di osservazione, che il fiume
sta subendo una costante pressione da parte dell'attività antropica che si
svolge nel suo bacino.
Poiché le attività agricole
e zootecniche presenti nella zona non sono intensive, le principali cause
d'inquinamento derivano principalmente dalle acque di dilavamento delle
discariche di rifiuti solidi urbani, soprattutto in periodo invernale.
A fronte di questo dato, vi
è comunque un quadro generale di ambiente fluviale ancora ben conservato, con
un alveo non regimentato artificialmente, una vegetazione ripariale ben
sviluppata, che alimenta gli scambi di energia e di materia con il fiume e con
un substrato di trasporto, che crea una serie di microhabitat indispensabili
per l'insediamento delle comunità microbentoniche.
Ambiente dunque dalle grandi
potenzialità, sia nell'ospitare organismi viventi, tra cui numerose specie
terrestri animali e vegetali strettamente legate all'acqua per l'alimentazione
o la riproduzione, sia nella capacità di tamponare sollecitazioni esterne.
L'analisi svolta nel corso
del 1990-91, ha rilevato una situazione latente, di forte inquinamento nel
tratto medio-alto del fiume Anapo, imputabile ad una cattiva gestione
territoriale, e che il potere autodepurante del fiume non è sufficiente, a
migliorarne la classe di qualità.
A tale proposito viene
sottolineato e specificato l'alto valore ambientale costituito dal substrato a
massi e ciottoli caratteristico del fiume, che garantisce la sopravvivenza
delle comunità di invertebrati, fra i primi autori del processo di
autodepurazione dei corsi d'acqua.
La vegetazione
La ripisilva dell'Anapo
Dallo studio condotto
dall'Università di Catania, a firma Brullo e Spampinato, (1990), si evince il
seguente quadro sinottico della vegetazione in atto osservabile lungo l'Anapo:
QUERCO-FAGETEA
1 Populetalia Albae
1.1 Platanion Orientalis
I boschi ripari, sebbene
attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso, ben tipizzati
soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde che hanno
contribuito alla riduzione delle cause di trasformazione e degrado. La
ripisilva è composta da alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di
suoli umidi quasi in tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente
specializzate, costituenti strette fasce di vegetazione sviluppantesi lungo le
rive dei corsi d'acqua perenni.
Le specie arboree ripali
presenti sull'Anapo sono:
- Salix pedicellata;
- Platanus orientalis;
- Salix alba;
- Populus nigra;
- Tamarix gallica;
- Ficus carica
Il denso ed intricato
sottobosco presente è costituito da:
- Rubus ulmifolius,
Hypericum hircinum, Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera helix, Crategus
monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis.
Fra le specie erbacee si
rinvengono:
- Brachypodium sylvaticum,
Carex pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum ramosissimum, ecc.
Questa vegetazione,
localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni ottimali
occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua lungo il
corso dei fiumi.
L'altezza dello strato
arboreo raggiunge anche i 15 m.
L'essenza caratterizzante il
corso dello Anapo, è costituita dal Platano (Platanus orientalis), il cui
areale gravita principalmente sui territori del Mediterraneo nord-orientale ed
ha in Sicilia il suo limite occidentale.
Dimostra maggiori affinità
con il platano individuato nelle formazioni ripali descritte nei territori
Mediterraneo orientali che non con quelle del Mediterraneo occidentale.
In corrispondenza dell'alveo
fluviale, nelle stazioni sommerse tutto l'anno o buona parte di esso, si
impianta una tipica vegetazione igrofila erbacea, rappresentata in genere dalla
presenza di Cyperetum longi.
Nei tratti sempre sommersi è
sostituita dall'Helosciadietum, abbastanza frequente, mentre nei tratti di
basso fondale, la vegetazione sommersa rinvenuta è lo Zannichellietum
palustris.
La ripisilva è strettamente
connessa con i caratteri geomorfoligici delle cosiddette cave, ossia ad
ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di valli più o meno profonde
e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema dell'Anapo, appartengono a
questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui prevale
l'azione di erosione delle acque correnti sui processi di sedimentazione dei
materiali trasportati. Queste valli assumendo il tipico aspetto a V, sono
caratterizzate dallo ombreggiamento dei versanti e da abbondanza di acqua nel
suolo, creando quindi, le condizioni microclimatiche nettamente più umide
rispetto al territorio circostante, consentendo l'insediamento delle fitocenosi
igrofile dei Populetalia albae.
In questa situazione
orografica, il bosco ripale occupa tutto lo spazio golenale fluviale, lasciando
poco spazio ad altre fasce di vegetazione (allegato 1).
QUERCETALIA ILICIS
Al diminuire dell'umidità
edafica, la ripisilva viene sostituita da formazioni boschive, sia di tipo
xerofilo che mesofilo, appartenenti ai Quercetalia ilicis.
I boschi a Quercus ilex,
rappresentano anch'essi, uno degli aspetti più tipici e peculiari fra quelli
presenti nel bacino del Mediterraneo, in Sicilia poco diffusi e localizzati;
formazioni relitte conservate in quanto ubicate in zone impervie e rocciose
pertanto poco interessate da trasformazioni antropiche oppure perché presenti
in stazioni montane quindi non idonee climaticamente allo sfruttamento
agricolo.
Rilevantissimo è comunque il
ruolo rivestito dalle leccete nell'ambito del paesaggio naturale del
territorio.
La lecceta presente nel
territorio compreso dal bacino imbrifero dell'Anapo, rilevata da Barbagallo
(1979), è di tipo mesofilo circoscritta nelle fasce superiori delle incisioni
fluviali, poiché non ascrivibile ad altre associazioni, il Barbagallo la
inquadrò in una nuova associazione: Doronico Quercetum ilicis, comprendente le
seguenti specie caratteristiche: Doronicum orientale, individuata prima solo a
quote superiori ai 1.000 m. frequente nei faggeti dell'Italia meridionale e
della Sicilia occidentale, nel siracusano è stata individuata a quote comprese
fra i 300 ed i 700 m.;
- Scutellaria rubicunda,
endemismo circoscritto alla Sicilia;
- Aristolochia longa var.
microphilla, endemismo della Sicilia sud-orientale. Floristicamente si
individua l'associazione Doronico-Quercetum ilicis, che in condizioni di
elevata umidità edafica, prende contatto con il Platano-salicetum pedicellatae,
ripisilva del Platanion orientale.
Essendo la fascia
vegetazionale prossima ai suoli occupati dalle attività antropiche, viene
spesso distrutta, favorendo l'insediamento di una macchia molto peculiare, rappresentata
dal Salvio-Phlomides fruticosae, alla quale successivamente si sostituisce, con
il perdurare dei processi di degradazione, la prateria ad Ampelodesmos
mauritanicus.
Di grande rilievo è stata la
scoperta di una associazione floristica, in precedenza nota solo per la
Provenza, la Dalmazia e l'Appennino centro-meridionale, denominata
Ostryo-Quercetum ilicis.
Si localizza nei versanti
settentrionali fluviali più ombreggiati e riparati, come le aree di compluvio,
dove vi corrisponde una maggiore umidità edafica.
A differenza delle altre
leccete calcicole, è stata individuata Ostrya carpinifolia, rilevata da
Bartolo, Brullo, Minissale e Spampinato, (1990), proprio nella valle
dell'Anapo.
Trattandosi di una
formazione prettamente mesofila, è presente in condizioni di ottimali
disponibilità idriche del suolo; la sua degradazione favorisce l'insediamento
di aspetti del Pruno-rubion ulmifolii, che costituisce dei densi ed intricati
arbusteti lianosi ai margini delle aree boschive.
A causa della sua instabilità,
questa associazione vegetale, necessita di un'attenta ricognizione e
mantenimento del regime idrico dei suoli, per garantirne il suo mantenimento.
Si riporta di seguito
l'elenco dell'associazione floristica rilevata dagli autori sopracitati:
Figura - [non disponibile,
vedasi G.U.R.S. 4 luglio 1997, n. 33].
Figura 2.- Transect della
vegetazione potenziale delle cave iblee (Sicilia sud-orientale): A)
Doronico-Quercetum ilicis; B) Ostryo-Quercetum ilicis; C) Oleo-Quercetum
virgilianae; D) Oleo-Euphorbietum dendroidis; E) Platano-Salicetum
pedicellatae; F) Putorio-Micromerietum microphyllae.
OSTRYO-QUERCETUM ILICIS
Numero del rilievo 1 2
3 4 5
Quota (m.) 410 420
450 450 420
Superficie (mq.) 100 100 100 100
100
Copertura (%) 100 100
95 100 100
Inclinazione (°) 30 40 30 100
100
Esposizione N N
N N NE
Car.associazione
Ostrya carpinifolia
Scop. 2 1 3 2 1
Car. All. (Quercion ilicis)
Ord. (Quercetalia ilicis)
Cl. (Quercetea ilicis)
Quercus ilex L. 5 5 4 5
5
Smilax aspera L. 3 2 2 3 1
Fraxinus ornus L.
2 2
2 2 2
Asparagus acutifolius L. 1 1 1 2
+
Rubia peregrina L. 2 1 1 + 1
Ruscus aculeatus L. 2 2
1 + +
Rhamnus alaternus L.
+ + + + +
Coronilla emerus L.
+
+ 1
Buplereum fruticosum 1 1 +
Asplenium onopteris L. 1 2 +
Pistacia lentiscus L. + + +
Rosa sempervirens L. + + +
Teucrium flavum L. +
+ +
Tamus communis L.
2 1
Osyris alba L.
1 +
Pistacia terebinthus L
+ +
Phillyrea latifolia L. + +
Euphorbia characias L.
+ +
Viola dehnhardtii Ten.
+
Carex distachya Desf.
+
Clematis cirrhosa L.
+
Arisarum vulgare Targ.
Tozz. +
Altre specie
Brachypodium sylvaticum
(Hudson) B. 2 2 + +
Hedera helix L. 1 2 + 1
Aristolochia sempervirens
L. 1 + +
Acanthus mollis L. 2 2
Dryopteris pallida Bory 1 + + +
Sporadiche 3 3
1 6
(Ril. 1-6 valle dell'Anapo,
Siracusa)
Ai margini delle formazioni
boschive più mesofile si rinviene una densa vegetazione arbustiva lianosa,
caratterizzata dalla presenza di Rubus ulmifolius, normalmente associato a
Clematis vitalba, Hedera helix, Calystegia sepium e Ficus carica.
Altra associazione legata
allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette spesso a disseccamento
estivo, risulta caratterizzata da diverse briofite igrofile, che formano un
tappeto più o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che
caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose che affiancano il
vecchio tracciato ferroviario della Siracusa-Pantalica.
Tale associazione denominata
Eucladio-Adianteum, particolarmente esigente, legata ad equilibri molto
precari, è specie ad alto rischio perché il prosciugamento della falda
freatica, ne causerebbe la rapida scomparsa.
La flora
Influenzata dalle
vicissitudini paleogeografiche, nonché dalla notevole varietà di substrati e
dalla topografia molto varia ed accidentata, le diversificate condizioni
climatiche del territorio siciliano, corrispondono nel territorio, ad una flora
abbastanza ricca e caratterizzata da numerose presenze endemiche. Da una
analisi fitogeografica condotta da Brullo, Minissale e Spampinato (1995), si
perviene ad una divisione per sottosettori e distretti, all'interno della quale
l'Anapo è compreso nel sottosettore meridionale, distretto ibleo.
Fra le specie localizzate in
quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali: Calendula suffruticosa
Myosotis humilis, Urtica rupestris, Zelkova sicula.
Uno degli endemismi più rari
ed interessanti è rappresentato da Urtica rupestris, specie suffruticosa,
appartenente alla paleoflora terziaria: si rifugia in stazioni di sottobosco
umide e fresche, interessate di affioramenti calcarei, nelle leccete di
Doronico-Quercetum.
Altro endemismo di enorme
importanza scientifica, è dato dal rinvenimento della Zelkova sicula, specie
ritenuta ormai estinta; in questa proposta di vincolo, non si ritiene comunque
di includere il sito ove è ubicata perché appartenente ad un altro sistema
imbrifero.
Esclusive di questo
distretto sono pure specie a più ampia distribuzione: Salvia fruticosa,
Sarcopoterium spinosum, Ferulago nodosa ecc.
La gariga
Nelle stazioni semirupestri
che orlano il fiume Anapo ed i suoi affluenti, è spesso frequente una gariga
ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla
valentina; essa si differenzia dalle altre associazioni, segnalate nel
Mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens.
Il bosco di Ferla
Nota anche come foresta
Calcinara, si estende per 44 ha. circa su entrambi i versanti della cava
percorsa da un ramo del fiume Calcinara, affluente dell'Anapo.
L'area appartiene al comune
di Sortino, che ne ha affidato la gestione all'Ispettorato forestale di Siracusa.
Il fiume Calcinara nasce ad una quota prossima agli 800 m. s.l.m. in località
Montagna, nelle vicinanze di Ferla.
Si tratta di un piccolo
corso d'acqua perenne, suddiviso nel tratto iniziale in due rami, uno dei
quali, quello più a nord percorre la cava in oggetto.
Caratteristica dei suoli
della cava è di avere suoli bruni calcarei nel versante a nord, ed andosuoli,
di origine vulcanica a sud.
Lo studio condotto da
Fichera, Furnari, Scelsi (1988) ha permesso di individuare che sul versante a
nord, costituito da calcari miocenici, lo strato arboreo è costituito da
Quercus ilex in prevalenza, costituente una lecceta a carattere mesofilo,
tipica dell'associazione Doronico-Quercetum ilicis.
Mentre nel versante esposto
a sud, limitatamente alle aree con affioramenti calcarei, nella parte più bassa
della cava, si rinviene una lecceta più termofila, con la presenza di Pistacia
lentiscus, che costituisce gran parte dello strato arbustivo. Infatti si
classifica questa associazione come Pistacio Quercetum ilicis.
Nell'area occupata dalle
vulcaniti, sempre nel versante sud, si ritrova una formazione vegetale ben
differente da quella sopradescritta, caratterizzata da un bosco di querce
caducifolie: Quercus virgiliana e Quercus amplifolia, spesso associata a
Quercus ilex; ad esse si accompagnano numerose specie acidofile, costituendo
nell'insieme una singolarità botanica.
Inoltre la presenza di
Mespilus germanica, conferisce rilevante importanza al sito, in quanto specie
ormai molto rara, rinvenibile solo sui versanti più impervi di monte Lauro.
Infine la presenza di Urtica
rupestris, raro endemismo ibleo, aggiunge un'altra pecularietà di enorme
interesse naturalistico, a questo bosco.
Il fondo della cava percorso
da un corso d'acqua perenne, presenta una vegetazione ripale con predominanza
di Platanus orientalis e Salix pedicellata, accanto a Ficus carica, Popolus
nigra, Popolus alba e Fraxinus oxycarpa. Il bosco di Ferla rappresenta dunque
uno degli ambienti più interessanti di tutto il comprensorio ibleo, sia perché
contiene associazioni vegetali ormai rare sia perché costituisce un ambiente
relativamente integro; il maggiore rischio di degrado è rappresentato dal
pascolo, che deve sicuramente vietarsi nell'area.
Si propone per queste
motivazioni, l'apposizione successiva del vincolo di bellezza individua per il
bosco di Ferla.
ASPETTI ANTROPICI DEL
PAESAGGIO
L 'agricoltura
Da una disamina
dell'attività agricola nel tempo, è da evidenziare nell'area dell'alta valle
dell'Anapo la mancanza del latifondo in senso "classico", pur
esistendo vaste estensioni di terra interrotte da colture arboree, ove
esistevano medie e piccole proprietà.
Mentre si consolidano nelle
aree interne della Sicilia gli immensi latifondi che nemmeno le leggi dei primi
dell'800 riescono a separare, per la ricomposizione dei poderi nelle mani di
pochi proprietari terrieri della nuova classe borghese; nel siracusano non
risulta esservi grande differenziazione tra grandi colture estensive quali
cereali, pascoli ed intensive, quali ortive e vigne, poiché i feudi baronali ed
ecclesiastici non raggiungono le grandi estensioni di quelli della Sicilia
centrale ed occidentale.
La forma di proprietà in
genere più diffusa era l'enfiteusi o la mezzadria data ai contadini, che davano
vita alle borgate, veri e propri centri agricoli, formati da piccole abitazioni
da uno o due piani unite fra loro.
Dal Balsamo, si apprende che
nel 1808, la situazione fondiaria del siracusano era caratterizzata da una
elevata distribuzione di proprietari, che coltivavano con grande cura le
piccole proprietà.
Rinomate nei censimenti
borbonici, sono le maggiori produzioni delle aree collinari del siracusano,
ossia grano, orzo, olio, vino, noci (Ferla) e ghiande (Sortino, Palazzolo,
Cassaro).
Intorno alla bassa falda
degli Iblei, la razionale organizzazione di colture di mandorli e viti irrigue
ha consentito anche l'insediamento di masserie più agili e diversificate.
Tali attività produttive non
risultavano però favorite dal sistema viario, che nel 1852, veniva
differenziato tra strade fra "rotabili costrutte", "rotabili in
costruzione" e strade "per cavalli e pedoni", riscontrandosi
nella zona collinare solo quest'ultima tipologia, a testimonianza
dell'arretratezza sociale ed economica in cui versavano le popolazioni,
peraltro molto esigue numericamente (ad es. Cassaro contava 1.739 abitanti,
Buscemi 3.093, Ferla 3.937 ecc.).
Alla fine del 1880, una
crisi agraria mondiale, che danneggiò soprattutto la Sicilia, provocando la
diminuzione dei prezzi del grano, modificò l'indirizzo produttivo prevalente
nella zona interna, a favore dell'incremento delle superfici occupate dalla
viticoltura; questa venne però a sua volta, annientata dalla diffusione di una
patologia allora sconosciuta, il cui agente, la fillossera, distrusse ogni
produzione.
Solo alla fine del secolo,
con il trapianto della vite europea su quella americana, la viticoltura riprese
a produrre redditi.
La situazione odierna ha
mantenuto diffuso l'indirizzo produttivo tipico delle zone collinari, ossia la
frutticoltura asciutta senza intervento di mezzi meccanici, riscontrandosi
nella valle, oliveti, mandorleti e vigneti oltre alla cerealicoltura; di pregio
viene considerata la produzione di olio di Cassaro e Ferla.
Laddove invece risultano
eseguite trasformazioni fondiarie relative ad invasi per l'acqua di irrigazione
sistemi automatici di irrigazione e lavorazioni meccanizzate, insistono
coltivazioni intensive o semiintensive di agrumi e vite.
Le foreste
La vocazione forestale del
territorio dell'alta valle dell'Anapo, è datata con precisione dalla proposta
di rimboschimento degli anni del fascismo. Infatti nel 1930, viene proposto il
rimboschimento del monte Lauro al fine di ottenere una bonifica
"integrale" della Sicilia sud-orientale, a partire dunque dal
complesso orografico dominante.
Consolidandone le pendici
con essenze boschive opportune, si sarebbe ottenuta "la stabilizzazione
della portata idrica dei torrenti che dal monte si dipartono" così si
esprimeva il Gaetano Navana Crimi sulla rivista della "Rassegna economica
di Siracusa" all'interno dell'iniziativa denominata "i boschi del
Littorio".
Il tentativo fu però
contrastato da taluni proprietari delle parti pianeggianti dell'acrocoro che
temevano che la compromissione delle rendite derivanti dalla coltivazione delle
graminacee, a causa del rimboschimento.
Il Navarra Crimi sottolineò
l'interesse per il monte Lauro nel suo insieme, nella sua portata
oroidrografica nella sua potenzialità agronomica, nella convinzione che tale
intervento avrebbe senz'altro regolarizzato le portate dei fiumi che a valle
erano indispensabili per le colture irrigue di piano, quali il cotone della
vasta piana di Gela, unico centro produttivo italiano.
Lo studioso teorizzò la
costituzione di un consorzio obbligatorio che in virtù di leggi speciali,
nell'arco di 30 anni avrebbe acquisito tutte le pendici incolte da rimboschire,
oltre a realizzarvi una strada panoramica turistica, ed una "borgata
alpestre" rifornita di acqua potabile.
Ciò che veniva allora
auspicato è oggi realtà: in pochi anni l'Azienda regionale delle foreste ha
impiantato nel territorio più di 2.396 ha. di bosco esclusivamente a fini
idrogeologici. La forestazione viene favorita dal processo di crisi del settore
agricolo montano, determinato sia dall'abbandono delle colture cerealicole, sia
dal mancato adeguamento degli assetti produttivi, alle moderne tecnologie.
La necessità di una migliore
tutela dell'ambiente e del paesaggio attraverso la salvaguardia e la
valorizzazione delle sue componenti naturali è ormai riconosciuta come valore
nella zona.
Il rimboschimento con
essenze resinose, il bosco monofita che ha finora modificato l'antico aspetto
del paesaggio agricolo e naturale della valle, si va sostituendo con impianti
polifiti disetanei, ossia boschi formati da diverse specie di varia età che
restituiranno negli anni, gli antichi equilibri all'ecosistema, come già
esemplificato nella riserva di Pantalica.
Aspetti socio-economici
La dimensione grave e
imponente del fenomeno dell'emigrazione ha caratterizzato le popolazioni dei
centri urbani dell'alta valle dell'Anapo.
L'emigrazione ha inoltre
prodotto un accentuato invecchiamento demografico, con aumento dell'età media e
riduzione della natalità. Di conseguenza si è verificata una diminuzione della
forza lavoro con conseguente compromissione del futuro demografico ed economico
della zona.
Ciò ha comportato
l'accentuarsi della dipendenza dalle risorse esterne; tra esse occupano un
posto di primo piano le rimesse degli emigrati che, tuttavia, in presenza di un
uso consumistico delle proprie rendite, non hanno saputo sostenere stabili
processi di sviluppo.
La maggior parte delle
risorse esterne, perviene dai sussidi nei settori produttivi, specie quello
agricolo, ove però il processo di senilizzazione ha accentuato le condizioni di
sub-marginalità delle risorse interne produttive.
In questo senso,
l'esperienza negata dalla Comunità montana iblea, comprendente i comuni di
Buccheri, Buscemi, Ferla, Cassaro, Giarratana, Monterosso, Carlentini,
Chiaramonte, Sortino, Palazzolo, Vizzini, Licodia, Ragusa, costituita a partire
dal 1972, ma il cui esercizio finanziario si è limitato a pochi anni, compresi
dal 1975 all'83, ha fortemente caratterizzato il mancato rilancio
socio-economico dell'area montana.
Se infatti un tentativo di
organizzazione dei comuni montani, motivato dall'autonomia gestionale e
finanziaria, era stato avviato, con la soppressione della Comunità montana
nella Regione Siciliana, a favore del potenziamento delle funzioni dell'ente
intermedio, ossia la provincia regionale ha segnato il fallimento di una
possibile ripresa economica nell'area.
ASPETTI GEOLOGICI,
GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI
Premessa
Quanto trattato in questo
paragrafo riprende ed in parte integra i precedenti studi condotti in occasione
rispettivamente della "indagine sistematica delle interconnessioni tra le
valenze paesistico ambientali e culturali del territorio della provincia di
Siracusa finalizzata alla pianificazione paesistica - II fase" e per la
proposta di vincolo ex art. 5 legge regionale n. 15/91 relativa all'"alto
vulcanico di monte S. Venere nei comuni di Ferla e Carlentini"; prende
inoltre spunto dalle numerose pubblicazioni scientifiche, carte tematiche e
tesi di laurea riguardanti la zona e citate in bibliografia.
Motivazioni geologiche e
geomorfologiche
La presente proposta di
vincolo trae spunto sia dalle considerazioni sulle indubbie valenze
paesaggistiche dei luoghi che dalla necessità della loro tutela, in quanto
costituenti una vasta area dell'entroterra siracusano rimasta, sotto molti
aspetti, ancora integra. Qui è possibile riconoscere quelle che sono le
sorgenti del maggiore corso d'acqua degli Iblei, l'Anapo e dei suoi principali
affluenti anche individuare i luoghi dove nascono gli altri due principali
corsi d'acqua iblei, che sono l'Irminio ed il Tellaro; sono ancora
identificabili tutte quelle forme di paesaggio, che verranno descritte in
seguito, e che non hanno subito obliterazioni di sorta, risultando collocate
dove gli eventi naturali ne hanno previsto la sede. E' possibile ancora osservare
i resti del vulcanismo ibleo degli ultimi 25 milioni di anni, riconoscendo, fra
l'altro, il paleocono vulcanico di monte S. Venere e tutte quelle forme minori
(pillows, colate laviche, depositi ialoclastitici) testimoni di un vulcanismo
sia subacqueo che subaereo che si è evoluto nel tempo.
Inquadramento geologico
Il fiume Anapo è il maggiore
dei numerosi corsi d'acqua che solcano l'altopiano ibleo e, per caratteristiche
paesaggistiche, è probabilmente il più interessante e ricco. Prima di
descrivere il suo bacino, però, occorre fare una premessa sul contesto
geologico a scala regionale nel quale questo importante corso d'acqua è
inserito.
In una suddivisione della
Sicilia in settori oro-geografici l'area montana del siracusano si colloca,
unitamente ai rilievi ragusani, nel cosiddetto "Avanpaese Ibleo",
vasta area terrazzata, attraversata da una fitta rete di faglie e fratture. Nel
corso delle fasi orogeniche terziarie, ovvero quell'insieme di movimenti che a
causa dello scontro fra la placca crostale africana e quella europea hanno
portato in Sicilia alla formazione delle catene montuose dei Peloritani, delle
Madonie e dei Nebrodi e nel resto d'Italia alle catene Alpina ed Appenninica,
suddetta area fu interessata esclusivamente da processi dinamici di tipo
disgiuntivo, ancor oggi responsabili di una sensibile attività sismica, che
hanno prodotto profonde incisioni secondo direttrici principali nord-est -
sud-ovest e secondarie nord-nord-est - sud-sud-ovest, nord-nord-ovest -
sud-sud-est, ed est-ovest. Lungo tali linee tettoniche si sviluppa oggi
l'intero reticolo idrografico dell'area iblea.
E' possibile operare una
individuazione di due distinti settori:
- un settore orientale o
"Siracusano", caratterizzato da una successione litostratigrafica
tipica di un ambiente deposizionale di mare poco profondo e spesso interessato
da fenomeni vulcanici di varia natura;
- un settore occidentale o
"Ragusano" contrassegnato da sedimenti di mare aperto.
La regione iblea è
interessata nella sua fascia settentrionale da estesi affioramenti di vulcaniti
basiche, risultato di una intensa attività magmatica che ha coinvolto
l'altopiano dal Miocene al Quaternario, e che risulta strettamente legata alla
tettonica distensiva ed alle dislocazioni da essa create.
I caratteri deposizionali e
giaciturali della regione iblea presentano sia manifestazioni sottomarine che
subaeree, variamente intercalate ad episodi sedimentari di età da
supramiocenica a pleistocenica. Il vulcanismo del Miocene superiore si
distingue da quello Plio-pleisticenico per avere uno spiccato carattere
esplosivo. Verso sud e sud-est l'area in cui si ritrovano gli affioramenti di
vulcaniti passa piuttosto bruscamente al tavolato carbonatico dell'altopiano
Ibleo propriamente detto, di età da cretacica a miocenica, attraverso il
reticolato di faglie prima menzionato.
Stratigrafia
La descrizione stratigrafica
che segue vuole illustrare sinteticamente il quadro litologico presente
nell'area ed è svolta per complessi a partire da quelli più profondi e
procedendo verso quelli più superficiali e comprende terreni sedimentari e
vulcanici di età compresa fra il Miocene medio e l'Olocene, appartenenti ai due
settori precedentemente illustrati.
Dall'alto verso il basso
distinguiamo:
- formazione Ragusa
(Aquitaniano-Langhiano);
- formazione Tellaro
(Langhiano-Messiniano);
- formazione Palazzolo
(Serravalliano-Tortoniano);
- formazione dei Monti
Climiti (Miocene medio-superiore);
- Calcari a Clypeaster e
molluschi (Tortoniano);
- Marne siltose (Pliocene
inferiore);
- Vulcaniti (Pleistocene
medio-superiore);
- Alluvioni terrazzate
(Pleistocene superiore - Olocene)
- Alluvioni recenti ed
attuali (Pleistocene superiore - Olocene);
- Detriti di falda.
Successione occidentale:
Le facies Mioceniche del
settore centrale ed occidentale del plateaux ibleo consistono in sedimenti
carbonatici di ambiente pelagico, dal basso verso l'alto distinguiamo:
1) formazione Ragusa
(Aquitaniano-Langhiano): si tratta di depositi di shelf carbonatico con
materiale parzialmente risedimentato dalle aree orientali, come dimostrano
alcuni corpi canalizzati e la stratificazione incrociata dei livelli
grossolani. La formazione interessa soltanto marginalmente l'area di studio nei
limitati affioramenti di contrada S. Margherita e lungo l'incisione del fosso
Mastica nell'estremo settore sud occidentale della carta;
2) formazione Tellaro
(Langhiano inf.-Messiniano): in continuità di sedimentazione sull'alternanza
calcareo-calcarenitico-marnosa si sovrappone la formazione Tellaro. Si tratta
di un complesso marnoso caratterizzato da un tipico colore grigio-azzurro sulla
superficie di erosione. Le marne della Tellaro sono presenti in affioramento
nel settore sud occidentale dell'area in argomento, ma si estendono verso est
incuneandosi tra le formazioni calcare e più antiche (F.ne Ragusa) e quelle più
recenti (F.ne Palazzolo), per poi sfumare per eteropia di facies con queste
ultime. Il loro spessore va da 200-300 metri fino a zero nella media valle
dell'Anapo.
Alla sommità delle marne
calcaree della formazione Tellaro nelle aree centrali e nord-occidentali del
plateaux ibleo sono intercalate delle grosse lenti di brecce vulcanoclastiche o
sporadici corpi lavici sottomarini basici di spessore tra zero e l00 metri.
Sono inoltre presenti sottili corpi lentiformi di brecce con pillows, interi od
in frammenti, a testimonianza di una attività vulcanica subacquea di età
miocenica. Tali vulcaniti affiorano nel settore nord-occidentale dell'area in
descrizione alle pendici di monte Lauro, monte Erbesso e M. Chiusa Grande;
3) formazione
Palazzolo-Serravalliano-Langhiano: successione prevalentemente calcarenitica al
cui interno sono state distinte due litofacies: una costituita da un'alternanza
di calcari marnosi teneri, l'altra caratterizzata da calcareniti spesso in
grandi bancate.
Suddetto litotipo ha uno
spessore variabile da 0 a 250 metri, per effetto di etropia con la formazione
Tellaro, ad ovest, e con la successione miocenica orientale. Affiora nel
settore centrale dell'area di studio, interessando gli abitati di Palazzolo Acreide,
Buscemi, Cassaro e Ferla.
Successione orientale:
In contrapposizione alle
aree del settore centrale ed occidentale dell'altopiano ibleo la successione
orientale è caratterizzata da una sequenza stratigrafica, spesso lacunosa, di
facies marine di acque poco profonde, alla quale si intercalano due orizzonti
di vulcaniti basiche. Dal basso verso l'alto distinguiamo:
1) formazione dei monti
Climiti (Miocene medio-superiore): è suddivisa nei membri di Melilli in basso e
dei Calcari di Siracusa in alto.
Nell'area in argomento è
presente in affioramento soltanto il membro superiore dei Calcari di Siracusa,
che è rappresentato da una sequenza di calcareniti e calciruditi algali del
Miocene inferiore e medio, spesso carsificate. La pendenza generale, debole, è verso
est-sud-est, con una giacitura monoclinalica disturbata da un'intensa tettonica
distensiva. Nel settore orientale dell'alta valle dell'Anapo affiorano estesi
lembi della suddetta formazione a Piano Bibbinello ed in contrada Giambra;
2) Calcari a Clypeaster e
molluschi (Tortoniano): orizzonte calcareo costituito da calcareniti e
calciruditi di colore bianco-grigiastro, caratterizzato da un'abbondante
macrofauna con individui che raggiungono talvolta dimensioni vistose. Più
frequenti sono le alghe calcaree ed i Clypeaster cui si associano Pecten ed
altri Lamellibranchi. La giacitura è in strati di circa mezzo metro, lo
spessore è variabile da 10 a 50 metri. Affiorano ad est dell'abitato di Ferla
ed in contrada Giambra e Vallefame, nell'estremo settore orientale del
territorio in trattazione. Al di sopra della successione dei terreni poc'anzi
descritta, appartenente ai settori occidentale ed Orientale dell'Altopiano
Ibleo, si vengono a sovrapporre depositi sedimentari di vulcaniti di età
compresa tra il Pliocene ed il Quaternario;
3) Marne siltose giallastre
(Pliocene inferiore): si tratta di una varietà della facies dei Trubi, che
risultano invece essere presenti lungo tratti della costa siracusana. Se ne
rinvengono sporadici lembi limitati al margine occidentale dell'area in
questione ed in particolare nel versante occidentale del monte Erbesso ed in
quello meridionale di monte Chiusa Grande, ove risultano associati a
sovrastanti calcareniti, appartenenti allo stesso ciclo sedimentario.
Contengono una microfauna che denota un ambiente deposizionale di mare aperto,
raramente costiero;
4) Vulcaniti (Pliocene
medio-superiore-Pleistocene): potente successione di espandimenti basaltici sia
subaerei che sottomarini. I prodotti sottomarini sono dati da brecce a pillows
immerse in una matrice ialoclastitica ocracea per alterazione e sono
distribuiti prevalentemente alla base delle coperture laviche di monte Lauro.
Quelli subaerei sono costituiti da prevalenti colate basaltiche a fessurazione
colonnare e spesso con vistose desquamazioni globulari, di colore nero
antracite (alcalibasalti) o grigiastri (tholeiti). Affiorano a Sud di Buccheri
e ad est fino a monte S. Venere; quest'ultimo riveste un particolare interesse
geologico in quanto risulta costituito da un antico centro eruttivo subaereo a
carattere prevalentemente effusivo. I prodotti vulcanici ivi presenti hanno
dapprima caratteristiche di ialoclastiti e lave a pillows, tipici prodotti di
ambiente subacqueo, mentre, successivamente, l'accumularsi dei suddetti materiali
ne ha provocato un progressivo ampliamento che ne ha comportato l'inevitabile
emersione. Da questo momento le vulcaniti presentano gli aspetti tipici delle
effusioni laviche subaeree con colate basaltiche compatte ed a fessurazione
colonnare.
Una caratteristica del
vulcanismo degli Iblei è data dalla mancanza di grandi edifici centrali, mentre
è riconoscibile la presenza del piccolo edificio vulcanico di monte Santa
Venere, allineato secondo le direttrici nord-est - sud-ovest del sistema
principale di faglie dell'Avanpaese Ibleo.
I
successivi episodi litostratigrafici rivestono scarso interesse e ne viene
pertanto omessa la descrizione.
Tettonica
Nella successione
stratigrafica descritta si può distinguere una parte inferiore, una media ed
una superiore a seconda del loro comportamento tettonico. La parte inferiore
comprende le marne della Tellaro, che, avendo un comportamento plastico,
generano strutture sinclinali ed anticlinali a prevalente direzione nord-est -
sud-ovest. La parte intermedia comprende la serie calcarea ed affiora in
corrispondenza della parte centro-orientale dell'area in argomento; è
caratterizzata, da un punto di vista tettonico, da un comportamento rigido, che
determina la formazione di una serie di faglie orientate in prevalenza da
nord-est verso sud-ovest. Le vulcaniti soprastanti, che costituiscono la parte
superiore della sere, hanno giacitura tabulare e si sviluppano lungo estese
monoclivali nella parte nord-occidentale dell'area trattata; quest'ultima è
caratterizzata da una tettonica di tipo disgiuntivo le cui direttrici
prevalenti sono nord-ovest - sud-est e loro coniugate.
L'età delle faglie è
post-miocenica, appartenendo a questo periodo geologico, i terreni interessati
dalle suddette discontinuità; alcune di esse hanno probabilmente subito una
ripresa di attività in età pliopleistocenica, avendo le stesse dislocato
terreni appena più antichi. Suddetta fase tettonica, a prevalente direzione
nord-est - sud-ovest, ha difatti interessato le coperture basaltiche,
conferendo loro ampi rigetti.
Caratteristiche del bacino e
morfologia generale
La natura e le
caratteristiche intrinseche dei terreni, unitamente agli effetti prodotti sia
dalla tettonica che dagli agenti atmosferici sono i principali elementi
responsabili delle forme del territorio e delle loro variazioni nel tempo. Di
solito gli effetti dell'antropizzazione possono generare modifiche anche
rilevanti alla morfologia dei luoghi; si pensi alle grandi trasformazioni
agricole, ai disboscamenti, alle bonifiche, alle cave ed ai grossi insediamenti
urbani o industriali. Per una serie di fortunate concause l'alta valle
dell'Anapo non ha subito la pressione demografica, e gli effetti ad essa
legati, che invece si è sviluppata lungo la fascia costiera siracusana.
L'entroterra della provincia di Siracusa, di cui l'area in trattazione
costituisce il cuore, conserva pertanto quasi per intero le caratteristiche
geomorfologiche dell'altopiano Ibleo, oggi perfettamente riconoscibili nei
profondi canyons che solcano il tavolato carbonatico miocenico, perfettamente
allineati a quelle che sono le principali linee tettoniche regionali che li
hanno generati, nelle forme aspre, versanti ripidi, scarpate subverticali, che
assumono invece profili morbidi ove la stratigrafia contempla la presenza di
rocce tenere ed erodibili.
Occorre sottolineare che in
quest'area della Sicilia le profonde incisioni fluviali scavate dall'azione
delle acque all'interno del tavolato calcareo, attraverso le principali linee
di discontinuità regionale, assumono il nome di "cave", mentre
"cugni" vengono denominate quelle testate collinari che si incuneano
in un sistema vallivo (di solito in corrispondenza di una confluenza di due
corsi d'acqua); con il termine "fosso" si intende una cava
particolarmente stretta e profonda. Procedendo da nord verso sud, le cave più
importanti individuate sono: cava della Montagna, cava Caviglia, fosso S.
Giorgio, fosso S. Rosalia, cava Lardieri, fosso Nocilla, fosso Fiumarola, cava
Cugnarelli, cava Goncaro, cava del Mulino, oltre a cava Grande (o torrente
Calcinara), importante affluente nord dell'Anapo. La profondità che
contraddistingue questi valloni dal tipico aspetto a canyon e la relativa
scarsa presenza di terrazzi fluviali fa pensare ad un sollevamento rapido di
tutta la zona, fenomeno questo del tutto coerente con le vicissitudini
tettoniche subite dall'altopiano Ibleo da Pliocene in poi.
Il bacino dell'Anapo
costituisce una precisa unità geomorfologica ad ampia scala, ben definita e
confinata dagli spartiacque naturali che la cingono. L'area totale del bacino
idrografico misura 302,2 Kmq. e comprende i territori amministrativi dei comuni
di Buccheri, Palazzolo Acreide, Buscemi, Ferla, Cassaro, Sortino, Solarino,
Floridia e Siracusa. La proposta di vincolo di cui alla presente relazione si
riferisce però solo al territorio dei primi cinque comuni, in quanto i tratti
rispettivamente mediano e parte del terminale dell'Anapo sono già stati
precedentemente sottoposti a tutela paesaggistica, con separati procedimenti,
negli anni passati.
Lo sviluppo altimetrico è
compreso fra quota 986 metri (monte Lauro) e la quota 362 metri (a sud
dell'abitato di Cassaro), mentre le alture che delimitano il bacino sono: monte
Lauro (986 m.), Cozzo Buscica (946 m.), monte Erbesso (821 m.), Cozzo San Sebastiano
(726 m.), monte Neviera (723 m.), monte Casale (910 m.), monte Ebro (821 m.) e,
più a nord, monte S. Venere (870 m.).
Il fenomeno carsico,
peraltro influenzato dai lineamenti tettonici della zona e dai caratteri
giaciturali e stratigrafici delle rocce, è caratterizzato dall'associazione di
tre principali categorie di forme:
1) forme di superficie
(campi carreggiati, lapiez, doline, ecc.);
2) forme sotterranee
(caverne, inghiottitoi, cunicoli, ecc.);
3) forme fluviali subaeree
(sorgenti carsiche).
In zona si possono osservare
forme di primo tipo (cavità carsiche interstratali) soprattutto lungo i
fondovalle sia dell'Anapo che degli affluenti principali, in corrispondenza di
rocce carbonatiche tenere e stratificate, quali le marne calcaree alternate alle
calcareniti e calcilutiti della F.ne Palazzolo (membro inferiore) e della F.ne
Ragusa; ove le rocce si presentano più dure e resistenti, ma contestualmente
più fratturate, sono riscontrabili forme carsiche denominate "di
frattura" e ciò avviene di solito nella parte alta della valle dell'Anapo
e lungo gli impluvi che presentano profili tipici di un reticolo fluviale
giovane; ove invece la genesi delle cavità carsiche risulta essere attribuibile
ad un concorso di fattori stratigrafici e dislocativi, si può parlare di forme
"composte" come per esempio è possibile osservare lungo cava di
Pietra e fosso Nocilla. Si potrebbero descrivere numerose altre forme carsiche
rilevate in zona (cavità attribuibili a carsismo fossile, cavità vadose,
freatiche, miste, policicliche, o anche "docce", "lapiez",
"campi solcati" e "campi carreggiati", ecc., molto diffusi
nella zona) ma, per ragioni di spazio e di opportunità, se ne trascura la
trattazione.
Lineamenti idrografici
Il fiume Anapo nasce dalle
falde del massiccio vulcanico di Monte Lauro e nei 52 chilometri del suo corso
riceve da destra e sinistra vari affluenti a regime torrentizio e con deflussi
limitati alla stagione piovosa. Il sistema idrografico risulta caratterizzato,
oltre che dai principali fiumi, anche da una serie di affluenti minori che
scendono a ventaglio lungo le incisioni dei rilievi circostanti.
Le unità idrografiche
principali comprese nella zona, o che comunque interessano la delimitazione in
bacini idrografici, sono:
- cava della Montagna, cava
Caviglia e Torrente Ferla, che interessano la zona settentrionale dell'area e
vanno a confluire nell'Anapo;
- fosso S. Giorgio, fosso
Rosalia, cava Lardieri confluenti, nella zona centro orientale dell'area, nel
fosso Nocilla che, a sud dell'abitato di Cassaro, si immette nell'Anapo;
- cava dei Molini, cava
Goncaro, cava Cugnarelli, confluenti, nella zona sud orientale, nel fiume
Anapo.
Le incisioni secondarie ed i
tratti montani dell'alveo principale dell'Anapo sono profondamente incassati
nella struttura morfologica tabulare dell'altopiano Ibleo e sono delimitati da
fianchi molto ripidi ed accidentati; la rete idrografica si presenta abbastanza
matura con segmenti uniformemente distribuiti e ben spaziati. Non indifferente
è stata, inoltre, la tettonica, se si considera che lo stesso corso principale
risulta su una linea di faglia che passa per monte Lauro.
L'alta valle dell'Anapo -
Aspetti archeologici
Il complesso panorama
archeologico che fa della valle dell'Anapo nel suo insieme un punto nodale
della storia dell'insediamento umano nel territorio siracusano è radicato in
alcune peculiarità geomorfologiche che possono essere così sintetizzate:
1) habitat che offre
condizioni di vita ed ampie possibilità di sussistenza a gruppi umani
dall'economia basata esclusivamente sulle risorse agricole e naturali offerte
dal territorio (ricchezza di acqua, boschi ricchi di selvaggina, modeste fasce
pianeggianti lungo il corso atte all'agricoltura), il che determina
l'antropizzazione fin dall'età preistorica, con un addensamento
dell'occupazione nella prima età del bronzo (Grotta Masella a Buscemi,
necropoli castellucciana di S. Martino presso Ferla) e lo stanziamento diffuso,
di carattere agricolo, dall'età greca fino a quella bizantina (contrada Pantano
a Palazzolo Acreide; Boscorotondo, Piano di Fata e Monte S. Nicolò a Buscemi;
contrada Campanino a Ferla);
2) naturale via di
penetrazione e di comunicazione fra costa ed entroterra, come tale usato
soprattutto durante il bronzo medio e tardo e in età greca, fin dal primo impianto
di Siracusa (Akrai, Kasmene) che non a caso ripercorre la via già segnata dalla
penetrazione dei materiali micenei durante il bronzo medio (contrada Maiorana a
Buscemi);
3) condizioni difensive
ottimali con possibilità di sopravvivenza in economia chiusa, il che fa della
valle un luogo privilegiato nei periodi storici più turbolenti, quando maggiore
è la necessità di sicurezza e di isolamento dalla costa troppo aperta. Ciò si
riscontra in modo particolare durante l'età di Pantalica nord (contrade Calcinara
e Calanca a Ferla) e soprattutto in età tardo-romana e bizantina, quando si
registra un incremento di piccoli stanziamenti in posizioni riparate, con
prevalente uso del modello insediativo rupestre, che spesso si reimpiantano,
dopo un lunghissimo hiatus, sugli stessi siti degli insediamenti preistorici
(vallone Arancio e S. Martino a Ferla; Bidicclo - Casacce a Palazzolo; Madonna
del Bosco, Boscorotondo, S. Pietro, cave S. Rosalia e S. Giorgio a Buscemi,
Cozzo Bianco e Cozzo Nitta a Cassaro).
Un rapido esame della carta
degli insediamenti e dei resti finora accertati (peraltro estremamente
parziale, perché a tutt'oggi la valle non è mai stata fatta oggetto di una
ricognizione sistematica) permette di evidenziare le modalità di occupazione
nei vari periodi e di individuarne le ragioni in relazione alle condizioni
storiche.
Età preistorica
La prima fase di cui si
possieda un'evidenza archeologica significativa è rappresentata, come nella
maggior parte del territorio interno siracusano, dalla prima età del Bronzo,
durante la quale una serie di insediamenti a carattere diffuso si scagliona
lungo il ciglio montuoso che sovrasta il limite settentrionale della valle. Si
tratta di nuclei di cultura castellucciana, di modesta entità demografica,
attestati da gruppi di tombe a grotticella scavati nei fianchi dell'altopiano:
il più cospicuo è quello di S. Martino presso Ferla.
Più frequenti sono le
testimonianze relative agli insediamenti della media e tarda età del bronzo.
Nel primo caso, la valle fu utilizzata, come accadrà più tardi, quale via di
accesso verso il territorio interno e quindi in funzione di scambi e commerci,
in un periodo di attivi traffici transmarini, come attestano i manufatti di
importazione micenea rinvenuti in contrada Maiorana a Buscemi, che
costituiscono la proiezione più interna di quel fiorire di centri costieri di
cultura thapsiana scaglionata intorno alla foce dell'Anapo.
Durante la tarda età del
bronzo (contrade Calanca e Calcinara), prevalente è l'intento difensivo, che
perdura durante la successiva età del Ferro. Di questa, poco si conosce: ma la
densità di occupazione è testimoniata dai numerosi gruppi di tombe a forno che
non solo accompagnano in ogni caso i gruppi necropolari della fase precedente
ma che si rinvengono anche in aree precedentemente non occupate, è il caso
della poco nota necropoli di M. Pavone, che annovera molte tombe a grotticelta
con camera a pianta rettangolare, e che corrispondeva probabilmente ad un
insediamento di notevole entità.
Età greca
La valle è intimamente
legata alla storia della colonia greca di Siracusa fin dal suo primo impianto;
ed anzi ne condiziona e ne determina la modalità della penetrazione e la forma
dei rapporti con l'entroterra. Come già in età preistorica, il corso del fiume,
che dal fondo del porto Grande si apre allo sguardo di chi si approssima dal
mare alla spiaggia falcata, con la sua larga foce sabbiosa e riparata che
invita all'approdo e le acque lente che scintillano fino ai monti
sull'orizzonte, costituisce la naturale via di accesso verso la regione
interna; e non a caso uno dei più antichi templi ne presidia la parte terminale
del corso, conferendo sicurezza e sacralità a un lembo di territorio
extraurbano rivolto alla terra degli indigeni, area privilegiata di scambio e
di incontro, come già nei secoli precedenti.
Lungo il corso dell'Anapo i
nuovi coloni risalgono fino all'interno, fino al massiccio del Lauro, nel cuore
del dominio dei Siculi, e alle radici di questa valle che rappresenta l'arteria
principale nel corpo del territorio conquistato impiantano due capisaldi, Akrai
(664 a.C.) e Kasmene (644 a.C.), destinati ad assicurare, da terra, il possesso
del triangolo di regione compresa tra Siracusa, Eloro e il Lauro. La vita di
Kasmene, sulla sommità di monte Casale, è relativamente breve; nella seconda
metà del IV sec. a.C., essa, non più funzionale alle ragioni strategiche che ne
hanno determinato la nascita, scompare; ma ne restano, eccezionali
testimonianze proprio perché del tutto indisturbate nei secoli, l'abitato, le mura
di fortificazione, le aree sacre e le necropoli. Solo in minima parte
esplorata, Kasmene è oggi per larga parte acquisita al Demanio regionale, e
destinata a divenire uno dei più ricchi ed estesi parchi archeologici della
regione. Lo stato di conservazione, che promette agli studiosi un'eccezionale
messe di dati, e la suggestiva posizione di dominio su un succedersi
ininterrotto di valli e montagne fanno della piccola città militare ancora
sepolta uno dei punti focali su cui dovranno appuntarsi, nei prossimi anni, la
ricerca e gli interventi di valorizzazione.
Più conosciuta, e ormai
inserita nel circuito corrente della fruizione archeologica, l'antica Acre,
sulla sommità dell'Acremonte alle spalle dell'odierna Palazzolo Acreide, è
nondimeno, anch'essa, quasi tutta da mettere in luce; anche qui, gli interventi
di acquisizione hanno oculatamente preceduto quelli di scavo, così da
assicurare la necessaria conservazione al patrimonio ancora esistente.
La vita della valle, in età
greca, gravita intorno ai due centri principali; i rinvenimenti di superficie
attestano una diffusa occupazione, a scopo agricolo, dei lembi di terreno
maggiormente pianeggianti e più atti alle coltivazioni. Resti di piccole
fattorie, spesso attestate soltanto da gruppi di tombe a fossa su di una
spianata rocciosa accanto a qualche vecchia fattoria e da frammenti di tegole e
vasellame d'uso comune sparsi nei campi, costellano i pianori sulle due sponde
del fiume, così come le campagne del comprensorio fra Palazzolo e Noto. Tali
sono probabilmente gli insediamenti cui si riferiscono le tracce individuate in
località Campanino, presso Ferla, e a contrada Pantano, presso Palazzolo; ma
non mancano indizi di insediamenti più cospicui, sotto il profilo
dell'estensione e della densità demografica, altrimenti del tutto ignoti. E' il
caso dell'ancora inesplorato insediamento di Boscorotondo, presso Buscemi, nel
quale ricognizioni di superficie hanno accertato la presenza, per largo tratto,
di lembi di mura pertinenti a diverse abitazioni.
In questo territorio abitato
e coltivato, fioriscono anche luoghi di culto, legati alla terra ed alle
divinità protettrici delle forze della natura e della feracità.
Uno di questi, il più famoso
per la sua singolarità, è il c.d. santuario di Anna e delle Paides, dedicato
alle ninfe: a mezza costa sul fianco impervio del monte S. Nicolò, impendenti
sulla vallata del fiume, una serie di grotte a pianta squadrata, comunicanti,
conservano iscrizioni e graffiti. L'unica esplorazione condottavi è stata
quella, parziale, di P. Orsi; allo stato attuale, il tetto semicrollato di una
delle grotte e la quasi totale scomparsa del sentiero d'accesso proteggono
questo che è uno dei più interessanti monumenti dell'architettura religiosa
coloniale, ancora da studiare compiutamente.
Nel complesso, poco
rappresentati appaiono, a livello insediativo, l'età ellenistico-romana e i
primi secoli dell'impero, anche a tener conto dell'episodicità della ricerca,
suscettibile di delineare un quadro parziale della realtà storica.
Evidentemente,
l'utilizzazione agricola fa perno in prevalenza sugli agglomerati storici, e le
fattorie disseminate sul territorio si dislocano per la maggior parte sulle
fasce più agevoli e aperte dell'altopiano, evitando le aree scoscese delle cave
intorno al fiume e ai suoi affluenti.
Età tardo-romana e bizantina
La situazione muta
radicalmente negli ultimi due secoli dell'impero e nella prima età bizantina.
L'occupazione diffusa si intensifica e si assiste, soprattutto, ad un ritorno
insediativo negli stessi luoghi, non di rado appartati e di difficile accesso,
che erano stati sede di stanziamenti preistorici, prevalentemente situate sul
ciglio e lungo i fianchi della valle. Appare evidente l'intento difensivo o
almeno quello di evitare contatti troppo immediati con la costa e con le più
battute vie di collegamento interno. Soprattutto dopo il VI sec. d.C., gli
insediamenti in posizioni aperte (come quello, accentrato intorno ad una
piccola chiesa e ancora da sottoporre ad indagine, di Piano di Fata presso
Buscemi, o la fattoria sulla sommità di M. S. Nicolò, attestata da una piccola
necropoli di tombe a fossa) sono abbandonati in favore degli abitati in grotta,
scaglionati lungo le cave (cava S. Giorgio, cava S. Rosalia presso Buscemi).
Uno dei più cospicui,
successivamente rimasto in uso fino all'età moderna, è quello di Madonna del
Bosco, che diverrà l'odierna Buscemi, ancora in gran parte conservato e già
sottoposto a tutela. Spesso i nuclei insediativi sono attestati soltanto da
gruppi di tombe, più o meno numerose, che danno vita a quel suggestivo panorama
di escavazioni che articola i fianchi delle cave: ampie fosse sub divo dalla
caratteristica forma campanata, arcosoli monosomi o bisomi, ipogei cruciformi o
a galleria longitudinale, catacombe, talora anche di grandi dimensioni (S.
Giorgio di Buscemi, con più di cento sepolture), internamente articolate
intorno ad uno o più sepolcri a baldacchino, tipologia ricorrente ed esclusiva
delle catacombe rurali. Non di rado si riutilizzano, per gli arcosoli isolati,
le grotticelle preistoriche, opportunamente modificate (S. Pietro di Buscemi,
vallone Arancio e S. Martino a Ferla). Una delle più cospicue fra le necropoli
di questo periodo è quella di S. Anna a Ferla, recentemente rimessa in luce e
rilevata, che annovera numerosi arcosoli ed una piccola catacomba con cinque
sepolcri a baldacchino: qui si conserva una delle rarissime iscrizioni finora
rinvenute (il panorama dell'architettura funeraria rurale del territorio
siracusano è pressochè anepigrafe), menzionante un Dionisio presbitero della
chiesa "erghitana", che costituisce uno dei primi dati storici
sull'assetto delle chiese siracusane in età paleocristiana.
L'architettura religiosa
rupestre mostra, lungo la valle, diversi esempi di grotte cultuali (S. Anna,
con affreschi; Madonna del Bosco; S. Rosalia) e, soprattutto, uno dei monumenti
più noti e più significativi, la chiesa di S. Pietro a Buscemi. Scoperta da P.
Orsi durante l'esplorazione di un sepolcreto casteltucciano nelle vicinanze, e
situata a mezza costa nel punto di confluenza fra la cava S. Giorgio e la cava
S. Rosalia; costituita da un vasto ambiente rettangolare tripartito da due
coppie di pilastri sostenenti archeggiature, conservava, oggi molto deteriorate
e in parte distrutti, un altare a mensa ed una cattedra ricavati nella roccia,
con le pareti decorate da un ciclo di affreschi di diverse epoche. La tipologia
anomala della ripartizione dello spazio interno fa di questo monumento uno dei
più discussi nel pur variegato panorama dell'architettura religiosa rupestre,
probabilmente ispirato a prototipi di area siriaco-palestinese.
Recentemente scoperto e solo
parzialmente scavato è l'insediamento bizantino di Giarranauti, uno dei
pochissimi siti che hanno conservato strutture pertinenti all'abitato di questa
età, e che riveste quindi un interesse del tutto particolare per la quantità di
dati che può fornire in ordine all'assetto abitativo, alla tipologia dello
strumentario, al vasellame di produzione locale, agli scambi ed alle risorse
economiche. E' stato messo in luce un vicus costituito da poco più di una
decina di case, dislocate intorno ad una piccola chiesa mononave. Le case
presentano un'organizzazione molto semplice, basata su un modulo comprendente
due vani, affiancati o disposti l'uno di seguito all'altro; il vano principale
ospita il forno ed un piccolo fornello, mentre quello secondario era utilizzato
per attività agricole (in uno è stato localizzato un rudimentale palmento
scavato nel banco roccioso) o per deposito. Probabili soppalchi lignei nel vano
principale costituivano gli spazi per la notte. Tra le varie case, disposte
senza alcun criterio preordinato di distribuzione degli spazi, si articolano
vari recinti chiusi da muretti, probabilmente per il ricovero del bestiame, e
cortiletti che assolvono alla funzione di viabilità interna. A circa 500 m. dal
villaggio, e forse ad esso pertinente, presso una profonda cisterna scavata
nella roccia, ancora oggi utilizzata e alimentata da una complessa rete di
canalette di drenaggio dell'acqua piovana, è stata rinvenuta una serie di
vasche rettangolari, anch'esse scavate nella roccia, disposte su due livelli
lungo le pendici del colle, larghe, basse e comunicanti, collegate a canalette
e a lunghe teorie di fossette.
Si tratta forse, più che di
un semplice abbeveratoio o di un lavatoio, di un impianto per la lavorazione di
qualche prodotto (una conceria?).
Monete e materiali ceramici
collocano l'ultima fase di vita del villaggio al VI sec. d.C., in significative
coincidenze con il sorgere degli insediamenti rupestri della vicina Pantalica,
prova evidente di sopraggiunte necessità difensive.
Trasformazione del sistema
insediativo - I caratteri del patrimonio edilizio
Nel territorio dell'alta
valle dell'Anapo, le trasformazioni più evidenti, sono quelle che stanno
avvenendo nelle zone periferiche ai margini degli insediamenti urbani che si
affacciano verso la valle.
Una parte di queste
trasformazioni riguarda le seconde case, ma il grosso dell'attività edilizia
riguarda le espansioni vere e proprie cioè quelle con più marcato carattere
urbano.
Il problema più grave
quindi, per ciò che riguarda gli aspetti paesaggistici è determinato dalle
periferie urbane, le quali purtroppo si affacciano direttamente sulle aree di
maggiore pregio, come è il caso dei comuni di Cassaro, Ferla e Palazzolo.
Lo squallore di queste
periferie è tale che non si può immaginare un vero futuro della zona senza
mettere in essere radicali interventi di restauro urbano e territoriale.
Questi intenti sono
possibili attraverso una totale revisione degli strumenti urbanistici locali i
quali dovranno essere tutti connotati da una forte attenzione verso i problemi
del controllo della morfologia urbana nei processi di trasformazione, oltre che
verso i problemi della tutela dell'ambiente territoriale.
Per ciò che riguarda i
caseggiati storici, si ritiene che questi siano inseriti attraverso uno studio
specifico e puntuale nelle previsioni degli strumenti urbanistici, i quali
attraverso una normatizzazione li tutelino e li valorizzino.
Il sistema storico dei
caseggiati agricoli assieme al paesaggio urbano dei centri dell'alta valle
dell'Anapo, costituisce senza dubbio, una ricchezza economica da valorizzare e
salvaguardare per lo sviluppo della zona stessa.
Lo studio delle carte
storiche, le più antiche risalenti agli inizi dell'800, ha permesso di
individuare le masserie storiche (quelli appunto presenti nel territorio agli
inizi dell'800) ed ancora oggi esistenti anche se abbandonate o semiutilizzate.
Trattasi di edifici con
tipologia articolata, costruiti probabilmente nel periodo che va tra la fine
del 700 e gli inizi dell'800, appartenenti originariamente ai feudi della
nobiltà siracusana.
Si incontrano continuamente
infatti, nelle mappe analizzate i nomi delle grandi famiglie gentilizie come:
Specchi, Caetani, Judica, Politi ed i nomi dei grandi feudi come quello di
Baulì o delle contrade famose da cui prendono il nome molte ville gentilizie
come Bibbia S. Alfano.
Le tipologie più ricorrenti
sono quelle a corte chiusa e a corte aperta per i caseggiati più importanti e
quelle in linea ad elementi giustapposti per quelle meno importanti.
Le prime sono composte da
una serie di alloggi fra cui spesso anche quello del proprietario, ed una serie
di locali di servizio quali magazzini, stalle, cantine.
Negli organismi più
importanti e complessi è sempre presente una piccola chiesetta.
Le seconde, di
organizzazione più semplice, sono comprese in un'area recintata, nella quale vi
possono essere stalle ed ovile e contengono un alloggio ed alcuni locali di
servizio.
L'organismo, per il
particolare movimento dei tetti e l'articolazione delle masse, rivela un
indubbio interesse dal punto di vista architettonico, risultando, nella sua
configurazione formale, di grande attualità.
I problemi che emergono
riguardo lo stato del patrimonio edilizio rurale sono chiaramente legati alle
trasformazioni dell'economia del territorio e al grado di cultura della
popolazione locale. Da un lato, una agricoltura sempre più in stato di crisi
con gli addetti che abbandonano campi e case per trasferirsi in città (da qui
il continuo processo di degrado che alla fine determina l'inagibilità degli
edifici per mancanza di manutenzione), dall'altro lato un rapporto con
l'edificio da parte dei nuovi proprietari o affittuari dei caseggiati con utilizzazione
degli stessi solo per gli aspetti funzionali e quindi senza quella necessaria
attenzione che le strutture e la sua tipologia e la sua storia richiederebbero.
In sostanza l'assenza di
consapevolezza da parte delle nuove gestioni unitamente invece ad una capacità
di determinare trasformazioni violente in tempi brevi che fa si che questi
edifici o sono abbandonati al loro degrado strutturale o sono sottoposti ad
interventi di manutenzione o di trasformazione e di ampliamento impropri e
devastanti.
Quindi, anche se il
territorio in esame non è sottoposto a pesanti pressioni di carattere edilizio,
gli interventi capillari sul costruito, in assenza di una normativa idonea a
governare le trasformazioni, possono provocare gravi danni al patrimonio edilizio
rurale storico e di conseguenza all'ambiente di cui ormai sono parte
integrante.
Gli aspetti tipologici delle
masserie dell'Alta valle dell'Anapo
Intensi studi sono stati
dedicati di recente alle dimore rurali anche sotto l'aspetto tipologico, tanto
che oggi esiste una discreta letteratura sul tema che consente di conoscere
tutti i tentativi di catalogazione e tipizzazione fatti dai vari autori per
molte aree geografiche italiane.
La masseria può essere
identificata nelle tipologie più comuni in una serie di corpi di fabbrica per
lo più disposti a quadrilatero, articolati da spazi recintati, innestati in una
viabilità irregolare e circondati da terreni coltivati.
E' certo comunque che il
fulcro di questo organismo architettonico è rappresentato dal cortile centrale
in letteratura denominato "corte rurale,": uno spazio parzialmente o
totalmente chiuso che svolge una funzione centrale nell'organismo sia sotto
l'aspetto funzionale distributivo che sotto l'aspetto morfologico
configurativo.
Gli elementi della masseria
della valle dell'Anapo sono costituiti:
1) dal recinto, costituito
da muro a secco che delimita l'ambito di pertinenza del caseggiato;
2) dal cortile, (baglio o
bagghiu): uno spazio centrale pavimentato nel quale venivano costruiti cisterna
e pozzo, adornato con un grande albero posizionato al centro o marginalmente
intorno al quale ruotava tutto il sistema funzionale della masseria;
3) dalla casina padronale,
che era l'abitazione temporanea del padrone utilizzata durante il periodo del
raccolto o per il periodo delle vacanze della famiglia;
4) dai magazzini di
conservazione, cantine granaio ecc;
5) dal trappeto, locali per
lavorazione dell'olio;
6) dal palmento, locali per
la lavorazione del vino;
7) dal fumeri, locale per
l'accumulo del concime organico;
8) dal pagghiaru, locale per
l'accumulo della paglia;
9) dalla cisterna o pozzo,
in genere posizionata al centro della corte;
11) dalle stalle, ovili o
"mannara";
12) dalla gebbia dell'acqua
per irrigazione.
Le emergenze storiche del
territorio
Il territorio dell'altopiano
ibleo, in ragione delle antiche origini della sua popolazione, è ricco di
testimonianze storico-antiche che se non rappresentano dei capolavori
costituiscono tuttavia un'ampia e insostituibile documentazione del passato.
Capanni antichi, nevai, arcate di antichi acquedotti, muri di terrazzamento,
fontanili ecc. sono i documenti di un passato ingiustamente dimenticato e
abbandonato. Su questi monumenti di campagna, spesso veri e propri gioielli dal
punto di vista tecnico-strutturale, non è mai stato tentato uno studio che
avesse come obbiettivo la loro valorizzazione e conservazione.
Ora che la tecnologia del
cemento armato ha sostituito i materiali da costruzione tradizionali, forse si
guarda alle pietre vissute dell'architettura contadina con senso di distacco
dimenticando e/o sottovalutando i valori umani e storici che essi racchiudono,
valori che vanno prontamente recuperati prima che sia troppo tardi.
Le neviere
Ora sono tutte in disuso ma
un tempo, quando nelle case e nei bar non c'erano i frigoriferi, le neviere
erano di grande importanza e fornivano neve per tutto l'anno a tutti i comuni
della zona.
La neve veniva sistemata
dentro la neviera a solai misti a strati di paglia in modo da avere lastre
facilmente estraibili. La neviera, di cui esistono diversi esemplari nella
zona, veniva realizzata in due modi:
1) incassata nella roccia,
di forma circolare e con copertura a capanno;
2) incassata nella roccia,
di forma quadrata o rettangolare con copertura a volta ribassata ottenuta con
conci squadrati di pietra bianca disposta a ventaglio.
Del primo tipo si ha un
esempio ancora quasi intatto sopra il quartiere nord di Buccheri a ridosso
della strada che conduce al bivio di Palazzolo Acreide - Ferla - Giarratana.
Lo schema costruttivo, nelle
strutture di elevazione e nella copertura, ricorda il capanno pastorale di
questi monti.
Il secondo tipo è
maggiormente diffuso e se ne hanno buoni esempi a Buccheri, Buscemi e a
Palazzolo (nella zona archeologica dell'antica Akrai).
Il Capanno pastorale
Il territorio che si estende
a sud-ovest di Buccheri va elevandosi fino a raggiungere quote superiori ai 900
m. s.l.m. Data l'altitudine e considerata la sterilità del terreno, l'unica
vocazione possibile nel territorio sembra essere quella pastorale. Tale è stata
infatti nel passato.
In certi punti del
territorio il mondo pastorale è ancora vivo anche se molte abitudini sono
cambiale. Tuttavia alcune testimonianze del mondo pastorale della zona sono
ancora oggi presenti.
Il capanno pastorale arcaico
a pianta rotonda della piana di Buccheri è un esempio di tipo architettonico
riscontrabile in altre zone dell'isola.
Il tipo consiste in una
forma cilindrica leggermente imbutiforme ottenuta con filari concentrici di
blocchi grossolanamente sbozzati disposti secondo un principio statico
antichissimo (mensola sporgente autoportante).
La copertura è ottenuta con
lastre di pietra disposte ad anello e bloccate da una lastra centrale che ha
inoltre la funzione di chiudere costruttivamente il capanno.
Le lastre di copertura hanno
una lieve pendenza verso l'esterno e ciò per consentire lo smaltimento delle
acque piovane. L'interno è di pochi metri quadrati e spesso presenta anche
delle nicchiette. L'ingresso è di limitate dimensioni e non presenta tracce di incardinature
di eventuale chiusino.
La ferrovia Siracusa-Vizzini
In epoca remota, in una
prima fase databile tra il 1270 ed il 1000 a.C., la valle era abitata da
popolazioni che, abbandonate le piane costiere, si rifugiarono nelle zone
interne sulle impervie montagne, come testimoniano le vaste necropoli di
grotticelle artificiali di Pantalica e gli importanti resti archeologici
tutt'ora visibili che dimostrano l'esistenza di centri urbani abbastanza
popolosi.
Oggi i centri urbani
esistenti nella zona non sono né importanti né popolosi.
Un lungo sentiero bianco che
percorre l'intera Valle a mezza costa ora da un lato ora dall'altro ci ricorda
che anche in un passato recente il sistema insediativo della valle era
importante nel contesto dell'economia dell'Ibleo: questo sentiero è il vecchio
tracciato della linea ferrata a scartamento ridotto Siracusa - Ragusa -
Vizzini.
Lungo il suo percorso dopo
la stazione di Sortino la valle sommamente pittoresca, assume valori
morfologici paesaggistici e naturalistici eccezionali.
La lingua scorre
serpeggiante sugli stretti argini, fiancheggiati sempre da pareti a picco che
sospendono sul capo la minaccia di grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per
miracoli di statica.
Inaugurata il 19 luglio
1915, dopo oltre trent'anni di accese discussioni (il primo progetto di massima
redatto da L. Mauceri è del 1884), raggiunse il culmine della notorietà nel
1933 quando il re V. Emanuele III si recò, facendo uso del "trenino"
alla Necropoli di Pantalica.
Dopo oltre quarant'anni di
attività alle ore 9,30 del 30 giugno 1956 l'ultimo treno, cedendo il passo ai
mezzi di trasporto su strada, giunse alla stazione di Siracusa Nuova
Furono smontate e portate
via tutte le traversine di legno, i binari, i bulloni e rimase solo quel lungo
sentiero bianco, acquistato successivamente dall'Azienda delle foreste
demaniali della Regione Siciliana, interamente percorribile anche se con grosse
difficoltà in automobile, che offre la possibilità di immergersi in un ambiente
ancora integro che ha bisogno però di essere necessariamente tutelato e
salvaguardato.
Gli edifici che ospitavano
le stazioni sono stati trasformati e adattati ai diversi usi e qui e lì, lungo
l'antico tracciato, vecchi caselli affiorano come fantasmi a testimoniare di
una storia che è già leggenda.
Il centro urbano di Cassaro
Nel tardo medioevo il
piccolo borgo di Cassaro era chiuso dentro le mura del suo castello.
L'edificazione extra moderna iniziò nel sec., XIV in seguito ad un incremento
demografico che comportò la nascita di un quartiere attaccato alle mura esterne
del vecchio maniero. Alla fine del sec. XVI Cassaro si presentava composto da
tre quartieri: il primo era attaccato al castello; il secondo era chiamato
quartiere di sopra e si trovava nella parte inferiore dell'attuale abitato, nei
pressi della chiesa Madre; il terzo era chiamato quartiere di mezzo.
Nel 1598 nel quartiere di
sopra, era in costruzione la chiesa San Pietro in Vincoli.
Nel sec. XVII il paese tende
ad estendersi nella parte inferiore dell'attuale abitato, cioè nel quartiere di
sopra. Contemporaneamente sorgono altre chiese e alla vigilia del disastroso
terremoto del 1693 nel piccolo centro se ne contano sette: tre più antiche
erano ubicate nelle vicinanze del castello, quelle più recenti erano situate
negli stessi luoghi in cui sorgono ancora oggi.
Nella stessa età il castello
era ancora frequentato dai principi di Cassaro ed era perfettamente
funzionante. Ciò si evince da un bando del 3 settembre 1656.
La ricostruzione
Il terremoto causò enormi
danni ma i morti non furono tanti (15 ne annota il Boccone).
La ricostruzione delle case
e delle chiese fu sollecita ed impegnò maestranze locali ed esterne per circa
cinquanta anni.
Cassaro si spostò dal nucleo
originario sorto intorno al castello e si sviluppò in un'area pianeggiante
intorno ad alcune chiese già esistenti nello stesso sito.
Il settore più
rappresentativo fu progettato intorno alla chiesa Madre, da esso si dipartono
le direttrici viarie principali del nuovo assetto urbanistico.
Invece di ricostruire il paese
sui vecchi allineamenti si preferì cancellare ogni segno precedente eliminando
tutte le macerie; ciò per dare vita ad un impianto regolare a scacchiera
caratterizzato da un ampio asse orientato a nord-est e collegare le due vie
d'accesso principali.
La composizione urbanistica
dell'abitato prevista non si è mai conclusa, sia ad ovest che a sud sembra
infatti aperta ad ulteriori sviluppi. Tale smagliatura deriva certamente da una
previsione di espansione pensata agli inizi del settecento. Il piano di edificazione
non fu mai completato perché il centro urbano nell'arco dell'ottocento non
superò il contorno perimetrale settecentesco.
La nuova architettura del
sec. XIX invece di aggiungersi a quella antica la sostituì secondo quello
stesso discutibile principio in base al quale oggi tetri volumi in cemento
armato sostituiscono le graziose abitazioni neoclassiche e liberty.
Per quest'ultimo aspetto che
si è voluto includere il centro di Cassaro nella perimetrazione del vincolo
dell'alta valle dell'Anapo al fine di scongiurare il ricorso alla
"sostituzione edilizia", favorita da una strumentazione urbanistica
vigente obsoleta (PDF) e non in grado di indirizzare gli interventi edilizi,
verso la conservazione e valorizzazione di quei "beni" che le civiltà
del passato ci hanno tramandato.
Sulla situazione
urbanistica:
- il comune di Cassaro è
dotato di un programma di fabbricazione ancora operante;
- in data 18 settembre 1995
il consiglio comunale ha adottato la nuova previsione del P.R.G.;
- in data 22 marzo 1996 il
P.R.G., è stato trasmesso all'Assessorato regionale del territorio e
dell'ambiente.
A tutt'oggi non è stato
ancora esaminato al consiglio regionale per l'urbanistica.
Appare problematico il
modello di crescita delle periferie dei centri urbani che insistono nell'area
interessata.
Tuttavia si ritiene
imprescindibile per questi centri urbani, una programmazione urbanistica
ragionata, finalizzata ad un maggiore controllo della qualità edilizia per i
nuovi interventi e ad un "restauro" per quanti possibile dell'ambiente
urbano delle aree di margine prospicienti la valle. Così come la
trasformazione, il degrado e l'abbandono di alcune emergenze storiche sparse in
tutto il territorio destano profonda preoccupazione. Infatti se tale metodo di
intervento dovesse estendersi all'intero patrimonio presente, si rischierebbe
di perdere preziose testimonianze della storia del territorio e della sua
popolazione, ancora prima di aver potuto effettuare un'analisi conoscitiva ed
esauriente.
A conclusione della suddetta
lettura l'arch. Santalucia, la dr.ssa Trigilia, il dr. Mamo e l'arch. Cancemi
si allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla votazione
del vincolo ed alla delimitazione dell'area da tutelare che sarà la seguente:
Perimetrazione
Il vincolo dell'alta valle
dell'Anapo si diparte dalla S.S. n. 287 denominata "Maremonti"
all'altezza del bivio con la S.S. n. 124 "Siracusana", percorre
quest'ultima verso nord-est, per imboccare sulla sinistra, poco prima del Km.
91, il bivio per Cassaro e Ferla, percorre la strada provinciale n. 59 e, dal
Km. 1+500 circa, coincidendo con il preesistente vincolo della media valle
dell'Anapo, ne ricalca il perimetro e, fra il Km. 2 ed il Km. 3, devia sulla
destra seguendo un sentiero, avente direzione ovest-est, che, scendendo
progressivamente di quota, riprende di nuovo la suddetta provinciale poco prima
del ponte sul fiume Anapo e la percorre fin oltre il ponte medesimo; da qui
devia sulla destra in direzione di Ferla per circa un chilometro, gira ancora a
destra e segue un sentiero che corrisponde con il confine comunale di Ferla,
fino a che questi non si innesta nella S.P. Ferla-Sortino in prossimità del Km.
4; segue questa strada in poco oltre il Km. 8, per deviare in coincidenza della
linea dell'alta tensione dell'ENEL in direzione nord - Nord-Est; al punto in
cui la suddetta linea incrocia un sentiero in contrada Prita, nei pressi di
case S. Antonio, il perimetro devia sulla sinistra, abbandonando il tracciato
del predetto vincolo della media valle dell'Anapo, percorrendo il sentiero
citato fino a contrada Cugni e si innesta a sinistra sulla S.P.
Sortino-Buccheri; segue questa strada fino al Km. 11 circa, dove gira intorno
al Monte Santa Venere secondo il seguente percorso: devia sulla destra in
prossimità di case Taruddu, in direzione nord, lungo la strada per
Pedagaggi-Francofonte, per quasi un chilometro e mezzo circa. Il perimetro
imbocca un sentiero sulla sinistra, che arriva a case Ceusa e da qui,
percorrendo un altro sentiero che segue le linee di livello, passa sotto Costa
Castagna e Cozzo Castagna, si reinnesta sulla S.P. Sortino Buccheri,
all'altezza del Km. 13+500 circa e percorre questa strada in direzione Buccheri
fino all'incrocio con la "Maremonti", oltrepassa quest'ultima in
direzione Giarratana fino a poco oltre il Km. 4, sotto monte Lauro, dove la
suddetta strada incrocia il confine provinciale Siracusa - Ragusa. Il perimetro
segue in direzione sud sino a toccare nuovamente la strada Buccheri-Giarratana
poco oltre il Km. 9, in contrada Liequa, e, seguendo una linea retta ideale
avente direzione sud-est, incontra un sentiero, un tempo sede della ferrovia
per Vizzini, e lo segue fino alla strada Palazzolo-Giarratana, poco oltre il
Km. 1; segue quest'ultima verso nord-est e, poco prima che questa si innesti
sulla Maremonti, gira a destra lungo un sentiero che la raccorda con la vecchia
strada Palazzolo-Noto; arriva a quest'ultima, devia sulla sinistra fino a
raccordarsi con la Maremonti, che percorre sino all'incrocio con la S.S. n.
124.
Dalla presente
perimetrazione restano escluse le aree urbane di Ferla e Buscemi e le aree di
espansione di questi ultimi e di Cassaro, così come definite dagli strumenti
urbanistici in vigore e/o in itinere ed individuate nell'allegata planimetria e
nella planimetria tematica che viene parimenti allegata.
Tutto ciò esaurito e
condiviso, la commissione all'unanimità
Delibera
di proporre l'inclusione
nell'elenco delle bellezze naturali della provincia di Siracusa, ai sensi
dell'art. 1 nn. 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n.1497, come bellezze
d'insieme e panoramica, la parte del territorio dell'Alta valle dell'Anapo,
così come descritta nella perimetrazione sopradescritta.
Esaurito l'argomento
all'ordine del giorno, il presidente dott. Giuseppe Voza, alle ore 13,00, dichiara
chiusa la seduta.
Letto, approvato e
sottoscritto.
Capodicasa, Russo, Maltese,
Turibio
Il presidente della
commissione: Voza
Il
segretario: La Ferla