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News del 19/09/2009

I CANTI DEL RISORGIMENTO CHE RIVELARONO UCCELLO


CINQUANT' ANNI fa, con la pubblicazione di "Canti del Val di Noto" (Scheiwiller, 1959), si affacciava alla ribalta dell' etnografia Antonino Uccello. Quel libro segna l' esordio ufficiale di Uccello negli studi delle tradizioni popolari. Il singolare studioso di Canicattini aveva già manifestato il suo amore per l' universo contadino sin da giovanissimo. Sin da quando scriveva poesie che che cantavano le realtà popolari e la civiltà rurale. Quando, venticinquenne, si sposta in Brianza (era il 1947) per insegnare alle elementari, porta con sé svariati oggetti della tradizione siciliana per esporli in mostre d' arte e gallerie. Sono cucchiai di legno, presepi, pezzi di carretti, collari: segni di un mondo che porta nel cuore. Di un patrimonio che teme possa scomparire con l' esodo in massa, in quegli anni, verso il Nord. Tornerà in Sicilia nel 1961, stabilendosi a Palazzolo Acreide. In quello stesso anno pubblica "Risorgimento e società nei canti popolari siciliani", e, nel 1965, "Carcere e mafia nei canti popolari siciliani". Entrambi i saggi colpiscono per il peculiare approccio ai temi: il Risorgimento è visto con gli occhi di chi ha perso, il sentire mafioso si esprime in quei canti nella diffidenza, nel disprezzo per la legalità. Scritti che susciteranno polemiche, ma d' altra parte Sciascia osserverà come la ricerca di Uccello, assidua sino alla morte (1979), è svolta «in piena libertà, senza quelle remore, quelle preoccupazioni, quelle direttrici (e quei disguidi) che la carriera accademica impone». A Palazzolo Acreide Uccello acquista l' ala del Palazzo Ferla dove realizza l' opera più importante della sua vita di etnologo: la Casa Museo, testimonianza sempre viva di un' anima vocata al culto delle tradizioni popolari e contadine della Sicilia. - ANTONINO CANGEMI