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News del 01/12/2002

Canti di carcere e mafia


«Documenti non destinati a polverosi archivi ma espressione vivace del popolo nella pienezza del suo vivere». Fu in questi termini che, a metà degli anni Settanta, il poeta e antropologo Antonino Uccello presentò un suo libro e un ormai introvabile vinile contenenti i canti popolari di Era Sicilia cui avrebbe fatto seguito la raccolta di Canti Popolari di Carcere e Mafia. Due antologie scritte e sonore che adesso ridiventano fruibili per merito della nastroteca del Centro per il catalogo dell' assessorato regionale ai Beni culturali. Un' istituzione che opera avendo come principio ispiratore anche il senso sotteso alle citate parole del fondatore della Casa Museo di Palazzolo Acreide: raccogliere le tracce di tradizioni che rischiano di scomparire e conservarle per comunicarle. Come confermato dai risvolti di copertina del libro che, con lo stesso titolo delle due raccolte, è il primo numero della collana editoriale "Archivio Sonoro Siciliano". Il volume, curato da Gaetano Pennino, è corredato da due cd nei quali, per concessione della Nuova Fonit Cetra, è stato riversato il contenuto dei preziosi album realizzati, dal 1974 al 1976, con la collaborazione della Rai e dell' Accademia di Santa Cecilia. Della prima raccolta fanno parte ventuno canti. Alcuni assai brevi ma di rara bellezza. Tra i più lunghi è l' incomparabile "Canto del muzzuni" di Alcara Li Fusi. Ricco com' è delle sonorità che intorno a una brocca spezzata e adorna di monili d' oro scatenavano fino a notte caroselli pagani. I Canti popolari di carcere e mafia che Antonino Uccello raccolse e analizzò secondo la più rigorosa metodologia storico-critica, sono ventidue. Ma la loro scelta da parte dell' antropologo evidenzia l' inevitabile partecipazione dell' uomo a drammi individuali e collettivi dei quali non riesce a non considerarsi in qualche modo responsabile. Infine, poiché tra le fonti utilizzate non ci furono solo Pitrè e Salamone Marino ma anche i canti coevi dei carcerati del penitenziario di Noto, il volume edito dal Catalogo non manca di informare delle successive polemiche. E delle critiche cui l' autore reagì valendosi anche delle convinzioni di Leonardo Sciascia che così concludeva un articolo sull' "Ora": «Un libro va visto nel suo complesso, per i risultati raggiunti, per i lieviti che contiene e per altri centomila motivi che qui non è il caso di elencare». E chissà che tra queste ultime ragioni non ci fosse il concetto secondo cui per contrastare con intelligenza un pericoloso avversario può essere importante conoscerlo anche sotto l' aspetto «canoro». - LUCIO FORTE