Uno sguardo sul Ponte.
C’è ancora chi ci crede? E a cosa servirebbe?

Sul Ponte di Messina (ponte sullo Stretto di Messina, ponte tra Scilla e Cariddi) sono stati versati fiumi d’inchiostro. Al fine di valutarne la fattibilità per decenni sono stati, anche, versati denari pubblici “a tinchitè”;  dato questo filosoficamente interessante in quanto dimostra ancora una volta come assai spesso il non-essere condizioni pesantemente l’essere, la realtà futura (immaginata e sognata) faccia quasi sempre aggio su quella (concreta) presente.

Di quest’opera pubblica si parla dal 1969, benché fin'ora non sia stata posta una sola pietra. Secondo la Corte dei Conti, tra il 1986 e il 2008 l’idea del Ponte  è costata poco più di 200 milioni di euro. Una gran bella idea, verrebbe di dire.

Tralasciando le facili ironie sulla schizofrenia congenita della politica italiana, che non riesce a decidere in modo univoco se una qualche iniziativa di pubblico interesse, di grande spesa e di enorme impatto territoriale (quella che si chiama ordinariamente una Grande Opera) sia o meno realmente utile al Paese e ai suoi abitanti, e continui in maniera altalenante a ridare vita o bocciare il progetto, sempre beninteso continuando a finanziarne il letargo, tralasciando tutto ciò, il Cortile dei Gentili di ottobre si propone di dare spazio alle ragioni di chi ritiene che il Ponte sia una enorme opportunità sociale, economica, tecnologica e “di civiltà”, destinato come tale a rimettere in sesto l’economia siciliana e quella messinese in particolare, riscattando la nostra Isola dal degrado e dal sottosviluppo; e alle ragioni di chi viceversa ritiene tale opera una mostruosità sociale, ecologica, tecnologica e “di civiltà”, come tale destinata a mutare per sempre un paesaggio storico la cui configurazione si è mantenuta lungo l’arco di migliaia di anni e che ha visto in esso stratificarsi fenomeni e realtà ecosistemiche, fabulazioni, saperi, eventi storici, memorie che dal mondo antico fino a oggi hanno continuato a segnare con la loro variegata molteplicità lo specialissimo habitat che si dispiega tra le due sponde della Sicilia e della Calabria, finendo con il costituire nel terzo millennio un unicum di cui non esiste eguale nel pianeta.

Di ciò si parlerà parlando di Ponte, una “grande opera” i cui effetti (anche quelli estremamente positivi preconizzati dai suoi fautori) verrebbero probabilmente neutralizzati dal deserto sistemico in cui essa si inserirebbe: autostrada Salerno-Reggio Calabria perennemente in progress e disastrata con lavori pubblici inquinati dalla malavita organizzata, totale insufficienza della rete ferroviaria in Sicilia. Il Ponte, dunque, come entità “virtuosa” che si troverebbe comunque a connettere reti inadeguate e territorialmente collassate.

Il problema posto dai fautori del Ponte è tuttavia un problema concreto e non eludibile, ed è quello di come far diventare la Sicilia “più europea”, come immetterla in una trama di collegamenti - materiali e immateriali - con le realtà più avanzate dell’Occidente.

Forse, per raggiungere tale obiettivo, non serve un ponte tra due sponde di stretto, ma un ponte tra cittadini e istituzioni. Congiuntamente ad un’abiura delle logiche e dei sistemi mafiosi, clientelari, parassitari che hanno fin qui lasciato la nostra Isola in una condizione di sottosviluppo, privando i cittadini della possibilità di intravedere una società migliore.

I relatori-introduttori di questo incontro saranno l’Ing. Giovanni Mollica, Presidente della Commissione Rotary per l’Area Integrata dello Stretto, e il Prof. Guido Signorino, Economista e Vicesindaco di Messina.

Sergio Todesco

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