Questione meridionale.
Esiste una terza via tra Borbone e Savoia?

Per “questione meridionale” si intende ordinariamente la ricerca delle – e al contempo il dibattito sulle - ragioni che avrebbero determinato e, con il trascorrere del tempo, progressivamente aggravato la situazione di sottosviluppo economico e sociale del Mezzogiorno d’Italia, fin dal costituirsi dell’Italia moderna.

Tra le analisi condotte da quanti – politici, storici, sociologi etc. – si siano occupati dell’argomento, il campo si è equamente diviso tra i difensori dell’assetto inaugurato dai nuovi sovrani d’Italia con la proclamazione dello Stato Unitario, tra coloro che viceversa hanno visto in tale evento l’inizio di un irreversibile decadimento socio-politico conseguente alla sconfitta dei Borbone, e infine tra coloro i quali hanno valutato positivamente - ancorché dipanatosi all’interno di una storia fatta di luci e di ombre - il faticoso cammino democratico avviato con la costituzione della Repubblica Italiana.

Fanno parte del primo gruppo i nostalgici monarchici, categoria in effetti in corso di sempre maggiore rarefazione, probabilmente a motivo della poco lusinghiera prova di sé - e dei proprî orizzonti etici - fornita dagli ultimi esponenti della dinastia che ha governato per quasi un secolo il nostro Paese, civettando grottescamente con il regime fascista ed avallandone le più infelici sortite propagandistiche, difesa della razza in testa.

Compongono il secondo gruppo i lealisti, che hanno da sempre visto nel Regno delle Due Sicilie e nei Borbone di Napoli un regime illuminato, garante di quadri ideologici di riferimento in qualche modo “tradizionali”, propugnatori di valori “cattolici” e “nobiliari” che la democrazia borghese avrebbe in qualche modo messo in discussione.

Ultimi arrivati in ordine di tempo i “democratici”, coloro cioè che ritengono lo Stato Repubblicano creato dopo la bufera dell’ultimo conflitto mondiale l’unica realtà socio-politica all’interno della quale sia reso possibile promuovere - anche se attraverso dinamiche sociali e processi storici contraddittori e quasi mai lineari - un progressivo e tendenziale riequilibrio tra le ragioni del Nord (violentemente sbandierate negli ultimi decenni da un nuovo ceto politico, i leghisti, privo di una reale cultura di governo e spesso di una seria conoscenza della storia passata, interessato piuttosto all’utilizzo di slogan populisti e ad una visione sostanzialmente economicista ed egoista della convivenza civile) e quelle del Sud (letteralmente oppresse e schiacciate tra l’incudine di una classe politica in larghissima parte inetta e corrotta, e il martello della malavita mafiosa e di una diffusa cultura dell’illegalità).

Come aprirsi, faticosamente, una strada tra tali alternative, in una dialettica un po’ grottesca tra le retoriche patriottarde e le rivendicazioni sanfediste, tra le disfunzioni della democrazia e le potenti sfide rispetto alle quali ci interpella un pianeta globalizzato che induce a rinegoziare continuamente i labili confini tra i “Sud” e i “Nord” del mondo? E’ il tema che si cercherà di affrontare nel Cortile dei Gentili di giugno, che vede quali relatori-introduttori all’auspicabile dibattito lo studioso- antiquario Franz Riccobono e lo storico Giuseppe Restifo.

Sergio Todesco

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