Povertà.
Chi sono i nuovi poveri, quali le nuove povertà.

Il panorama che fa da sfondo alle nostre giornate storiche è caratterizzato da una pluralità di “povertà”, ossia di privazioni, a vario titolo, di mezzi materiali, di risorse culturali, di energie etiche e spirituali con cui fronteggiare le criticità del presente e attraversare - più o meno indenni - la crisi di valori che investe oggi, tra le altre, anche la società italiana.

L’origine di tali povertà va forse fatta risalire, almeno nei suoi tratti salienti, alla mutazione antropologica avvenuta – nel nostro come in altri paesi – intorno alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, allorquando una parte rilevante di società si ritenne infastidita e come rallentata nella sua corsa dall’esistenza dei vecchi modi di vita, in gran parte basati su attività spesso ”gratuite”, incentrate sulle possibilità di controprestazioni più che sulla ricerca del profitto, come tali non più in linea con i valori che si volevano rendere dominanti. Da ciò l’esigenza, avvertita dai gruppi dirigenti, di affrettare la scomparsa della cultura tradizionale attraverso la subdola quanto efficace divulgazione di valori nuovi e ben diversi: il consumo come fine, l’effimero, la tendenziale mancanza di coinvolgimento psico-somatico nei processi lavorativi, il profitto incurante dei costi ecologici e della qualità della vita, l’ascesa sociale e la “lotta per la vita” aventi come unica finalità il potere, ritenuto al contempo fonte e indicatore di felicità; questi in sintesi i valori affermatisi nell’ultima metà di secolo, in cui è venuto avanzando un deserto che ha visto celebrare ossessivamente il rito produzione-consumo, un rito i cui officianti devono non solo consumare allegramente quanto viene prodotto ma anche credere che questo nostro sia il migliore dei mondi possibili.

Tale crisi si è ulteriormente accentuata con l’avvento della globalizzazione, caratterizzata per un verso dall’estrema velocità e pervasività dei messaggi e delle merci, per altro verso da una sostanziale sclerotizzazione degli assetti socio-politici, che non hanno reso disponibili a strati più vasti della società le nuove risorse tecnologiche e i frutti dell’umanesimo contemporaneo, sortendo viceversa – a livello planetario – una distanza sempre maggiore tra chi ha troppo e chi ha troppo poco.

Da qui le nuove forme di “povertà”, che non investono ormai solo la sfera connessa al possesso e al consumo dei beni, ma si radicano nelle sempre maggiori dipendenze da surrogati della vita reale (le droghe, il gioco, la pornografia, le pratiche sataniche etc.), ovvero in una serie di “impoverimenti” delle facoltà espressive, dei linguaggi, delle forme di percezione della realtà, del mondo, del pianeta, dei fatti dell’esistenza. Le trasmissioni televisive basate su talk show mostrano, pressoché uniformemente, quanto tali “povertà” - anche nella sfera dei sentimenti, nella qualità e nell’estensione della loro gamma – abbiano ormai colpito larghissime fasce della società.

Il “Cortile dei Gentili” di febbraio ha cercato di stimolare una riflessione critica su tali tematiche, cruciali – si ritiene – per il momento che viviamo in quanto una maggiore consapevolezza su di esse potrà aiutarci tutti a ricostruire una profondità smarrita, a recuperare dimensioni nei rapporti interpersonali da troppo tempo desuete.

I due interventi introduttivi, semplici stimoli al dibattito successivo, sono stati tenuti a cura di Enrico Pistorino, responsabile dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse, e di Padre Felice Scalia, teologo gesuita.

In concomitanza con l’incontro, è stata allestita una mostra bibliografica concernente i temi trattati.

 

   Gazzetta del Sud                                 22 febbraio 2014 pag. 35

   Gazzetta del Sud                               01 marzo 2014 pag. 27

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