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ANTICHE TRASPARENZE
LE COLLANE
Venne un
uomo …. …… una collana d’oro portando e v'era
legata dell’ambra. Là nella sala, le ancelle e la madre sovrana,
la rigiravano in mano, la contemplavan con gli occhi, facevano il prezzo…..(Omero,
Odissea XV, 459-463) Gli elementi di collana, detti anche “vaghi”
(dalla parola latina baca, cioè perla), sono talmente diffusi in
tutta l’area mediterranea, in ambiti culturali diversi e per un
così lungo periodo, che spesso non è possibile definirne
la datazione né il luogo di produzione.
Erano montati su un filo che poteva essere metallico o di fibra vegetale.
I vaghi di vetro potevano essere di un solo colore (monocromi) o variopinti
(policromi) e spesso erano decorati con motivi “a occhi”,
realizzati con filamenti impressi o a rilievo, con funzione apotropaica.
Si combinavano, spesso, nelle collane, con vaghi d’oro, d’argento,
di bronzo, di pietre dure e di osso.
Le collane contenevano talvolta amuleti e pendenti di materiali diversi,
assolvendo così anche una funzione magico – religiosa.
Solitamente si rinvengono in tombe femminili o infantili, ma in alcuni
ambiti culturali, come quello punico, potevano essere indossate anche
dagli uomini.
Alcune statuette di terracotta ci mostrano che generalmente le collane
“maschili” erano portate come girocollo, mentre le donne potevano
anche poggiarle sugli omeri, sul petto o cucirle sulla tunica.
Pur non essendo spesso di straordinario valore, esse erano deposte nelle
tombe come beni personali di prestigio che avevano adornato il defunto
in vita e lo distinguevano anche da morto. Nello stesso tempo avevano
anche un potere magico-protettivo grazie agli amuleti e a specifici motivi
ornamentali, come quello “a occhi”, che probabilmente difendeva
dal malocchio.
Il potere dello sguardo, certamente benefico nel caso di alcune divinità
(come Horus in Egitto), era più spesso considerato fonte di mali
e combattuto con una forza uguale e contraria.
Le collane con vaghi decorati “ a occhi”, così come
gli amuleti che li raffigurano, evocano, dunque, la potenza dello sguardo
che respinge il male e, se indossate da bambini, possono simboleggiare
la forza protettrice che tiene il piccolo al sicuro quando gli occhi della
madre si distolgono temporaneamente da lui.
ANTICHE
TRASPARENZE
I PENDENTI
I pendenti
di vetro a forma di animale e di testa umana o demoniaca, destinati ad
essere sospesi al collo o alle orecchie, sono caratteristici dell’artigianato
fenicio e punico.
Compaiono in Oriente nell’VIII secolo a.C. e la loro produzione
dura fino al I secolo a.C.
Si pensa che l’area di fabbricazione, durante i secoli VII, VI e
V a.C., fosse quella fenicio-cipriota.
Dal V secolo a.C., ma soprattutto tra il IV e il II, Cartagine fu forse
il principale centro di produzione, affiancato in età ellenistica
anche da Rodi, Cipro e dall’Egitto; è possibile, comunque,
che officine periferiche fossero localizzate in altri centri punici.
Oltre al valore ornamentale, queste mascherine avevano una funzione apotropaica
e protettiva, ma anche votiva, il che può forse spiegare la loro
presenza in aree di cultura greca. E’, invece, meno probabile che
possano raffigurare divinità fenicio-puniche.
I pendenti di vetro blu elettrico translucido o cobalto raffiguranti una
testa femminile bifronte con ricca acconciatura a riccioli, sono pure
diffusi in molti centri orientali di tradizione fenicia e nell’Occidente
punico.
Erano realizzati entro doppia matrice, a differenza dei precedenti, che
erano modellati su asta.
E’ possibile che il luogo di produzione di queste testine fosse
Cartagine, ma potrebbero anche essere state realizzate in ateliers del
Mediterraneo orientale attivi tra il IV e il III secolo a.C., come Alessandria.
ANTICHE
TRASPARENZE
IL VETRO: DALLA SABBIA AL GIOIELLO
Nel periodo anteriore al IV millennio, anonimi artigiani vicino-orientali
scoprirono, probabilmente per caso, che in particolari condizioni le sabbie
quarzose, la quarzite e l’arenaria potevano essere lavorate, modellate
e cotte come l’argilla.
Mescolando il quarzo triturato tratto da quei minerali con materiali diversi,
tra cui il calcare, nacquero le prime forme di vetro “artificiale”,
e poi un particolare composto di grani di quarzo, soda o calcio definito
faïence.
La tecnica “su nucleo”, con cui furono realizzati i primi
contenitori – forse in Mesopotamia –, rimase la più
diffusa fino al I secolo a.C., cioè fino all’invenzione della
soffiatura, che ebbe anch’essa origine nel Vicino Oriente.
I vaghi per collana multicolori e i piccoli pendenti fenicio-punici a
forma di testa umana o animale furono realizzati con una variante di questa
tecnica, cioè modellati su un’asta attorno a cui l’artigiano
avvolgeva vari strati di vetro di colore uguale o contrastante a seconda
del tipo di mascherina che voleva ottenere.
Il vetro utilizzato per la fabbricazione di questi prodotti era ottenuto
amalgamando ad alta temperatura silice, sodio e calcio; i diversi colori
si ottenevano con l'aggiunta di proporzioni diverse di ossidi: il rame
dava il blu e l'azzurro, il rame o il ferro determinavano il verde; il
giallo, a seconda delle gradazioni, si otteneva dal ferro o dall'antimonio;
con lo stagno si aveva il bianco, con il manganese il viola e ancora con
il manganese, misto a ferro e rame, si otteneva il nero.
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