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Da sempre
l’uomo ha amato adornarsi di bellissimi oggetti, che spesso hanno
assunto valore simbolico o sono divenuti strumenti per esibire un potere
economico o politico.
Ce lo dimostra l’affascinante viaggio che ci accingiamo a compiere
nel mondo dell’ornamento, partendo dai primi semplicissimi monili
preistorici, realizzati levigando conchiglie e ciottoli, fino a giungere
– attraverso i prodotti della cultura egizia, fenicio-punica, greca
e romana – ai sontuosi gioielli di etą bizantina.
Le testimonianze che costituiscono le tappe di questo viaggio immaginario
sono frutto di fortunati ritrovamenti, di oculati acquisti, di liberali
donazioni o di forzose acquisizioni che hanno consentito di assicurarle
al patrimonio del Museo nel corso di due secoli densi di storia.
Sottratte all’oblio cui il trascorrere del tempo le aveva spesso
condannate, riscopriamo oggi preziose testimonianze che, pur con le inevitabili
lacune, ci permettono di ricostruire un quadro abbastanza attendibile
dell’uso e della circolazione del gioiello in Sicilia.
Nonostante l’irreparabile perdita di alcune informazioni, quali
quelle relative alle localitą e alle circostanze di rinvenimento,
la maggior parte dei reperti proviene, infatti, certamente, dal territorio
dell’Isola.
GLI
ORNAMENTI NELLE COLLEZIONI DEL MUSEO
Il primo nucleo delle collezioni pervenne all’allora Museo dell’Universitą
a seguito del ritrovamento di numerosi oggetti in oro in tombe scoperte
fortuitamente a Tindari nel 1842.
All’instancabile attivitą dei componenti della Commissione
di Antichitą e Belle Arti della Sicilia, si deve il recupero di
importanti testimonianze, quali le collane del tesoro di Campobello di
Mazara o la statuetta argentea di Diana da Taormina, acquistata durante
una delle numerose “escursioni” compiute dalla Commissione
con l’intento di arricchire il patrimonio del Museo.
L’anello nuziale bizantino da Siracusa fu strappato nel 1872 dal
Salinas al Direttore di un museo estero che aveva quasi concluso con successo
le trattative per l’acquisto, mentre il Cavallari riuscģ
a recuperare a Catania e Melilli, nel 1880, i gioielli arcaici d’argento
trovati in scavi clandestini eseguiti nella necropoli di Megara Hyblaea.
Il presidente della Commissione, Girolamo Valenza, diede un rilevante
contributo all’incremento delle raccolte, lasciando in ereditą
al Regio Museo la sua collezione di anelli e gemme incise.
Di portata pił limitata furono gli apporti della collezione del
barone Astuto di Noto (acquisita nel 1860), di quella di antichitą
etrusche Casuccini (acquistata nel 1865 a Chiusi) e dei settecenteschi
Musei palermitani dei Padri Gesuiti (detto Salnitriano) e dell’Abbazia
di S. Martino delle Scale, incorporati in seguito alle confische operate
rispettivamente nel 1860 e nel 1866.
Meritano una segnalazione i gioielli rinvenuti nel 1893 negli scavi di
una necropoli tardo-romana nel territorio di Salemi.
A tanto ottocentesco fervore di attivitą e acquisizioni, non sono
seguiti, nel secolo che ci ha preceduto, rilevanti incrementi delle collezioni,
eccezion fatta per gli importanti ritrovamenti dovuti agli scavi sistematici
condotti nell’ultimo cinquantennio nella necropoli punica di Palermo.
Immagini:
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